Dopo i precedenti lavori di ricerca storica attorno ai testi del Concilio Vaticano II – le 4 Costituzioni, 6 Decreti Presbyterorum Ordinis, Unitatis Redintegratio, Christus Dominus, Ad gentes, Apostolicam actuositatem e Perfectae Caritatis le Dichiarazioni Dignitatis Humanae e Nostra aetate – viene pubblicata la Sinossi del Decreto sulla formazione sacerdotale, promulgato il 28 ottobre 1965. Lo scopo principale di questo volume è quello di coordinare la documentazione del Concilio sul Decreto Optatam totius e individuare con rapidità ed efficacia il vero senso e la portata del significato di ognuna delle pericopi del testo conciliare. A questo scopo vengono presentate al lettore – in quattro colonne di testi paralleli – le successive redazioni che furono oggetto dello studio dei Padri conciliari fino alla promulgazione del testo. Si offre così, in una visione unitaria e totale, il processo di depurazione e perfezionamento del testo, nonché le ragioni che motivarono le singole variazioni. Le note della Commissione in calce e i riferimenti ai documenti tramite i numeri di protocollo raccolti nell’Appendix nei quali i Padri motivarono i cambiamenti richiesti, fanno di questo libro uno strumento di elevato valore per l’approfondimento del testo e del significato del Magistero. La comprensione profonda dei documenti del Vaticano II rappresenta una sfida importante per tutti gli studiosi che si avvicinano a questi testi. Monsignor Gil Hellín, con il suo lavoro di ricerca, ha reso possibile a vescovi, sacerdoti e studiosi del Concilio un accesso facile e rigoroso a questi testi. La Sinossi rende possibile una rapida consultazione di tutti i documenti che fanno luce sul Decreto.
Qui si offre una ricerca transdisciplinare che segue il metodo dell’expert meeting. Con “transdisciplinare” non intendiamo l’ambito comune a diverse discipline (l’inter di una ipotetica interdisciplinarietà) che potrebbe essere studiato con metodi e prospettive diverse tra loro; intendiamo invece la realtà al di là della sua formalizzazione nei diversi linguaggi, quella realtà alla quale ogni disciplina è chiamata ad aprirsi per entrare in sinergia con le altre, un’eccedenza che supera ed è al contempo ciò su cui le diverse prospettive si basano. L’esperienza di due anni di lavoro ci permette di affermare che questa realtà previa a qualsiasi tipo di formalizzazione è la relazione. Nel corso di questo lavoro, abbiamo comprovato che il “paradigma relazionale” proposto da Donati, serve da interfaccia ontologico, epistemologico e metodologico meglio di altri paradigmi, permettendo un dialogo fruttifero fra le discipline e consentendo di illuminare aspetti essenziali della realtà spesso trascurati. I risultati del lavoro che il lettore ha tra le mani sono senz’altro parziali e a volte vengono offerti più sotto forma di riflessioni e di domande che di soluzioni vere e proprie. Ciononostante, pensiamo che siano già delle buone indicazioni per una migliore comprensione della differenza uomo-donna in quanto relazione originaria, e per affrontare una serie di fenomeni socio-culturali in cui si osserva la perdita di questa differenza, e la sostituzione di tale relazione con altri tipi di relazione.
Questa opera potrebbe apparire, ad un primo sguardo, la semplice raccolta degli atti di un convegno. Infatti, i contributi che compongono questo volume sono stati presentati nell’VIII workshop della SISRI svoltosi a Roma dal 30 al 31 Maggio 2015 e dedicato al rapporto tra le visioni filosofiche del mondo e il lavoro scientifico. L’occasione era l’anniversario dei 400 anni dalla composizione della Lettera a Madama Cristina di Lorena da parte di Galilei. Lo scienziato pisano fu chiamato, in un drammatico momento della sua carriera, a rendere conto della conciliabilità tra il credo cristiano e la sua ricerca scientifica. In realtà, anche oggi ci poniamo con urgenza le stesse domande e cerchiamo risposte che riconosciamo come mai interamente conclusive e sempre aperte a maggiori approfondimenti. Questo carattere di “apertura” del domandare che, muovendo da settori disciplinari specifici, trascende i limiti imposti dai riduzionismi dei singoli metodi di ricerca, è l’aspetto fondamentale che illumina il senso di questa pubblicazione. Anche se potrebbe stupire l’eterogeneità dei contributi, dalla matematica alla biologia, dalla teologia alla storia della scienza, l’unità è visibile nella tensione ad una sintesi del sapere che concepisce i confini tra i campi delle scienze non come muri invalicabili, ma come interne distinzioni di un insieme organico.
Nei cinque capitoli che compongono l'opera, l'autore si attiene rigorosamente a quanto descritto nel titolo. Ruppi introduce il lettore nelle realtà sacramentali, che si compiono nel tempio, attraverso l'approccio dei concetti di storia della salvezza, di celebrazione dei misteri di Cristo, di riti sacramentali, di parole e gesti salvifici. In maniera sintetica, della mistagogia viene presentato il metodo, il fine, il ministero della Parola nelle principali e varie espressioni che garantiscono una trattazione, semplice nell'esposizione, rigorosa sotto il profilo teologico e liturgico, attenta alle istanze catechetiche e pastorali della presente stagione ecclesiale, rispondendo alle sollecitazioni di una vera e sapiente mistagogia. I destinatari dell'opera sono gli studenti delle Facoltà Teologiche e degli Istituti Superiori di Scienze Religiose, i pastori e gli altri operatori pastorali, soprattutto catechisti e animatori della liturgia. Inclusi, naturalmente, i fedeli desiderosi di scoprire il significato e il valore dei Sacramenti. Per il suo stile piano potrà essere messa in mano anche ai fedeli desiderosi di riscoprire il significato e il valore di quei «capolavori di Dio» - come li definisce il Catechismo della Chiesa cattolica - quali sono appunto i Sacramenti di Cristo e della Chiesa.
La Chiesa è una realtà allo stesso tempo carismatica e istituzionale, conoscerla in profondità richiede anche comprendere il ruolo che il diritto svolge al suo interno. Elementi di Diritto Canonico è un manuale universitario di base che vuole offrire allo studente un'introduzione alle tematiche principali del diritto della Chiesa, presentando una panoramica completa e ordinata, comprendente i concetti e le definizioni, le linee guida e i principi necessari a comprendere il diritto ecclesiale e utili per lo studio diretto dei testi canonici, quali il Codice di Diritto Canonico, i documenti legislativi della Santa Sede, i decreti delle conferenze episcopali e altri. Questaopera, tradotta anche in inglese e spagnolo, è giunta alla terza edizione e tiene conto dei documenti e delle novità apparse nell'ultimo decennio.
"Collaborer sur le terrain de la charité": questa frase da cui è tratto il titolo del libro appare - in forma diversa ma con il medesimo significato in tre lettere del 1920 tra la Santa Sede e il Comitato Internazionale della Croce Rossa. Con queste parole, sia il Comitato che la Segreteria di Stato vaticana definivano il rapporto creatosi tra le due istituzioni durante la Grande Guerra, e che si sarebbe rinnovato di lì a breve. I rapporti tra la Santa Sede e il Comitato Internazionale della Croce Rossa sono stati poco studiati. Questo libro è frutto di un accurato lavoro incrociato di analisi dei documenti presenti sia nell'archivio del Comitato Internazionale della Croce Rossa a Ginevra, sia negli archivi vaticani. Parte dei documenti consultati sono riprodotti in appendice: si tratta per lo più della corrispondenza tra il Comitato Internazionale della Croce Rossa e la Santa Sede tra il 1863 e il 1930. La ricerca si è concentrata sui motivi dei rapporti tra le due istituzioni, sui loro atteggiamenti e sulle cause e i periodi della loro collaborazione. Nel libro si analizza l'evoluzione della politica vaticana nei confronti del Comitato ginevrino, che partì con una certa cautela mista a sospetto (per l'origine protestante dell'istituzione) fino a giungere, durante gli anni tragici della Prima Guerra Mondiale, a un'intensa ed efficace collaborazione "sul terreno della carità"...
Il testo Dostoevskij, abitare il mistero, raccoglie i contenuti e il vissuto del VII Convegno Internazionale di «Poetica & Cristianesimo», che ha costituito una riflessione e un approfondimento del rapporto tra il Cristianesimo del grande scrittore russo e il senso di vuoto dell’uomo contemporaneo. Si è voluto analizzare la sua opera in una prospettiva interdisciplinare (dalla teologia all’antropologia, alla cinematografia) onde mettere in risalto, nella poliedricità dei suoi scritti e del suo pensiero, il modo in cui ci fa entrare nel mistero di Dio e dell’uomo e che cosa ci dice oggi. Il Convegno si è chiesto se abitare la narrativa cristiana e anti-moralista di Dostoevskij possa contribuire a capovolgere la prospettiva dell’anti-moralismo post-moderno di matrice nichilista e rendere più vivibile il mondo del XXI secolo.
Federica Bergamino ha conseguito il dottorato in Filosofia presso la Pontificia Università della Santa Croce (Roma 2002), attualmente è professore associato di Antropologia e Letteratura nella Facoltà di Comunicazione Sociale della stessa Università; membro della Société Internationale pour l’Étude de la Philosophie Medievale (SIEPM), e del Seminario Interdisciplinare Poetica & Cristianesimo. È coach professionista ACC (Associate Certified Coach) in ICF (International Coach Federation) dal 2011. Nel 2017 è diventata professionista certificata di intelligenza emotiva con Six Seconds, una organizzazione non profit che nasce a partire da una metodologia ideata nel 1967 da insegnanti, pedagogisti e formatori di San Mateo in California che ha come obiettivo lo sviluppo emozionale della persona. Ha pubblicato principalmente su Tommaso d’Aquino, sul rapporto tra filosofia, letteratura e vita umana, le relazioni interpersonali, il perdono. Le sue attuali aree di ricerca riguardano il rapporto tra psicologia, antropologia e letteratura, le emozioni e il dramma come elementi essenziali intrinseci alla comunicazione, i fondamenti antropologici e psicologici del coaching e le neuroscienze.
Millones de personas se dirigen cada día a su trabajo. Algunos van a disgusto, como obligados a una tarea que no les interesa ni les agrada. A otros les importa únicamente el sueldo que recibirán y sólo eso les proporciona aliento para trabajar. Otros encarnan lo que Hannah Arendt llama el “animal laborans”: el trabajador sin más fin ni horizonte que el mismo trabajo al que la vida le ha destinado y que realiza por inclinación natural o por costumbre.
Por encima de todos ellos en humanidad se encuentra la figura del “homo faber”, el que trabaja con perspectivas más amplias, con el afán de sacar adelante una empresa o un proyecto, unas veces buscando la afirmación personal pero otras muchas con la noble aspiración de servir a los demás y de contribuir al progreso de la sociedad.
Entre estos últimos deberían encontrarse los cristianos, y no sólo en primer lugar sino en otro nivel. Porque si de veras son cristianos, no se sentirán esclavos ni asalariados, sino hijos de Dios para quienes el trabajo es una vocación y una misión divina que se ha de cumplir por amor y con amor.
En su célebre discurso del 2008 al Collège des Bernardins, en París, Benedicto XVI mostró que el cristianismo posee la clave para comprender el sentido del trabajo, al afirmar que el hombre está llamado a prolongar la obra creadora de Dios con su trabajo, y que debe perfeccionar la creación trabajando con libertad, guiado por la sabiduría y el amor. El mismo Hijo de Dios hecho hombre ha trabajado muchos años en Nazaret, y «así santificó el trabajo y le otorgó un peculiar valor para nuestra maduración» (Papa Francisco, Laudato si’, 98).
Todo esto muestra que el trabajo es “vocación” del hombre, “lugar” para su crecimiento como hijo de Dios, más aún, “materia” de su santificación y de cumplimiento de la misión apostólica. Por eso el cristiano no ha de temer el esfuerzo ni la fatiga, sino que ha de abrazarla con alegría: una alegría que tiene sus raíces en forma de Cruz.
La última frase es de san Josemaría Escrivá de Balaguer, el santo que ha enseñado a “santificar el trabajo”, convirtiéndolo nada menos que en “trabajo de Dios”. En su mensaje se inspiran las páginas de este libro. Mejor dicho, se inspiran en el Evangelio, pues san Josemaría no ha hecho otra cosa que enseñar las palabras y la vida de Jesús, sobre todo los años transcurridos en Nazaret junto a José, de quien aprendió a trabajar como artesano, y junto a María, que le sirvió con su trabajo en el hogar.
Jesús, María y José aparecen en la portada de este libro, que reproduce una de las escenas del retablo en alabastro que se encuentra en el Santuario de Torreciudad (Aragón, España), obra maestra del escultor Joan Mayné. El lector puede contemplar en esa imagen todo lo que se dispone a leer en este libro. Incluso, si quiere, puede "entrar ahí" como uno más de la familia de Nazaret, porque también es hijo de Dios, y esa casa y empresa es la escuela para aprender cómo se ha de convertir el trabajo en oración: en una “misa” que da gloria a Dios y redime y mejora el mundo.