Quando si tratta di parabole e testi antichi in generale, le nostre capacità di ascolto non risultano sviluppate come dovrebbero. Spesso non cogliamo la provocazione originale e ci limitiamo a interpretazioni semplicistiche, proponendone di anacronistiche che deformano la buona novella del vangelo in qualcosa che Gesù non avrebbe né riconosciuto né ammesso. Questo testo propone al lettore di mettersi all’ascolto in modo nuovo, di immaginare come suonassero queste parabole alle orecchie di individui che non avevano idea che Gesù sarebbe stato crocifisso dai Romani e proclamato Figlio di Dio da milioni di persone. Che cosa voleva dire quel narratore ebreo? E perché, duemila anni dopo, quegli argomenti continuano a essere attuali e forse anche più pressanti di allora?
Amy-Jill Levine è una studiosa mostruosamente brava nel conciliare il mondo delle origini cristiane con lo sfondo giudaico in cui il messaggio di Gesù si è inculturato ed è stato recepito. Ci sono due aspetti che l’autrice ritiene debbano essere profondamente ripensati nell’interpretazione delle parabole. Il primo è la rimozione di quegli elementi anti-giudaici che si sono sedimentati in secoli di incrostazioni che partono dalle origini cristiane fino ai pulpiti contemporanei. Il secondo è costituito dalla banalizzazione che infesta la maggior parte delle spiegazioni ordinarie di questi testi che invece nella mente di Gesù e degli evangelisti dovevano provocare l’uditorio e suscitare una reazione che si traducesse in un reale cambiamento di vita.
Dalla Prefazione di Gian Luca Carrega
Io non venero Gesù come Signore e Salvatore, ma continuo a tornare su queste storie perché sono al centro del mio ebraismo. Esse sfidano, provocano, condannano e allo stesso tempo divertono.
"Nascere oggi" propone molteplici suggestioni e apre una finestra su una fase della vita, quella nascente, in gran parte ancora avvolta nel mistero. Venire al mondo nel Terzo millennio resta ancora qualcosa di meraviglioso e intrigante. Progresso scientifico e tecnologico hanno permesso di costruire un tempo e uno spazio dell'esistenza solo pochi decenni or sono fuori dalla portata umana. Forse, però, manca ancora una presa di coscienza razionale, emozionale, onestamente critica, da cui muovere per rifondare una corretta comprensione del legame generazionale proprio a partire dalla vita prenatale e dal pieno rispetto della dignità intrinseca ad ogni essere umano. Questa è la sfida a cui è chiamata la bioetica del tempo prenatale. Ridefinire alla luce delle nuove scoperte scientifiche la relazione materno-fetale è uno dei nuovi orizzonti della bioetica della vita nascente. Stessa esigenza investe anche la relazione tra biologo e concepito così come tra legislatore e concepito. Portare tali problematiche in primo piano e porle al centro della riflessione attuale - scientifica, giuridica, filosofica, teologica, psicologica, sociale - è uno degli scopi di queste pagine, punto di partenza e non di arrivo per affrontare questioni per loro natura dinamiche e dialogiche. Come ha scritto Elio Sgreccia nella Postfazione, «è giusto che si incoraggino studi come quelli raccolti in questo volume, ove il rigore scientifico sia mantenuto eticamente orientato alla vita e la cultura sia liberata dalle suggestioni dell'eutanasia».
Questo non è un manuale, ma uno scritto composto da semplici riflessioni riferite a esperienze di vita reale, raccolte nell'attività di sportello d'ascolto in scuole dell'infanzia, primarie e secondarie e nell'attività clinica presso un centro di psicoterapia. Incontri fugaci ma sempre intensi e profondi, con genitori e insegnanti, qualche volta anche con bambini e adolescenti. Incontri che talora hanno fatto la differenza, trasformando quello che sembrava un groviglio complicato in un legame più saldo e sicuro. I quattro fili dell'educazione proposti in queste pagine vogliono aiutare chi sta svolgendo il difficile e meraviglioso compito di essere vicino a bambini e ragazzi in formazione. Sono fili colorati e distinti, che a volte si attorcigliano. Spesso ci può sembrare di perdere il bandolo della matassa, ma nel momento in cui riusciamo a ritrovarlo, scopriamo di essere genitori e insegnanti unici e insuperabili, proprio quelli che i nostri bambini e ragazzi ci chiedono di essere.
Quando uscì nel 1997, Homo videns di Giovanni Sartori suscitò un ampio dibattito sull'onda delle preoccupazioni causate dalla nuova configurazione del sistema mediatico. La televisione aveva realizzato il suo processo di egemonizzazione del contesto comunicativo, mettendo in secondo piano o ai margini gli altri media. Si parlava di videocrazia, di un'invasività della presenza dell'immagine televisiva in grado di condizionare o addirittura cancellare ogni altra esperienza. La radicalità della tesi sartoriana ha suscitato consensi e critiche, ma ancora oggi, a oltre vent'anni di distanza, Homo videns offre spunti di riflessione sui principi a cui le tecniche e le pratiche giornalistiche si ispirano e sulle ricadute che producono sulla società. Da tempo, il grande strumento di comunicazione in grado di incidere sull'opinione pubblica non è più la televisione, ma la Rete. Le riflessioni di Sartori si possono tuttavia estendere ai media che l'hanno sostituita in quel ruolo egemone e pervasivo? Per verificarlo, le analisi esposte in Homo videns sono state qui sottoposte alla rilettura di prestigiosi giornalisti e intellettuali (Luciano Fontana, Peter Gomez, Giuseppe Laterza, Venanzio Postiglione, Barbara Stefanelli, Sergio Romano), che in queste pagine fanno luce sui rapporti tra media e società contemporanea.
Esiste una spiritualità coniugale?
Su che cosa si fonda questa spiritualità?
Come mantenere viva l’intimità sessuale e qual è la sua missione?
Quali sono gli ostacoli che attentano all’intimità sessuale?
In che modo la Chiesa può avvantaggiarsi del carisma dell’intimità sessuale?
Gli autori (un filosofo, un teologo, un pastoralista, un terapeuta e varie coppie di sposi) con le loro differenti conoscenze, esperienze e i loro vissuti sono riusciti, al pari di una orchestra, a rispondere a queste domande componendo in sinergia una melodia che mette al centro la relazione sessuale come base di partenza per la vita spirituale delle persone sposate.
Mentre è ben chiaro il percorso tracciato lungo i secoli per la spiritualità monacale, sembra che non sia ancora altrettanto chiaro, ben delineato e specifico quello per le persone sposate. Questo testo ha il grande pregio di provocare, di sfidare e di porre alle radici il problema della spiritualità coniugale, partendo proprio dal nucleo più profondo vissuto da ogni coppia: l’intimità sessuale, cibo e linfa per la vita di una coppia, che ha il suo fondamento nel mistero d’amore divino della Santissima Trinità.
Charles de Foucauld ha fatto dell’amore di Dio la sua vita, e della sua vita un amore per Dio e per i fratelli e le sorelle. Le meditazioni di frère Charles sui Vangeli rivelano la sua profonda relazione con il Beneamato Gesù, fatta di ascolto amorevole, di imitazione dell’ultimo posto, di fraternità con tutti.
Ci auguriamo che questo piccolo strumento sia un aiuto, nel quotidiano, per conoscere e vivere “per fede” la Parola, che ci è donata nelle Scritture e nella Liturgia dei tempi di Quaresima e Pasqua.
Il giusto ama “per fede” un Dio che non vede e questo amore è la sua vita… Obbedisce “per fede” a causa della parola: «Chi ascolta voi ascolta me», parola che non sente, ma che crede “per fede”.
Le Perle della imitazione di Cristo raccolgono un gran numero di brevi e folgoranti frasi da un libro base della spiritualità, inanellate da un unico "filo": la conoscenza interiore.
Insulti, minacce, urla, mistificazioni: il linguaggio e gli scritti sono oggi dominati dalla superficialità e dalla prevaricazione, dai rapporti lavorativi a quelli familiari passando per la politica e la scuola. Dobbiamo riflettere sulla «grandezza della parola», perché torni a essere il cuore di comunicazioni vere, profonde, significative.