
Il narratore senza nome che unisce le varie tappe di questo singolare percorso di formazione è un adolescente sensibile e malmostoso che legge Rimbaud, scrive stucchevoli poesie e s'ingegna per trovare la volontaria cui affidare la sua verginità. Il viaggio che in "Tutto" intraprende verso la "città tentacolare, la città infinita" di Murska Sobota, investito della missione di acquistare un congelatore orizzontale e armato di un'unica pillola anticoncezionale da offrire alla prescelta, ha il pathos del rito di iniziazione. Spesso l'assurdo e la violenza irrompono senza preavviso nel quotidiano. È il caso di "Stairway to Heaven", dove la pittoresca figura del fanfarone Spinelli nasconde una tenebra degna dell'ambientazione conradiana con cui il racconto si apre; o di "Commando americano", in cui i giochi di guerra infantili a Sarajevo mostrano l'inconfondibile marchio dell'odio senza età. Nel caso del narratore, partito dalla Bosnia appena prima dello scoppio della guerra, un'aura di fraudolenza impregna il rapporto con il mondo letterario di cui entra a far parte negli Stati Uniti. Complessa è la relazione che instaura con il poeta bosniaco Muhamed D., detto Dedo, in "Il direttore d'orchestra", o con il Premio Pulitzer Richard Macalister. A lui la "persona" di Hemon regala l'accesso allo scantinato dei propri segreti famigliari, e a lui dona pure l'esempio più esaltante di trasfigurazione narrativa in un finale che celebra il prodigio della grande scrittura.
Periferia di Milano, anni Settanta. Gli anni del terrorismo e della droga, dei sogni di Oriente e di liberazione. Una mattina, nella classe di un Istituto Agrario, fa la sua apparizione Giulia, una giovane professoressa di lettere che parla di letteratura e di poesia con una passione sconosciuta. È quell'incontro a "salvare" Massimo Recalcati che, in questo libro dedicato alla pratica dell'insegnamento, riflette su cosa significa essere insegnanti in una società senza padri e senza maestri, svelandoci come un bravo insegnante sia colui che sa fare esistere nuovi mondi, che sa fare del sapere un oggetto del desiderio in grado di mettere in moto la vita e di allargarne l'orizzonte. È il piccolo miracolo che può avvenire nell'ora di lezione: l'oggetto del sapere si trasforma in un oggetto erotico, il libro in un corpo. Un elogio dell'insegnamento che non può accontentarsi di essere ridotto a trasmettere informazioni e competenze. Un elogio della stortura della vite che non deve essere raddrizzata ma coltivata con cura e riconquistata nella sua singolare bellezza.
Le città si aprono intorno a chi le attraversa come un paesaggio e si chiudono come una stanza, diceva Benjamin. Ed è cosi per il narratore di questo libro, un nigeriano che torna nel suo paese dopo quindici anni vissuti a New York. È fuggito da Lagos quasi di nascosto, per motivi misteriosi forse anche per lui: certo c'entrano la morte del padre e un risentimento mai elaborato per la madre. Ecco, rabbia e amore sono la coppia che definisce il rapporto con la sua città: una metropoli enorme, brulicante di vite e di storie in una quantità che stordisce, avamposto della modernizzazione globale e allo stesso tempo calviniana città invisibile. Il testo è accompagnato da diciannove fotografie dell'autore, diciannove immagini che fanno da controcanto ai capitoli come una storia parallela, diversa eppure puntata verso la stessa direzione: sia le parole sia le immagini, in fondo, si interrogano sugli ostacoli della visione. Lagos è una città difficile da vedere, nelle foto di Cole appare spesso sfocata, nascosta dalla griglia di un recinto, da una tenda, da un finestrino offuscato dalla pioggia, dalla ragnatela di un vetro rotto. Allo stesso tempo le parole del narratore (studente di medicina e aspirante scrittore come il protagonista di "Città aperta") sono, è vero, di una lucidità che confina con la spietatezza, ma anche segretamente fessurate dalla malinconia, dall'irrequietezza, dal rancore di chi è stato tradito. Un appannamento dello sguardo che è quello proprio dell'amore.
Eccentrico già agli occhi dei contemporanei, Pico è sempre stato un pensatore difficile da collocare. Ricco, esibizionista, uomo di mondo e "dilettante di genio", il Conte della Mirandola è, a più di cinque secoli, una sorta di ospite illustre e scomodo della cultura italiana. Lorenzo de' Medici, tra i pochissimi che riuscirono a confrontarsi con lui (quasi) alla pari, lo definì "istrumento di sapere fare il bene e il male" e Pico, di cui tanto si è parlato e scritto, ci appare ancora come un enigma. L'"Orazione" sulla dignità dell'uomo è considerata uno dei testi più rappresentativi del Rinascimento, ma il resto della sua opera - in tutta la sua lussureggiante erudizione - rimane quasi inaccessibile, tanto ricca da sconcertare e confondere. Con questo libro, viene per la prima volta individuata una chiave interpretativa forte, che pone al centro delle riflessioni pichiane la qabbalah e il pensiero mistico ebraico, da Pico conosciuto grazie a moltissime traduzioni latine da lui stesso commissionate. Il Millennio è organizzato come un dizionario, per lemmi, e ad ogni lemma corrisponde una selezione di brani di Pico sul tema. Un'antologia eclettica e affascinante, per esplorare il pensiero vertiginoso di un "irregolare" che, pagina dopo pagina, ha saputo creare un cocktail esplosivo di filosofia, matematica, magia e astrologia, finendo - non a caso con l'essere accusato di eresia dai tribunali vaticani.
Paesaggi lontani e luoghi della memoria, storie di ombre, incontri con gli amici di una vita, riflessioni personali, letterarie ed artistiche si intrecciano in questo libro, il cui tono diaristico e spesso confidenziale riesce ad assumere valore di metafora. L'itinerario di Lalla Romano finisce col coincidere, ora con la peculiare tradizione europea, ora con le inquietudini contemporanee. Postfazione di Giovanni Tesio.
Questo libro prende le mosse da un desiderio e da una necessità. Il desiderio è quello di intersecare più voci di donne piene di talento e di passione per quel che fanno - donne spesso assai diverse tra loro - con una narrazione che cerca di leggere le trasformazioni del presente evitando il più possibile la retorica della vittimizzazione o, al contrario, l'esaltazione di un femminile da cui estrarre solo plusvalore economico. Tra storie di vita e pensieri, ventuno donne autorevoli raccontano il proprio percorso, per dimostrare quanto le loro singole biografie, le loro esperienze e le loro scelte siano irriducibili alle narrazioni di superficie che, per fortuna o per sfortuna, a seconda delle circostanze, toccano l'universo femminile. Uno sforzo necessario, si diceva, un mosaico di testimonianze, casi esemplari e riflessioni di ampio respiro - dai rapporti di potere al mondo del lavoro, dal "gender gap" alla leadership - per dimostrare come possa essere possibile, nonostante tutto, per passione e per talento, riuscire a fare ciò che si desidera anche se si è donne.
Nella materia liquida di questo tempo che indebolisce ogni gerarchia, i conflitti tra le generazioni sembrano passati di moda. Genitori e figli si trovano vicini all'improvviso, tanto nei comportamenti quanto nel modo di guardare il mondo, in famiglie che, invece di essere allargate, sono "allungate". Al posto del classico rapporto di subalternità, compare cosi una condizione più complice e paritaria, che in alcuni casi si trasforma in vera e propria amicizia. Un fatto all'apparenza positivo, ma che nasconde una questione cruciale: non è sulla frattura condivisa tra giovani e adulti che si struttura l'identità? In questo libro Marco Aime e Gustavo Pietropolli Charmet affrontano la progressiva svalutazione di quei riti di passaggio, come la leva militare o il fidanzamento, che scandivano fino a ieri lo sviluppo del nostro ruolo sociale, e le sue conseguenze. Perché, se l'autorità dei genitori tende all'estinzione, la scuola perde d'importanza e l'ingresso nel mondo del lavoro pare sempre più un miraggio, quando arriva il momento delle responsabilità?
Fin dalle origini, la nostra civiltà si è basata su una distinzione netta e inequivocabile tra persone e cose, fondata sul dominio strumentale delle prime sulle seconde. Questa opposizione di principio nasce con il diritto romano e percorre per intero la modernità, fino ad approdare all'attualità del mercato globale, producendo contraddizioni crescenti. Sebbene la distinzione continui ad apparirci chiara e necessaria, nella prassi giuridica, economica e tecnica assistiamo continuamente a un ribaltamento di fronte: alcune categorie di persone vengono assimilate alle cose, mentre alcuni tipi di cose acquistano un profilo personale. Per risolvere questa antinomia, Roberto Esposito - con il consueto rigore argomentativo - ci propone una via d'uscita, grazie a un nuovo punto di vista costituito dal corpo. Né persona né cosa, il corpo umano diventa l'elemento dirimente nel ripensamento dei concetti e dei valori che governano il nostro lessico filosofico, giuridico e politico.
Un postino di Civitavecchia riesce a sollevare carichi pesantissimi, un solitario cowboy usa il pianoforte come arma, un mistero avvolge "I promessi sposi" di Manzoni... Personaggi bizzarri, situazioni imprevedibili, finali a sorpresa: Gianni Rodari costruisce un percorso fra vizi e virtù del nostro vivere quotidiano; non intende dare lezioni né trasmettere nozioni, ma i mille fuochi d'artificio del suo linguaggio e l'ironia sui modi di dire convenzionali sono un costante motivo di divertimento e di riflessione per piccoli e grandi lettori. Età di lettura: da 11 anni.
Margot ha una bella gatta da pelare, anche se la mamma le dice "ti abituerai": dopo un girotondo di fototessere da fare con urgenza, questionari da riempire con pignoleria, valanghe di acquisti dal cartolaio e incertezze in tema d'abbigliamento, sta per affrontare il grande debutto in prima media. E sapete cosa significa avere di fronte un prof a cui dover dare del lei? E materie sconosciute? E compagni imprevedibili? Ma è in gamba Margot: è destinata a contagiare tutti con i suoi divertenti "alfabeti" passati sottobanco, e a diventare la grande timoniera della classe. Età di lettura: da 10 anni.