È un'antologia personale dei lavori su commissione che Paul Auster fu costretto ad accettare prima di potersi dedicare completamente ai suoi romanzi nel 1985. In appendice vengono presentati: una detective novel alla Chendler, pubblicata all'origine sotto lo pseudonimo di Paul Benjamin, e che ruota tutta intorno al mondo del baseball, grande passione di Auster; tre drammi teatrali e infine un curioso gioco da tavolo ispirato al baseball, di cui vengono fornite le regole e le carte.
L'Italia è una comunità nazionale leggera: ha scarso senso civico e non si riconosce in interessi generali. Si accende episodicamente come una comunità di sentimenti: il cordoglio per una scomparsa, la gioia per un successo sportivo talvolta denunciano il desiderio di condividere emozioni e sentire momenti di unità. L'unità, quando non sia frutto di conformismo, è un valore; ma raramente la storia italiana ha visto perseguito questo obiettivo. La patria ha sempre stentato a diventare una categoria del senso comune, perché gli italiani hanno coltivato con particolare passione l'interesse privato, perché sono spesso caduti nella tentazione delle lotte di fazione e delle guerre civili, perché sono soliti ignorare la loro storia e dividersi in estenuanti rese dei conti. In realtà, proprio la storia dice che la vera risorsa degli italiani è stata la loro diversità, l'incontro e lo scambio fra culture diverse, le addizioni di genti differenti. Ne sono testimoni l'arte e la letteratura, i modi di vivere e il gusto: questa è la patria che gli italiani possono vantare, un mondo aperto e non esclusivo; questa è l'idea da proporre contro la tentazione di nuove chiusure nazionalistiche e di improbabili definizioni identitarie. Oggi, in particolare.
Artur Aiguader è uno degli antiquari piú famosi e quotati di Barcellona. È sempre stato abituato a maneggiare oggetti preziosi e libri di grande valore, ma il manoscritto in cui si è imbattuto è molto di piú. Perché nasconde la chiave per recuperare un oggetto unico al mondo: una gemma dotata di straordinari poteri, che la Cabala ebraica chiama la Pietra di Dio...
L'antiquario ci trasporta in una città che respira storia e sangue in ogni sua pietra. E ci avvince con una ricostruzione storica documentata e rigorosa, con il fascino e l'ambiguità del mondo dei mercanti d'arte, con il sapore antico dei grandi romanzi d'appendice.
Quando l'antiquario Artur Aiguader intuisce che il prezioso manoscritto da lui scoperto potrebbe fare gola a molti, si sente minacciato. Riesce a nasconderlo e a scrivere al figlio adottivo, Enrique, un romanziere affermato, rivelandogli dove trovare il manoscritto.
Subito dopo, viene ucciso da qualcuno che conosce bene, ma del quale non viene svelata l'identità. Enrique arriva a Barcellona e recupera il manoscritto: con l'aiuto della ex moglie e di un abilissimo filologo, comincia a decifrarlo. Ma la sua è un'autentica corsa contro il tempo: l'assassino dell'antiquario è rimasto nell'ombra ed è pronto a uccidere di nuovo, per proteggere il segreto della pietra o per impossessarsene.
Una volta il nazionalpopolare era una categoria gramsciana, i giornali e la televisione pubblica erano pieni di scrittori e intellettuali, la sinistra (si dice) dominava la produzione culturale. Oggi nazionalpopolari sono i reality show pieni di volgarità, la televisione (pubblica o privata) è quella che è, e la sinistra pure.
Ma si può paragonare l'Italia di Pasolini, Calvino, Moravia con quella di Striscia la notizia, Alfonso Signorini, Amici di Maria De Filippi? La tesi provocatoria di questo libro è che il confronto non solo è possibile, ma è illuminante.
Perché oggi, finita e strafinita l'egemonia culturale della sinistra, trionfa un'egemonia sottoculturale prodotta dall'adattamento ai gusti nostrani del pensiero unico neoliberale, in quel frullato di cronaca nera e cronaca rosa, condito da vip assortiti, che sono diventati i nostri mezzi di comunicazione, ormai definitivamente dei «mezzi di distrazione di massa».
E il paradosso è che molte delle tecniche di comunicazione che oggi innervano la società dello spettacolo sono nate dalla contestazione del Sessantotto, dai movimenti degli anni Settanta e dalle riflessioni sul post-moderno degli anni Ottanta.
E così, in un cortocircuito di tremenda forza mediatica, il situazionista Antonio Ricci produce televisione commerciale di enorme popolarità, Signorini dirige con mano sicura il suo postmodernissimo impero «nazionalgossiparo», i reality più vari sdoganano il Panopticon di Bentham e Foucault per le masse.
Una riflessione originale sulla costruzione del nostro immaginario contemporaneo, che getta luce sul lato nascosto (e serissimo) della frivola cultura pop in cui siamo tutti immersi.
Dunque, il 15 ottobre 1991 il tribunale civile e penale di Milano mi assolse. Le motivazioni contenute nella sentenza erano varie; la piú importante, secondo me, è quella che affermava che l'autore (il sottoscritto) non era punibile in quanto aveva semplicemente esercitato il diritto di cronaca e di critica, emanazioni dell'articolo 21 della Costituzione che sancisce il diritto di libertà di stampa e informazione. Un diritto-dovere che, ancor oggi, continua a essere messo in discussione da chi ha altri interessi che la libertà di stampa e l'informazione.
Solo oggi, nel 2010, trentesimo anniversario della strage di Bologna, il romanzo torna in libreria, praticamente inedito.
Due righe sulla storia. Fantasia, niente altro che ipotesi di un romanziere, basate su alcuni dati emersi nel corso delle tante indagini eseguite dai magistrati e che io ho utilizzato per aumentare l'interesse dell'intrigo e rendere piú credibile la vicenda. Anche il finale è pura invenzione.
Chi ritenesse di riconoscersi in uno dei tanti personaggi, uomo o donna, si tolga subito l'illusione di essere diventato un eroe da romanzo.
I personaggi sono di fantasia esattamente com'era di fantasia Jules Quicher, esperto di problemi di sicurezza in una multinazionale svizzera.
Loriano Macchiavelli
maggio 2010
BOLOGNA 1980 - 2010
Attenzione: questo è solo un romanzo. Ma come escludere che un romanzo sia piú vero della storia vera?
Giancarlo De Cataldo
Loriano Macchiavelli ci regala un magnifico romanzo, denso di colpi di scena e di sorprendenti intuizioni che contendono alle verità faticosamente ricostruite in tante sentenze, plausibilità, razionalità, verità.
Libero Mancuso
Questo libro, con il titolo Strage e a firma di Jules Quicher, «esperto di sicurezza in una famosa multinazionale svizzera», in realtà pseudonimo di Loriano Macchiavelli, uscí nel maggio del 1990 da Rizzoli, e subito fu ritirato dalle librerie, e mai piú pubblicato, in seguito alle vicende che lo stesso Macchiavelli racconta nello scritto introduttivo a questa nuova edizione.
Questo libro ripercorre la storia dell'Africa dalla preistoria a oggi ricostruendo forme di organizzazione sociale, formazioni politiche e regni, culture e sistemi di credenza, scambi e aggregazioni che hanno caratterizzato per secoli la vita delle popolazioni africane fino all'avvento dello schiavismo, gli sconvolgimenti politici, economici, territoriali e antropologici prodotti dalle potenze coloniali, la decolonizzazione, le guerre per l'indipendenza, la nascita dei nuovi stati e i differenti sistemi economici che ne sono sorti. Ne risulta un quadro d'insieme che tiene unite sia la prospettiva diacronica, interrogando gli stessi problemi in epoche e contesti estremamente diversi, sia la prospettiva sincronica, delineando un'introduzione chiara e approfondita a uno dei contesti salienti della nostra storia attuale.
Un romanzo-verità sulla tormentata vita del poeta Dino Campana (Marradi 1885 - manicomio di Castel Pulci 1932). Frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca, l'appassionato libro di Vassalli illumina l'esemplarità di un destino tragico e ristabilisce alcune verità biografiche su un poeta maledetto la cui gloria postuma va crescendo. Questa vita di un reietto allucinato, in contrasto perenne con la cultura del suo tempo, riafferma la propensione dell'opera di Vassalli a occuparsi di eresie culturali e storiche (i futuristi de L'alcova elettrica, la strega de La chimera), non per indulgere in sterili ricostruzioni storico-biografiche, ma per sottolinearne la sorprendente attualità e verità. «Ma se Dino Campana non fosse esistito io ugualmente avrei scritto questa storia e avrei inventato quest'uomo meraviglioso e "mostruoso", ne sono assolutamente certo. L'avrei inventato cosí ».
Il racconto Natale a Marradi, che chiude questa nuova edizione del volume, rende completa e definitiva l'indagine di Vassalli.
Una casa isolata. Un cane che abbaia nella notte. Un omicidio spietato.
Un detective in borghese bravo a seguire le tracce e a far parlare gli indizi. Una verità che non si può accettare.
Dodici persone vivono nella casa, una è la vittima, chi è il colpevole?
È un giallo nella sua forma piú pura, ma è anche un drammatico fatto di cronaca che dall'Inghilterra dell'Ottocento parla ancora oggi alle nostre coscienze.
«I racconti hanno le spine, come le rose. I letterati ne annusano il profumo, ma l'editoria teme di pungersi. Storici e critici si dannano a lodare i racconti di Oechov e di Maupassant, mentre gli editori - quando un autore propone un libro di racconti - avvizziscono come mele avvelenate. E l'autore può essere chiunque. Dan Brown va dal suo editore e gli dice: "Ehi, sai cosa, avrei una bella raccolta di short stories per te", e l'editore sente la ceramica del suo cuore incrinarsi. Ma il pubblico? Li compra o no?
Io sono pubblico. Sono una componente della conclamata maggioranza dei lettori: le donne. E sono una donna di fantasia, che in cucina brucia i piselli immaginando storie. Insomma, sono un'accanita e felice lettrice di romanzi... Però poi rifletto: gli autori contemporanei che preferisco sono quasi tutti gente che scrive racconti, e nella top ten dei libri che mi hanno cambiato la vita ci stanno i Nove racconti di Sapete Chi.
E allora perché? Perché a fronte di tanti successi, tanto amore, tanta eccellenza, davanti ai racconti gli editori fremono come bisce? Credo di saperlo. Perché i libri di racconti non vanno al primo posto in classifica. Come il simpatico meccanico in pensione che gioca un euro al SuperEnalotto, anche l'editore spera nel jackpot e sa - con ragionevole certezza - che il jackpot non si nasconde nel libro di racconti.
Anche l'autore, naturalmente, sa che con i suoi racconti non si comprerà la sospirata casa al mare. Quando scrive un racconto, l'autore lo fa in maniera del tutto disinteressata.
E in maniera del tutto disinteressata io ho scritto queste storie. Nella speranza che facciano risuonare un'armonia, una vibrazione, un disagio, una piccola felicità o una punta di dolore. Un libro di racconti è il sacco di Natale, e l'autore dà a ciascun lettore il suo personale pacchetto, con il nastro e il bigliettino. Ecco, questo è per te, da parte mia, con rispettoso amore».
Stefania Bertola
Moise Levi ha solo ventitre anni la mattina di fine estate in cui lascia Fossano portandosi dietro un carretto di stracci. Vuole andare a Torino a far fortuna, e non può immaginare che quello sia solo l'inizio di una lunga storia. Perché Moise possiede un fiuto eccezionale per gli affari e per i sentimenti: darà il via a una florida ditta di commerci nel ramo tessile, e avrà due mogli, sei figli e un'infinità di nipoti. Dopo la grande guerra mondiale e quel «brutto spettacolo» della marcia su Roma, finalmente la vita di tutti ha ripreso il suo corso. Meno male che nel 1924 a quel «brutto muso di Mussolino» gli è preso un colpo secco, altrimenti la storia di nonno Moise e della sua discendenza sarebbe stata molto diversa. Invece la famiglia Levi - con i suoi amori e i suoi affanni, i suoi commerci e le sue tribolazioni, le grandi cene di Pasqua e i lunghi silenzi delle stanze chiuse - diventa sempre piú numerosa nella casa di via Maria Vittoria, costruita proprio lì dove una volta c'era il ghetto e adesso non c'è piú.
Elena Loewenthal non ha riscritto la Storia all'incontrario: ha provato piuttosto a mettere la vita al centro, dove la morte ha cancellato tutto. Ha lasciato scorrere la quotidianità dell'esistenza, con la sua allegria e insensatezza per vedere come le gioie e le fatiche di ogni giorno possano fondersi «in una cosa sola che non è troppo distante dalla felicità».