Nell'immaginario occidentale, il Tibet è associato al volto sorridente del Dalai Lama, a film come "Sette anni in Tibet", o alla tragedia dell'occupazione cinese consumatasi a partire dalla metà del XX secolo. Questo paese remoto e misterioso viene spesso percepito come il luogo per antonomasia della pace e dell'introspezione, della ricerca interiore. Tuttavia, talune di queste visioni, dove la storia si intreccia saldamente al mito, possono diventare una gabbia per i tibetani, e rischiano di nuocere alla conoscenza sia della loro cultura, e alla sua divulgazione, sia del loro travagliato passato, segnato da numerose invasioni, guerre e dominazioni straniere. Questo volume ricostruisce i processi storici, politici e sociali che hanno modellato nel corso dei secoli la complessa e affascinante cultura tibetana, e si rivolge soprattutto a un pubblico non specialista ma curioso di conoscere una delle civiltà più suggestive dell'Asia.
"Questo lavoro si pone come obiettivo di offrire al lettore un racconto chiaro della storia degli ebrei, dalle origini ai nostri giorni. Anche se si preoccupa di prendere in considerazione gli eventi recenti in Medio Oriente, il suo è prima di tutto uno sguardo rivolto al passato. Quello di un popolo la cui storia si confonde con la storia dell'umanità intera, attraversando i secoli, i continenti e le civiltà, dall'Egitto dei faraoni alla Russia sovietica, passando per il mondo greco-romano, l'Europa cristiana, l'Oriente musulmano, le grandi scoperte, la Rivoluzione francese, la Prima guerra mondiale, la Shoah e la nascita dello Stato di Israele. Raccontare una tale odissea in circa ottocento pagine è una sfida, visto che, anziché diminuire di quantità, la ricerca scientifica sugli ebrei attira di anno in anno nuovi specialisti, di varia origine. Tuttavia, non possiamo fare a meno di constatare come questa esplosione di sapere non abbia ridotto i pregiudizi e i sospetti che continuano a circondare gli ebrei in diverse regioni del mondo, in particolare quelle in cui non vivono più, o quasi più, a partire dalla Seconda guerra mondiale. Miti, dicerie e fantasmi di un'altra età e celebri falsi vi circolano ancora; e, grazie a Internet e alle nuove tecnologie di comunicazione, il numero di coloro che aderiscono al loro contenuto è rilevante."
Dietro all'enigmatico titolo di questo libro si celano otto storie affascinanti, otto viaggi intorno al mondo intrapresi a partire da sette quadri (cinque di Vermeer, uno di Hendrik van der Burch e uno di Leonaert Bramer) e da un piatto di ceramica del Museo di Delft. A un primo sguardo, queste opere d'arte raffigurano soltanto intimità domestiche, in realtà possono raccontare anche gli avventurosi viaggi che misero in contatto l'Olanda del secolo d'oro con le terre d'Oltremare, mostrandoci l'entità degli scambi culturali e commerciali tra Oriente e Occidente, che segnano l'inizio della nostra epoca globale. Timothy Brook ci invita a leggere in modo diverso le opere di Vermeer, non come farebbe uno studioso d'arte, attento all'uso della luce e dei colori, bensì come uno storico che attira la nostra attenzione su un dettaglio, un oggetto, una figura per poi allargare lo sguardo sul vasto e mutevole mondo del XVII secolo. Cosi, la ciotola con della frutta rovesciata su un tappeto turco che vediamo in "Donna che legge una lettera" ci trasporta verso le rotte commerciali dell'ambita porcellana bianca e blu cinese; mentre il sontuoso cappello del galante "Ufficiale e ragazza che ride" ci conduce in Canada, dove gli esploratori europei ottenevano dai nativi americani pelli di castoro in cambio di armi. Quelle pelli finanziarono i viaggi dei marinai che cercavano nuove rotte per la Cina.
Una caccia ai fantasmi tra demoni e strane leggende. Dai ghiacci d'Islanda alla Rivoluzione francese. Il nuovo caso per il commissario Adamsberg e la più stravagante armata dell'Anticrimine parigina. Si è mobilitata tutta l'Anticrimine del tredicesimo arrondissement di Parigi sul caso dei due apparenti suicidi. Il coltissimo capitano Danglard, grande estimatore di vino bianco, l'energica Violette Retancourt, lo specialistica in pesci d'acqua dolce Voisenet. Ma soprattutto lo svagato, irresistibile, "spalatore di nuvole", il commissario Jean-Baptiste Adamsberg. Tutto inizia col ritrovamento di due corpi e la scoperta di uno strano simbolo scarabocchiato accanto a ciascuno di essi. Ma come sempre accade nelle storie di Fred Vargas, questo non è che l'avvio di una avventura che finirà per snodarsi in mezza Europa tra una balzana setta di adepti della Rivoluzione francese e una gita in Islanda finita in tragedia.
C'è la morte nell'anima di Luigi Alfredo Ricciardi. Imprigionato nel guscio della solitudine più completa, che non permette a nessuno di intaccare, è sulla soglia della disperazione. All'ottavo appuntamento con i lettori del commissario dagli occhi verdi, più che mai protagonista in una indagine dove tutto è anomalo, Maurizio de Giovanni ci regala la meraviglia di un romanzo in cui le anime di ciascuno si rivelano fatte di vetro: facili a rompersi in mille pezzi, lasciano trasparire la fiamma che affascina e talvolta danna, e occorre allora il sacrificio della rinuncia, che può apparire incomprensibile ed esporre alla vendetta. Prende così forma un congegno narrativo misteriosamente delicato e struggente, vertiginoso e semplice, che spinge Ricciardi su strade rischiose. E lo costringe a fare i conti con sé stesso e i propri sentimenti. Mentre le pagine sembrano assumere la voce di una delle più celebri canzoni partenopee, per carpirne il più nascosto segreto.
La guerra di Crimea ha dominato la metà del XIX secolo, provocando la morte di almeno 800 000 persone e ridisegnando la mappa dell'Europa. Iniziata come una guerra di religione, fu determinata dalla convinzione dello zar Nicola I che quella guerra doveva essere una crociata, l'adempimento del destino della Russia a governare tutti i cristiani ortodossi e a controllare i Luoghi Santi. Fu anche una guerra basata sull'odio e sull'ipocrisia, segnata in particolare dall'ondata di russofobia che travolse buona parte dell'Europa. Figes descrive la guerra come un'ultima crociata, nella quale la religione ebbe un ruolo fondamentale, tanto da farla diventare la prima "guerra totale" della storia. Nessuno ha contato i morti tra la popolazione civile: vittime dei cannoni o della fame nelle città assediate; etnie devastate dalle malattie diffuse dagli eserciti; intere comunità spazzate via durante i massacri e le campagne di pulizia etnica nel Caucaso, nei Balcani e in Crimea. L'autore utilizza materiali di prima mano (lettere dei soldati, diari, documenti provenienti dagli archivi russi ecc.), tratta gli eventi bellici da una prospettiva che dà vita a nuove interpretazioni, riuscendo a trasmettere quella partecipazione umana che può emergere solo dall'impiego di testimonianze molto diverse.
Orfana di entrambi i genitori, Korobi è stata cresciuta dai nonni come si conviene a una ragazza indiana di buona famiglia. Seria e rispettosa, porta però nel nome, "oleandro" in bengalese, la forza ostinata delle piante che sua madre tanto amava. È proprio questa tenacia a sostenerla quando, travolta da una rivelazione scioccante, a un passo dal matrimonio decide di partire per gli Stati Uniti nella speranza di far luce sulle proprie origini. A sua disposizione ha un mese di tempo e l'aiuto di Desai, un investigatore privato con base a New York. Poi dovrà rientrare in India e sposarsi. Ben presto, però, messo alla prova da una combinazione esplosiva di pressioni e fraintendimenti, il rapporto con il fidanzato Rajat comincia a vacillare. Parallelamente cresce la complicità con Vic, lo scanzonato nipote e assistente di Desai, che la accompagna e sostiene nelle delicate fasi della ricerca. Alla fine di un viaggio pieno di insidie e verità scomode, Korobi, più matura e consapevole dei propri desideri, imboccherà la sua strada senza lasciarsi tentare dall'alternativa più semplice.
Esistono moltissimi libri sull'esperienza della maternità, in tutti i suoi possibili risvolti, ma la paternità continua a restare nell'ombra. Forse perché gli uomini fanno più fatica ad aprirsi e raccontarsi, o forse perché la figura paterna non si è ancora affrancata del tutto da una serie di stereotipi, molto spesso sorpassati ma ancora attivi, come quelli che vedono il padre responsabile del sostegno economico della famiglia, autoritario, assente, incapace di occuparsi dei figli o capace solo di farli giocare. Federico Ghiglione, mediatore familiare, fa breccia all'interno di questo mondo per spiegare alle madri, e con loro a tutti noi, l'unicità, la ricchezza, l'importanza e la difficoltà del ruolo di padre, prendendo in esame tutte le fasi che conducono alla genitorialità, dal concepimento al parto, passando attraverso la sessualità fino all'educazione dei figli. Intrecciando esperienze personali ed esperienze maturate sul campo, Ghiglione ci regala un libro divertente e utile non solo per le giovani coppie ma, soprattutto, per le mamme, che oggi hanno bisogno più che mai di capire chi è la "metà" con cui hanno deciso di fare famiglia.
Una mattina Gregor Samsa si sveglia in un letto e scopre con orrore di essersi trasformato in un essere umano. Non ricorda nulla della sua vita precedente. Che fine ha fatto lo spesso carapace che lo proteggeva? E perché adesso è ricoperto da questa sottile, delicata pelle rosa? Chi, o cosa, era prima di quel risveglio? Insomma, adesso Samsa dovrà adattarsi alla nuova e "mostruosa" condizione di uomo. Quando però alla sua porta bussa una ragazza il cui fisico è deformato da un'enorme gobba, Samsa dovrà fare i conti con qualcos'altro di sconosciuto: il desiderio e l'erotismo visto con gli occhi nuovi di chi sa andare oltre le apparenze. Habara, il protagonista di "Shahrazàd", è un uomo solo, confinato in una casa nella quale gli è vietato ogni contatto col mondo. Non sapremo mai perché, e in fondo non è importante: quello che sappiamo è che il suo unico svago sono le visite regolari di una donna misteriosa che lo rifornisce di libri, musica, film... e sesso. Ma soprattutto gli racconta delle storie, proprio come faceva Shahrazàd. E in queste storie Habara si tuffa come un bambino, finalmente libero. Ecco, è proprio questo che vive il lettore di Murakami: la sensazione di inoltrarsi in un altro universo, di essere "come una lavagna pulita con uno straccio umido, libero da preoccupazioni e brutti ricordi". Almeno fino alla storia successiva.
Nei nove racconti di questa raccolta, scritti fra il 1997 e il 2007, il naturale si mescola con spontaneità al soprannaturale, l'umano al demonico. La fisicità è prepotente in ogni storia e le malattie del corpo si affiancano a quelle dello spirito - lutti, abbandoni, solitudini - a disegnare una geografia del dolore, spesso infantile, dentro al quale il trascendente s'innesta con esiti sorprendenti. Chi si aspettasse di ritrovare nell'angelo che dà il titolo alla raccolta l'immacolato emissario divino dell'iconografia classica resterebbe deluso. L'essere alato in questione si abbiglia in modo astruso, non disdegna l'occasionale dose di stupefacenti, ed è tanto restio o inabile ad aiutare il medico tossicomane di cui è custode, quanto questi lo è ad alleviare il male terminale che affligge suo padre. Allo stesso modo, è inutile cercare nelle piccole creature tormentate dei racconti il malatino fragile ed emaciato dell'immaginario comune. I bambini di Adrian sono intelligentissimi, " troppo per il loro stesso bene", disincantati, capaci di adoperare armi affilate. Quella del sarcasmo, fra le altre: la minuscola Cindy, affetta da Sindrome dell'intestino corto, ne fa largo uso con medici e pazienti dell'ospedale, ma risparmia le educatrici perché maltrattare loro "è come prendere a calci un cagnolino". Carl, il bambino scambiato, conosce le leve del senso di colpa.