
La parabola di un uomo dall'adolescenza alla maturità, sullo sfondo delle trasformazioni di una terra di confine. Il protagonista, cresciuto nella lontana Bucovina, crogiolo di popoli e razze diverse, sperimenta sulla propria pelle la dissoluzione della Felix Austria. Austriaci, tedeschi, slavi, turchi, armeni, ebrei da cittadini di un impero si trovano a essere popoli diversi con crescenti aspirazioni indipendentistiche. Le sue vicende personali lo costringono a interrogarsi sui temi dell'identità, della trasformazione dell'Io, tipici della letteratura mitteleuropea.
Un libro particolare, un romanzo nutrito di autobiografia, che diventa anche biografia di una generazione. Una narrazione composita, fatta di brani di esistenza, ricordi, che ci portano gradualmente al cuore nero della storia, Auschwitz. «Lezioni di tenebra» racconta il rapporto tra la giovane autrice e la madre, l'unica di due famiglie numerose a essere sopravvissuta all'Olocausto, insieme al padre. Ebrei polacchi, vissuti in Germania, dove la figlia Helena è cresciuta sentendosi completamente estranea al mondo tedesco e alla sua cultura, pur usandone la lingua anche nel suo esordio in poesia. Romanzo sull'eterno tema dell'amore difficile tra madre e figlia, che non è soltanto una memoria sull'Olocausto, ma un resoconto lucido, appassionato e distaccato al tempo stesso, che punta soprattutto a misurare l'intensità del contraccolpo che quella tragedia ha lasciato nella generazione successiva. E il contraccolpo sta nell'impossibilità di avere radici, nella confusione linguistica, nel disperato bisogno di appartenere e nella crudele condanna a sentirsi estranei, comunque e dovunque. Sta nello stupore di fronte al destino, al male, alla sorte: «Paghi per ogni errore, anche il più piccolo, sempre e comunque... Ma che cosa sia un errore non lo sai. A questo non devi mai pensare».
Un uomo alle prese con i dentisti, un altro con i mutui bancari, entrambi esasperati e alla fine beffati. Un inquietante vicino di casa. Una imprevedibile trappola per ubriachi. L'intensa lettera alla figlia di un padre che ha speso la vita nei Servizi Segreti. Una bambina vittima di un padre orco. Due ragazzi che si avventurano di notte nei segreti di una biblioteca. Il lato buio di una vita normale... E tanti uomini e donne ancora, di questo e dell'altro mondo, tutti abitanti di un pianeta popolato di personaggi affascinanti, comici, drammatici, misteriosi, violenti o dolorosamente inermi, tutti a loro modo ribelli. Storie e destini che chiedono di essere ascoltati.
Un memoir ardente e vivissimo, scritto di getto poco prima dell'esecuzione da una ragazza condannata a morte dai bolscevichi nel giugno del 1931. Evgenija Markon, figlia della borghesia intellettuale ebraica di Pietrogrado, moglie del poeta Aleksandr Jaroslavskij, anarchica, ladra, deportata in un gulag sulle isole Solovki, si racconta in queste pagine intense. «Una studentessa piena di sogni», così si definisce Evgenija, che disgustata molto presto dalla dittatura dei bolscevichi, decide che il mondo dei teppisti costituisce l'unica classe veramente rivoluzionaria. Decide dunque di vivere per strada e diventare ladra, sia per convinzione politica, sia per amore del rischio. Lontano dalle immagini eroiche della «costruzione del socialismo», in questo libro emergono la Mosca e la Leningrado degli emarginati, bambini di strada, ubriaconi, prostitute, vagabondi, raccontati in una lingua immediata.
«Il ministero della suprema felicità» ci accompagna in un lungo viaggio nel vasto mondo dell'India: dagli angusti quartieri della vecchia Delhi agli scintillanti centri commerciali della nuova metropoli, fino alle valli e alle cime innevate del Kashmir dove la guerra è pace, la pace è guerra e occasionalmente viene dichiarato lo «stato di normalità». Anjum, nuova incarnazione di Aftab, srotola un consunto tappeto persiano nel cimitero cittadino che ha eletto a propria dimora. Una bambina appare all'improvviso su un marciapiede, poco dopo mezzanotte, in una culla di rifiuti. L'enigmatica S. Tilottama è una presenza forte ma è anche un'assenza amara nelle vite dei tre uomini che l'hanno amata: tra loro Musa, il cui destino è indissolubilmente intrecciato al suo. Dolente storia di sentimenti e insieme vibrante protesta, «Il ministero della suprema felicità» si snoda tra sussurri e grida, tra lacrime e sorrisi. I suoi eroi, spezzati dalla realtà in cui vivono, si salvano grazie a una cura fatta di gesti d'amore e di speranza. Ed è per questa ragione che, malgrado la loro fragilità, non si arrendono.
Txiki ha otto anni quando per motivi economici la mamma lo manda a vivere dagli zii a San Sebastián. Lo accoglie di malavoglia il cugino Julen, taciturno e scontroso, che però in breve tempo gli si affeziona e, nelle loro chiacchierate notturne, cerca di appassionarlo alle idee indipendentiste che gli inculca il parroco del quartiere. L'occhio ingenuo del protagonista bambino fotografa le vicende della famiglia di adozione, dove lo zio Vicente, mite e debole, divide la sua vita tra la fabbrica e il bar, mentre l'autoritaria zia Maripuy, quella che realmente comanda in casa, non fa che litigare con la figlia Mari Nieves, ossessionata dagli uomini, che finirà per rimanere incinta di non si sa bene chi. Intanto Julen viene spinto ad arruolarsi in una banda dell'ETA, scelta destinata a generare sofferenza e di cui solo col tempo capirà davvero la portata.
Lo sviluppo sostenibile, l'attenzione all'ambiente, una politica della solidarietà e della condivisione, la riscoperta della semplicità. Tre grandi personalità affrontano alcune delle più urgenti questioni sociali partendo dal presupposto che, se in nome di qualcosa è necessario vivere, questo qualcosa non può che essere la ricerca della felicità: una felicità non personale ma globale, che sia compassione, fraternità, che possa abbracciare la comunità tutta e rintracciare così il senso più vero e autentico di ciò che è «fare politica». Un dialogo che va dritto ai valori fondamentali, in cui si intrecciano il messaggio che un politico fuori dagli schemi come il «presidente povero» José «Pepe» Mujica vuole trasmettere ai giovani, i ricordi e le istanze di uno scrittore militante come Luis Sepùlveda, e le riflessioni del fondatore di Slow Food Carlo Petrini, da sempre impegnato a promuovere un modello di sviluppo equo e sostenibile contro lo strapotere delle multinazionali in campo agro-alimentare. Tre uomini diversi per storia e provenienza, uniti da un destino e da uno sforzo comune. Un libro per capire che a muovere il mondo non può esserci altra politica se non quella della condivisione e della dignità.
Sono trascorsi quarant'anni dall'uccisione di Aldo Moro per mano delle Brigate Rosse, ma la sua immagine nelle polaroid scattate durante la prigionia all'interno del «carcere del popolo» resta impressa nella memoria individuale e collettiva.
Quelle due fotografie, più una terza, quella del suo corpo acciambellato nel baule della R4, non erano mai state lette in profondità. L'attenzione si era sempre concentrata sulle vicende oscure del sequestro e della prigionia, sulle lettere e sull'esecuzione del leader democristiano. In questa nuova edizione del libro, che è anche un racconto, Marco Belpoliti analizza l'uso delle immagini compiuto dalle Brigate Rosse durante gli anni di piombo, rilegge le foto di Moro attraverso l'opera di autori come Andy Warhol, Marshall McLuhan, Pier Paolo Pasolini, John Berger, e interpreta quegli scatti come il segno di un cambiamento in corso negli anni Settanta nell'utilizzo del corpo da parte degli uomini politici. Moro appare come l'ultimo esempio del passato, mentre il corpo stava divenendo lo strumento principale della comunicazione politica. Fotografandolo come un re deposto, i brigatisti hanno umanizzato Aldo Moro, così che la sua immagine continua a interrogarci ancora oggi sul potere, sul terrorismo e sull'idea di un'utopia politica realizzata con il sangue.
Considerato uno dei maestri indiscussi della letteratura in lingua tedesca, Peter Handke ha celebrato una sorta di giubileo professionale: più di cinquant'anni dedicati alla scrittura e, inevitabilmente, alla lettura
«La prosa di Handke mette costantemente e magnificamente alla prova le nostre convinzioni sulla natura di arte e realtà.» - The New York Times Book Review
Peter Handke, uno dei più importanti intellettuali e scrittori contemporanei, si mette a nudo in pagine vibranti, in cui alle opere si intrecciano i giorni, e viceversa, perché scrivere e leggere sono per lui tutt'uno con vivere. Questo libro ci fa conoscere non solo uno scrittore e un lettore ma anche un flâneur parigino e giramondo in viaggio per l'Alaska, un cinefilo che adora i western, un intellettuale che prende posizioni politiche a volte anche scomode e scandalose, e ne dà conto, aiutando a far chiarezza su episodi spinosi, come la sua partecipazione al funerale di Milosevi?. Libri, letture, passioni, episodi di vita vissuta ma soprattutto una straordinaria fenomenologia dell'esperienza del leggere, che significa per Handke "ascoltare, origliare, sussurrare, rallentare il passo, studiare, imparare, mettersi in viaggio"...
A Madrid, nel 1936, Inés si ritrova all'improvviso sola in un momento cruciale per il suo Paese. L'affermazione del Fronte popolare e la situazione politica tesa consigliano a sua madre e suo fratello, attivista nelle file dei falangisti, di tenersi lontani dalla capitale. Sfidando le proprie origini aristocratiche e le idee reazionarie che ha respirato fin da bambina, la giovane Inés comincia a frequentare un gruppo di militanti comunisti e trasforma la casa di famiglia in un ufficio del Soccorso rosso internazionale. Ma quando il sogno repubblicano si infrange, la ragazza viene arrestata a causa del tradimento di un compagno, e si ritrova prima nel famigerato carcere di Ventas, poi reclusa in un convento e, infine, a condividere con la cognata Adela una sorta di prigione dorata in una casa sperduta in mezzo ai Pirenei. Solo due cose la consolano: la scoperta dei piaceri della cucina e l'ascolto notturno della Pirenaica, la radio clandestina del Partito...