La formazione dei catechisti è un compito vitale perché dalla loro qualità dipende in gran parte la capacità evangelizzatrice delle nostre comunità. Pensata per un contesto di cristianità sociale, nel quale era sufficiente “nutrire” una fede già data, la formazione dei catechisti deve prendere atto della nuova situazione di pluralismo culturale e religioso, in cui la fede cristiana non è più un dato normalmente acquisito ma deve essere “generata” o “rigenerata”. Si avverte il bisogno di percorrere nuove vie ma si fatica a intuire la direzione verso cui muoversi.
In questo contesto si inserisce il presente studio che offre delle riflessioni teoriche e indicazioni operative stimolanti. Un primo elemento significativo è costituito dal ricorso a tutte e tre le dimensioni che animano la catechesi, quella teologica, pedagogica e comunicativa, strettamente intrecciate per dar vita a un quadro teorico capace di sostenere poi l’impianto formativo proposto. Un altro elemento qualificante è dato dall’opzione di pensare la formazione in termini di “competenze”. Per quanto riguarda le linee generali per una proposta formativa, nelle pagine del libro sono condensate le migliori intuizioni dell’attuale riflessione catechetica sulla formazione. Le scelte di metodo sono quattro: il gruppo di formazione inteso come micro-comunità empatica di pratica; il modello formativo del laboratorio, suggerito nella Nota pastorale del 2006; il “Progetto Personale di Formazione”, con le finalità di monitorare, valutare e orientare l’attività formativa; l’équipe dei formatori, che mette in campo un atteggiamento di cura qualificante e promovente l’autoformazione dei catechisti.
Il giornalismo è collocato all'interno della società e in quanto tale non può non rispondere a delle leggi e norme che ne definiscono gli ambiti e le responsabilità. Da qui il forte significato civile e sociale di questa attività. Il giornale non può non avere regole di gioco la cui osservanza ne fa crescere la valenza civile ed estetica.
Anche l'apprendimento del "mestiere" di giornalista non esce da questa logica: giornalisti non si nasce né si diventa smanettando tecnologie.
Le leggi delle XII Tavole, compilate da una commissione di dieci esperti (decemviri) negli anni 304-305 dalla fondazione di Roma (451-450 a.C.), rappresentano la codificazione del diritto romano operata nel periodo in cui l’oligarchia patrizia dominava quasi incontrastata.
Scritte con brevità e speditezza, costituiscono il più insigne codice arcaico della sapienza giuridica romana: in esse rifluisce e si determina il succo del diritto consuetudinario tradizionale e si fissano i doveri dei cittadini troppo spesso compromessi nella lunga lotta di classe tra patrizi e plebei. Proprio per questo, tale legislazione è da considerarsi la più grande creazione del genio di Roma, in forza della quale i Romani ebbero la possibilità di affrontare il grandioso compito di amministrare ed unificare il loro immenso dominio e diffondere nei popoli assoggettati quel grande tesoro di umanità e di civiltà del quale sono intrise le lettere latine. Il compito viene splendidamente riassunto dal genio di Virgilio:
“tu regere imperio populos, Romane, memento
... pacisque imponere morem,
parcere subiectis et debellare superbos (Eneide VI, 851-53).
Il testo, esposto in una forma arcaica con molte incertezze sintattiche e frequenti scambi di soggetto, ci offre il più remoto esempio di un periodare breve e secco ed il primo memorabile tentativo di prosa latina.
Nella prima parte, il volume «Mistici nello Spirito e contemporaneità» risponde certamente all’impegno di trovare un accordo sul concetto di «mistica» (Rossano Zas Friz De Col), ma anche allo sforzo di calare l’esperienza mistica nella vita dell’uomo contemporaneo, il quale vive in una società di grande attivismo, di forte dinamismo e anche di sbrigatività ma, proprio per questo, non priva di occasioni di incontrare lo Spirito (Franco Garelli).
L’abbagliante splendore dei grandi personaggi mediatici ci impedisce oggi di vedere i silenziosi «mistici nello spirito» che vivono con noi, attivi e partecipi delle grandi sfide del nostro tempo; non chiusi nel neoplatonismo delle idee, immersi nella straordinarietà degli eventi o appartenenti ad una aristocrazia elitaria dello spirito, ma «con gli occhi aperti» a tutto ciò che accade nel mondo: lavoro (Paola Bignardi), educazione (José Luis Moral), corporeità (Amedeo Cencini), politica (Paolo Carlotti), cultura virtuale (Francesco Asti).
Nella seconda parte del volume, e senza negare che alcuni «luoghi tradizionali » come la preghiera, i sacramenti, la parola, la liturgia, … sono quelli più adatti all’esperienza spirituale mistica, vengono esaminate altre zone dove lo spirito aleggia e dona vita: la bellezza nell’arte (Yvonne Zu Dohna),
il pellegrinaggio cristiano (Jesús Manuel García), la letteratura (José Luis Plascencia), la musica (Massimo Palombella).
A conclusione del volume, Bruno Secondin evoca la figura dei «mistici nostri contemporanei», uomini e donne del nostro tempo che vivono la quotidianità intesa come vita forte e pregnante in Cristo, che si lasciano abbracciare dall’Amore, nell’umile dimensione della secolarità.
Il volume è a cura di Jesús Manuel García.
Nell’ottobre del 1713 avviene una scoperta di estremo interesse per la scienza liturgica e per la tradizione cultuale dell’Occidente: il veronese Scipione Maffei trova un codice rimasto nascosto per secoli; ci si rende subito conto dell’importanza di questo unicum.
Il bisogno di conoscere il testo farà sì che durante quello stesso secolo XVIII avvengano ben quattro edizioni, fino alla quinta apparsa verso la fine del secolo XIX e poi alla sesta che costituisce la base dell’attuale concordanza. Nell’edizione critica di Mohlberg il lettore può trovare la descrizione dettagliata del manoscritto, le caratteristiche linguistiche del testo (ortografia, imprecisioni, grammatica, clausole), il contenuto e le caratteristiche del libro, i tentativi di datazione, il sacramentario in rapporto agli altri sacramentari latini, la descrizione delle prime edizioni, e i principi basilari dell’edizione stessa apparsa nel 1954.
A tre secoli esatti dalla scoperta del codice, appare la presente opera. La casuale coincidenza si accompagna anche al 50° della Sacrosanctum Concilium, in un felice incontro che permette di far riecheggiare ancora una volta quanto la stessa Sacrosanctum Concilium affermava nel n. 23 a proposito dell’intimo rapporto che deve intercorrere fra tradizione e progresso nella riforma liturgica, da realizzare attraverso «un’accurata ricerca teologica, storica e pastorale».
Non è la prima volta che anche questo sacramentario è sottoposto ad un lavoro di concordanze. Se i Curatori hanno ritenuto opportuno avventurarsi in quest’opera ciò è dipeso da vari fattori. Il primo è costituito dall’esperienza maturata in questo specifico ambito con la pubblicazione di numerose altre concordanze. Il secondo è determinato dall’opportunità di rispondere al bisogno di conoscere meglio le fonti liturgiche, soprattutto in questo tempo in cui la riforma liturgica è terminata mentre prosegue il grande impegno della formazione; e per questo si possono così fare i confronti con pagine della tradizione che rischiano di rimanere nascoste per la difficoltà di poterne disporre e leggerle in modo adeguato. Il terzo è quello di offrire un testo base fedele ovviamente all’edizione critica curata a suo tempo da Leo Cunibert Mohlberg, ma rivista in modo tale che il testo latino risulti corretto e scorrevole.
Tutto questo permette non solo la facilitazione della lettura del documento, ma più ancora il confronto diretto con testi presenti nell’attuale Missale Romanum, anello più recente di una traditio che abbraccia l’esperienza orante delle Chiese in due millenni.
È possibile scorrere i lemmi per cogliere il numero della specifica occorrenza; vari lemmi pur sempre segnalati non sono stati considerati data la non rilevanza ai fini dello studio dell’eucologia; questi, comunque, sono consultabili nel sito www.latinitas.unisal.it e www.liturgia.it unitamente ad Appendici come l’elenco dei prefazi e dei termini in ordine di occorrenza.
Questa breve ma preziosa operetta, presentata per la prima volta in traduzione italiana, scritta a cavallo tra il 1946 e il 1947, cerca di fare il punto sul difficile rapporto epocale tra modernità e cristianesimo. Il titolo del libro appare programmatico, come lo sviluppo dell’intero scritto, il quale evidenzia con chiarezza le solide acquisizioni balthasariane dopo un paziente, profondo e intenso ascolto della filosofia moderna. P. Henrici afferma che questo libro “è il vero e proprio ‘Discours de la méthode’ […].
Questo saggio può valere come implicita risposta al rimprovero di ostilità nei confronti della Scolastica. Balthasar intende la filosofia cristiana come un filosofare nella fede e con lo sguardo rivolto alla teologia”. In questo testo l’autore traccia le linee fondamentali per un incontro fecondo tra la filosofia moderna e il pensiero cristiano: la prima dal punto di vista formale e la seconda dal punto di vista contenutistico. Esso rappresenta un’ottima sintesi della ricerca balthasariana di un equilibrio dinamico e dialogico tra filosofia e teologia.
Il volume raccoglie i contributi, rivisti dagli autori, presentati in occasione del Convegno Oltre la crisi: finanza responsabile e solidale tenutosi il 4 marzo 2013 presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma.
Nel Convegno si è analizzato il tema della finanza sotto varie sfaccettature: le nuove caratteristiche delle attività finanziarie nella società contemporanea, le loro degenerazioni, la progressiva dissoluzione dei legami tra responsabilità e solidarietà nei rapporti di scambio, l’esigenza di una riforma della finanza attraverso la messa a punto di regole e valori che la rendano funzionalmente ed eticamente giustificabile. Con uno sguardo attento a suggestivi aspetti storico-filosofici e teologici (la nascita e la diffusione della moneta nel mondo antico, il rapporto tra teologia ed economia nella “Scuola di Salamanca”, il realismo dinamico di Tommaso Demaria, il pauperismo...). Senza trascurare di affrontare una vasta gamma di questioni riguardanti la recente crisi finanziaria (genesi, rapporto tra crisi finanziaria e crisi morale, relazione tra crisi finanziaria e crisi della democrazia).
Con almeno due convinzioni di fondo che animano il volume: la prima, dalla crisi si può (e si deve) uscire; la seconda, correlata alla prima, la crisi può essere un’opportunità per la creazione di nuove dinamiche e di nuovi rapporti tra società e mercato.
Sono intervenuti: Marcello Allasia, Luigino Bruni, Paolo Carlotti, Pascual Chávez Villanueva, Massimo Crosti, Stefano Curci, Piero Damosso, Giovanni Ferri, Giulio Gallazzi, Gianluca Garbi, Valerio Leone Sciabolazza, Lorenzo Leuzzi, Mauro Mantovani, Maurizio Marin, Nicola Mele, Jean Paul Muller, Graziano Perillo, Cecilia Rinaldini, Roberto Roggero, Tiziano Salvaterra, Raffaello Sestini, Alessandra Smerilli, Mario Toso.
Può la vocazione nascere e crescere senza un punto di riferimento comunitario?
Tutti conosciamo la risposta a tale quesito per l’importanza che hanno la relazione interpersonale e il cammino condiviso nella crescita del singolo. In questa epoca ancora tendenzialmente egocentrata, nel lavoro di animazione e di formazione vocazionale si scopre palesemente l’importanza di uno studio approfondito delle leggi che regolano l’aggregazione, l’accoglienza, la crescita, la condivisione e l’interscambio. Il gruppo, strumento fondamentale nell’animazione e nella pastorale, è sempre e comunque una palestra vocazionale. Nei gruppi vocazionali, il reciproco aiuto psicologico, morale e spirituale, a certe condizioni, che sono studiate in questo volume, favorisce e riesce a garantire la crescita serena e matura di ognuno.
Quindi, la crescita del singolo individuo all’interno del gruppo non è scontata, anche quando la natura comunitaria della vocazione è una sua nota essenziale. Essa esige dialogo e conduzione pedagogica, aspetti che oggi sono approfonditi e offerti dagli studiosi del Counselling di Gruppo. L’abilitazione alla gestione dei principi e delle strategie proprie di questo settore, con i migliori contributi di ogni approccio teorico, aiuteranno educatori e pastori della vocazione nell’esperienza di orientare nel cammino vocazionale perché diventi stimolante ed efficace.
Il testo studia prima la natura e le forme di vita del gruppo e della sua evoluzione; riconosce, poi, i lineamenti teorici del Counselling Vocazionale di gruppo e conclude, in terzo luogo, con un’applicazione pedagogica al campo del Counselling nei gruppi vocazionali.
In appendice, l’autore propone una serie di tecniche di animazione facilitatrici del dialogo, della conoscenza reciproca e della maturazione personale e di gruppo. Il testo, in questo modo, rende esplicite e operative le ragioni che stanno a monte della sapienza popolare quando afferma: «L’unione fa la forza».
Partendo dalla considerazione della necessità di avere una linea-guida nella formazione, tenendo conto delle priorità istituzionali e dei soggetti che chiedono l’accompagnamento per la loro crescita, questo testo insiste sulla necessità di programmare con saggezza i cammini formativi, con l’uso di tutti i mezzi e di tutte le risorse che la pedagogia mette oggi a disposizione delle persone. Esso offre una riflessione ed elementi fondamentali sui concetti di “progetto formativo”, di “itinerario formativo”, di “programmazione”, di “realizzazione dell’itinerario formativo”, e di “valutazione dell’azione formativa”.
Il volume offre anche delle indicazioni su come programmare: determinare o meglio cercare di capire le finalità istituzionali (l’ideale d’uomo da formare); individuare gli obiettivi intermedi sulle varie tappe dell’itinerario e formularli correttamente; analizzare la situazione di partenza (il quadro di riferimento teorico e quello della situazione); selezionare i contenuti e le attività, i metodi, gli strumenti e le strategie da impiegare per raggiungere gli obiettivi educativi.
Il terreno di applicazione dei concetti qui esposti è la comunità formativa del seminario e di una casa di formazione consacrata. L’intenzione di questa riflessione e ricerca è di fornire alle case di formazione presbiterale e religiosa uno strumento pratico per l’elaborazione di progetti e la programmazione d’itinerari formativi realistici ed efficaci. Tuttavia, la proposta rimane valida per tutti i cammini possibili nel campo della formazione. La presentazione semplice degli argomenti, e lo schema pratico e chiaro delle proposte, vogliono rispondere a questa esigenza di strumento per la elaborazione dei piani formativi su vari livelli di formazione.
Cristina, eremita e poi badessa del monastero di Markyate, visse nell’Inghilterra del XII secolo. La sua vita la colloca sicuramente tra una delle più determinate e coraggiose donne della sua epoca se si prende in considerazione il concetto e il ruolo che la donna aveva nel Medioevo. Conoscerla fa ammirare la sua forza. Grazie alla sua determinazione riuscì a contraddire lo stile di vita che i suoi familiari le volevano imporre scegliendo, per volontà propria, il suo personale destino: vivere cioè una vita consacrata alla preghiera e all’ascesi nel monastero.
Nata a Huntingdon nell’anno 1100 ca., fatta sposare con inganno con Burtredo, malgrado l’ostilità dei suoi familiari porta a compimento il suo desiderio di diventare una sponsa Christi. Per ottenere questo fugge dalla casa paterna dove viveva anche dopo il suo non desiderato e mai compiuto matrimonio e dove subì moltissime persecuzioni e umiliazioni dalle persone a lei più care.
Dopo la fuga, per non essere ritrovata dal marito e dai parenti, che non smettevano di ricercarla, si nascose per diversi anni a Flamstead dall’anacoreta Alfwena, e poi a Markyate dall’eremita Ruggero. Soltanto dopo la morte del vescovo di Lincoln Roberto Bloet, che apparteneva al gruppo dei suoi detrattori, Cristina finalmente poté uscire dal suo nascondiglio e pronunciare i voti solenni nel 1131.
Il volume è diviso in due parti: la prima, che ha una funzione introduttiva, prende in esame i dati biografici di Cristina (Teodora) di Markyate. Sono analizzati i personaggi importanti che svolsero un ruolo determinante nella sua vita, tra i quali si trovano il vescovo di Durham, Ranulfo Flambard, il vescovo di Lincoln, Roberto Bloet, l’eremita Ruggero e l’abate Goffredo di St. Albans.
Inoltre si presenta la complicata e, allo stesso tempo, affascinante storia del manoscritto, conosciuto oggi con il nome di Cotton Tiberius E1, custodito nella British Library di Londra, nel quale si trova la Vita de Sancta Theodora, que Christina dicitur. Si tratta anche della questione del committente e dell’autore dell’opuscolo.
La seconda parte, invece, contiene l’edizione critica con il testo italiano a fronte.