Sono trascorsi venticinque anni dall'avvio dell'inchiesta Mani pulite, e ancora oggi le prime pagine dei giornali raccontano quotidianamente di casi di corruzione che coinvolgono i livelli più alti del mondo politico, economico e finanziario italiano. Non è cambiato nulla dal 1992? O sono cambiati solo gli attori, a fronte degli identici meccanismi che regolano efficacemente il malaffare? Uno dei protagonisti della stagione di Tangentopoli, al centro del dibattito giudiziario e politico nel suo ruolo di presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, offre una chiara e lucida analisi del fenomeno tracciando il quadro di un vero e proprio sistema criminale, che non potrà mai essere smantellato con le sole armi della giustizia penale.
L'immagine della Sicilia è legata a tanti capolavori della letteratura e del cinema di ieri. Ma leggere la Sicilia attraverso gli occhi degli autori del passato è come andare in giro con una guida turistica di un secolo fa. Gaetano Savatteri ci restituisce un volto inedito e sorprendente dell'isola. Accanto alle rovine greche scopriremo i parchi di arte contemporanea più estesi d'Europa. All'immagine di Corleone si affiancherà quella di una Sicilia urbana e metropolitana. Invece della patria del machismo conosceremo il luogo in cui è nata la prima grande associazione in difesa dei diritti degli omosessuali. Al posto delle baronesse troveremo una generazione di donne manager e imprenditrici. E ancora, incontreremo un panorama letterario, musicale, teatrale tra i più vivaci di oggi. Con buona pace del "Gattopardo", non è vero che in Sicilia tutto cambia perché tutto rimanga com'è: sull'isola, negli ultimi anni, quasi tutto è cambiato.
Una ricostruzione completa e chiara del pensiero economico, dall’antichità classica ai giorni nostri. L’autore presenta con rigore e senza inutili tecnicismi tanto le opere dei grandi classici come Smith, Ricardo, Marx, Keynes, Schumpeter, Sraffa, quanto i contributi delle varie scuole, come i fisiocrati, i ricardiani, la scuola austriaca. Particolare attenzione è dedicata agli sviluppi più recenti, dal secondo dopoguerra all’inizio del terzo millennio.
Un libro indispensabile per tutti coloro che vogliono comprendere le radici dei dibattiti economici dei nostri giorni. Dietro le divergenze sulle scelte di politica economica, infatti, vi sono contrasti tra concezioni diverse dell’economia; gli stessi concetti-base, come valore, mercato, prezzo, equilibrio, assumono significati diversi nel contesto della concezione classica, marginalista, keynesiana.
"Il problema è l'euro", "è tutta colpa delle banche", "bisogna fare le riforme", "le banche centrali pensano solo all'inflazione"... Chi non ha letto o ascoltato molte volte queste frasi sui giornali, nei talk show, all'interno delle istituzioni nazionali e internazionali? Si tratta di una serie di luoghi comuni che, ripetuti acriticamente, diventano mantra, assiomi indiscutibili, verità univoche, scientifiche. Federico Caffè sosteneva che «liberarsi dalla suggestione delle affermazioni che finiscono per essere accettate per il solo fatto di essere ripetute non è una cosa agevole». Fine del libro è proprio questo: smontare, spiegare e liberarsi da sette luoghi comuni sull'economia contemporanea. Scopriremo che ognuno di essi contiene elementi di verità, ma sottolineare solo questi elementi o nascondere quelli che li contraddicono conduce alla costruzione di un'ideologia insidiosa. Un'ideologia che - messa in pratica prima e soprattutto dopo lo scoppio della grande crisi del 2008 -ha fatto molti danni: più disoccupazione e per più tempo di quanto fosse inevitabile; meno crescita di quanto fosse possibile; più povertà e disuguaglianza di quanto sia moralmente accettabile; meno inflazione di quanto fosse economicamente conveniente. Milioni di persone hanno sofferto per tutto questo. Non era destino: poteva essere evitato, se solo avessimo agito diversamente da come alcuni luoghi comuni ci spingevano e tuttora ci spingono a fare.
Da Platone e Aristotele sino a Rawls e Habermas, un'antologia di testi sull'eguaglianza tratti dai classici del pensiero filosofico e politico.
Che cosa sono le felicità d'Italia? La musica, il cibo, la biodiversità agricola, il paesaggio, la tradizione artistica e culturale. Ovvero tutto ciò che rende il nostro Paese e i suoi costumi speciali agli occhi degli stranieri che vengono a visitarlo o di quelli che ne apprezzano e adottano lo stile di vita. Ma perché queste 'felicità' hanno avuto origine proprio qui? Come mai la Penisola possiede una eredità tanto ricca e varia di questi tesori? Carlo Cattaneo sosteneva che la cultura e la felicità dei popoli non dipendano tanto dai mutamenti della 'superficie politica' quanto dall'influsso di alcune 'istituzioni' che agiscono inosservate nel fondo delle società. Sono creazioni del popolo (norme consuetudinarie, strutture organizzative, tradizioni culturali) che sono state elaborate dal basso e che contano più delle scelte dei governi per il progresso dell'umanità. Il libro racconta la storia di quattro di queste 'felicità': l'alimentazione, dipendente dall'originalità storica e geografica dell'agricoltura italiana; le città, con il loro patrimonio di bellezza, che per secoli hanno costituito la forma più alta di organizzazione della vita sociale; la musica e la canzone napoletana, esempi della creazione di un immaginario poetico da parte di un popolo; la tradizione cooperativa, che ha dato un'impronta di egualitarismo sociale e di avanzato civismo.
L'età dei genocidi è alle nostre spalle? Se facciamo una ricostruzione storica e comparativa dei casi, sforzandoci di comprendere la violenza genocidaria nelle sue molteplici manifestazioni, ci sono molti segnali che . inducono a ritenere che il XXI secolo sarà un secolo di pulizie etniche e di genocidi. Non si può non rilevare, infatti, che in molte aree del mondo in cui la saturazione demografica raggiunge livelli d'insostenibilità, la sindrome dell"uomo superfluo' si sia aggravata. A ciò si aggiunge l'aumento della violenza democidaria, di cui il terrorismo internazionale è l'esempio più eclatante.
Da dieci anni non passa giorno senza che qualcuno invochi l'esigenza di una nuova classe dirigente. Eppure quasi nessuno sembra accorgersi che, se tale espressione suona ormai logora all'orecchio dei più, non è per l'inettitudine o la disonestà dei singoli, ma anche e soprattutto perché l'età globale ha inesorabilmente compromesso le condizioni d'esistenza di una classe dirigente in senso proprio. Le oligarchie si sono sgretolate, dunque, in una società liquida e trasparente? Nient'affatto. Il nostro è il tempo opaco dei gruppi di interesse privato, che premono sui decisori pubblici in vista di un tornaconto particolare. Che cosa resta, quindi, della democrazia? Finché si ignorerà che le élites politiche sono essenziali per una democrazia libera e pluralistica, partecipata e consapevole, i partiti soccomberanno ai movimenti e il potere scivolerà indisturbato nelle mani di pochi giganti transnazionali.
A Roma la dea del fuoco pubblico era Vesta. Il suo culto è stato istituito probabilmente da Romolo intorno alla metà dell'VIII secolo a.C. Due secoli dopo Roma incoraggia su questo fuoco pubblico un mito fondativo più cosmopolita: sarebbe stato portato nel Lazio da Enea, che lo avrebbe salvato da Troia in fiamme. Il fuoco dei Romani è stato spento e riacceso dalle vestali ogni primo giorno di marzo nel corso di 1150 anni. Le sei sacerdotesse, strappate da bambine alla famiglia, dovevano conservarsi illibate per almeno trent'anni. In compenso veniva loro riconosciuto un rango elevatissimo ed erano le sole donne che a Roma possedessero una piena capacità giuridica. Andrea Carandini e la sua scuola hanno ricostruito il santuario di Vesta e parte del circondario, contribuendo in modo fondamentale alla comprensione del centro sacrale, istituzionale e culturale della città-stato. Grazie a uno scavo durato un trentennio è stato possibile analizzare la radura o lucus di Vesta, i luoghi di culto dei Lari, di Marte e Ops, di Giove Statore, e conoscere le capanne e le case delle vestali, dei re e dei massimi sacerdoti della città-stato. Raccontare la storia di questo cuore urbano a un vasto pubblico è la ragione del libro.
Un confronto serrato sul valore della conoscenza e della storia tra due maestri del nostro tempo. "La lotta contro la storia evenemenziale ha cambiato tutto. Sappiamo ora che l'evento non è creato dalla storia ma dallo storico. Da una parte, lo storico crea l'evento. Dall'altra parte sappiamo ora che esiste un evento nuovo. Le tecniche di produzione degli eventi sono profondamente cambiate da oltre mezzo secolo. Col giornalismo, ma soprattutto con la televisione, la produzione dell'evento è del tutto nuova. Esiste un evento nuovo per il quale servono nuovi modi di fare storia." (Jacques Le Goff). "Noi poniamo all'oggetto dei nostri studi le domande che il presente pone a noi. È per questo che esiste una storia degli avvenimenti storici: ogni periodo li vede in maniera differente, perché si modifica l'orizzonte di riflessione" (Jean-Pierre Vernant).