Nel dizionario della lingua italiana di Tullio De Mauro si legge: «Il pregiudizio è una opinione fondata su convinzioni personali che non si basano sulla conoscenza diretta di fatti, persone o cose ma su semplici supposizioni o convinzioni correnti che possono indurre in errore». In questo libro vengono smentiti alcuni tra i pregiudizi più diffusi. Pregiudizi antichi – come quello che attribuiva al diavolo la pelle nera – e pregiudizi recentissimi, come quello secondo il quale… le donne sono migliori degli uomini! Chi non ha pregiudizi scagli la prima pietra! Riconoscerli è un gioco istruttivo, soprattutto se è un gioco d’autore... Idee molto diffuse senza alcuna prova – i clandestini sono delinquenti – e altre legate a pii desideri – come per esempio ‘la lettura dei libri ci rende migliori’. Pregiudizi negativi, come quello che dice che i meridionali campano alle spalle del Nord, e pregiudizi apparentemente positivi, come quello secondo cui gli omosessuali sono sensibili o gli ebrei intelligenti. Pregiudizi evidenti – come quello che vuole l’Islam violento – e altri che non sembrano tali, come ‘il pubblico ha sempre ragione’. A ‘smontare’ i pregiudizi, con stile leggero e argomenti pesanti, saranno più di 80 autori competenti, da Corrado Augias a Ignazio Visco, da Nicola Lagioia a Eva Cantarella, da Andrea Carandini a Piercamillo Davigo, da Francesco Remotti a Guido Barbujani.
1914. Re, imperatori, ministri, ambasciatori, generali: chi aveva le leve del potere era come un sonnambulo, apparentemente vigile ma non in grado di vedere, tormentato dagli incubi ma cieco di fronte alla realtà dell’orrore che stava per portare nel mondo. L’Europa si avviava inconsapevole al dramma. Non sapeva di essere fragile, frammentata, dilaniata da ideologie in lotta, dal terrorismo, dalle contese politiche. Così l’atto terroristico compiuto con sconcertante efficienza ai danni dell’arciduca d’Austria ha un esito fatale: la liberazione della Bosnia dal dominio asburgico e l’affermazione di un nuovo e potente Stato serbo, ma anche il crollo di quattro grandi imperi, la morte di milioni di persone e la fine di un’intera civiltà.
La storia di un mito può essere ancora più interessante della storia che il mito racconta... Soprattutto se la storia è quella leggendaria dei Templari…
Nell’anno 1099 i crociati venuti dall’Occidente conquistano Gerusalemme e fondano un regno cristiano nella Città Santa. Pochi anni dopo il re di Gerusalemme patrocina la formazione di una milizia religiosa, un corpo di combattenti che dovranno difendere i pellegrini in viaggio verso i luoghi santi. E sposta il quartier generale di questo corpo scelto presso il luogo più carismatico di Gerusalemme: le rovine del Tempio del Signore, quello edificato duemila anni prima da re Salomone con l’aiuto del leggendario architetto fenicio Hiram.
Circonfuso da un’aura di leggenda sin dalle sue origini, l’ordine dei Templari conosce un’espansione incredibile che lo porta a diventare una vastissima multinazionale finalizzata alla difesa della Terrasanta. I Templari non sono soltanto gloriosi combattenti, sono anche abilissimi banchieri che gestiscono la tesoreria di vari regni cristiani. Il loro successo incrementa la leggenda che li circonda, e quando nel 1307 il re di Francia Filippo IV detto il Bello li accuserà di eresia con l’aiuto dell’Inquisizione, la storia si tingerà di toni oscuri.
Sciolto da papa Clemente V nel 1312, l’ordine dei Templari non avrebbe mai smesso di affascinare il mondo e di vivere nella leggenda postuma, rinnovandosi nei secoli in forme diverse, fino alle pagine de Il codice da Vinci di Dan Brown. Ma cosa ha permesso a questo mito di non estinguersi, anzi di trarre forza dal trascorrere del tempo accrescendosi di dettagli nuovi?
André Vauchez punta l’attenzione sulle molte contraddizioni della vita di Caterina da Siena, tali da rendere vano ogni tentativo di classificarla. In rottura con la famiglia e con tutti gli affetti ‘carnali’, pur convinta sostenitrice della superiorità della vita contemplativa nei confronti della vita attiva, Caterina ha mantenuto fino alla fine la sua condizione di penitente che viveva in modo autonomo in mezzo al mondo, sempre in movimento, per poter essere più libera ed efficace nella sua azione a favore della Chiesa e della sua riforma. Si è considerata una messaggera di Dio incaricata di recapitare all’umanità moniti e consigli per il conseguimento della salvezza, ma non ha preteso di essere imitata nel suo genere di vita né di fare scuola su questo.Il suo comportamento e il suo modo d’intervenire nella storia sono innovativi, in quanto non ha esitato a uscire dalla sfera privata per invadere lo spazio pubblico e a rovesciare a proprio vantaggio il rapporto di dipendenza che normalmente le donne intrattenevano nei confronti degli uomini, dei potenti di questo mondo e dei dotti. Favorita da una crisi profonda delle istituzioni e dei poteri del suo tempo, la sua azione e quella di altre donne coeve ha inaugurato una nuova stagione nella storia dell’Occidente, aprendo la strada a un ‘cattolicesimo al femminile’. Ma lei è l’unica il cui ricordo abbia attraversato i secoli e fino a oggi non abbia mai cessato di esercitare il suo influsso sulle menti.
Esasperati dalla corruzione sistemica e diffusa, frustrati dal clientelismo, avviliti dalle cronache giudiziarie, rischiamo di convincerci che l'illegalità in Italia sia invincibile e che la criminalità organizzata abbia sempre la meglio, da Milano a Palermo passando per Mafia Capitale. C'è una buona notizia: non è così.
Con la proposta di papa Francesco di istituire una commissione di studio sul diaconato femminile, servizio antico ma desueto, si intravede per la prima volta in questo millennio una prospettiva nuova e importantissima che potrebbe aprire all'ingresso delle donne al sacerdozio. Ma quale è stata fino a oggi la presenza della donna nella Chiesa? Quali il ruolo e la missione attribuiti alle donne all'interno dei testi sacri? Quali gli effettivi spazi di potere e di governo consentiti? Adriana Valerio risponde a queste domande in pagine suggestive, dense di storia e di riflessione. Ci presenta le straordinarie figure di donne che si ribellano al potere maschile nell'Antico Testamento; ci mostra la rivoluzione del Vangelo, che intende capovolgere letteralmente tutte le vecchie logiche di dominio; ricostruisce le vicende storiche di figure femminili che hanno esercitato il potere, o nella modalità carismatica dell'esempio di vita o nell'effettiva gestione del governo delle cose di questo mondo: profetesse, sante, badesse, mistiche. Sullo sfondo, una domanda radicale: è giusto che le donne aspirino al potere così come gli uomini l'hanno configurato? O una Chiesa che si ispiri al Vangelo e che riconosca con pari dignità il contributo delle donne e degli uomini non dovrebbe al contrario ridimensionare per tutti l'esercizio del potere riportandolo nei termini del servizio?
Chi l’ha detto che in cucina si elaborano solo ricette?
Nelle storie raccontate in questo libro la cucina è al centro di un gioco di cultura e di potere.
Maestro Martino, Bartolomeo Scappi, François Vatel: tre cuochi – dell’Umanesimo, del Rinascimento e del Barocco – capaci di fare la storia del loro tempo, e non solo per la squisita sapienza delle loro preparazioni...
Maestro Martino è cuoco al servizio del cardinale e condottiero Ludovico Trevisan. Vive in prima persona la grande rivoluzione culturale dell’Umanesimo e, involontariamente, ne diventa uno dei protagonisti. Il suo libro di ricette, tradotto in latino ed edito dall’umanista Platina, diventa la base della rivalutazione del buon cibo e della buona cucina, dopo secoli di condanna al girone della golosità.
Bartolomeo Scappi è il secondo maestro. Cuoco di tre cardinali e di due papi, dovrà vedersela col furore ascetico e controriformatore del suo ultimo datore di lavoro, il papa santo Pio V, che abolirà il carnevale e introdurrà a Roma leggi feroci contro le prostitute, gli adulteri e il lusso. All’apice della carriera dovrà rinunciare a cucinare dato che il suo padrone è un austero digiunatore, ma avrà così il tempo di scrivere il più importante libro di cucina della sua epoca.
François Vatel è il terzo celebre cuoco, nonché l’interprete – tragico – della nouvelle cuisine di Luigi XIV. Per Luigi II di Borbone, l’Alessandro Magno di Francia, vincitore a 22 anni delle invincibili armate spagnole, organizza un grande ricevimento al castello di Chantilly – ospite d’eccezione Luigi XIV – di cui però non vedrà la fine. Muore suicida, apparentemente per un’assurda mancanza di... pesce.
Percorrendo le vite di questi tre celebri cuochi attraverso Umanesimo, Rinascimento e Barocco, scopriamo la cucina, il gusto, le ricette del tempo, ma anche i raffinati giochi di potere che presero vita, come accade ancora oggi, sulle tavole di allora.
La vittoria ha mille padri ma la sconfitta è orfana. Di certo non in Italia, dove è figlia legittima di uomini che hanno fatto la storia col sangue di altri uomini. Loro malgrado.
«La guerra è una cosa troppo seria per farla fare ai militari». Per non farla fare solo ai militari i politici dell’Italia unita ci hanno messo di loro, riuscendo a realizzare un perverso mix che ha portato a una lunga teoria di eclatanti sconfitte. A Custoza si perde una battaglia già vinta perché La Marmora e Cialdini conducono una guerra privata. A Lissa l’inesperto ammiraglio Persano e i suoi vice neppure si parlano, e i sogni di gloria vanno a picco assieme alle navi e ai marinai. A Caporetto Badoglio, pur sapendo che gli austro-tedeschi stanno per attaccare, se ne va a dormire. L’attacco alla Grecia soddisfa solo le manie di grandezza di Ciano e Mussolini e si incanala subito verso un clamoroso disastro che fa sogghignare mezza Europa. Una tragedia che è la prova generale della campagna di Russia…
Ma le sconfitte non hanno pesato solo sul piano militare. Spesso sono state l’occasione per scatenare psicodrammi assurdi o ancora più ridicole cacce a capri espiatori di comodo, rivelando tutta la fragilità della nostra identità nazionale, come accaduto con il disastro di Adua e la caduta di Crispi. In altri casi hanno prodotto una presa di coscienza e uno scatto di orgoglio che ha mutato, in meglio, la storia successiva.
Cinque battaglie, cinque sconfitte che hanno contribuito a ‘formare’ l’Italia.
Lo scrittore e saggista Giuseppe Culicchia ci racconta dell`improvvisa sparizione, durante una gita al Museo Egizio di Torino, di Cecco e Chicca, alle prese con misteriose sfingi e statue in movimento. Nel libro sarà incluso - in omaggio per i bambini che acquisteranno il libro - un normografo per disegnare i geroglifici. Da 7/8 anni
Il capolavoro di Augusto è stato imporre l'immagine di sé come vero e coerente erede e continuatore dell'opera di Cesare, ormai divinizzato, mentre in realtà la trasformava, se non nel suo contrario certo n altro . Questo libro recupera, attraverso fonti greche solo parzialmente esplorate, pagine cruciali dell'Autobiografia di Augusto, abilmente apologetica, scritta nel 25 a.C., quando egli aveva ormai definitivamente consolidato il suo potere monocratico, pur nella raffinata finzione di aver restaurato la repubblica.