Quando pensiamo alla sostenibilità, pensiamo immediatamente ai cambiamenti climatici, alle devastazioni ambientali, all'azione del comportamento umano sulla salute della Terra. E questo perché ogni giorno diventa più evidente che per garantire un futuro alla nostra specie dobbiamo preservare l'esistenza di una natura sana e vitale. Tuttavia, la sostenibilità non riguarda soltanto il rapporto dell'uomo con l'ambiente: l'aumento demografico e la crescita delle legittime aspettative di benessere da parte di tutte le popolazioni, uniti alla diffusa percezione di squilibri inaccettabili nel reddito e nella ricchezza, tendono ad accentuare le tensioni, l'instabilità sociale, la conflittualità. C'è una risposta a tutto questo? Nel settembre 2015 i governi di 193 nazioni, compresa l'Italia, hanno sottoscritto l'Agenda 2030, un programma di azione articolato in 17 obiettivi di sviluppo sostenibile da realizzarsi entro il 2030. Una base comune da cui partire per dare a tutti, e in particolare ai più giovani, la possibilità di vivere in un mondo che non sia degradato, ma sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Questo libro fa il punto, attraverso il dialogo tra testi e testimonianze della migliore fotografia documentaria, sullo stato del nostro pianeta e delle nostre società: il clima e l'energia; la povertà e le disuguaglianze, comprese quelle di genere; l'economia, l'innovazione e il lavoro; il capitale umano, la salute e l'educazione; la qualità dell'ambiente; il capitale sociale.
L'integrazione di italiani e stranieri a scuola non è un'emergenza o una novità, ma una realtà che esiste già da lungo tempo. Il libro chiama a raccolta tutti i protagonisti delle tante esperienze positive di integrazione in atto da molti anni nelle scuole del nostro Paese: insegnanti, presidi, alunni, sindaci, genitori, artisti condividono la loro voce per mostrare i tanti modi in cui l'integrazione si declina. Si incontreranno in queste pagine i 'costruttori di ponti' delle scuole dell'infanzia e gli esercizi di 'buon senso' degli studenti; si racconteranno i tentativi di convivenza e di resistenza quotidiana nei piccoli comuni e nelle grandi città. Si prenderanno molto sul serio le nuove preoccupazioni e paure delle famiglie italiane. L'integrazione è aiuto ai più deboli: bisogna accoglierli, insegnare la lingua, orientarli. È anche così, certo. Ma c'è anche molto di più: per esempio, un buon numero di studenti 'stranieri' conosce le lingue e il mondo meglio di noi e degli studenti italiani; alcuni di loro proseguono gli studi superiori e poi si iscrivono all'università. Un chiaro segnale della spinta verso lo studio, della fiducia, del sogno, della speranza nel futuro. Fare integrazione vuol dire allora costruire legami di comunità e scoprire che l'influenza reciproca può essere vantaggiosa per tutti. Nel tempo dell''emergenza migranti', di 'prima gli italiani', abbiamo bisogno più che mai di una 'grammatica dell'integrazione' che insegni a costruire il senso del possibile e a coltivare visioni del futuro. È il principio speranza: non smettere di provare a fare il mondo come dovrebbe essere.
È falso che le religioni siano modelli irenici; è falso che si debba a loro quel fragile concetto di 'tolleranza' che, a partire dall'età moderna, ha permesso una certa coesistenza nella diversità delle appartenenze confessionali; è falso che al cuore delle religioni vi sia un'unica regola d'oro che le orienta verso la pacifica e costruttiva convivenza delle une con le altre; è falso, infine, che le religioni siano solo vittime di strumentalizzazioni di ordine politico o economico, queste sì `vere' cause di ogni guerra.
Il libro affronta il problema del finanziamento del settore museale esaminando le diverse modalità attraverso cui è possibile incrementarne la capacità di automantenimento e la redditività, così che siano soddisfatti sia i valori di promozione culturale che quelli di sostenibilità del debito pubblico ed equilibrio di bilanci.
Biglietteria, servizi aggiuntivi, concessioni d’uso, sponsorizzazioni, donazioni, finanza di progetto, utilizzo di marchi commerciali, prestiti per mostre: sono alcuni degli istituti esaminati sia sul piano giuridico che per i rendimenti economici concretamente generati e che, se adeguatamente valorizzati, potrebbero moltiplicare i ricavi riducendo, fino a eliminarlo, il debito pubblico italiano. Tali tematiche sono affrontate in costante comparazione con l’ordinamento francese che persegue espressamente la valorizzazione del patrimonio pubblico e l’incremento della capacità di autofinanziamento. Vengono analizzati anche i modelli britannici e statunitensi in cui i musei, formalmente organizzati come enti non-profit, svolgono un’intensa attività commerciale e di raccolta di fondi privati così da conseguire il massimo livello di rendimento economico con il minimo supporto di contributi pubblici.
Oltre alle riflessioni giuridiche, il volume è ricco di dati statistici e finanziari in gran parte inediti.
«Ci sono libri che cambiano il modo di fare psicoterapia. Sono rari. Uno lo avete tra le mani. In queste pagine è riuscito l’esperimento alchemico: restare in contatto con l’unicità dello scambio umano e allo stesso tempo indicare un modo di intervenire rigoroso e manualizzato sulla relazione terapeutica». Dalla Prefazione di Giancarlo Dimaggio
Attraverso l’esemplificazione di casi clinici e trascrizioni di sedute, gli autori indagano il concetto di alleanza terapeutica, sia nei suoi aspetti teorici che in quelli pratico-operativi. Fondato sugli sviluppi della psicoterapia relazionale, il libro formula chiari principi di intervento riservando un’attenzione particolare ai processi interni del terapeuta e al ruolo che questi svolgono nel ricomporre i momenti di crisi dell’alleanza.
Il racconto appassionato dell’Italia vista da quota zero: tra incantevoli sentieri di montagna e tratturi che rievocano pratiche antichissime, tra vie sacre di pellegrinaggio e percorsi che conservano memoria di scenari di guerra, questo libro è un invito irresistibile a uscire di casa e mettersi in cammino.
Per centinaia di migliaia di anni noi umani abbiamo conosciuto solo un modo per muoverci: mettere un passo davanti all’altro. In qualche caso muli e cavalli hanno aiutato, ma per spostarci abbiamo sempre dovuto affrontare lunghe scarpinate. Agli inizi del secolo scorso automobili, treni e aerei hanno sconvolto quest’abitudine, condizionando il nostro corpo e anche il nostro modo di pensare. Camminando ci accorgiamo di riuscire a osservare i luoghi sotto una prospettiva diversa, ci sembra di entrarci meglio, di viverli più in profondità. In queste pagine ritroveremo il piacere di uno sguardo nuovo a partire da luoghi vicini e accessibili: ripercorreremo i passi di Giustino Fortunato sui monti Lattari, quelli dell’inglese Edward Lear in Aspromonte e il cammino degli anarchici nei monti del Matese. Andremo sulla via Vandelli in Toscana e nelle trincee della Grande Guerra. Senza trascurare gli itinerari religiosi, dalle vie francigene ai cammini di Francesco d’Assisi. E ancora, i percorsi classici di escursionismo e trekking, fino al grande sogno del Sentiero Italia: seimila chilometri e più di 380 tappe attraverso tutta la penisola.
Le diete dei nobili, dei monaci, dei contadini; i rapporti tra cibo e peccato, santità, potere. Massimo Montanari ricostruisce i consumi e i costumi alimentari nel Medioevo europeo, svelandone i molteplici valori simbolici e ideologici.
«Nella mia vita di nomade non ho mai smesso la ricerca di radici. Immaginarie, costruite, conquistate. Ma indispensabili.»
Le austere memorie di Genova, le atmosfere nordiche di Bruxelles e le sorprese di Parigi, l’iniziazione all’Oriente in Indonesia, poi verso Ovest a respirare l’aria decadente di New York, lo spaesamento di San Francisco, a riscoprire un’armonia celeste di Pechino, i bambini del Sichuan, le case a fior d’acqua del Kerala, il destino marittimo di Tokyo, le sorgenti del Nilo... Tre oceani e quattro continenti. Federico Rampini ci racconta grande storia e vita quotidiana di tanti luoghi e personaggi indimenticabili. E forse qualche lezione appresa.
«Scoprii che esiste un’altra parola per definire una foiba, dolina, e provai a usarla per sostituire quel brutto termine nella mia testa – dolina portava con sé tutta una languida atmosfera ungarettiana, mi faceva sentire una docile fibra dell’universo. Ma non ce l’ho fatta: il termine dolina non ha attecchito. Non si può mettere in mezzo la poesia per attenuare il suono dei cadaveri che scricchiolano sotto le scarpe.»
L’Istria è un luogo meraviglioso per passarci le vacanze. Piccoli paesi tranquilli, case da affittare, spesso con una piscina appena costruita. E il mare vicino, sempre visibile anche dai colli. Ma Silvia a Santa Domenica di Albona non è andata per la spiaggia a due passi o per la rakija che tutti ti offrono. Ci è andata per scoprire la verità su un segreto che ha sempre gravato sulla sua famiglia: perché il bisnonno Romeo Martini, nato Martincich, è finito nella foiba di Vines? Perché la nonna, i suoi fratelli e sua madre se ne sono andati una mattina di novembre del 1943? Comincia così un’indagine durata due anni, tra archivi perlopiù andati distrutti, lettere strappate, vecchie fotografie, mail spedite a tutti gli angoli del mondo che raramente hanno avuto risposta. Il risultato è questo libro, coraggioso e al tempo stesso ironico e lieve, che, mentre prova a riportare alla luce le vicende e il destino di una famiglia, affronta il tema delle conseguenze, per generazioni, della violenza subita e delle sofferenze, delle amnesie e dei silenzi necessari per continuare a vivere.
Con il roboante annuncio della nascita dell'Impero, il 9 maggio 1936, Mussolini voleva fornire uno sbocco produttivo al fenomeno dell'emigrazione che stava dissanguando il Paese. Si cominci con la Libia, poi il cuore pulsante dell'Impero divenne l'Etiopia. Ma la realtà povera e desolata di quella terra appena conquistata a colpi di massacri e devastazioni deluse chi era partito. Un lavoro di prima mano su archivi e fonti dell'epoca. Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera La storia sociale dell'emigrazione italiana in Etiopia. David Bidussa, Il Sole 24 Ore Chi erano gli italiani che si trasferirono nelle terre del Negus? Cosa speravano prima di partire? Come vivevano? Che rapporto ebbero con gli etiopici e con il regime? Il duce aveva piani grandiosi: eliminare l'emigrazione all'estero popolando lEtiopia con milioni di italiani, che avrebbero dato vita a una società ideale, produttiva, razzialmente pura e perfettamente fascista. In decine di migliaia risposero all'appello, lasciarono le loro case e partirono, convinti dalla propaganda del regime che avrebbero potuto fare fortuna. La realtà sarebbe stata molto diversa.