La concezione del mondo e della vita tradizionalmente proposta dalla religione, che comprendeva il trascendente, tutta la conoscenza, le regole di condotta e il fine ultimo dell'esistenza, ha guidato a lungo la convivenza civile. Poi la scienza ha avocato a sé la spiegazione della realtà, proponendo modelli del tutto coerenti sotto il profilo logico e matematico, ma non dimostrabili (scienza e religione richiedono entrambe, per essere abbracciate, un atto di fede). Le difficoltà di questa nostra epoca, i problemi ambientali, le insidie di una finanza e di una comunicazione manipolate, i divari sociali, sono segni di una caduta valoriale che appare almeno in parte figlia di quella cesura. D'altra parte, se i successi della scienza sono indiscutibili, essi restano però limitati dall'incapacità di cogliere e spiegare l'istante preciso in cui la materia è divenuta vita, e a maggior ragione il senso di questo nostro esistere destinato, secondo le ineludibili leggi dell'entropia, a dissolversi in un informe nulla. Per dare risposta a questa inquietante assenza di scopo, le teorie scientifiche più avanzate propongono visioni in cui è la coscienza umana ad avere un ruolo partecipatorio nell'edificazione dell'universo, trasformando così l'escatologia religiosa individuale in un'escatologia cosmica che avrà compimento con la fine dell'universo stesso. Altre visioni tentano una sacralizzazione del cosmo, nella quale mondo fisico e mondo spirituale sono integralmente congiunti. Si tratta di ipotesi confortanti, ma che sono tuttavia indimostrabili. Un dialogo sereno, che conduca a un punto di incontro tra scienza e religione, resta in definitiva la vera speranza per giungere a una visione in cui tanto Dio, quanto la nostra percezione della realtà, trovino diritto di cittadinanza anche quali basi per un recupero valoriale.
Chi sono i pifferai magici che, come il flautista di Hamelin, negli ultimi decenni hanno incantato il mondo costringendo un numero sempre più alto di persone a seguirli, abbandonando il mondo dell'etica, quel mondo che, nonostante tutte le sue fragilità, ha permesso fino a tempi recenti all'essere umano di mantenere la sua specificità? Ormai, tutto quello che si può fare, si fa. E le voci che ancora si levano in difesa della misteriosa complessità della vita e della persona vengono ridicolizzate, tacciandole di medioevale oscurantismo. L'uomo non è più un fine, ma soltanto un mezzo e, in quanto mezzo, può essere usato in tutti i modi possibili. Il fatto che il numero di disturbi mentali, di depressioni, di malattie autoimmuni sia sempre più alto non inquieta più nessuno, così come non turba il fatto che il paganesimo sia tornato prepotentemente nella nostra civiltà e che proprio questo paganesimo abbia annullato la responsabilità individuale del male. Il fato decide per noi. Non esiste più il bene, non esiste più il male, non esiste più il giudizio sulle nostre azioni e, anche quando queste sono efferate, siamo convinti di avere diritto all'happy end. Queste riflessioni fatte nel corso degli ultimi anni cercano di mettere a fuoco il progressivo declino della nostra civiltà, incantata dalla suadente musica di questi astuti orchestrali che tutto hanno a cuore tranne il bene dell'umanità.
«È più facile che un cammello passi per la cruna d'un ago, che un ricco entri nel regno di Dio»: questo passo del Vangelo di Marco è senza dubbio uno di quelli su cui tutti i cristiani si sono prima o dopo interrogati. Proprio a partire da esso, Adriana Zarri sviluppa la sua riflessione sul tema della povertà, chiamando in causa dall'Antico e dal Nuovo Testamento episodi e personaggi salienti - Abramo e Isacco, Zaccheo, Lazzaro, Marta e Maria, il figliol prodigo, la giovane adultera... - per far giustizia di sovrastrutture, semplicismi e interpretazioni non aderenti ai valori essenziali della tradizione cristiana. Attraverso la «narrazione teologica» che è stata la cifra distintiva della sua originalissima opera, in questo testo la Zarri riepiloga così i temi cardine della sua spiritualità, dando vita a una densa meditazione scritturistico-sapienziale sull'insegnamento di Cristo ritenuto più importante: imparare a essere poveri, intendendo la povertà come accettazione del limite umano e capacità di rendersi vuoti per la chiamata dello Spirito. «Liberaci dall'indigenza che è un vuoto vuoto - scrive l'autrice - e dacci la povertà che è un vuoto pieno, un vuoto ricco, un deserto fiorito, un cammello che passa dalla porta; dacci quella povertà che è ricchezza colma di te e di ogni bene della terra. [...] Dacci, quindi, Signore, la tua povertà ricca; liberaci dalla segregazione e dacci la solitudine e il silenzio, densi di Amore e di Parola, ricchi di Spirito e di Verbo. Perché il solitario non è un misantropo, ma uno che alberga l'amicizia; il silenzioso non è un muto, ma uno che alberga la parola; e il povero non è un indigente, ma uno che semina ricchezza; e il ricco non è chi molto possiede, ma chi tutto ha perduto e ritrovato».
La religione - in particolare il cristianesimo - è sul viale del tramonto? Apparentemente sì. In Occidente, soprattutto in Europa, seminari, chiese e parrocchie si svuotano ogni anno di più. Gli scandali che hanno per protagonista il clero emersi in molte nazioni - i crimini della pedofilia, ma non solo - minano dalle fondamenta la struttura della Chiesa, indebolendo l'eredità millenaria del messaggio di Cristo. Parallelamente, nella società civile si radica e diffonde l'idea secondo la quale chi si dichiara credente e praticante merita la patente di oscurantista e retrogrado. La forza culturale del cristianesimo è dunque messa in discussione da una laicità che sempre più trova nel progresso tecnologico la chiave per rivoluzionare i concetti stessi di vita, verità, civiltà e progresso. Ebbene, questo libro propone una tesi di fondo opposta. Dati alla mano, dimostra che nel mondo le grandi religioni non solo non arretrano, ma avanzano. Nei numeri e nella vita quotidiana di milioni di persone, che di fatto restano credenti - talvolta in modo sorprendente - perfino in Paesi dove la secolarizzazione sembra trionfare. Soprattutto la fede cristiana ha ancora molto da dire agli uomini e alle donne di oggi, anche perché veicola fiducia nella ragione, promuove la pace e la concordia, valorizza l'altruismo, rafforza i legami familiari, propone valori preziosi per la crescita dei giovani. Persino la pandemia non ha eliminato il bisogno di pregare. Ci sono insomma tutte le premesse per immaginare che quello del futuro sarà un mondo religioso.
Joseph Campbell è stato uno degli studiosi che hanno rivoluzionato l'approccio alla mitologia. Nelle sue opere ha infatti dimostrato come i racconti mitologici - indipendentemente dall'ambito culturale in cui hanno origine - attingano temi, personaggi e storie dallo stesso ancestrale retroterra. Questo significa che nella letteratura, nei riti e nei simboli, elaborati dalle varie tradizioni per rispondere alla necessità di comprendere il mistero dell'esistenza, finiamo per scoprire sempre noi stessi. Tat tvam asi, «quello sei tu», è appunto l'intuizione spirituale fondamentale di tutta la vita e l'opera di Campbell. Nei saggi raccolti in questo volume, l'attenzione dello studioso si concentra sulla tradizione spirituale giudaico-cristiana, sulla simbologia che ricorre nei suoi miti e rituali, sulla metafora quale strumento di narrazione e trasfigurazione, spesso fraintesa e considerata un mero riferimento a un presunto evento storico. Si vedrà per esempio come attraverso il mito dell'Immacolata Concezione (che non è solo cattolico) non si tramandi un fatto, ma piuttosto si alluda a una condizione spirituale. Anche la Terra Promessa non è un luogo geografico, bensì dell'anima. L'ambito mitologico è stato oggetto di incomprensioni e pregiudizi, al punto che, per alcuni, il mito si riduce a una bugia. Campbell ci mostra invece come le sue declinazioni nelle diverse culture rispondano in modo univoco al profondo ed essenziale bisogno umano di comprendere i grandi misteri della nostra presenza nell'universo.
Un delinquente, reo confesso, ottiene grazia e gloria condividendo il patibolo con un innocente condannato ingiustamente. Il primo santo della storia, l'unico canonizzato direttamente da Cristo, è un ladro. "Miserere" è il monologo interiore di un padre, percepito e raccontato dalla figlia che sta lì, ai piedi della croce cui lui è confitto. E anche di lei si narra. E di un fatto realmente accaduto. Pochi protagonisti, una di fantasia, gli altri no; tante comparse. La lettura di "Miserere", proposta dall'autore a Maurizio Botta, Massimo Camisasca e Robert Sarah, ha generato le riflessioni con le quali tutti e tre hanno voluto accompagnare questa edizione del testo. Un libro che nasce dalla domanda sul legame tra giustizia e misericordia, e che si rivolge a tutti: in fondo, chi potrebbe fare a meno di scorgere in sé almeno un tratto di somiglianza con il protagonista, se non altro nella sua richiesta di salvezza?
Giovanni della Croce (1542-1591) fu un poeta e teologo spagnolo del Siglo de Oro. Definito doctor mysticus dalla Chiesa cattolica, dedicò vita e studi alla preghiera e alla riflessione sul cammino spirituale che l'anima compie verso Dio e in Dio. Le sue poesie, veri e propri inni teologici, fanno del fondatore dell'ordine dei Carmelitani Scalzi una figura celebre anche al di fuori dell'ambito religioso e uno dei maggiori autori in lingua spagnola. Cristiana Dobner, Carmelitana Scalza presso il monastero di Concenedo di Barzio, lo celebra attraverso l'analisi del suo ultimo poema, composto poco prima della morte: Fiamma d'Amor viva. Attraverso un dialogo costante con i più grandi teologi e pensatori cristiani che commentarono questa e altre sue opere, disvela il significato profondo di ogni verso, ripercorrendo al tempo stesso la sua biografia e il suo pensiero. Giovanni non fu soltanto un poeta, un teologo e un mistico, fu soprattutto un Carmelitano che ha vissuto in prima persona quella Fiamma di cui scrive e che celebra con passione. Le sue liriche, ricchissime dal punto di vista linguistico e metaforico, sfociano nella mistica trinitaria, fondendo così linguaggio poetico e pensiero teologico. Chi le legge diventa a sua volta autore, in quanto fa riecheggiare nel proprio oggi parole e versi di una forza e profondità del tutto dimenticate.
Della vita di Isacco della Stella si sa talmente poco che il teologo Louis Bouyer lo definì «il grande mistero tra i cistercensi». Inglese di nascita, studiò probabilmente in Francia, dove divenne monaco, prima presso l'abbazia di Cîteaux, in Borgogna, e poi all'abbazia dell'Étoile, nei pressi di Poitiers, della quale nel 1147 fu nominato abate. Alcuni anni prima della sua morte fondò, assieme ad altri monaci, una nuova abbazia sull'isola di Ré, al largo di La Rochelle. Figura rimasta all'ombra dei grandi autori cistercensi della prima generazione, oggi sta lentamente riguadagnando il posto che merita, grazie all'attenzione di diversi studiosi e alla comparsa di numerose traduzioni dei suoi scritti. Autore di cinquantacinque sermoni e di alcuni trattati in forma di lettera, fra i quali il più famoso è senza dubbio il De Anima, Isacco fu capace di fondere in modo mirabile nella sua spiritualità le due prospettive della ragione e del sentimento, che compongono insieme la sostanza e il linguaggio della fede, in una sintesi di grande modernità. Domenico Pezzini ne propone in questo volume una lettura «linguistica», concentrando l'analisi su alcuni sermoni. Una prospettiva che permette di apprezzare la grande versatilità con cui sono affrontati gli argomenti di volta in volta prescelti: dallo scavo di singole parole-chiave raggruppate attorno a un tema, alla profondità condensata in brevi paragrafi, a discorsi più articolati organizzati in due o più sermoni, che nell'insieme formano veri e propri trattati in miniatura di antropologia teologica, teologia della vita comunitaria, mariologia e preghiera. Prefazione di Elias Dietz.
Da sempre l'uomo cerca Dio, "come un cane da caccia che ha nelle narici la traccia della lepre" (Anselm Grün). È proprio partendo da questa incessante caccia sulle tracce di Dio che Lorella Fracassa ripercorre una vicenda umana e spirituale dei nostri tempi, quella del monaco benedettino John Main, e svela i fili che la collegano a un'epoca molto remota della storia cristiana e a pratiche spirituali che oggi si tende erroneamente ad accreditare alla sola cultura orientale. Si tratta della riscoperta della meditazione silenziosa cristiana, le cui origini risalgono al monachesimo egiziano e di cui Giovanni Cassiano (360-432 ca.) fu un significativo e suggestivo interprete. Questa pratica è presente nelle filosofie e nella spiritualità di ogni epoca e luogo (induismo, buddhismo, cristianesimo, sufismo islamico). L'uomo che medita in silenzio ritrova la condizione primordiale del suo essere, quella eternità silente che ha lasciato entrando nel tempo. Per il "segugio" cristiano la meditazione silenziosa (e la preghiera ripetuta intorno alla quale essa ruota) rappresenta uno strumento di purificazione, di approfondimento spirituale, di incontro personale con Gesù e di trasformazione dell'esistenza. Dio non è lontano e irraggiungibile. Dio è dentro ciascuno di noi, è parte di noi e la meditazione silenziosa rappresenta il modo per maturare questa consapevolezza e continuare la "caccia" secondo un nuovo percorso, luminoso e appagante.
Qual è il senso della vita? È un valore stabile e oggettivo, o qualcosa di inevitabilmente fluido e arbitrario? In base a quali principi dobbiamo orientare le nostre azioni e i nostri rapporti con gli altri? Se in passato la visione del mondo tradizionale, fondata sulla religione, sapeva dare risposte ai grandi interrogativi dell'esistenza, nella società contemporanea, sempre più individualistica e secolarizzata, la nostra sete di significato si fa ogni giorno più intensa. In questo libro, scritto con un linguaggio accessibile ma concettualmente rigoroso, il giovane filosofo Frank Martela ci accompagna in un viaggio coinvolgente che ripercorre la storia del pensiero occidentale moderno, rivisitato attraverso esperienze quotidiane, aneddoti, film, ma anche con gli strumenti delle più avanzate ricerche psicologiche e sociali sui grandi fenomeni del nostro tempo. Il percorso verso un'esistenza più consapevole e appagante, ci insegna, può cominciare in ogni momento, a patto di riuscire a liberarci da certi preconcetti e ossessioni che impediscono alla nostra personalità più autentica di fiorire: dobbiamo solo volerlo.