Da quando è scoppiato il cosiddetto «scandalo pedofilia», quasi non passa giorno senza che la Chiesa cattolica e il Papa siano sottoposti a critiche feroci e attacchi impietosi, molto spesso attraverso ricostruzioni dei fatti lacunose e tendenziose. La stampa internazionale ha dato straordinario risalto alla vicenda e ha messo sotto accusa l’intera Chiesa cattolica, la sua organizzazione, i suoi vertici, le sue regole.
L’attacco, inedito per ostinazione e capillarità, ha un obiettivo preciso: Benedetto XVI, fatto oggetto di una campagna denigratoria per molti versi a senso unico. Il suo insegnamento sulla ragione umana, la sua critica di un’economia priva di etica, il suo coraggio nel denunciare i mali della Chiesa stessa (con la recente affermazione secondo cui la persecuzione viene anche dall’interno), la sua avversione per il «politicamente corretto» ne fanno automaticamente un nemico agli occhi di molti, e non solo al di fuori della cattolicità e del mondo ecclesiale.
La ricostruzione di Aldo Maria Valli non si ferma però agli ultimi mesi – con aspetti di estrema attualità, vedi il recentissimo viaggio del Papa in UK –, va più a fondo e disegna una mappa dettagliata delle forze antagoniste a Roma – esterne alla Chiesa, ma anche interne –, delle loro azioni e della loro strategia su temi quali l’aids, l’islam, l’unità dei cristiani, l’aborto, il ruolo della Chiesa nella società.
Valli parte da una domanda diretta: dietro il grande clamore dello scandalo della pedofilia, c’è forse una manovra contro il Papa? È un fatto che il sistema globale della comunicazione non ama Joseph Ratzinger, il suo rigore, la sua determinazione, la sua dolce inflessibilità. Già in passato lo ha preso di mira, accusandolo di fomentare l’islam, di incoraggiare i negazionisti dell’Olocausto, di contribuire alla diffusione dell’Aids in Africa ecc. Ma quali sono le ragioni di questa ostilità? Dove affondano le sue radici? Quali interessi sono in gioco? E, soprattutto, chi vuole colpire il Papa?
Senza nascondere la gravità dei crimini e dei peccati commessi da alcuni figli della Chiesa, occorre ristabilire la verità.
Il cardinale John Henry Newman sarà beatificato dal Papa il 19 settembre 2010, a Birmingham, durante il suo viaggio apostolico nel Regno Unito (16-19 settembre 2010). Questo evento segna il culmine della riscoperta di questo grande teologo, oggi considerato tra i più importanti nella storia della Chiesa. In particolare, va sottolineata la sua influenza sul pensiero di Joseph Ratzinger, che si esprime sia nella concezione dell’atto di fede come atto razionale sia nella centralità attribuita alla coscienza, da non confondersi con un individualismo arbitrario.
John Henry Newman (1801-1890), teologo, filosofo e cardinale inglese, è il più autorevole apologeta della fede cattolica che la Gran Bretagna abbia prodotto nel corso della sua storia. Molto amato in Italia, la sua ricchissima opera è ampiamente tradotta in italiano. Verrà proclamato beato da papa Benedetto XVI, una tappa decisiva in vista della canonizzazione, e il 9 ottobre è stato fissato come giorno di festa a lui dedicato.
Convertito della tempra di Paolo e di Agostino, autorevole apologeta della fede, prosatore efficacissimo, questo sacerdote anglicano divenuto cattolico nell’ottobre del 1845 e cardinale nel 1879, sorprende per la modernità delle sue analisi. Molte delle difficoltà che la Chiesa si trova oggi ad affrontare sono puntualmente anticipate nei suoi scritti.
Prima della sua conversione al cattolicesimo Newman fu per quasi vent’anni parroco della chiesa anglicana di Saint Mary, a Oxford, ed era considerato il predicatore più dotato del suo tempo. I sermoni che vi teneva in occasione delle feste più importanti – come nei normali giorni liturgici – sono un esempio tra i più efficaci della straordinaria forza spirituale del suo pensiero.
Qual è il segreto del persistente richiamo esercitato dagli scritti di Newman? Forse risiede nel modo fresco, persuasivo e incredibilmente vivace con cui ci presenta il cristianesimo. Penetra a fondo nelle pieghe delle verità e dei grandi temi che si propone di indagare (l’obbedienza alla Legge di Dio, l’autenticità della professione di fede, l’importanza dell’amore e della carità ecc.), senza il timore di assumere posizioni scomode o difficili, e anzi imboccando con decisione e lucidità le vie che conducono al cuore di ogni argomento. E poi continua a incantarci perché ci sollecita a non dare un fiacco assenso a una serie di enunciazioni astratte, ma a cercare un vivido incontro con un insieme di realtà concrete, che conquistano tutta la nostra persona e a cui ci chiede di aderire senza esitazioni o incertezze, nella sostanza e non solo nella forma.
In questa raccolta, curata dallo stesso Newman, il lettore troverà alcune delle sue omelie più belle, «così rivoluzionarie nella forma e cristalline nel ragionamento», come scrive la grande scrittrice Muriel Spark nella prefazione al volume. La raccolta di quelli che lui stesso considerava i suoi migliori sermoni rappresenta quindi l’introduzione più efficace all'insegnamento di Newman.
Rimarrebbe deluso chi pensasse di trovare in queste pagine un racconto puntuale intessuto di luoghi, fatti, incontri. Non manca – beninteso – nessuno di questi ingredienti, ma l’Autobiografia di Chesterton, uscita postuma nel 1936, è soprattutto la storia di un’intelligenza e di un’anima che cercano, non senza incertezze e contraddizioni, la propria strada.
Sullo sfondo, evocato con tocchi magistrali, sta il difficile periodo di transizione tra XIX e XX secolo, con il crollo degli Imperi coloniali e il dramma della prima guerra mondiale. E dallo sfondo si affacciano le personalità del panorama politico e letterario con cui lo scrittore entra in contatto e su cui esercita la propria attitudine all’analisi per paradossi dell’uomo e della società, senza mai rinunciare alla sua impareggiabile vis polemica.
La nota segreta del testo – quella che risuona inconfondibile dietro le vicende e le battaglie quotidiane – è però la ricerca di una verità più grande di quella proposta dalle filosofie e dalle dottrine che occupavano (e occupano ancora) la scena contemporanea, una verità capace di cogliere l’umano nella sua complessità e integralità.
L’approdo sarà, come è noto, la Chiesa cattolica, «dove tutte le verità si danno appuntamento».
L'AUTORE
Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) fu scrittore e pubblicista dalla penna estremamente feconda. Soprannominato «il principe del paradosso», usava una prosa vivace e ironica per esprimere serissimi commenti sul mondo in cui viveva. Scrisse saggi letterari e polemici, romanzi «seri» (L’uomo che fu Giovedì, L’osteria volante) e gialli (celebre la serie di avventure di Padre Brown). Lindau ha pubblicato i suoi saggi biografici su san Francesco d’Assisi e san Tommaso d’Aquino, le opere La Chiesa cattolica, Eretici e Ortodossia, e il romanzo Il Napoleone di Notting Hill.
In seguito alla pubblicazione nel 1905 di "Eretici" - una raccolta di saggi in cui l'autore attacca con stile brillante e corrosivo i dogmi della sua epoca - Chesterton fu sfidato dalla critica a indicare quale fosse la propria visione del mondo. Tre anni più tardi, nel 1908, diede alle stampe "Ortodossia". In quest'opera, ricchissima di idee e di suggestioni, lo scrittore inglese esprime la sua incrollabile fede cristiana, di cui argomenta con rigore, ma senza rinunciare al gusto per il paradosso, l'assoluta ragionevolezza. Tutte le obiezioni e le accuse che vengono di norma rivolte al cristianesimo sono affrontate con schiettezza, discusse e infine puntualmente rovesciate. Il risultato, spesso sorprendente, è la dimostrazione che anche i punti più astrusi della dottrina colgono una verità profonda dell'essere umano. In particolare, nel cristianesimo l'autore individua un insieme di valori spirituali e morali in grado di difendere l'uomo da ciò che, minando la bellezza e la santità della vita, lo rende infelice: le ingiustizie del capitalismo, le teorie materialiste e deterministe (in particolare l'evoluzionismo), le eresie del passato e del presente. Il cristianesimo, per Chesterton, è la sola risposta possibile a quell'aspirazione al Vero, al Bene, al Bello, al Giusto, che abita nel cuore di ciascuno di noi.
Che cosa accadrebbe se il re d’Inghilterra venisse eletto tramite un sorteggio? E se a essere sorteggiato fosse un bislacco funzionario governativo in frac, Auberon Quin, dotato di un sulfureo senso dell’umorismo e di un gusto particolare per l’epoca feudale? E che cosa accadrebbe se a condurre questo gioco narrativo fosse Gilbert K. Chesterton?
Re Auberon conferisce ai quartieri di Londra la dignità di città-stato e un ragazzo dai capelli rossi di Notting Hill, Adam Wayne, prende talmente a cuore le burle del Re che per contrastare il progetto di una strada che attraversa il suo quartiere scatena una vera e propria guerra con gli altri borough londinesi. L’unico modo per sconfiggerlo sarà affrontarlo sul suo stesso terreno.
Con il suo spirito incline al paradosso e all’ironia, Chesterton imbastisce una farsesca allegoria sulla condizione dell’uomo, costretto a domandarsi se il mondo è uno scherzo di Dio e se lui deve stare al gioco seriamente oppure scherzare, a sua volta, fino alla morte.
L'AUTORE
Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) fu scrittore e pubblicista dalla penna estremamente feconda. Soprannominato «il principe del paradosso», usava una prosa vivace e ironica per esprimere serissimi commenti sul mondo in cui viveva. Scrisse saggi letterari e polemici, romanzi «seri» (L’uomo che fu Giovedì, L’osteria volante) e gialli (celebre la serie di avventure di Padre Brown). Lindau ha pubblicato i suoi saggi biografici su san Francesco d’Assisi e san Tommaso d’Aquino, e le opere La Chiesa cattolica ed Eretici.
ZIBALDONE
Dopo Iota unum, aggiornata Summa metafisica cattolica, e Stat Veritas, analisi e commento in 55 chiose della Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Tertio Millennio Adveniente del 1994, prosegue con Zibaldone – edito qui per la prima volta – la pubblicazione dell’Opera omnia di Romano Amerio.
Composto da più di 700 pensieri di varia lunghezza, argomento, tenore e origine, lo Zibaldone raccoglie la produzione più libera e occasionale del grande teologo svizzero, che si è venuta formando nel corso di una vita e di una riflessione durata più di mezzo secolo, dagli anni ’30 agli anni ’90.
Questo libro, dal suggestivo e non casuale titolo leopardiano, contiene aforismi, brevi racconti, squarci di vita quotidiana, apologhi e dialoghetti morali, citazioni di classici, note filologiche sull’etimologia delle parole, riflessioni nate da occasioni quotidiane o da fatti storici. Considerato modestamente da Amerio «soltanto un centone di cose disparate, incoerenti e improvvise», costituisce in realtà una sorta di autobiografia intellettuale dell’autore.
Il lettore può visitare così il laboratorio speculativo quotidiano nel quale il grande studioso cattolico si confronta con le tematiche più diverse, dalla storia alla letteratura, dalla filosofia alla cronaca, dal costume alla vita della Chiesa. In questi pensieri profondi e mai scontati, nati come esercizio privato e scritti con stile limpido, Amerio si rivela un osservatore acuto, originale, ironico e spesso sorridente della nostra modernità.
Nel 1905, all’età di trentun’anni, Gilbert Keith Chesterton riunisce in un unico volume gli articoli scritti per il liberale «Daily News». Nasce così Eretici, in cui il «principe del paradosso», facendo sfoggio di tutta la sua tagliente ironia, passa al vaglio le più importanti figure del suo tempo, in particolare del mondo della letteratura e dell’arte: Rudyard Kipling, George Bernard Shaw, H. G. Wells, James McNeill Whistler… Ciò che soprattutto gli interessa è però combattere le «eresie» di cui si fanno banditori o interpreti e che si riflettono in quelli che l’autore identifica come i grandi mali della modernità: la cieca fede nel progresso, lo scetticismo, il determinismo, la negazione dell’esistenza di Dio e dei valori fondamentali del cristianesimo.
Frutto di un sapiente dosaggio di umorismo e buon senso, Eretici suscitò le ire di alcuni critici, perché condannava le filosofie coeve senza fornire alternative. Lo scrittore inglese decise quindi di replicare qualche anno anno più tardi con un altro celebre titolo, Ortodossia, di cui questo resta l’essenziale premessa.
L'AUTORE
Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) fu scrittore e pubblicista dalla penna estremamente feconda. Soprannominato «il principe del paradosso», usava una prosa vivace e ironica per esprimere serissimi commenti sul mondo in cui viveva. Scrisse saggi letterari e polemici, romanzi «seri» (L’uomo che fu Giovedì, L’osteria volante) e gialli (celebre la serie di avventure di Padre Brown). Lindau ha pubblicato i suoi saggi biografici su san Francesco d’Assisi e san Tommaso d’Aquino, e l’opera La Chiesa cattolica.
«Non si è mai mentito come al giorno d’oggi. E neppure si è mai mentito in modo così sfrontato, sistematico e continuo.» Con questa frase, scritta nel 1943 e più che mai attuale, il grande filosofo francese di origine russa Alexandre Koyré inaugura il suo breve ma incisivo saggio sulla menzogna politica. Dopo essersi interrogato su quali siano stati i fattori umani, sociali e politici che hanno favorito l’affermarsi dei totalitarismi nell’Europa tra le due guerre mondiali, l’autore prende in esame l’hitlerismo – modello di ogni regime totalitario – per cercare di coglierne l’essenza profonda, che egli identifica, implacabilmente, con la menzogna. Ogni autoritarismo, ogni regime dittatoriale si basa sull’atto del mentire, questo è il nucleo del lavoro di Koyré, e tale atto ha come unico scopo il controllo assoluto delle masse. In altri termini i regimi totalitari, fondando il loro potere su un vero e proprio «primato della menzogna», giungono a edificare un ordine sociale che, approvando il loro operato, ne garantisce la stabilità e l’egemonia.
L'AUTORE
Alexandre Koyré (1892-1964) è uno dei massimi epistemologi e storici del pensiero scientifico del XX secolo. Nato da una famiglia russa di origini ebraiche, allievo di Husserl, Koyré ha lasciato numerose opere, tra le quali ricordiamo i tre volumi degli Studi galileiani.
IL LIBRO
Uno sguardo da cerbiatta, una silhouette slanciata e un’eleganza naturale hanno fatto di Audrey Hepburn un’icona di stile del XX secolo. La frangetta, i foulard, i tailleur firmati da Hubert de Givenchy sono diventati un modello per le donne di mezzo mondo. Ma dietro questa immagine «patinata» e di maniera si nasconde in realtà una personalità complessa e affascinante, un carattere forte, determinato e generoso.
Vincitrice di un Oscar con il suo primo film da protagonista, Vacanze romane, nel corso di una folgorante carriera la Hepburn ha recitato accanto ai più grandi attori dell’epoca (Gregory Peck, Humphrey Bogart, Henry Fonda, Fred Astaire, Gary Cooper, Cary Grant, Sean Connery) e ha contribuito a fare di molte pellicole dei classici senza tempo (Sabrina, Sciarada, Colazione da Tiffany).
Tuttavia ha abbandonato Hollywood molto presto per consacrarsi ai figli e alla vita familiare. Memore di un’infanzia segnata dalle privazioni e dall’orrore della seconda guerra mondiale, ha infatti sempre dato la precedenza alle persone, agli affetti e all’amicizia. Dopo i figli, il suo grande amore sono stati i tanti bambini incontrati nel corso delle missioni come ambasciatrice dell’UNICEF, nei luoghi dove vivere è una lotta quotidiana contro la fame, le malattie e la guerra. Fu proprio durante un viaggio che cominciò ad avvertire i primi sintomi del cancro.
Completamente concentrata sulle cose da fare e sui bisogni gravi e urgenti da soddisfare, rimandò accertamenti e cure, compromettendo forse l’esito della sua ultima battaglia.
È proprio questa vita esemplare, fatta di bellezza e talento, di sensibilità e altruismo, che ci racconta Bertrand Meyer-Stabley, restituendo alla star che tutti ammiriamo una ricchezza interiore e una profondità autenticamente umane.
L'AUTORE
Bertrand Meyer-Stabley è un giornalista franco-irlandese «esperto in materia di biografie», come ha scritto di lui Edmonde Charles-Roux. Ha dedicato libri a Grace di Monaco, Jackie Kennedy, Margaret d’Inghilterra, Melina Mercouri, la duchessa di Windsor, Ingrid Bergman, Soraya, Sophia Loren, Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor, Greta Garbo, Lady Diana, Maria Callas. La sua biografia di Rudolf Nureyev è stata recentemente pubblicata in italiano da Lindau. Il suo libro La vita quotidiana a Buckingham Palace dalla regina Vittoria a Elisabetta II è stato tradotto in quattordici lingue. Collabora con alcuni giornali francesi e spagnoli.
Nella primavera del 2008 la scrittrice irlandese Nuala O’Faolain annunciò alla radio che stava morendo di cancro. Disse di non credere in un aldilà e che non trovava alcun conforto nella religione. Era terrorizzata dalla morte e guardava con disperazione al poco tempo che le era rimasto.
L’intervista scosse profondamente l’Irlanda e sembrò dare voce a qualcosa che fino a quel momento non aveva trovato espressione nella cultura di una società che intravedeva ormai la conclusione del suo breve periodo di prosperità e ottimismo. Nuala O’Faolain era stata la portavoce di una generazione di donne in lotta per la parità tra i sessi e per la liberazione femminile, ma in quell’occasione aveva parlato a nome di diverse generazioni di irlandesi, uomini e donne, che all’improvviso si accorgevano di vivere un’esistenza senza speranza.
Partendo da questa vicenda, John Waters analizza il modo in cui la società contemporanea si è lasciata alle spalle la tradizione di una fede profonda per approdare a un lucido nichilismo. Nel farlo egli riflette sulla cultura frutto di questo cambiamento e sull’abisso in cui ci ha precipitati a partire «da una percezione fatalista, pessimista e senza gioia di noi stessi».
Ma allora che cosa spinge le società moderne a esaltare la convinzione autodistruttiva secondo cui negare l’infinito e l’eterno sarebbe la prova di un’intelligenza superiore? Quanto è ragionevole credere nel nulla?
L'AUTORE
John Waters, giornalista e scrittore, nonché autore di lavori teatrali, collabora con diverse pubblicazioni tra le quali l’«Irish Times», il maggiore quotidiano irlandese. Il suo precedente libro Lapsed Agnostic (Continuum, 2008) è stato definito dall’«Irish Post» un lavoro «affascinante e ispirato».