Le sole norme giuridiche e le regole formali della democrazia non bastano a tenere assieme una società e a regolarne i processi. D'altra parte l'irriducibile pluralismo etico che caratterizza le società contemporanee sembra rendere impossibile l'imporsi di un unico sistema di valori come collante sociale e come riferimento identitario. Il solo terreno normativo capace di dare uno stabile fondamento alle democrazie contemporanee va perciò individuato in quell'etica che è già operante e incorporata nelle istituzioni dello Stato e che per questo motivo è già alla base del vincolo sociale fra i cittadini. È questo il significato fondamentale della teoria hegeliana dell'eticità.
È notte. Un uomo ripercorre con la memoria il suo passato attraverso gli incontri che gli hanno cambiato la vita: il beduino, il mercante, l'oste, la madre dei bambini, la prostituta, il condannato a morte... Un viaggio tra il deserto delle anime e il pozzo della conoscenza. Un racconto a metà tra la poesia di Kahlil Gibran e la narrativa di Paulo Coelho.
Immunizzarci dalla morte: a cos’altro tende, l’intera storia della filosofia occidentale, se non a rassicurarci che tutto ciò che esiste non è destinato a finire per sempre? Certo, è la meraviglia, lo stupore dell’esistenza a suscitare la curiositas dei filosofi. Ma all’ombra di quella meraviglia c’è il terrore, la paura, l’angoscia per l’annientamento di tutto ciò che esiste.
Ecco perché l’intera storia della filosofia può essere riletta non a partire dallo stupore di fronte all’essere, alla natura, al divenire, alla vita. Ma – rovesciando la consueta prospettiva analitica e interpretativa in questa sorta di “controstoria” della filosofia occidentale - dalla paura che ciò che è diventi nulla. Dal terrore che la vita sia inghiottita per sempre dalla morte.
Se nella teologia cristiana è la fede nella resurrezione dei corpi ad immunizzarci per sempre dalla morte, nella filosofia è la “fede” nel logos a garantirci che niente, di ciò che esiste, andrà definitivamente perduto. O almeno, questo disperatamente sperano – con gli occhi pieni di lacrime - i filosofi.
GLI AUTORI
Giuseppe Cantarano insegna storia della filosofia all’Università della Calabria. Ha studiato all’Università “La Sapienza” di Roma e all’Albert-Ludwigs Universitüt di Freiburg. Dove ha approfondito le implicazioni politiche ed estetiche del nichilismo moderno e contemporaneo. E’ segretario generale del Centro per la filosofia italiana e fa parte del comitato scientifico e di redazione di varie riviste. Collabora regolarmente con L’Unità, Il Riformista e Il Giornale. Tra i suoi libri: Immagini del nulla. La filosofia italiana contemporanea (Milano 1998), L’Antipolitica. Viaggio nell’Italia del disincanto (Roma 2000), La comunità impolitica (Troina 2003), I giorni della vita. Risposte della filosofia alle nostre quotidiane domande (Milano 2010).
Accompagnare nella vita dello Spirito è un'arte che si incide sulla persona fin da quando è stata a sua volta accompagnata. E. Stein "come" venne a scoprire "il linguaggio di Dio nel Cuore della persona"? "Come" a sua volta ne fece dono? L'antropologia evangelica diventa allora personale, inedita, e i volti degli accompagnatori sfilano delineando relazioni personali ricche e trasparenti con grandi "la più grande donna nel cielo dei filosofi tedeschi" approda al Carmelo e Scopre Teresa di Gesù, formatrice di "pietre vive", che vivono la fede e hanno "afferrato e tengono la mano di Dio".
Sulla crisi innescata dal "settembre nero" di Wall Street è unanime il giudizio: ne usciremo assai diversi da come vi siamo entrati. Tuttavia, su come saremo all'uscita del tunnel nessuno si espone. Lo spirito che disordina il mondo appare dotato di risorse inesauribili, come se perseguisse un imperscrutabile traguardo. Ha avuto senso l'ambizione di educare mammona? E cos'è oggi mammona? L'autore suggerisce una strada, incalza i cattolici del post-Concilio a riproporre il binomio dialettico di senso e potere, a recuperare la densità della distinzione, insieme al bisogno della profezia che, altro rispetto alla politica, impedisce il decadimento nella grigia amministrazione.
Cosa accende nell'uomo il desiderio di conoscere? Come giocano nel cammino della conoscenza i fatti, avvenimenti, circostanze? Come incide la conoscenza sulla vita e sul lavoro di ciascuno, dal filosofo allo scienziato, dal medico al poeta, dall'ingegnere al grande giornalista?
Il volume raccoglie una serie di conversazioni tenute durante l'Anno Accademico 2009-2010 nei Collegi della Fondazione C.E.U.R., network Camplus, con alcuni studenti universitari, all'interno del ciclo di incontri culturali dal titolo: "La conoscenza è sempre un avvenimento".
Partendo da situazioni concrete e personali i relatori approfondiscono diversi aspetti legati alla dinamica del conoscere, riconducendo il tema a un'esperienza spesso dimenticata: la conoscenza del reale parte dall'incontro con qualcosa che accade, che sorprende, che abbraccia e supera la capacità di previsione della ragione. La conoscenza come avvenimento è la descrizione di un cammino avventuroso che, facendosi assaporare il gusto di cose nuove, cambia il nostro sguardo sul mondo, la nostra stessa vita.
Interventi di: Arturo Alberti, Vittorino Andreoli, Giancarlo Anselmino, Tommaso Bellini, Giuseppe Di Fazio, Carmine di Martino, Ettore Fiorini, Walter Gatti, Gianni Riotta, Carlo Romeo, Davide Rondoni, Vittorio Ruggeri e Giorgio Vittadini.
A cura di Nicola Sabatini
Owen Barfield (1898-1997), filosofo, poeta, critico letterario, fu un pensatore eclettico, profondo e controverso. Definito “il primo e l’ultimo degli Inklings”, si può considerare il “maestro non ufficiale” di C.S. Lewis e J.R.R. Tolkien, dei quali ha influenzato in modo determinante la concezione filosofica e linguistica.
Questa traduzione italiana di “Saving the Appearances”, apparso per la prima volta nel 1957 in Inghilterra e qualche anno più tardi – con grande successo – negli Stati Uniti, lo rende finalmente accessibile al pubblico italiano.
In Salvare le apparenze Barfield percorre l’avvincente storia della coscienza occidentale spiegando come dall’unità originaria di realtà, linguaggio e significato si sia giunti all’attuale visione che rende le nostre rappresentazioni “idoli” privi di significato e “nomi” incapaci di comunicare la realtà. Tuttavia, sarà proprio questo cammino di svuotamento a garantire la possibilità di una nuova «partecipazione», che assume caratteri teologici fuori del comune.
Quando nel 1378, dopo settant’anni di papato ad Avignone, i cardinali francesi elessero il semplice arcivescovo Bartolomeo Prignano al soglio pontificio, ritennero di avere compiuto un piccolo capolavoro. Prignano era italiano, come chiedevano i romani, ma anche un uomo di curia, quindi facilmente manovrabile. Si ingannarono.
Infatti, appena eletto, Urbano VI iniziò un’opera di demolizione del loro strapotere che ben presto li indusse a cercarsi un altro papa, provocando lo Scisma d’Occidente. Inoltre quest’uomo, noto per essere dottissimo e di costumi irreprensibili, si rivelò col tempo un sovrano dispotico, vendicativo e perfino sanguinario. Tra battaglie, assedi, fughe precipitose, intrighi e misteriosi omicidi di cardinali, la sua è la vicenda di un papa eletto per errore, forse non del tutto sano di mente; in lui, tuttavia, uno spirito impetuoso e puro come quello di Caterina da Siena non smise mai di riconoscere il vicario di Cristo sulla terra. Perché dunque ridurre tutto a criteri terreni? Forse non è il modo migliore per giudicare la storia. Lo dimostrano gli anni avventurosi e terribili del pontificato di Urbano VI: il papa che non avrebbe dovuto essere eletto.
«Tra le pagine che ora rileggo mi sorprendono e mi restano cari alcuni tratteggi; “Possiamo tutti, nella misura in cui ci è consentito, essere fonte di luce e liberazione per gli altri!... E ancora: ”Sono i gesti poveri, feriali, le parole sommesse, bisbigliate, le attenzioni sottili che danno la vita”.O altrove:”Da brandelli di verità si può essere condotti alla Verità.. Da una briciola di significato al Significato”. O ancora:”Negli eventi gravi la parola e il gesto che ci salvano sono quelli più poveri. Le ore intense impongono sobrietà e semplicità. Si è raggiunti solo dall’essenziale”… Si tratta di segnavia del vivere che reputo molto preziosi e profondi per chi, come me, è un cristiano “semplice”, ma anche per il laico che gioca lealmente la sua ricerca, l’uno e l’altro attanagliati da una propria indomabile insoddisfazione per l’angusto contingente.
Credo che la mission dei minuscoli componimenti qui felicemente raccolti sia soprattutto quella di offrire una direzione di senso, un crinale che orienta fra i mille dispersivi impegni che assiepano una qualunque nostra giornata, un criterio per abbeverarsi alle svariate e spesso contraddittorie sorgenti d’informazione. Il filo esile che aiuta a non perdersi nel dedalo dei tanti quotidiani labirinti.»