In una celebre parabola di Gesù, un padrone affida ai suoi servi delle monete d'oro, dei talenti. Uno di loro prende la sua e la seppellisce, privandosi della possibilità di investirla e di trarne frutto. Così può capitare anche alla memoria del predicatore, se non apprende l'arte di far fruttificare quella moneta, sviluppandola e organizzandola in modo efficace: dal tesoro della sua mente lo scriba del Regno potrà trarre, al posto giusto e al momento opportuno, cose nuove e cose antiche. Questo libro guida, passo dopo passo, nella gestione della memoria propria e altrui prima, durante e dopo la predicazione. Il testo offre schemi, immagini esplicative e appendici di approfondimento.
"Il Figlio dell'Uomo" perché scrivere ancora su un tema tanto dibattuto, intorno al quale si sono pronunciati gli esegeti più autorevoli nell' arco di diversi decenni? La ragione della nostra scelta sta in una curiosità nata intorno a a un particolare all'apparenza marginale, un particolare appena citato durante il convegno internazionale "Il messia tra memoria e attesa" che si tenne a Venezia nel luglio 2003. In quella occasione, il biblista statunitense James Charlesworth ebbe dire: "Ogni studio sull'origine del figlio dell'uomo dovrebbe includere una discussione sulla presenza dell'espressione in Ezechiele". Abbiamo voluto riprendere la sollecitazione di Charlesworth per verificarne la validità alla ricerca di eventuali implicazioni che il riferimento al libro di Ezechiele potrebbe avere sulla lettura di "il Figlio dell'uomo" nel Nuovo Testamento. Ne emerge un quadro che trova nel libro di quel profeta la fonte più probabile da cui gli evangelisti ci pare abbiano attinto per delineare nella figura del Figlio dell'Uomo, la proposta di Gesù di fronte alle attese di Israele.
Nella scuola di padre François-Xavier Durwell s'impara a pregare. E a pregare correttamente. Questo è prima di tutto incontrare Dio, ascoltarlo, parlargli col cuore in mano, come fa una persona quando parla ad un suo amico. Dunque, non v'è una preghiera cristiana giusta se non s'incontra Dio; quel Dio oggi invisibile ai nostri occhi, ma che è stato fatto uomo in Gesù Cristo e che ci ha rivelato suo Padre nell'impulso d'amore dello Santo Spirito. Pertanto, quel Gesù che incontriamo nell'ora della preghiera è il Cristo Risorto, il Resuscitato «che porta il segno dei chiodi». In altre parole, lo incontriamo nel suo mistero pasquale.
Con questo libro, giunto alla terza edizione, don Gianluca Busi, sacerdote e maestro iconografo, offre un aiuto per uscire dalla palude delle "tante valutazioni superficiali" che in occidente rischiano di trasformare la riscoperta delle icone orientali in poco più di una moda. E non si limita a farlo attraverso una sintesi efficace e originale della teologia, della storia e della spiritualità delle icone: il testo comprende anche un vero e proprio manuale pratico di iconografia, corredato da precisi filmati disponibili gratuitamente sul suo canale Youtube che, destinato in particolare agli iconografi principianti, è ricco di interesse per qualunque lettore. Se, infatti, la scrittura stessa dell'icona è preghiera, tale opera di "contemplazione in azione" non può essere dissociata dal suo frutto, la splendente "finestra aperta sull'eternità" che è posta nelle nostre mani e si dona al nostro sguardo perché la preghiera persista e non abbia a spegnersi, mai.