Un libro che "nasce da una sofferta crisi personale che nel 2005 mi ha investito sconvolgendo salute, relazioni, lavoro, amicizie e ideali. Effimero e inefficace ogni tentativo di uscirne. Poi, quasi all'improvviso, ho scoperto il perdono. In genere questa parola fa pensare alla religione o alla psicoterapia. Nel libro che avete tra le mani, invece, si parla del perdono come di un valore universale dell'umanità, svincolato da qualsiasi appartenenza che non sia alla vita stessa. Il perdono fa parte di una nuova educazione alla consapevolezza e alla felicità; una strategia evolutiva che ha effetti positivi sulla salute, il benessere e la qualità della vita. Questo libro è un viaggio dentro il significato più autentico del perdono, attraverso le storie di chi la propria vita l'ha cambiata davvero, di chi ha guarito la sofferenza più profonda, ha imparato ad amare, ha ottenuto successo, ha riscoperto gli affetti. Gli approfondimenti scientifici, la formazione, la pratica possono costituire una premessa per la ricerca di una nuova via alla felicità, un invito a scoprire il senso perduto del perdono, una chiave che può aprire le porte del cuore e far ritrovare equilibri e armonie, fino a guarire relazioni, pensieri, emozioni, corpo e anima".
È possibile che giudici che fanno lo stesso lavoro, hanno seguito gli stessi studi, hanno superato lo stesso concorso, applicano le stesse leggi, approdino, sugli stessi fatti e a fronte di identiche prove, a decisioni non solo diverse o molto diverse, ma del tutto antitetiche: assoluzione o condanna; libertà immediata o carcere a vita; inizio di una nuova esistenza o definitiva negazione di un futuro? Insomma, la giustizia è un orologio di precisione, come ci insegnano, o una macchina capricciosa, regolata dagli umori e dall'arbitrio? Dagli interrogativi che ogni sera l'anziana madre gli poneva alla fine della telefonata quotidiana, gli stessi che assillano milioni di cittadini di fronte ai frequenti paradossi della cronaca giudiziaria, Francesco Caringella - che indossa la toga da oltre venticinque anni - trae lo spunto per spiegare, con linguaggio semplice e taglio divulgativo, cos'è la «giustizia», quella amministrata ogni giorno nelle aule d'udienza in nome del popolo italiano. Lo fa in dieci brevi «lezioni» sui punti salienti dell'attività del giudicare e del rito processuale, cioè i mezzi con cui la società cerca, innanzitutto, di «rendere giustizia» alla vittima di un reato, oltre che di punire il colpevole. Ecco allora che prendono corpo, e trovano puntuale risposta, questioni cruciali come il tipo di verità che è lecito attendersi dalla sentenza di un tribunale e quali sono i maggiori ostacoli che ne insidiano l'accertamento. Quesiti ardui come quelli sulle doti tecniche e caratteriali che deve possedere l'uomo chiamato a decidere della vita di altri uomini o su quando un dubbio è ragionevole al punto da imporre al giudice, malgrado l'intima convinzione della colpevolezza dell'imputato, un verdetto di assoluzione. E, infine, domande scottanti su quale giustizia sia quella che richiede tempi superiori alla capacità d'attesa degli interessati e, talvolta, della loro stessa esistenza; se sia accettabile che il reato si prescriva quando invece le lacrime dei parenti delle vittime sono destinate a scorrere per sempre, o se sia giusto che, nel vuoto legislativo, il giudice si arroghi il potere di decidere anche sulla vita e sulla morte dei suoi simili. Se, come afferma Caringella, ogni cittadino dovrebbe poter capire i meccanismi della giustizia e il significato delle decisioni prese da pochi nell'interesse di tutti, queste pagine costituiscono un concreto contributo perché ciò, finalmente, avvenga.
Onore, senso del dovere, rispetto della parola data: questi sono i principi che guidano l'esistenza di ogni Shadowhunter. Oltre alla certezza che non esista un legame più sacro di quello che unisce due parabatai, compagni di battaglia destinati a combattere e a soffrire insieme. Un legame che mai e poi mai - questo dice la Legge - dovrà trasformarsi in amore. Emma Carstairs sa bene che il sentimento che la unisce al suo parabatai, Julian Blackthorn, è proibito e che proprio per questo potrebbe distruggere entrambi. Sa anche che, per non rischiare la loro vita, dovrebbe scappare il più lontano possibile da lui. Ma come può farlo, proprio ora che i Blackthorn sono minacciati da nemici provenienti da ogni dove? L'unica loro speranza sembra racchiusa nel "Volume Nero dei Morti", un libro di incantesimi straordinariamente potente su cui tutti vogliono mettere le mani. Per questo, dopo aver stretto un patto con la Regina Seelie, Emma, la sua migliore amica Cristina, Mark e Julian Blackthorn partono alla ricerca del libro, affrontando mille insidie, imbattendosi in potenti nemici ben consapevoli che nulla è ciò che sembra e nessuna promessa è degna di fiducia. Nel frattempo, a Los Angeles, la tensione crescente tra Shadowhunter e Nascosti ha rafforzato la Coorte, la potente fazione interna al Consiglio strenua sostenitrice della Pace Fredda e disposta a tutto pur di impossessarsi dell'Istituto. Ben presto però un'altra, nuova minaccia si fa avanti, sotto le spoglie del Signore delle Ombre - il Re della Corte Unseelie -, che spedisce i propri guerrieri migliori sulle tracce dei Blackthorn e del libro. Con il pericolo ormai alle porte, Julian concepisce un piano rischioso che prevede la collaborazione con un personaggio imprevedibile. Ma per ottenere la vittoria finale sarà necessario pagare un prezzo che lui ed Emma non possono nemmeno immaginare, e che avrà ripercussioni su tutti coloro e tutto ciò che hanno di più caro al mondo.
Aldo Cazzullo si rivolge ai figli e a tutti i ragazzi: li invita a non confondere la vita virtuale con quella reale, a non bruciarsi davanti ai videogame, a non andare sempre in giro con le cuffiette, a non rinunciare ai libri, al cinema, ai concerti, al teatro; e soprattutto a salvare i rapporti umani con i parenti e i professori, la gioia della conversazione vera e non attraverso le chat e le faccine. I suoi figli, Francesco e Rossana, rispondono spiegando al padre e a tutti gli adulti il rapporto della loro generazione con il telefonino e la rete: che consente di vivere una vita più ricca, di conoscere persone nuove, di mettere lo studente al centro della scuola, di leggere i classici. Ne nasce un dialogo serrato sui rischi e sulle opportunità del nostro tempo: la cattiveria online, gli youtuber e l'elogio dell'ignoranza, i cyberbulli, gli idoli del web, i padroni delle anime da "Facebook" ad "Amazon", l'educazione sentimentale affidata a "YouPorn", la distruzione dei posti di lavoro e della cultura tradizionale, i nuovi politici da Trump a Grillo, sino all'uomo artificiale; ma anche le possibilità dei social, i nonni che imparano a usare le chat per parlare coi nipoti, la rivolta contro le dittature, la nascita di una gioventù globale unita dalla rete.
Non succede spesso di aprire un libro e di iniziare uno straordinario viaggio nel tempo e nello spazio. Di imbattersi, pagina dopo pagina, in vicende di cui serbiamo una sbiadita memoria o di cui si conservano solo labili tracce. Di incontrare potenti sovrani e monaci avventurosi, studenti goliardi e devote principesse. Di passare dalle nebbie cupe d'Irlanda all'inebriante tepore della Spagna moresca, dal mistico silenzio delle colline toscane al vociare sboccato delle taverne tedesche. Ebbene, "Storia di dodici manoscritti" di Christopher de Hamel, uno dei massimi esperti mondiali di codici miniati, ci accompagna in questo viaggio sfogliando e analizzando alcuni tra i più affascinanti e preziosi manoscritti medievali. Dal Vangelo di Sant'Agostino, testimonianza dell'arrivo del cristianesimo in Inghilterra alla fine del VI secolo, al Codice Amiatino, la più antica bibbia a noi pervenuta; dal Libro di Kells, simbolo iconico della cultura irlandese, al Libro d'Ore di Giovanna di Navarra, che solleticò la bulimia predatoria di Hermann Göring. Ma anche i "Carmina Burana", noti soprattutto per la trasposizione musicale che ne fece il compositore tedesco Carl Orff, o gli "Aratea" di Leida, straordinario trattato di astronomia in versi e simbolo della rinascita carolingia della prima metà del IX secolo, o il "Semideus" Visconti, manoscritto umanista dedicato all'arte della guerra saccheggiato dai francesi nel 1499 dopo la conquista di Milano. E altri ancora. Sfogliare un manoscritto medievale, spiega de Hamel, vuol dire in primo luogo ammirarne le illustrazioni, annusarne l'odore, toccare con mano tutta la sua magnificenza e fragilità. Ma osservarne le abrasioni, i rammendi, le sfumature di colore, le legature, i pigmenti, così come i danni prodotti dal tempo, dall'umidità, dai topi, dall'incuria e dall'ignoranza degli umani, vuol dire anche ricostruirne le secolari vicende, i vagabondaggi, i passaggi di mano. Vuol dire risalire lungo la catena dei proprietari che lo hanno acquistato, rubato, custodito, ammirato, dimenticato, venduto. Ritornare alla temperie culturale e spirituale nella quale ha visto la luce. Dare un nome allo scriba che lo ha copiato o al miniaturista che lo ha illustrato. Rintracciare il monastero che lo ha prodotto, gli scaffali delle biblioteche sui quali si è coperto di polvere o gli itinerari che ha dovuto seguire per arrivare a volte ai limiti estremi del mondo conosciuto. Perché intorno a ogni manoscritto si intrecciano infinite storie - di abati ambiziosi e di collezionisti, di malfattori e di avventurieri, di artisti e di dittatori - e perché ogni manoscritto ha una propria storia da raccontare.
"Foglie d'erba" è il libro di una vita che, come un albero, cresce su se stesso attraverso varie edizioni, ciascuna caratterizzata da ritocchi, tagli, accrescimenti, spostamenti, espunzioni o nuove riammissioni. Un libro che nella sua veste iniziale conteneva 12 poesie e che nella versione ultimativa qui presentata - quella stabilita da Whitman in punto di morte - arriva a contarne 389, dimostrando in maniera piena e convincente tutta la carica esplosiva, la sensualità, l'innovazione linguistica e la pluralità di registri dispiegati nella voce di un animo tormentato e sempre sfuggente. La nuova traduzione e l'apparato critico a cura di Mario Corona testimoniano con attenzione e motivata partecipazione lo sviluppo di un'opera fondamentale della nostra modernità.
Quella contro il cancro non è mai stata, né sarà mai, una guerra facile. L'avversario da combattere, l'"imperatore di tutti i mali", sembra avere risorse inesauribili. Appena crediamo di averlo sconfitto, rialza la testa, muta sembianza, rimescola le carte. Eppure tante battaglie sono già state vinte: oggi, grazie alla diagnosi precoce e alla prevenzione, parecchi tumori sono diventati curabili. Altri possono essere gestiti dal paziente come una malattia cronica. Non dobbiamo però abbassare la guardia. La vittoria è ancora lontana. Ma arriverà. Ne è convinto Virgilio Sacchini che, dopo essere stato assistente di Umberto Veronesi all'Istituto dei Tumori di Milano, dal 2000 fa parte dell'équipe di senologia del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York. Oltre che all'aspetto clinico e scientifico della malattia, Sacchini ha sempre guardato con attenzione anche ai risvolti umani di quello che Susan Sontag chiamava "il lato notturno della vita". Sa che ogni paziente rappresenta una storia a sé. Che, prima di tutto, è una persona. In "Andrà tutto bene" ripercorre le tante esperienze vissute nel corso della sua lunga esperienza di medico e di chirurgo. Incontri e biografie che non ha voluto dimenticare. C'è il soldato americano Frank che, pur di non ripiombare nell'inferno delle missioni di guerra in medio oriente, si ostina a credere di essersi ammalato di cancro. C'è Valery, che ripete di non volersi curare ma, forse, è soltanto il suo modo per chiedere aiuto. C'è la psicologa Paulette, che mette la sua malattia al centro di tutto e intraprende con entusiasmo il viaggio verso la guarigione. Sì, perché "nei momenti difficili" ci ricorda l'autore, "anche chi si ritiene debole può trovare risorse che nemmeno lui riteneva di possedere. Insomma, contrariamente a quanto Manzoni metteva in bocca al pavido don Abbondio, il coraggio uno 'se lo può dare'. Eccome". In questo libro Sacchini racconta anche molto di sé, le amicizie e i luoghi della sua infanzia, gli anni di studio e di formazione, l'avventura professionale in America, ma soprattutto ci illustra le ultime frontiere della ricerca sul cancro, le terapie più innovative, i farmaci più promettenti. "Andrà tutto bene" è il diario sincero e appassionato di un medico e di un uomo che fotografa con lucidità le contraddizioni e i conflitti del nostro tempo. E che ci aiuta a guardare al futuro, alle nostre fragilità e sofferenze con fiducia e coraggio. Solo così potremo vincere.
Un'appassionata lettera, che diventa anche manifesto politico, alla generazione Z. A tutti i ragazzi e le ragazze compresi tra i 13 e i 30 anni, a quei centennials nativi digitali che sono cresciuti con lo smartphone in mano. La loro vita è fatta di post, di tweet, alla perenne ricerca dei like, iperconnessi tra centinaia di amicizie virtuali. Ma la iGeneration è isolata anche quando si trova in mezzo alla gente. Sfuggenti alle categorizzazioni, i giovani di oggi accolgono ogni sfumatura di diversità, criticano la superficialità e cercano passioni autentiche, lottando con i denti per rimanere fedeli a loro stessi, per guadagnarsi un futuro in un mondo instabile e precario. A loro si rivolge in queste pagine Andrea Segrè per declinare una nuova "grammatica" che sfidi la palese ingiustizia di cui questa generazione Z è vittima: quella di non poter vedere il proprio futuro, bloccata com'è dall'assenza di prospettive. Ma il futuro, comunque vada, sarà solo e soltanto loro: i giovani di oggi ne saranno i protagonisti. Ed è giusto che vi arrivino preparati, sapendo le cose giuste. Come? Imparando a guardare il presente da diverse angolazioni, perché la diversità è sempre una ricchezza e la contaminazione fra saperi aiuta a crescere; studiando, in una scuola aperta e inclusiva, e cercando dei maestri di vita; sapendo dire anche "Basta!"; facendo proprio il rispetto dei limiti naturali e il riconoscimento della reciprocità nella condivisione dei beni; rispettando la dignità delle persone e del lavoro; perseguendo - in una parola - un dolce "stilmedio", cioè una condotta, basata sull'equilibrio personale, sulla cura degli altri, sulla sostenibilità ecologica, sulla circolarità dell'economia. Finito il tempo delle ideologie rimangono le idee, le visioni, i progetti e le azioni. E allora, in un mondo in cui l'identità è spesso derivata da ciò che si possiede, l'esortazione più profonda di un adulto ai giovani non può che essere: "Provate a trovare voi stessi". Questo libro spiega come.
«Dunque ora non tenderà forse la mano per cogliere anche il frutto dell'albero della vita e mangiarne e vivere in eterno?», domanda il Maestro, citando il terzo capitolo della Genesi, in apertura del libro V del Periphyseon. La questione è centrale nella filosofia, nella teologia e nell'immaginario stesso di Giovanni Scoto, questo straordinario pensatore irlandese che, in pieno Medioevo, è capace di sovvertire la tradizione. Perché si tratta di vedere come con quelle parole la Genesi non predichi condanna e morte, ma invece prometta «il ritorno della natura umana a quella stessa felicità che aveva perduto peccando». Giovanni Scoto, allora, riorganizza la sequenza biblica e unifica le quattro immagini, «quella del tendere la mano, del cherubino, della spada di fiamme e della via che conduce all'albero della vita, come quattro inseparabili simboli di speranza per l'umanità». E un tratto di quella originalità della quale è cosciente l'autore stesso. Il quale si serve della sua conoscenza dei Padri greci per moltiplicare le immagini come in una girandola. Ecco la lievitazione, ecco l'aria «totalmente trasformata nello splendore del sole, a tal punto che niente appare in essa se non la luce: per quanto la luce sia una cosa e l'aria un'altra, pure la luce predomina nell'aria sicché sembra esservi soltanto luce». Ecco il «ferro liquefatto», che pare trasformarsi in fuoco. Proprio con l'aria e con il fuoco Giovanni Scoto sembra ritornare, come in un grande cerchio, all'inizio di Sulle nature dell'universo. Ma passando alla «celebrazione dell'unione finale della natura umana tutta con Dio», l'ultimo libro del trattato costituisce una nuova, eclatante interpretazione dei testi fondanti della cristianità. «L'interpretazione», scrive Peter Dronke, «che tiene insieme la mano tesa dell'uomo con il cherubino e la spada di fiamme, la via e l'albero della vita e l'accensione del fuoco, è tale da confutare ogni suggestione di barriera o di minaccia. Trasforma ciascun dettaglio in un auspicio del ritorno. Nella sua tecnica di trasformazione, mostra quello che Coleridge chiamò il "potere esemplastico" dell'immaginazione. È l'opposto del distinguere significati allegorici separati; è una capacità di unificare le immagini, fondendole invece di lasciarle come fili separati. Nei rari momenti alti come questo, l'immaginazione fa di più che radunare: dà a più significati un'unica forma.»
Gennaio 1558, Kingsbridge. Quando il giovane Ned Willard fa ritorno a casa si rende conto che il suo mondo sta per cambiare radicalmente. Solo la vecchia cattedrale sopravvive immutata, testimone di una città lacerata dal conflitto religioso. Tutti i principi di lealtà, amicizia e amore verranno sovvertiti. Figlio di un ricco mercante protestante, Ned vorrebbe sposare Margery Fitzgerald, figlia del sindaco cattolico della città, ma il loro amore non basta a superare le barriere degli opposti schieramenti religiosi. Costretto a lasciare Kingsbridge, Ned viene ingaggiato da Sir William Cecil, il consigliere di Elisabetta Tudor, futura regina di Inghilterra. Dopo la sua incoronazione, la giovane e determinata Elisabetta I vede tutta l'Europa cattolica rivoltarsi contro di lei, prima tra tutti Maria Stuarda, regina di Scozia. Decide per questo di creare una rete di spionaggio per proteggersi dai numerosi attacchi dei nemici decisi a eliminarla e contrastare i tentativi di ribellione e invasione del suo regno. Il giovane Ned diventa così uno degli uomini chiave del primo servizio segreto britannico della storia. Per quasi mezzo secolo il suo amore per Margery sembra condannato, mentre gli estremisti religiosi seminano violenza ovunque. In gioco, allora come oggi, non sono certo le diverse convinzioni religiose, ma gli interessi dei tiranni che vogliono imporre a qualunque costo il loro potere su tutti coloro che credono invece nella tolleranza e nel compromesso.