Questo volume, primo di due, mira a fornire anche al lettore italiano non esperto un agile strumento che facilita la lettura degli scritti originali della letteratura di Qumran: i testi qui editi sono provvisti di puntazione vocalica (la stessa in uso nelle edizioni masoretiche della Bibbia ebraica), mettendo così in grado anche il non specialista di affrontare i più rappresentativi fra i testi della celebre comunità che ai tempi di Gesù era fiorita nei dintorni del Mar Morto. Il testo originale è affiancato a fronte dalla versione italiana corrispondente ed è preceduto da una breve introduzione, oltre a essere corredato di un commento essenziale che illustra quando necessario passi di difficile lettura e sempre ne approfondisce forme e contenuti. I testi raccolti nel primo volume sono i seguenti: Regola della Comunità, Documento di Damasco, Regola della Congregazione, Raccolta di Benedizioni, Regola della Guerra, Canti dell'olocausto del Sabato, Preghiera di Nebonedo, Apocalisse Aramaica, Midrash escatologico, Midrash escatologico, Melchisedek
Il quarto e ultimo volume del Matteo di Ulrich Luz commenta la storia della passione e risurrezione di Gesù. Fondamentali nell'economia generale della narrazione evangelica, questi racconti di Matteo sono anche quelli che hanno forse conosciuto la più ricca, la più varia e la più avvincente storia degli effetti, fino a fare di Gesù, in età moderna e contemporanea, il prototipo dell'uomo sofferente per eccellenza, l'uomo al quale Dio pare aver volto le spalle e che ci è tanto vicino proprio perché Dio sembra essergli lontano. Quella della lontananza di Dio e dell'abbandono di Dio è una delle esperienze più proprie del secolo giunto da poco alla fine, e a detta di Ulrich Luz essa costituisce anche lo sfondo esperienziale imprescindibile a cui neppure il commentatore può sottrarsi. Una storia tanto interessante consente d'altro canto di mettere in luce meglio che in passato la profondità dei testi biblici stessi, le loro potenzialità semantiche, la loro apertura e la loro forza. Anche per simili aspetti quest'opera mira a essere un commento contestuale, nel senso che vuole essere d'aiuto a noi - occidentali e secolarizzati - a poter attingere di nuovo alla nostra propria storia, quella che ci ha compenetrati e ci ricrea, a lasciarci ispirare dalle esperienze storiche che altri hanno fatto con testi tanto capitali.
Questo celebre studio è una critica radicale del quadro generale che di solito si fornisce dell'esegesi biblica protocristiana. Nelle pagine di Frances Young l'interpretazione della Bibbia nel cristianesimo delle origini è approfondita nel contesto del mondo greco e romano, con particolare riguardo alla disseminazione di libri e insegnamenti, al modo in cui i testi venivano recepiti e letti, alla funzione della letteratura nella costituzione non soltanto di una nuova cultura ma anche di un nuovo universo etico e morale. Per i cristiani delle prime generazioni l'adozione delle scritture giudaiche significava rivendicare davanti a ellenismo e giudaismo la dignità di nuovo Israele. E l'impresa era d'immane portata: nel complesso coinvolgeva istanze che oggi si tende a separare in studio critico, teologia, prassi e spiritualità, ma a quei tempi intento implicito ed esplicito dell'esegesi biblica era di formare la pratica e la fede del popolo cristiano, singolarmente e collettivamente. Dove sorgessero conflitti riguardo alla fede o alla pratica, la Bibbia si trovava al centro del dibattito, e il contributo più importante che questa fornì consistette nel provvedere una letteratura che dava forma al discorso cristiano e insieme ne nutriva l'immaginazione.
Fra gli scritti rivenuti a Ugarit, per una circostanza fortunata i testi più importanti, anche se molto danneggiati, provengono da una biblioteca di qualche importanza e sono tutti attribuibili a uno stesso scriba: Ilumilku, grande sacerdote della corte del re Niqmadu ii (1370-1335 a.C.). Fra questi testi brilla "Il Poema di Baal", racconto in versi delle vicende che portarono Baal ad assumere una natura e un ruolo diversi da quelli originari: al termine del poema, il dio della tempesta di origine anatolica si muta nel re della regione dell'oltretomba ove risiedono anche i beati, i re divinizzati dopo la morte, i Refaim, nominati anche in una raccolta di molti secoli posteriore: la Bibbia ebraica. Le condizioni deplorevoli del testo rendono non di rado oscure le motivazioni di determinati atteggiamenti e la logica stessa delle vicende narrate, ma molti e frequenti sono nomi e motivi che il lettore della Bibbia trova qui non soltanto documentati ma anche forse meglio comprensibili.
Da sempre il vangelo di Giovanni esercita un fascino tutto particolare, nonostante la densità teologica renda difficile individuarne i temi portanti, la trama narrativa e l'articolazione. Fortunatamente lo scritto si conclude con una preziosa dichiarazione d'intenti, dove l'evangelista afferma di avere mirato a edificare nei lettori la fede in Gesù (non distinguendosi per questo dagli altri vangeli), aggiungendo di averlo fatto narrando i "segni" compiuti da Gesù, scegliendo fra i molti che conosceva quelli che a suo parere erano i più adatti allo scopo. Il titolo di questo libro, "Il vangelo dei segni", vuol lasciare intendere che sulla base delle poche parole sui segni con cui il vangelo giovanneo si conclude si può provare a far luce sull'insieme e sulle parti di quello che è uno degli scritti fondamentali delle origini cristiane: nel quarto vangelo i "segni" non sono tutto, ma ne sono la chiave interpretativa insostituibile e irrinunciabile.
Piramidi erette verso il cielo, tombe scavate nella profondità della terra, sarcofagi, mummie, libri dei morti e rituali funerari infiniti sono all'origine dell'idea che l'Egitto fosse il più prossimo dei portali di accesso al mondo dei morti. Dietro questo Egitto si nasconde una società di gente comune, che se non trovò spazio in discussioni teologiche e testi religiosi, d'altro canto viveva di cose concrete e quotidiane come possono essere il pane per mangiare o il denaro per vivere. E queste persone erano solite scrivere ai propri defunti per ottenere beni materiali, per questioni di denaro, di eredità, di furti, di malattie, tradimenti, salute, fecondità, ecc. In queste lettere non c'era nulla di solenne; erano lettere irriverenti che venivano deposte nelle tombe, riaperte di continuo a ogni nuova richiesta, e miravano a scuotere il defunto dal suo sonno eterno. Nell'antologia curata da Gianluca Miniaci, oltre a lettere di questo tipo sono raccolti e commentati altri testi che raccontano di fantasmi, di morti e di spiriti, di formule di protezione e metodi per respingere i fantasmi, e anche una storia "senza fantasmi" in cui l'anonimo autore, disilluso da un mondo ultraterreno che non si vede, s'interroga sulla reale prosecuzione della vita oltre la morte.
Sotto il titolo Da Gesù ai vangeli Helmut Koester non prende le mosse dal Gesù storico per poi mostrare come da esso si siano sviluppate le tradizioni evangeliche, bensì, al contrario, illustra come la complessità delle tradizioni su Gesù non consenta un accesso semplice né tantomeno immediato alla figura storica di Gesù. Individuare tradizioni specifiche attribuendole a Gesù di Nazaret si è rivelato un vicolo cieco. E ciò si mostra chiaramente nella letteratura più recente su Gesù: sia egli presentato come mago, filosofo cinico, seguace della dea Sapienza o profeta rivoluzionario, sempre è un Gesù interpretato secondo presupposti ermeneutici moderni. Da preconcetti del genere ci si può liberare soltanto mediante la ricostruzione di una traiettoria storica che contempli la totalità delle componenti sociali, politiche, religiose e teologiche di tutto il periodo studiato. All'interno di queste coordinate si muovono i lavori di Helmut Koester, il quale anche in questo volume dà prova della quantità di conoscenze e del lavoro di scavo che qualsiasi ricostruzione delle tradizioni di Gesù che si voglia quantomeno plausibile di necessità richiede.
A James D.G. Dunn si deve l'inizio di una nuova fase negli studi su Paolo, un nuovo modo di guardare al vangelo di Paolo e alla sua teologia: "la nuova prospettiva" su Paolo ha fornito intuizioni nuove e preziose riguardo alla teologia di Paolo e non cessa di contribuire a un'immagine più equilibrata della missione e della teologia del Saulo fariseo diventato Paolo apostolo cristiano. In questo volume sono raccolti tutti i principali lavori in cui negli anni Dunn è andato sviluppando la nuova prospettiva da cui considerare Paolo, preceduti da un esteso saggio di apertura in cui l'autore spiega come sia giunto alla nuova prospettiva e insieme controbatte alle critiche che gli sono state rivolte. Particolarmente avvincenti si rivelano in questo contesto i capitoli dedicati alla problematica di Paolo e della legge e insieme della giustificazione per fede, alla luce dei quali l'episodio della cosiddetta conversione di Paolo suscita ad esempio tutta una serie di interessanti domande.
L'intento che Erich Zenger si propone col suo commento ai Salmi è da una parte di esporre al lettore un'esegesi teologica, dall'altra di interpretare i Salmi come testi canonici, ossia come parte del libro biblico dei Salmi, allo scopo di rendere tangibile quanto proficua sia una lettura del libro biblico nella sua unità. Se i canti e le preghiere raccolte nel Salterio provengono da autori molto differenti, altrettanto diverse sono le circostanze che hanno dettato i singoli salmi: da quelli nati per così dire come lavori su commissione, a quelli in cui si sono condensate esperienze di vita e di sofferenza estremamente personali. Ogni salmo ha quindi la sua fisionomia, ma considerarlo nei rapporti con cui esso si lega agli altri componimenti che costituiscono il Salterio consente di portare alla luce il disegno secondo cui le diverse composizioni furono affiancate e talvolta modificate in modo da costituire un tutto organico, un libro in senso proprio.