"Il più precoce cibo letterario della mia infanzia furono i tanti romanzi del mistero e delle più spaventose avventure" ha scritto Fernando Pessoa, grande appassionato di gialli, lettore e anche traduttore di Edgar Allan Poe. E al fascino della ghost story e a Poe si riallacciano i due racconti inclusi in questo volume: "Una cena molto originale" - scritto in inglese e 'attribuito' da Pessoa al suo eteronimo Alexander Search - e "Il furto della Villa delle Vigne", che rappresenta la più compiuta fra le Novelle poliziesche che il grande scrittore portoghese aveva iniziato a costruire intorno al personaggio di Abílio Fernandes Quaresma, un investigatore dai tratti simili a quelli dell'amato Auguste Dupin.
L'aforisma fu coltivato da Pessoa nel corso di tutta la vita, sotto il proprio nome e attraverso quello dei suoi eteronimi, e spunta improvviso nei quaderni manoscritti, nei margini - o persino nel mezzo - di testi con i quali non ha necessariamente un rapporto. Compare anche isolato, scritto su pezzettini di carta strappati oppure in serie, separati da righe orizzontali, molti scritti in inglese, lingua nella quale Pessoa, in questo genere letterario, si dimostra decisamente brillante. Questo volume è una piccola raccolta rappresentativa di tali aforismi e pensieri sparsi, per la grande maggioranza inediti; piccola raccolta, ma assai indicativa dello spirito di questo grande poeta dai mille volti, sfuggente e sempre nuovo.
In un'afosa estate, gli abitanti di Dendale erano stati costretti a spostarsi in un nuovo insediamento per permettere la costruzione di un lago artificiale che avrebbe sommerso completamente il vecchio paese. Si erano portati dietro anche i loro morti, disseppelliti e inumati in un nuovo cimitero. Ma quattro dei vecchi abitanti non si erano trasferiti: tre bambine, scomparse, e Benny Lightfoot, il maggior sospettato della loro sparizione. Quindici anni dopo, in una nuova estate afosa, un'altra bambina scompare, proprio mentre, a causa della siccità, riaffiorano nel lago le macerie del vecchio paese sommerso, facendo riemergere, assieme a loro, antichi odi e mai sopiti sospetti.
Un giovane pittore in crisi di creatività accetta di trascorrere una vacanza estiva nella villa in riva al mare di un'affascinante donna di mezz'età con fama di grande libertinaggio, abituata ad ospitare gruppi di amici, tra lussi e lussurie. Il lettore apprende, fin dalla prima frase del romanzo "Addio a tutti", che chi narra questa storia ne è anche la vittima. Dovrà poi attendere l'ultima pagina per scoprire la causa e il modo di questo assassinio, nonché il suo autore. Nel mezzo, si sviluppa l'intricata vicenda di questa allegra brigata, che, nello svago estivo, lascia affiorare le impurità della vita: in un rapido turbine di personaggi, che scoperchiano angosce rancori, tradimenti, menzogne e quanto le vicende della vita lasciano nella storia di ciascuno.
Il pregio, e l'importanza, di questa «autobiografia per immagini» di Mario Luzi sta non solo nel raccogliere visivamente le immagini del nostro grande poeta nei diversi momenti della sua vita: dall'infanzia nel borgo fiorentino di Castello e nella campagna maremmana, agli anni degli esordi letterari a Firenze e a Parma, agli amici compagni di strada (Batocchi, Bigongiari, Bilenchi, Bo, Caproni, Montale, Rosai), via via fino ai nostri anni, nei viaggi e negli incontri più o meno «ufficiali»; ma sta anche, forse soprattutto, nei testi che accompagnano quelle immagini, selezionati e organizzati da Fabio Grimaldi attraverso un lungo lavoro di appassionata ricerca e di incontri con il poeta.
Omicidio, suicidio, o incidente? Quando una morte violenta colpisce una delle famiglie più antiche della città, l'unica versione accettabile è l'incidente. Il maresciallo Guarnaccia non crede né all'incidente né al suicidio, ma, non potendo mettersi contro la versione ufficiale, non può palesare apertamente i suoi dubbi. Ma i dubbi persistono, e dunque, invece di condurre le indagini in maniera ufficiale, deve affidarsi totalmente ai suoi personalissimi metodi. Dovrà, quindi, entrare in profondità nel mondo in cui il fatto è avvenuto. E si tratta di un mondo assai singolare: una nobildonna - la moglie del defunto - autoritaria e fascinosa; un antico palazzo abitato, oltre che dalla vedova, da un figlio invalido e inquietante e dai loro servitori.
L'idea di una raccolta dedicata alle pietre del litorale cileno era stata suggerita a Neruda da un'analoga pubblicazione, che aveva per oggetto "Le pietre di Francia", e che comprendeva poesie di Pierre Seghers e fotografie di Fina Gómez; infatti, la prima edizione de "Le pietre del Cile", apparsa nel 1960, era anch'essa corredata da fotografie di Antonio Quintana. Ma al di là della circostanza occasionale, la fisicità e il simbolo della pietra rivestono un ruolo importante nella poesia di Neruda, ribadito del resto, dieci anni dopo, con l'altra raccolta "Le pietre del cielo" e, più tardi ancora, con una delle sue ultime raccolte, "La rosa separata", dedicata alla mitica Rapa Nui e al suo popolo di statue misteriose, i 'moais'.
Luglio 2069, centenario del primo sbarco dell'uomo sulla Luna. Quanto è cambiato il mondo da allora? Sulla Terra l'inquinamento e le conseguenze della Grande Guerra Medio-orientale hanno apportato drammatici cambiamenti climatici e gravemente danneggiato le principali fonti alimentari. In più, un nuovo virus letale e indistruttibile - il P2 - ha infettato gran parte della popolazione. Il P2 è curabile, ma solo attraverso trasfusioni complete di sangue sano, e il sangue è quindi divenuto il più importante bene di scambio e di speculazione; ma solo da parte di chi è ricco abbastanza da poterlo acquistare. La maggioranza della popolazione può solo condurre una vita disperata nell'attesa della fine inesorabile.
Ricordava Pablo Neruda che la sua prima idea del Canto generale - il grandioso poema scritto a più riprese e pubblicato nel 1950 - era stata di un canto dedicato alla sua patria, "un canto generale del Cile, a modo di cronaca". Fu proprio un suo viaggio a Cuzco - la mitica città la cui storia, per l'epoca precolombiana, coincideva con quella del Perù incaico - e la salita al Macchu Picchu che allargarono enormemente la sua prospettiva, cominciando a far germogliare in lui "l'idea di un canto generale americano", una grande epopea in cui si sarebbe potuta scorgere "l'America intera dalle alture di Macchu Picchu", le lotte dei suoi antichi abitanti che si legavano ora indissolubilmente alle loro lotte attuali.
Ideato e scritto fra il 1890 e il 1898, "Padre Sergio" fu pubblicato soltanto nel 1911, nel secondo volume delle "Opere artistiche postume di Lev N. Tolstoj", curate dal Certkòv. Tutto incentrato sulla figura del protagonista, il principe Stjepàn Kasatskij, che di colpo decide di abbandonare il mondo per farsi monaco e poi eremita, il racconto svolge con arte possente e mirabile il suo tortuoso itinerario verso Dio; la sensualità, il dubbio, la vanità di un 'grande peccatore' sconvolto dall'ansia della perfezione, che solo nell'amore operante per il prossimo troverà la forza per convertire la falsa gloria di una 'santità' mondana ben riconoscibile e gratificante nel dramma profondo della propria fede e della propria difficile vocazione.