In questo studio molto documentato l'autore si propone essenzialmente lo scopo di restituire la simbolica, arcana immagine del Graal, mondata dall'incredibile quantità di notizie fantasiose, se non più o meno volutamente di storte in circolazione ormai da anni. Sulla base dell'analisi della vasta letteratura sull'argomento, opera di insigni studiosi italiani e stranieri, Nuccio D'Anna risale dapprima alle radici del "mito" del Graal, vale a dire alla civiltà antico-celtica dell'isola di Avallon, l'Inghilterra, dove si produsse l'osmosi fra la tradizione druidica e la tradizione cristiana la quale, a poco a poco, assorbì la prima conservandone tuttavia alcuni aspetti peculiari. Nel successivo excursus lungo l'età medievale, emerge l'alto rilievo della spiritualità cistercense e cluniacense nella società del tempo; spiccano le figure di due sovrani illuminati, il plantageneto Enrico II e la sua potentissima sposa Eleonora d'Aquitania; appaiono tre enigmatici autori Chretien de Troyes, Robert de Boron e Wolfram von Eschenbach - i quali, cantando le gesta di re Artù, del mago Merlino e dei cavalieri della Tavola Rotonda, introdussero la leggenda del Graal, il "sacro calice" che, secondo la tradizione, Cristo usò nell'Ultima Cena o, stando a un'altra versione, il vaso in cui Giuseppe d'Arimatea raccolse il sangue di Cristo.
"L'ebraica parola Cabala vuol dire tradizione ricevuta; e con essa i Rabbini indicano la legge tramandata oralmente agl'Israeliti fin dagli antichissimi tempi. Più particolarmente poi questa parola è riservata a quel complesso d'insegnamenti mistici o ascetici, che dirigono gl'Israeliti nelle loro preghiere e nelle loro meditazioni. Il più splendido maestro di Cabala fu nel secondo secolo dell'era cristiana il Rabbino Simeone Ben Yohhaï: e le sue lezioni vennero raccolte nel libro intitolato 'Zohar', che vuol dire chiarezza. Dal 1843 il Dott. Franck nel suo libro 'La Kabbale' pretese di mostrare che i cabalisti ebrei son tutti panteisti, e che il fondo della Cabala è il panteismo; e ciò per procacciare a questo sistema un sostegno non dispregevole. Nel libro del signor Drach, orientalista insigne, si dimostra evidentemente che quell'imputazione è onninamente falsa, e che essa potè essere sostenuta dal Dott. Franck, perché in luogo di ricorrere ai testi ebraici più accreditati dei libri cabalistici, ricorse a tradizioni errate e a citazioni difettose. Questo opuscolo del Dott. Drach nella sua brevità ha grande forza di raziocinio, e suppone una conoscenza profonda della lingua e della erudizione ebraica."
David Castelli (Livorno, 1836 - Firenze, 1901), allievo del rabbino Abramo Piperno e di Elia Benamozegh al collegio rabbinico di Livorno, completò la propria formazione filologica all'università di Pisa, frequentando i corsi di lingue semitiche di Fausto Lasinio. Abbandonata l'idea di seguire la carriera rabbinica, dedicò l'intera sua vita agli studi su svariati aspetti dell'ebraismo. Nella presente opera, pubblicata nel 1874, l'autore presenta uno studio dotto e approfondito sulla figura del Messia. Dichiarando fin dal principio di non volersi occupare della verità intrinseca della religione, ma di studiarla sotto il profilo psicologico e storico come una delle realtà della massima importanza nell'umana civiltà, David Castelli introduce l'opera con una presentazione della teologia ebraica in generale. Segue la Prima Parte dedicata alle idee messianiche contenute nel Vecchio Testamento: Pentateuco, Libri storici, Libri profetici. Nella Seconda Parte l'autore esamina le idee messianiche nei testi tradizionali ebraici quali: Talmud Babilonese, Talmud Gerosolimitano, Bamidbar Rabbà, Pesiqtà Zutratà, Jalqut Simeonì ed altri ancora. Completa lo studio l'Appendice, nella quale sono esposti brani tratti dai suddetti Libri tradizionali ebraici, a proposito del tempo della venuta del Messia, dei segni e delle sciagure che lo precederanno, dei due Messia, delle guerre messianiche e del giudizio finale.
L'Apocalisse di San Giovanni è uno dei testi tradizionali più rappresentativi della tradizione occidentale, ma anche fra quelli di più ardua comprensione. L'autore, trascurando volutamente le interpretazioni convezionali e le facili profezie, esamina la ricca messe di simboli cogliendo sorprendenti analogie non solo con gli scritti canonici dell'Antico e del Nuovo Testamento, ma anche con testi sacri dell'Islam (Corano) e del Giudaismo (Zohar), con testi apocrifi (Libri di Enoch, Apocalisse di Elia) e gnostici (Pistis Sophia). Prendendo spunto dalla teoria dei cicli cosmici (i Manvantara della tradizione indù e i quattro Yuga o età del mondo), l'autore prospetta una visione cosmogonica ed escatologica del mondo.
"Esamerone" è il termine che indica la narrazione biblica dell'opera della creazione. Nelle nove omelie che, probabilmente, furono pronunciate durante la quaresima del 377, san Basilio commenta in modo affascinante sia l'aspetto letterale sia quello allegorico della Sacra Scrittura.
Apportando una ricca messe di esempi tratti dalla natura, il santo Dottore afferma così le più fondamentali verità religiose, quali l'onnipotenza e la trascendenza di Dio, la sua eternità e l'originaria bontà di tutte le cose.
Cos'è dunque il Tantrismo? In primo luogo è un esoterismo, ma, soprattutto, è una dottrina completa, totale, che riguarda sia l'aspetto fisico sia l'aspetto metafisico. È una "Summa" nel senso medioevale del termine. Il Tantrismo insieme di tradizioni riguardanti l'Essere, il cosmo, il macrocosmo, il microcosmo, l'iniziazione, il culto, le tecniche Yoga - è una visione del mondo, una mirabile sintesi che, al contrario della scienza occidentale, considera l'uomo non solo dal punto di vista anatomico, ma anche da quello fisiologico, patologico, morale, sociale, psichico, spirituale. Di questo insieme, l'uomo, che è forse la più autentica unità della natura, è il centro da cui partono e cui ritornano le meditazioni analitiche (shivaiste) e sintetiche (vishnuiste) del Tantrismo. Passando per il dualismo metafisico, sperimentando gli opposti, l'adepto (lo shakta), raggiunge l'unione liberatrice.