Cosa ci spinge a fare giardini? Cosa cerchiamo quando attraversiamo la soglia di un giardino, provando ogni volta la sensazione che qualcosa stia accadendo in quell'istante, come se stessimo entrando in un mondo retto da leggi del tutto diverse da quelle ordinarie? Sin dai tempi dei paradeisos persiani, il giardino promette all'uomo un luogo a parte che è allo stesso tempo specchio del cosmo tutto intero, uno spazio consacrato alla ricerca della felicità, fatto di "ordine" e "bellezza". Oggi più che mai, il giardino ci obbliga a riconsiderare il nostro posto nel mondo, a ritrovare il sentimento di fratellanza con le altre forme viventi: le piante, gli animali, l'acqua, la terra. Ci spinge così a riconoscere in noi stessi, e a proteggere, quel margine di umanità che la Storia non ha ancora intaccato, quel bisogno di far corpo con la Terra che ancora non ci abbandona. Nel corso di questa breve meditazione, Marco Martella racconta il giardino con il linguaggio della poesia e del mito, per mettere in luce la sua essenza molteplice e metamorfica, originaria, vitale, primaria se non primitiva. Per guidarci tra il frusciare delle foglie, l'odore di muschio, la semplice, immediata fragranza di una rosa. E tentare di imparare di nuovo la lingua antica della Natura.
"Un buon viaggiatore non sa dove va; un perfetto viaggiatore non sa da dove viene". Questo aforisma di uno scrittore cinese è il più perfetto compendio della "Metafisica del ping-pong". Perché quando s'impugna per la prima volta la racchetta non si sa dove può portare la passione per questo sport - magari addirittura in Cina, a sfidare i campioni locali - ma soprattutto non si sa di aver intrapreso una sorta di percorso iniziatico alla scoperta di sé e dei principi primi che governano la realtà. Lungo questo viaggio di perfezionamento sportivo, individuale e metafisico allo stesso tempo, Guido Mina di Sospiro non ha solo affrontato avversari di ogni tipo, affinato tecnica, tattica e strategia e appreso l'importanza di lasciarsi guidare da un maestro: grazie al ping-pong ha incontrato e visto in azione, nel vivo del gioco, la geometria non euclidea, la logica non lineare, la strategia da von Clausewitz a Sun Tzu; ha riscoperto Carl Gustav Jung e interrogato l'IChing, colto la potenza del mito platonico della caverna e dei principi della filosofia taoista. E naturalmente, inseguendo il suo "stato di grazia" mistico-sportivo, si è anche divertito, e continua a divertirsi moltissimo.
"La biblioterapia è l'utilizzo di un insieme di letture scelte quali strumenti terapeutici in medicina e in psichiatria. È un mezzo per risolvere dei problemi personali mediante una lettura guidata": così il dizionario Webster definiva la biblioterapia nel 1961. Una descrizione senza dubbio fredda e succinta, oltre la quale tuttavia si aprono scenari inaspettati e affascinanti, a cavallo tra psicologia e letteratura, antropologia e ricerca interiore. Régine Detambel, scrittrice e kinesiologa francese, raccoglie i numerosi contributi di studiosi che si sono occupati di una disciplina ricchissima di sfumature, dal lavoro pionieristico di Sadie Peterson Delaney fino alle opere più recenti di Ouaknin, Spire, Picard e soprattutto l'Elogio della lettura di Michèle Petit. Se emozioni e sentimenti si colgono pienamente solo attraverso la loro forma verbale, allora possono essere curati, accuditi, coccolati dalla parola scritta. All'approccio semplicistico del biblio-coaching, che predilige libri "facili" e didascalici, l'autrice preferisce puntare sulle difficoltà e sulle sfide lanciate dai grandi autori del presente e del passato, che nella scrittura hanno trovato un antidoto al dolore. Sono questi i "farmaci" migliori: la lettura diventa un'occasione di risveglio interiore, consapevolezza, dignità, un rimedio ai malanni della mente e del corpo.
Aldo Giannuli, tra i maggiori esperti italiani di intelligence e geostrategia, si cimenta in un'inchiesta sull'ISIS: un "mostro" che tutti dicono di voler combattere, alcuni cercano di pilotare a proprio vantaggio (finanziandolo o contrastandolo timidamente) e, soprattutto, pochi dimostrano di aver compreso a fondo. Dopo quindici anni di guerre e centinaia di migliaia di morti, la "coalizione dei volenterosi", guidata dagli USA a partire dal 2001, ha ottenuto il paradossale risultato di rafforzare o addirittura trapiantare lo jihadismo in tutti i teatri in cui, a vario titolo, è intervenuta. Ne è derivata una centrale del terrorismo internazionale che sembra essere stata partorita dalla mente di un romanziere eccentrico. Un soggetto "liquido" in grado di passare dalla clandestinità al governo di uno Stato nel volgere di pochi anni; di rompere gli steccati fra le nazioni per fare proseliti ovunque, persino nei Paesi occidentali; di promuovere una sofisticata guerra psicologica fatta di atrocità reali e suggestioni simboliche; e di inserirsi a pieno titolo nel "gioco dei troni" che contrappone potenze maggiori e minori nello scacchiere mediorientale. Capire l'effettiva natura di Daesh, i suoi obiettivi strategici di fondo come i suoi ripiegamenti tattici, significa fare fronte al rischio, sempre più tangibile, di una sua catastrofica vittoria. Questo volume vuole suggerire il necessario cambio di rotta in una lotta che interessa tutti, se oggi è troppo presto, domani sarà troppo tardi.
Molto è già stato detto su Antonia Pozzi, ragazza "imperdonabile" che, nonostante la sua breve vita, ha lasciato più di trecento poesie, numerose lettere, pagine di diari e circa tremila fotografie, e la cui figura è oggetto di una straordinaria riscoperta di pubblico e di critica. Eppure c'e sempre, quando si parla di lei, l'impressione di qualcosa di incompiuto. Come se la "troppa vita" che le scorreva nel sangue non si sia mai voluta lasciare decifrare fino in fondo. Come se ci fosse sempre troppo da dire e nello stesso tempo un'urgenza di silenzio avesse costantemente percorso lei e le persone che le stavano accanto. Per raccontare questo personaggio complesso, profondo e a tratti enigmatico, che ha attraversato gli anni Trenta con intelligenza e passione, sofferenza e determinazione, Gaia De Pascale ha scelto la via del romanzo. Il libro dà la parola alla stessa Antonia, scavando nell'animo della protagonista e restituendo le persone, i luoghi e le atmosfere di un tempo cruciale sotto ogni punto di vista per la storia del nostro Paese. In bilico tra realtà e finzione, "Come le vene vivono del sangue" usa il verosimile come unico mezzo possibile per accedere al fondo segreto dell'esistenza di Antonia Pozzi, e rende omaggio a una figura femminile che ha saputo attraversare con la stessa profondità tanto la vita quanto la morte.
"Per molti versi, avrei preferito non dover pubblicare questo libro, che non esisterebbe se una delle mie scrittrici preferite - non posso nemmeno incominciare a spiegare l'importanza che ha avuto nella mia vita, professionale ma soprattutto personale, il suo 'Orto di un perdigiorno' - non si trovasse in condizioni di salute che non lasciano campo alla speranza. Eppure. 'L'orto di un perdigiorno' si chiudeva con una frase che mi è sempre sembrata un modello di vita, un obiettivo da raggiungere: "Ho la dispensa piena". Oggi questa dispensa, forse proprio grazie alla sua malattia, Pia ha trovato modo di aprircela, anzi di spalancarcela. E la scopriamo davvero piena di bellezza, di serenità, di quelle che James Herriot ha chiamato cose sagge e meravigliose, di un'altra speranza. È davvero un dono meraviglioso quello che in primo luogo Pia Pera ha fatto a se stessa e che poi, per nostra fortuna, dopo lunga riflessione ha deciso di condividere con i suoi lettori. Non posso aggiungere molto, se non raccomandare con tutto il mio cuore la lettura di un libro che, come pochi altri, ci aiuta a comprendere la straordinaria avventura di stare al mondo." (Luigi Spagnol)
Dopo i fatti di Charlie Hebdo, una nuova e più sanguinosa strage jihadista fa vacillare i valori fondamentali della Repubblica francese rischiando di innescare una deriva autoritaria in tutta l'Europa; questo mentre la coalizione contro l'ISIS si allarga pericolosamente facendo emergere complicità per troppo tempo ignorate e acuendo le tensioni tra gli Stati coinvolti nella crisi siriana. Nel Corano si predica la pace o al contrario si inneggia alla guerra? Ha senso ritenere che l'Islam, in quanto tale, sia incompatibile con la cosiddetta civiltà occidentale? Ciò a cui stiamo assistendo non è forse il prodotto di un conflitto planetario scatenato più di un decennio fa in nome del profitto, un conflitto che ha armato la mano di coloro che oggi minacciano la nostra incolumità e che quasi ogni giorno seminano terrore e morte in tutto il mondo arabo? Michel Onfray, partigiano del libero pensiero che non ammette compromessi, cerca di rispondere a queste domande cruciali affidandosi alle armi della critica e all'analisi delle fonti, in un libro "vietato" in Francia, dove il dibattito pubblico si sta progressivamente omologando alla narrazione imposta dalle autorità e alle semplificazioni dei media.
Cosa significa essere un neurochirurgo? Come ci si sente ad avere in mano le sorti di una persona, mentre ci si apre un varco tra la materia grigia che ne genera i pensieri, i sentimenti e le emozioni? E, se qualcosa va storto, come si convive con le conseguenze? È ciò che scopriremo attraverso le pagine di questo libro, la confessione sincera e intensa di un famoso neurochirurgo inglese che, alla luce dell'esperienza quarantennale, rievoca le vittorie nelle battaglie combattute al fianc dei pazienti, ma anche le inevitabili sconfitte, gli errori e i fallimenti. Primo non nuocere è la narrazione di una professione eroica, chiamata a confrontarsi ogni giorno con i momenti di maggiore fragilità dell'essere umano - la scoperta della malattia, la speranza di una cura -, a prendere decisioni cruciali che, in un modo o nell'altro, cambieranno i destino dei pazienti, ma anche del medico stesso che porterà sempre con sé le storie di gioia o di dolore delle persone che hanno confidato all'abilità delle sue mani e alla generosità del suo cuore le loro vite in pericolo.
Per secoli, nella storia dell'occidente, il nero è stato considerato un colore come qualsiasi altro. All'inizio dell'epoca moderna, grazie all'invenzione della stampa e alla diffusione dell'incisione e della riforma protestante, si è addirittura guadagnato uno statuto particolare, accanto al suo antipode, il bianco. Qualche decennio più tardi, però, la scoperta dello spettro cromatico da parte di Newton ha introdotto una nuova gerarchia dei colori, dalla quale erano esclusi sia l'uno sia l'altro. Giunti infine al XX secolo, grazie all'arte prima, al costume e infine alla scienza, il nero ha riconquistato finalmente il suo status originario. Alla lunga e affascinante storia del nero nelle società europee è dedicato questo libro di Michel Pastoureau. Esso mette l'accento sia sulle pratiche sociali legate al colore (linguaggio, tintura, abbigliamento, emblemi), sia sui suoi aspetti propriamente artistici. Un'attenzione particolare viene accordata alla simbologia ambivalente del nero, che può essere considerato in modo positivo (fertilità, umiltà, dignità, autorità) o negativo (tristezza, lutto, peccato, inferno, morte). E poiché non è possibile parlare di un colore isolandolo dagli altri, questa storia culturale del nero è anche, in parte, quella del bianco, del grigio, del marrone, del viola e anche del blu.
"Cosmo", primo volume della trilogia "Breve enciclopedia del mondo", propone al lettore una visione rivoluzionaria della vita naturale, che interroga la natura lì dove essa più vivacemente si agita e freme, trascinando nel suo movimento ogni cosa: l'atomo come elemento primordiale presente in tutto ciò che esiste, il nematode che parassita le sue prede spingendole al suicidio; l'anguilla che percorre migliaia di chilometri - dalle acque dolci dei fiumi fino alle più vertiginose profondità oceaniche - solo per riprodursi e poi morire; l'Homo sapiens sapiens, ovviamente, questo discendente della scimmia che crede di dominare ciò che in realtà lo domina, di essere libero di scegliere ciò che in verità lo determina; su fino alle meccaniche celesti, alle immani energie cosmiche, ai movimenti delle costellazioni, ai ritmi lunari e solari, all'alternanza delle stagioni da cui traggono origine le culture e le religioni, cristianesimo incluso (con buona pace dei seguaci del Libro monoteista). Ogni cosa dunque è animata da quella pulsione cieca e insopprimibile che Aristotele chiama l'arte di perseverare nel proprio essere, Spinoza la potenza di esistere, Nietzsche la volontà di potenza.