
Il presente sussidio, raccogliendo il recente invito della Pontificia Commissione Biblica ad approfondire la conoscenza dei metodi giudaici tradizionali di argomentazione scritturistica, si concentra sulla seconda regola di Hillel, la gezerah shawah, vista la grande pregnanza semantica di cui questa gode in molte pagine bibliche. Lo studio parte da una considerazione generale sull'attività midrashica per poi esaminare la pagina programmatica in cui la nostra middah fa il suo esordio (capitolo primo). In seguito si entra nella valutazione dei quadri logici che soggiacciono alle conclusioni analogiche e degli elementi formali che ne accompagnano l'impiego (capitolo secondo). Nella sezione centrale vengono poi descritti i molteplici livelli di funzionamento secondo cui si muovono le corrispondenze testuali, se fatte lavorare con competenza e rigore (terzo capitolo). Solo a questo punto è possibile ripercorrere in maniera analitica la lunga e travagliata storia di una metodica che passò attraverso entusiasmi e discredito fino al tempo della sua pressoché definitiva regolamentazione in epoca tannaitica (capitolo quarto). Infine, una volta completata l'indagine conoscitiva sulla regola, si passa all'esame e alla valutazione critica di alcuni passaggi neotestamentari in cui il metodo viene usato, in particolare da Paolo (capitolo quinto).
Negli studi e nelle ricerche di tipo storico sulle missioni sono pochi i tentativi di approfondire dal punto di vista ecclesiologico il tema della missionarietà ecclesiale. Il presente volume mette in luce i principali elementi teologici raggruppati in binomi tematici riguardanti l'indole comunionale della Chiesa essenzialmente missionaria. Lo studio focalizza il mutato rapporto missiologia-ecclesiologia, grazie al nesso esistente all'interno del binomio natura-missione già emerso nei lavori di redazione della Lumen gentium e dell'Ad gentes.
Nel vangelo di Matteo, in cinque occorrenze (6,30; 8,26; 14,31; 16,8; 17,20) compare l' espressione "poca o piccola fede". È una particolarità di questo vangelo che si applica, di fatto, ai discepoli: in una sequenza del discorso della montagna (6,25-34), durante la tempesta (8,23-27), nel cammino di Pietro sulle acque (14,22-23), durante la discussione dei lieviti (16,5-12) e, infine nel caso della mancata guarigione del ragazzo epilettico (17,14-20). Il presente studio si propone di analizzare i cinque brani con un'attenzione particolare allo sviluppo del tema della "poca fede" nello svolgimento del vangelo; a questi testi, inoltre, sarà accostato anche l'episodio conclusivo dell'opera di Matteo (28,16-20) che ci consegna l'ultima azione dei discepoli (28,17) in bilico tra adorazione dubbio-esperienza, questa, che richiama implicitamente la "poca fede". una veloce sintesi finale raccoglierà i dati più significati emersi dal commento. La ricerca si presenta, dunque, come una sorta di "affondo" sia nella più vasta e articolata tematica del discepolato che nella tematica della fede tout-court. I cinque testi sulla "poca fede", come luminosi punti prospettici, uniti all'accenno del finale (28,17), sono in grado di offrirci un suggestive ritratto - per un verso da completare con altri dati sparsi nel vangelo, e per un altro verso sufficientemente compatto - di colui che liberamente e chiamato ad accogliere il dio-con-noi nella persona di Gesù (1,23, 28,20).
Dio è più grande del nostro cuore e conosce tutto (1 Gv 3,20): Dio come giudice severo, oppure come "mare di misericordia"? Qual' è il significato di questo testo giovanneo cosi oscuro? A queste domande risponde il presente studio che si concentra non solo sulla "crux exegetum" in 1 Gv 3,19-20, ma esamina la relativa unità testuale 3,18-22. la spiegazione proposta per 3,19-20 e in parte nuova (quindi "contro corrente"), in parte "classica" in quanto si riallaccia a interpretazioni di "autori classici": Dio non è né giudice severo né "mare di misericordia", ma semplicemente colui che conosce "tutto". questa sua conoscenza (dei peccati, ma soprattutto degli atti di carità dell'uomo) è paradossalmente motivo di conforto per il credente afflitto dalle accuse della coscienza. Lo studio si articola nei seguenti singoli passi: nella prima fase è proposta una visione globale e panoramica del brano (critica testuale, contesto, delimitazione, analisi sintattica e semantica globale del testo), seguita, nella seconda fase, dall'analisi dettagliata. In questa seconda fase, seguendo la divisione in tre micro unità (3,18; 3,19-20; 3,21-22), viene presentata per ogni singola micro unità la storia dell'interpretazione (parte storica che include un' esame critico delle varie interpretazioni) e successivamente l'interpretazione dell'autore (parte esegetica).
Ogni sapere teologico è a servizio dell' unità della fede. Soprattutto quando tale sapere scaturisce da una vita dedicata ad investigare sul senso della verità rivelata e trasmessa, condizione per ogni autentica ricerca. Gli studi che in questa miscellanea vengono presentati,rappresentano una variazione tematica sul sapere teologico e sul suo metodo,a partire dall'insegnamento del prof. P. Jared Wicks, la cui esistenza è stata interamente impegnata a perlustrare la possibile unità della fede tra i membri delle varie chiese cristiane,in cui viva vox Vangelii resonat (DV8). Come mostra il titolo , L'attenzione è focalizzata su i due campi di studio che hanno caratterizzato il lavoro e l'insegnamento del P. Wicks nella Pontificia Università Gregoriana: l'area della teologia fondamentale e l'area delle questioni ecumeniche. In tal senso, i contributi presenti nel volume ad opera di professori docenti in varie parti del mondo, ma anche di giovani ricercatori, esprimono il fil rouge della ricerca attuale, a testimonianza di un'amicizia che si traduce nella passione per il teologare.