L'Italia ha una straordinaria storia anche dal punto di vista naturale e paesaggistico. Questo libro ne descrive la varietà e ne segue le infinite modificazioni a partire dall'ultima glaciazione otto millenni prima dell'era cristiana per poi percorrere le vicende dell'interazione tra uomo e natura fino al nostri giorni. In ogni epoca, da quella romana al Medioevo, al Rinascimento all'avvento dell'industria, l'uomo ha infatti stabilito un diverso rapporto con il paesaggio. Riccamente illustrato, attento al dettaglio, suggestivo e significativo, ma capace di costruire un quadro globale, questo volume ci restituisce il fascino di una storia che ci riguarda profondamente, ma che conosciamo poco.
Sulle orme de "I conquistatori" di Francesco Perri, "I fatti di Casignana" - opera pubblicata per la prima volta nel 1974 - narra le vicende della lotta contadina all'indomani della Grande guerra in un paese alle pendici dell'Aspromonte per il rispetto della legge Visocchi, secondo cui ai reduci di guerra era concesso di sfruttare i terreni incolti. A Casignana, feudo della principessa di Roccella, i contadini iniziano a bonificare la foresta Callistro ma, un mese prima della marcia su Roma, la concessione delle terre viene revocata; i contadini, guidati dal sindaco socialista Filippo Zanco, occupano pacificamente la foresta; il prefetto intima lo sgombero, le forze dell'ordine attaccano e si consuma la tragedia. A fomentare la dura repressione ci pensano i figli di don Luigi Nicota, il ricco e arrogante proprietario del paese. Un romanzo in cui, con estrema obiettività e realismo scevro da ogni retorica populista, Mario La Cava indaga sulle cause della sconfitta del movimento contadino, mette in luce il contrasto di interessi tra contadini e pastori, denuncia la complicità del potere economico e politico, smaschera l'ambiguità dei traditori, si compenetra nella sofferenza dei sopravvissuti, racconta la solitudine di chi non era riuscito a guidare il suo popolo alla vittoria. Prefazione di Goffredo Fofi.
Rendere l'Unione "più forte e più equa". È questo il fine del documento qui pubblicato che Paolo Savona, ministro per gli Affari europei, ha inoltrato alle autorità europee per conto del governo italiano. Una serie di proposte per completare l'architettura istituzionale europea e correggere le politiche attualmente seguite, aprendo un dialogo intraeuropeo nell'ambito di un Gruppo di lavoro ad alto livello composto dai rappresentanti degli Stati membri e della Commissione per offrire ai cittadini europei maggiori opportunità di crescita economica e di benessere sociale che si affianchino alle istanze di stabilità monetarie e finanziaria la cui soddisfazione, contrariamente ai primi due obiettivi, è dotata di buoni strumenti. Tutto ciò in linea con gli impegni presi nei Trattati che si sono susseguiti da quello di Maastricht in poi. Uno dei punti centrali della proposta è che il governo dell'economia e della società europea non può essere affidato a regole meccaniche tipiche dell'organizzazione privata di governance volta in modo prevalente alla gestione efficiente delle risorse, ma a scelte politiche che partano dalle condizioni strutturali e congiunturali mutevoli dei singoli Stati membri e dell'Unione ispirate da una politeia, ossia i modi in cui si organizza il bene comune che abbracci anche il sociale, in particolare le parti più deboli della popolazione. Prefazioni di Giorgio La Malfa e Giulio Sapelli, saggi di Jan A. Kregel e Alberto Heimler.
Due sono le domande che strutturano il presente studio, caratterizzato da una stesura articolata di rilievo interdisciplinare: quale democrazia in tempo di globalizzazione? Quale riflessione etico-teologica significativa si può proporre da parte della dottrina sociale della Chiesa per favorire la maturazione del carattere "morale" della democrazia nella globalizzazione? Per rispondere a questi interrogativi, la ricerca verifica il modo in cui i processi di globalizzazione in corso si rapportano alla democrazia attuale, mirando a comprendere se sia possibile contribuire a tracciare un quadro ideale-valoriale di democrazia globale, perché questa tenda ad assumere una configurazione politica reale, rilevante sul piano morale. A tal fine, si assumono, in particolare, gli ultimi insegnamenti pontifici rilevanti sulla materia qui a tema, arricchita dalla comprensione che la proposta etica dell'economista e filosofo indiano Amartya Kumar Sen ha offerto e da valorizzare tenendo conto dei suoi aspetti positivi e di quelli critici, perché più limitati e bisognosi di integrazione. Prefazione di Stefano Zamagni.
La tesi che Diaconale sostiene in questo suo nuovo libro è che se la Chiesa resiste da oltre duemila anni è perché ha avuto la capacità di adattarsi ai cambiamenti del mondo in cui ha operato. Ma Papa Bergoglio, da buon gesuita cresciuto a pane, peronismo e terzomondismo anticolonialista e anticapitalista, si è spinto più in là dei suoi predecessori. Fino a trasformare l’istituzione inventata da San Paolo nella più grande Ong (senza navi) del pianeta, specializzata nel terreno del politicamente corretto. Abbracciando un modello globalista e pauperista di multiculturalismo e immigrazione incontrollata, il cristianesimo sembra voler abbandonare il suo bimillenario legame con l’Occidente per diventare una sorta di sincretismo buonista universale. Ma – sostiene Diaconale – rinunciare alla propria identità, proprio nel momento in cui non solo il radicalismo islamico ma l’intero mondo dell’Islam usa il proprio mastice religioso per lanciare la propria offensiva di rivalsa e di reconquista nei confronti dell’Occidente, significa arrendersi prima ancora di combattere. Tutto questo viene presentato come una svolta progressista diretta al dialogo con le altre religioni monoteiste. In realtà si tratta di una scelta regressiva che finisce con il cancellare quel tratto identitario della civiltà occidentale – cioè la libertà individuale e la separazione tra Stato e Chiesa – che è una delle componenti indispensabili del cristianesimo. Può, allora – si chiede l’autore – un laico liberale continuare – con Benedetto Croce – a dirsi cristiano? E come può farlo, se il massimo rappresentante della cristianità respinge e ripudia la metà della propria identità?
Il libro raccoglie contributi sulla figura di Aldo Moro, in gran parte inediti, prodotti nell'arco di trent'anni da personalità di primo piano della cultura e della politica, quali, tra gli altri: Tina Anselmi, Giuliano Amato, Ugo De Siervo, Francesco D'Onofrio, Giovanni Gentile, Massimo Severo Giannini, Mino Martinazzoli, Sergio Mattarella, Giancarlo Quaranta, Roberto Ruffilli, Aldo Tortorella e Giuseppe Vacca. Tutti gli interventi sono stati presentati in iniziative promosse dall'Accademia di studi storici Aldo Moro nell'intento di mantenere aperto un canale di confronto sul pensiero e l'opera dello statista, anche durante il lungo periodo in cui l'attenzione del mondo politico e dei media era concentrata solo sulle vicende del suo assassinio. Nel loro insieme, i testi delineano un percorso interpretativo che ha per oggetto, non solo Aldo Moro, ma anche alcuni importanti aspetti dell'evoluzione della democrazia italiana dalla seconda metà del secolo scorso fino a oggi.
Personaggio fascinoso, che la letteratura ha contribuito a mitizzare, Costanza d'Altavilla, regina di Sicilia e imperatrice del Sacro romano impero, deve molta della sua fama al figlio, quel Federico II protagonista, nel duecento, delle lunghe e sanguinose lotte fra impero e papato. La sua storia è carica di tanti interrogativi e di altrettanti misteri ai quali, anche per pregiudizi ideologici, si sono date delle risposte spesso approssimate. A tali interrogativi e ai relativi misteri l'autore, seguendo un rigoroso percorso di ricerca, in questa biografia offre delle risposte e delle chiavi interpretative che ci restituiscono un'immagine nuova e non convenzionale di una donna, tradizionalmente raccontata come capace di dominare gli eventi ma, in realtà, estremamente fragile che, suo malgrado, è stata costretta a essere attore non secondario della storia del Meridione d'Italia.
Per quindici decenni si è discusso della Questione Meridionale. Ma con il federalismo fiscale il quadro è cambiato. Lo Stato ha misurato, Comune per Comune, fabbisogni, costi e servizi con l’obiettivo di attribuire a ciascun territorio le risorse corrette. I conteggi hanno dato un risultato inatteso: si pensava di far emergere la cattiva spesa del Sud e ci si è trovati davanti al dettaglio del profondo divario tra le Due Italie. L’uguaglianza ha un costo miliardario e così si è imboccata la scorciatoia di piegare le regole in modo da attribuire al Sud meno diritti e meno soldi. Lo Stato invece di costruire gli asili nido o i binari dove mancano ha stabilito che, nei territori di tipo “B”, il fabbisogno è zero. Ha dimezzato la perequazione dove la Costituzione garantiva che fosse “integrale”. Si è aperta la strada al federalismo differenziato, con maggiori autonomie, risorse e diritti nelle Regioni ricche. Il saggio offre gli elementi per aprire, finalmente, il dibattito pubblico.
Prefazione di Enzo Bianchi
«Come può un giovane ebreo della Galilea di duemila anni fa parlare ancora ai suoi coetanei del XXI secolo? Rispondere a questa domanda è la sfida che mons. Bertolone accetta di raccogliere in queste pagine» (dalla Prefazione di Enzo Bianchi, fondatore di Bose). I giovani sono idealisti, ma anche pratici ed esigenti nei confronti dell’establishment, anche religioso, dal quale pretendono legittimamente chiarezza, moralità, affidabilità, certezze. Dalla Chiesa istituzionale essi vogliono sapere se veramente la fede è in grado di dare un senso alla vita, una risposta chiara circa i valori della verità, della libertà, della purezza, dell’onestà, dell’amicizia, della fraternità, dell’amore.
“Mio padre era un maresciallo dei Carabinieri. Sono cresciuto con l’uniforme a bande rosse dell’Arma e ritrovo sempre i valori con cui sono cresciuto e che sono stati alla base della mia educazione: la serietà, l’onestà, il senso del dovere, la disciplina, lo spirito di servizio”. Sergio Marchionne, dall’ultimo intervento pubblico, consegnando una Jeep all’Arma dei Carabinieri il 27 giugno 2018.
Questo libro racconta i quattordici anni di Marchionne alla Fiat. Conti in rosso, modelli vecchi, ma soprattutto una crisi di identità che si faceva sempre più profonda, un’azienda “tecnicamente fallita”. Marchionne è riuscito a invertire la tendenza, ha giocato una vitale partita con General Motors, ha conquistato la Chrysler con l’appoggio di Obama senza tirar fuori un quattrino, ma ha anche ingaggiato un duro braccio di ferro con la Fiom, messo in garage lo storico marchio Lancia, ha venduto il quotidiano La Stampa e spostato la sede legale del gruppo all’estero. Il suo operato ha segnato la storia della Fiat e del mondo automobilistico. Ha scommesso sulla globalizzazione, facendo parlare inglese tutta l’azienda. Un manager duro, esigente, ma anche visionario come pochi al mondo. Un uomo capace di slanci emotivi improvvisi, come raccontano i tanti episodi riportati in questo libro.