Come un gabbiano in volo, tema di un sogno che lo ha accompagnato sin dalla giovinezza, Francesco Forte guarda «da un punto mobile, un po' lontano», i suoi trascorsi e quelli della nazione, dal fascismo ad oggi. Intellettuale libero e irregolare, più volte ministro e sottosegretario, sempre al vertice di posti chiave, giornalista, accademico, economista appassionato, il racconto della sua vita è un'istantanea fedele dell'Italia intera. L'autore racconta la sua verità: senza compromessi. Dall'infanzia - quando con il fratello faceva da scudo umano durante i bombardamenti angloamericani e l'Italia era divisa in opposte fazioni - sino alle vicende più intricate della nostra democrazia. Un'autobiografia vigorosa e ricca, la cui forza maggiore è nella qualità delle informazioni di prima mano raccontate con pathos e affilata ironia. Vicende e uomini che hanno segnato in maniera indelebile la storia degli ultimi decenni: Enrico Mattei e l'ENI, Pier Paolo Pasolini e Petrolio, Roberto Calvi, il caso Moro, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano. L'Italia di oggi come prodotto delle sue tante contraddizioni, vagliate con la capacità di analisi del grande economista o sviscerate con un'emotività che non conosce filtri. Un racconto genuino che non disdegna di assumere, talvolta, i toni del risentimento e della critica feroce verso sfere di potere e uomini di eterogenea appartenenza, il cui peso specifico si è spesso rivelato decisivo per le sorti del nostro Paese. Sempre chiamato a dare conto di azioni e decisioni, l'autore si sente finalmente «libero e felice», come il gabbiano del sogno, di raccontare il suo vissuto senza reticenze. Anche se avverte «solo alcune cose ed alcuni fatti si vedono in modo nitido, altri sono sfocati, o ci sono solo alcuni dettagli. Del resto questo libro è stato scritto in gran parte a sprazzi, quando mi è accaduto di dover ricordare».
Il mondo è cambiato e i nostri occhi ne sono testimoni entusiasti. È cambiato il modo in cui comunichiamo, in cui acquistiamo, in cui interagiamo più in generale. È cambiato tutto, ma inspiegabilmente la formazione è rimasta a un secolo fa. I giovani, oggi, sono molto diversi da quelli delle generazioni precedenti. Sono ancor più di nativi digitali. Gli strumenti di formazione tradizionali non bastano più per loro che sono pronti a essere apprendisti e apprenditori più che semplici studenti, a toccare con mano il sapere e a ricercare da soli le risposte alle loro domande. In un orizzonte estremamente largo di informazioni e di nozioni non sono più sufficienti una, due o tre dimensioni di apprendimento in una traiettoria formativa. Occorre massimizzare ogni volta, in tutte le occasioni possibili, tutto l'apprendimento possibile. Renderlo inclusivo, ampio, largo. Largo, ma non ingombrante. Agilmente largo, sorprendentemente ricco. Sappiamo già che ci formeremo per tutta la vita. Ora abbiamo bisogno di pratica, di visione, di emozione e desiderio di apprendimento. Abbiamo bisogno di un modello formativo che, come il progetto dell'alternanza scuola-lavoro, unisca la formazione teorica all'esperienza pratica. Il lifelong learning si completa ed evolve in lite largelearning nel senso di un apprendimento il più ricco, il più ampio, il più largo possibile. Che si allarga per ospitare nuove opportunità e diventa fonte generosa di crescita. Questo libro vuole offrire la prospettiva di una formazione più ampia, tanto teorica quanto pratica, che riscopre le abilità ancora poco esplorate degli studenti, dando voce agli stessi ragazzi che l'hanno sperimentata sulla loro pelle. Si sono abituati all'umanità, alla lentezza e all'incontro con la diversità, che è forse un allenamento tra i più difficili per l'essere umano. Con un testo di Jean-Paul Fitoussi.
La Grecia ha passato all'Europa l'idea di razionalità come discussione critica -e di conseguenza, per dirla con P.S. Shelley "noi tutti siamo Greci". Ma non fu la Grecia a passare all'Europa i suoi dei. Il Dio delle popolazioni europee è il Dio della Bibbia e del Vangelo, è il Dio che relativizza il potere politico e, insieme, desacralizza, "mortifica" la natura rendendola disponibile - non essendo più sacra e quindi intoccabile - alla manipolazione e all'indagine scientifica in una misura prima impensabile. La laicità dello Stato, laico perché non più assoluto; e la secolarizzazione, con una natura non più sacra e una Terra abitata da uomini fallibili: sono due realtà strettamente connesse al messaggio della Bibbia e del Vangelo. Per questo non si può dare torto a Th. S. Eliot quando afferma che "se il Cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura. E allora si dovranno attraversare molti secoli di barbarie".
Il volume è nato con l’ambizione di presentare i tratti più specifici e le principali linee di sviluppo politico, economico e sociale che caratterizzarono i cosiddetti Paesi balcanici nel corso del ventennio interbellico da una prospettiva differente da quella della sola storia politica. Infatti l’epoca che delimita i limiti temporali del volume non può essere considerata solo come un periodo di attesa, per lo più passiva, della Seconda guerra mondiale e delle dittature comuniste imposte dall’Urss. Si trattò, piuttosto, di una stagione sicuramente tormentata ma altrettanto certamente segnata da interessanti fermenti culturali, da pulsioni di crescita economica, tentativi di mettere in atto trasformazioni sociali di più ampia portata rispetto al passato, impulsi a costruire realtà urbane e rurali diverse: più dinamiche e moderne. Si può parlare, nel complesso, di un generale movimento di cambiamento teso, sia pur non sempre in maniera consapevole e coerente, a inserire e amalgamare le società, le culture e le economie del Sud-est dell’Europa con il resto del continente. La cortina di ferro fece scendere il sipario su quelle vicende. Questo volume, dunque, è scaturito dalla pretesa di tracciare una sorta di bilancio di un’epoca che a giudizio dell’Autore ha segnato, sia pur con tutte le contraddizioni e le incertezze del caso, non solo il primo vero tentativo di portare la modernità in questa periferia d’Europa, ma anche quello di tornare a legare Occidente e Oriente.
Stanno ritornando alla luce gli interessi nazionali, le scelte politiche di tipo regionale, le autonomie culturali e, quindi, anche economiche e organizzative. La globalizzazione ovvero americanizzazione che ha seguito la caduta dell'URSS è cessata, ognuno farà per sé e si ricostruiranno aree omogenee, nuovi progetti strategici, nuovi punti di comando globale. L'imposizione a tutti gli Stati e a tutte le popolazioni della stessa pillola globalista non funziona, la gente e le stesse élites non la vogliono né la digeriscono più. L'autore analizza con competenza le grandi questioni geopolitiche che stanno cambiando il mondo in cui viviamo. Si va dalla Turchia del tentativo di golpe militare all'asse Cina Russia, dalla Brexit alla questione nordcoreana, dalla strategia jihadista in Europa alla crisi siriana, dalla finanza iraniana alla nuova strategia economica e finanziaria della BCE. Un viaggio nella stretta attualità per allontanare l'alone d'incertezza che avvolge la nostra epoca, per capire meglio il presente del mondo e per cercar di prevedere gli equilibri geopolitici futuri.
A dispetto di quanto pensano in molti, solo un’Europa unita può affrontare le sfide dell’economia e battere le diseguaglianze che emergono sempre con maggiore forza nei paesi occidentali, anche a causa della tirannia della finanza. Per questo vanno rafforzati i diritti individuali e gli organi comunitari di rappresentanza. In un contesto drammatico, in cui ogni consultazione elettorale si trasformerà in un referendum sull’Unione Europea, vanno però sfatati certi falsi miti. Con dovizia di particolari e numeri che suffragano la tesi dell’autore, il saggio dimostra che non c’è alcuna invasione dei migranti, che l’Italia non è la prima beneficiaria della politica della Bce bensì la Germania, che l’adesione all’Ue è stata un affare per i paesi dell’Est che oggi erigono muri contro gli stranieri. In linea con il manifesto di Ventotene, Euxit sottolinea che la costruzione europea, nonostante mille problemi e il referendum inglese che ha sancito la Brexit, è ancora un successo che ha garantito oltre 70 anni di pace e che ogni ritorno ai nazionalismi sarebbe invece foriero di guerre e nuove povertà. Roberto Sommella è un giornalista economico esperto di finanza e temi europei. I suoi articoli sono pubblicati sul Corriere della Sera, Il Messaggero e Milano Finanza. Ha un blog sull’Huffington Post. Attualmente è direttore delle Relazioni esterne dell’Antitrust. ***VERSIONE AGGIORNATA POST-BREXIT ***
Il dolore, la morte, il conflitto, il dominio, la sicurezza, la libertà ma anche il sesso, il gioco, il bar, il calcio, la pizza, il cretino, il niente sono tra i temi di questi "Scritti selvaggi". Se ne compone una filosofia del quotidiano ad altissima temperatura umorale emanata, come per esplosione atomica, dalla perenne belligeranza tra pensiero e vita. I due poli si attraggono e si erodono, si influenzano e si completano: "La vita - afferma il filosofo selvaggio - risale al pensiero e chiede di essere compresa e risanata. E il pensiero, una volta compiuta la sintesi, si rida in pasto alla belva che lo divora". In queste pagine vi è soprattutto un metodo, non convenzionale, di guardare ai fatti del mondo attraverso i registri del pamphlet o del diario in pubblico, dell'invettiva o dell'oracolo che ogni spirito libero può far proprio e applicare a se stesso. Un libro scorretto, vitale, antiaccademico, letterario, a volte anche sboccato (mai incivile), in cui si avverte il tono di grandi maestri, da Nietzsche ad Heidegger a Croce, o ci si imbatte, inaspettatamente, in Ennio Flaiano e Indro Montanelli, Totò e Franco Califano, Manlio Sgalambro e i Baustelle.
Dopo "l'età dei diritti" di cui diceva N. Bobbio nel 1990, è nata l'età delle pretese: squilibrio tra l'esplosione dei diritti e l'elusione dei doveri, e liquefazione dell'idea di obbligazione. Il diritto (vero o supposto), separato dalla responsabilità ad esso inerente, diventa fattore di disgregazione e un'arma puntata contro l'altro. È una vacua idea che la libertà soggettiva basti a tenere unita una società. Di fronte a questa dinamica travolgente occorre ridare significato e fondamento reale ai diritti, evitando tre passi falsi: l'individualismo libertario che fa dell'io un'isola; l'applicazione indiscriminata della tecnica nell'ambito della vita (Biopower); la riduzione dell'uomo a mero essere naturalistico. In proposito la tradizione del giuspersonalismo, ispirata all'idea di persona e di natura umana, offre un ingresso solido e moderno.
Gli scritti raccolti nel volume ruotano intorno a tre temi: la nascita dell'Italia come nazione moderna, lo sviluppo economico dello Stato unitario, la questione meridionale. Tre grandi problematiche tra loro strettamente intrecciate, con la prima a fare da piattaforma teorica e cornice storica di fondo alle altre due, nella convinzione dell'autore che le nazioni siano organismi viventi che nascono, crescono, muoiono, e cominciano a morire quando perdono memoria e coscienza delle ragioni storiche e dei valori ideali e materiali in nome dei quali nacquero. La nazione italiana, perciò, non morirà solo se riuscirà a conservare, viva e attuale, la memoria delle ragioni storiche e dell'immenso patrimonio etico e ideale per cui nel 1861 nacque a vita politica e di cui, attraverso travagliate, tragiche, ma anche gloriose vicende, è stata, e può essere ancora portatrice. E di quel patrimonio storico l'equilibrato sviluppo economico e civile dell'intero territorio nazionale fu ed è componente essenziale.
Che cosa significa vedere degli oggetti in un'immagine o nella fantasia invece che percepirli come presenti in "carne e ossa"? In che cosa si distinguono essenzialmente le immagini e le fantasie dalle percezioni? Quale tipo di atti vengono compiuti nella fantasia? Questo libro - che contiene le celebri lezioni dedicate alla fantasia e alla coscienza d'immagine, tenute a Gottinga nel semestre invernale 1904/05, insieme a una selezione di manoscritti di ricerca che arrivano a coprire l'arco del successivo ventennio - offre al lettore italiano una viva e concreta testimonianza di come il padre della fenomenologia, Edmund Husserl, si sia confrontato a fondo con tali questioni, considerandole nevralgiche per l'intero progetto fenomenologico. In un momento in cui l'esigenza di ridefinire i confini fra realtà e irrealtà si fa sempre più inaggirabile e stringente, queste analisi costituiscono un decisivo contributo per affrontare con rigore concettuale il problema delle immagini nell'età contemporanea. Ripercorrere i sentieri qui tracciati da Husserl non ci dà solo l'opportunità di illuminare "regioni" della nostra esperienza assai spesso lasciate nell'ombra, ma ci permette anche di spingerci, al di là del presente, nel futuro dell"'immagine".