La storiografia sulla politica di massa può essere scandita in un "prima" e un "dopo" George Mosse, uno storico divenuto celebre soprattutto per i suoi lavori sull'immagine dell'ebreo, sulla cultura dell'Europa occidentale e sulle origini intellettuali del Terzo Reich. Il peculiare approccio di Mosse emerge anche in questa nota e controversa intervista del 1979 su Aldo Moro, riproposta nel presente volume, con un ampio corredo critico. Mosse collega l'esperienza politica dello statista, la sua cultura, le sue analisi, i suoi problemi, alle grandi trasformazioni e sfide della democrazia occidentale, in particolare alla crisi del sistema di governo parlamentare che si è manifestata in tutta la sua gravità nel corso del XX secolo. Quella di Moro, spiega Mosse, era una reale consapevolezza della fragilità dei sistemi democratici contemporanei, strettamente legati alla necessità di tenere in considerazione le aspirazioni, le speranze, i miti delle masse. Ciò si era tradotto nell'elaborazione di una originale e personale soluzione alternativa, connessa a un'idea dello Stato come un processo, come qualcosa continuamente in fieri, un organismo sensibile ai mutamenti. Per Mosse, nel pensiero e nell'azione di Moro era costante la volontà di integrare e far partecipare quanto più possibile le masse italiane, di dare loro un senso di rappresentanza... Prefazione di Renato Moro. Nota critica di Donatello Aramini.
"Sono omosessuale ma non gay. Ho sempre fatto la scelta di vivere in coppia, eppure sono contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso, non per motivi di unione tra due persone che si amano, ma per il problema fondamentale del bambino e del suo diritto ad avere un padre, una madre e dei nonni. In realtà sono molti gli omosessuali che non provano alcun desiderio di sposarsi e ancor meno di avere un bambino! Le cifre parlano chiaro. A 25 anni ho preso in considerazione l'idea di avere un bambino per potergli trasmettere un patrimonio, uno status sociale [...] in breve, volevo avere un bambino per i motivi sbagliati. Senza dubbio gli avrei dato tutto l'amore che aveva il diritto di aspettarsi ma c'era anche un'altra domanda da porsi: quella riguardante la filiazione. Quali sarebbero stati i riferimenti di questo bambino, il suo non-rapporto con la madre? E poi penso anche agli altri bambini. Quelli che la genitrice ha avuto come madre vera e propria. Libertà, uguaglianza, fraternità, sì! Libertà per il bambino di non essere escluso in quanto figlio di omosessuali (maschi o femmine che siano) nelle piccole città e in campagna. Uguaglianza per il bambino affinché possa crescere con un padre e una madre. Questo libro costituisce la voce di tutti coloro che non vengono ascoltati durante il dibattito sul 'matrimonio per tutti' e le sue conseguenze sul nostro avvenire comune; costituisce la speranza di essere finalmente capiti."
L'indizione di un Giubileo sul tema della misericordia induce a riprendere il grande tema del soffio divino sulle acque del creato di cui nel primo versetto della Genesi. Lo spirito scende sulle acque turbolente della terra ora con forza, ora come una carezza e giunge fino agli estremi della decadenza del creato chiamati tohu e bohu, cioè tenebre e desolazione; fra le pieghe del male estremo, in cui sono le acque stagnanti del creato, si nasconde però ancora un fremito di vita sul quale soffia lo spirito divino per un tempo che noi consideriamo con l'incerto vocabolo di eterno fino a ricondurre tutto verso l'armonia della misericordia creatrice.
"Storia dell'Italia mafiosa" rappresenta un'importante innovazione nello studio e nell'analisi dei fenomeni mafiosi in Italia. Viene ricostruita in maniera unitaria la storia della mafia, della 'ndrangheta e della camorra, dalla nascita nel Mezzogiorno borbonico, allo sviluppo nell'Italia post unitaria, al definitivo affermarsi in età repubblicana, fino ai nostri giorni. Si è dinanzi ad un grande affresco storico che individua le ragioni di fondo di un modello criminale il cui successo dura ininterrottamente da duecento anni. Il volume rappresenta inoltre il contributo più significativo al superamento delle interpretazioni dominanti delle mafie come frutto esclusivo del Mezzogiorno, della sua arretratezza economica e sociale, di una cultura omertosa e complice. Isaia Sales dimostra come quel racconto, pressoché immutato da due secoli, continui a costituire un formidabile ostacolo alla comprensione delle mafie e a rappresentare, nella migliore delle ipotesi, un colossale abbaglio. Pagine appassionanti svelano perché le mafie, nonostante gli auspici di tanti, non siano state sconfitte dalla "modernità", anzi si siano trovate pienamente a loro agio dentro di essa, senza alcun imbarazzo. E sono ancora qui nell'Italia post moderna di oggi, nel mondo di Google e dell'I-pad. E non solo nel Mezzogiorno.
Un testo che con lucida ragionevolezza e disarmante ironia getta luce sulla condizione moderna dell'uomo e della società, riguardo a cui si chiama sempre in causa la parola crisi, il più delle volte con dimessa rassegnazione. Cento anni fa Chesterton considerava i disastri portati dalla disuguaglianza economica, dalla separazione delle famiglie, dalla rovina del sistema educativo, dalla violazione delle libertà fondamentali, in nome dell'idolatria dello Stato e di quella del profitto. Sono le piccole cose ordinarie le grandi aspirazioni dell'uomo ad esser messe in pericolo: l'uomo comune non chiede altro che un matrimonio d'amore, una piccola casa, professare in pace la propria religione, diventare nonno, godere del rispetto e della stima dei suoi simili e morire di morte naturale. Chesterton sfida il mondo a compiere un passo indietro: non quello di un uomo impaurito che si sottrae alla battaglia, ma quello dell'uomo tutto intero che per buttarsi nell'avventura della vita non ricorre a ricette ideologiche e utopiche sul progresso, ma sta ancorato con saldezza e con audacia alle realtà originarie che sono alle sue spalle.
Noi siamo il nostro comportamento, e il comportamento umano è prodotto dall'attività del cervello. Comportamento e cervello umani sono a loro volta il risultato di centinaia di migliaia di anni di evoluzione avvenuta sotto la pressione di fattori selettivi molto diversi tra loro e dalle nostre attuali quotidiane condizioni di vita. Ne consegue che non sempre un cervello individuale o il comportamento di una persona sono consonanti con il mondo che i cervelli collettivi hanno creato, e che le nostre naturali imperfezioni possono risultare dissonanti, predisponendoci ad ammalarci o rendendoci individualmente poco adatti al complesso di abitudini e relazioni nel quale si svolge la nostra vita. Nell'insieme però funzioniamo bene, soprattutto quando decidiamo usando informazioni controllate e siamo lasciati liberi di agire. Il libro illustra attraverso numerosi esempi sia le conseguenze mediche delle imperfezioni umane, in particolare per quel che riguarda le malattie mentali e i disturbi alimentari, sia in che modo il "legno storto" di cui siamo fatti si manifesta attraverso tratti non clinici del comportamento umano come i cosiddetti vizi capitali o le preferenze politiche. Ma descrive anche perché e come la scienza, la più straordinaria delle invenzioni umane, ci ha migliorati.
Dalle pagine di questo volume emerge un mondo meraviglioso, enigmatico, di straordinaria bellezza eppure saldamente reale. Come afferma padre Tichon "è un libro su noi tutti chiamati alla santità malgrado la nostra fallibilità". Ogni racconto è la storia della "rivelazione" nella vita di qualcuno. Considerato già un classico della spiritualità che parla non solo ai cristiani di ogni confessione ma anche agli atei Santi di tutti i giorni cattura il lettore come solo pochi libri sanno fare.
La Repubblica, secondo l'articolo 3 della Costituzione, ha fra i suoi compiti quello di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti all'organizzazione dei diversi aspetti della vita del Paese. La democrazia è cosi proposta come un'esperienza di libertà e di legami, di diritti e di doveri, di individui e dei rapporti ai quali la Costituzione dedica la sua prima parte: civili, etico-sociali, economici, politici. Questi rapporti, che dovrebbero generare e sostenere pratiche "inclusive", diventano spesso strumenti di disuguaglianze insostenibili, di mortificazione del merito, di umiliazione delle vulnerabilità, di omologazione di saperi e valori, di distorsione del mercato ad esclusivo vantaggio di pochi, di un potere del quale non si riconosce più lo spirito di servizio. Questo libro parte dalla consapevolezza che la sfida della costruzione di una democrazia che sia davvero di tutti e di ciascuno è ancora aperta e cerca una via alternativa tanto alla rassegnazione che la vuole ormai perduta quanto al cinismo che la lascia all'ingenuità delle anime belle. Ci vogliono proposte concrete, a partire da alcune premesse: la libertà dallo Stato ha bisogno anche della libertà attraverso lo Stato; mettere la persona al centro significa partire dalle garanzie fondamentali della casa, di ospedali e scuole.
Vito Teti ha sempre un viaggio qua intorno da raccontare, un volto nascosto da nominare tra le righe di un saggio, un ritaglio di vita minuta da incorniciare con tutte le sue scoloriture. "Terra inquieta" è un libro che è tanti libri insieme, e tutti servono a qualcosa: uno racconta di Calabrie mobili che crollano e franano; l'altro di uomini che sperano futuro cercando l'America, ma cercandola incontrano la storia; l'altro ancora di donne che ascoltano in sogno i consigli di san Giorgio per vincere ogni drago, di uomini che i santi li portano a spalla per sacralizzare la polvere e il mare che siamo, di giovani laureati che partono perché l'ultimo lavoro non pagato è un'umiliazione ormai intollerabile. Ma in "Terra inquieta" c'è pure gente che resta tentando di salvare rovine e pilastri di cemento che si alzano al cielo, per farne qualcosa che vive. In questo vagare per spazi vasti e insieme profondi lo scrittore di "Maledetto sud" raccoglie ogni mollica, mentre l'antropologo de "Il senso dei luoghi" prova una teoria capace di dare forma al sussulto imprendibile della Calabria. Così nasce "Terra inquieta", una storia di linee che ricostruisce la necessità e l'ossessione per la mobilità di una regione contadina eternata dal tempo circolare dei greci, spezzata dalle catastrofi, che però sempre ritenta nuove circolarità per non mutare sguardo su di sé, infine la Calabria moderna, quella che naviga in linea retta verso un tempo migliore...
Un itinerario italiano di lavoro e di apprendimento in anni che vanno dalla catastrofe morale ed economica del secondo dopoguerra alla grande crescita del Paese, fino alle tormentate vicende degli ultimi decenni. Una vita, quella dell'autore, ricostruita percorrendo luoghi e descrivendo ambienti e persone, arricchita dalla vicinanza, a volte amicizia, con i protagonisti del libro: Giulio Andreotti, Massimo Annesi, Corrado Dami, Anna De Lauro Matera, Gabriele De Rosa, Amintore Fanfani, Massimo Severo Giannini, Giorgio La Pira, Antonio Maccanico, Giovanni Marongiu, Giulio Pastore, Nicola Pistelli, Manlio Rossi-Doria, Pasquale Saraceno e Giovanni Spadolini. Un osservatorio privilegiato, una storia vissuta, punteggiata da "rivelazioni", forse un aiuto per comprendere e governare il nostro tempo.