Don Tonino Bello amava parlare ai giovani, e lo faceva con quella sua consueta forza carica di speranza e di entusiasmo, come testimoniano questi suoi ultimi discorsi inediti, ora raccolti nel presente volume. Nel primo di essi, rivolgendosi ai maturandi di un liceo della sua diocesi, don Tonino invita i ragazzi a riempire di senso la loro vita, a «giocarsela bene», proponendo loro di appagare la sete di felicità non nelle false realizzazioni, ma nel dono della propria esistenza agli altri. Immaginando poi di dialogare con i tre componenti della Sacra Famiglia, Giuseppe, Gesù e Maria, don Tonino consegna ai ragazzi preziosi insegnamenti su temi quali la gratuità, l'accoglienza, la condivisione. Così come ogni viandante ha bisogno di una guida che lo indirizzi sulla strada, può essere utile, specie per chi muove i primi passi nel cammino della vita, portare in bisaccia un po' dell'esperienza di questo prete pugliese.
Il pranzo di Natale della Comunità di Sant'Egidio è diventato un'icona del Natale in cui nessuno è escluso. Chi partecipa al banchetto, con il suo nome e la sua storia spesso dolorosa, è al centro della Chiesa. «La Chiesa è di tutti, particolarmente dei poveri», ricordava san Giovanni XXIII nel Concilio Vaticano II. E il «particolarmente», nel pranzo, non è un generico auspicio. I poveri per la Chiesa non sono una categoria sociologica, né una realtà separata, semplici destinatari di aiuto e di assistenza, ma fratelli e sorelle, secondo quanto si legge nel Vangelo. Chi lo ascolta si fa prossimo, come il Buon Samaritano, di chi è abbandonato, povero, malato. Il servizio a chi è povero per Sant'Egidio non è una "attività sociale", ma un modo di vivere in un rapporto di affetto, prossimità e cura con coloro che sono nel bisogno, percepiti non come utenti di un servizio, ma come familiari. E, come ha detto, alla tavola di Sant'Egidio, Benedetto XVI: «qui si confonde chi serve e chi è servito». Prefazione di Matteo Zuppi.
Alle porte di Dio giunge chi è povero, bisognoso della gran luce di Dio. Alle porte di Dio il mendico di Dio si sofferma, bussando leggermente per ottenere il pane e l'acqua di Dio per la sua fame e la sua sete di Dio. Chi cammina incontro a Dio cammina verso Iddio e sa che la fine di ogni tappa è l'inizio di una tappa che chiama un altro inizio. Ogni mattina Dio è nuovo, un Dio in cui l'uomo si rinnova all'infinito. Qualsiasi evento apparentemente straordinario narrato in questo libro è di secondaria importanza nella storia della mia conversione. Questa conversione fu motivata dall'amore di Gesù Cristo, un amore che derivò dalle mie meditazioni sulle Scritture.
Bianca Monti è una giovane pittrice. Ma è anche una spia. Nella Milano del 1820, dove dopo la caduta di Napoleone si è instaurato nuovamente il governo austriaco, gruppi di cospiratori agiscono nell'ombra per riportare il potere nelle mani dei cittadini. Tra questi ne spicca uno, formato da sole donne: la Società delle Giardiniere. E proprio a questa società segreta viene affiliata Bianca, che presto comincia a condurre una doppia vita: una monotona e tranquilla, tra serate musicali e passeggiate per le vie della città, e un'altra decisamente più movimentata, con carrozze da pedinare, travestimenti da indossare e biglietti da nascondere nei luoghi più impensati. Bianca affronta missioni sempre nuove tentando di non essere scoperta e arrestata dalle autorità austriache, consapevoli della presenza di individui che minacciano il loro potere. Età di lettura: da 11 anni.
Perché un commento iconografico ne La Bibbia, Scrutate le Scritture? Perché Parola e icona sono ambedue doni divini per aiutarci a cogliere ed esprimere il Mistero. Nella Scrittura la Parola si manifesta come "evento", una irruzione del divino, una rivelazione. Mentre l'icona svela e arricchisce questa rivelazione nelle forme e nel colore: "Ciò che ci viene comunicato con le parole, l'immagine ce lo annuncia e ce lo consegna mediante i colori". Di fronte alla necessità di una "nuova estetica" che accompagni l'evangelizzazione dell'uomo moderno, la proposta iconografica di Kiko Argüello risponde ai principi che il Concilio e la tradizione della Chiesa avevano auspicato. Argüello riprende la tradizione iconografica dell'arte bizantina, arricchita di tutta la novità dell'arte contemporanea, a servizio della comunità cristiana nella liturgia, in dei "retablo" e "corone misteriche" che danno agli spazi liturgici la bellezza e la presenza dell'icona che apre ed accompagna alla comprensione della storia del Mistero.
La memoria umana, si sa, è labile e la realtà complessa: dopo una pandemia globale, la malattia e la morte vicine, un nuovo clima di guerra, reale e mediatica, che si è instaurato, cosa può significare ancora essere resilienti? Sergio Astori torna a parlare di Resilienza ora che il mondo è cambiato, che la comunicazione è cambiata e questa parola tanto estesa è entrata anche nel linguaggio politico. L'autore fa leva sulle parole che hanno segnato questo cammino, dalla presa di coscienza della vulnerabilità umana alle ferite che ne sono derivate per passare alla cura e alla riparazione. La scommessa della resilienza è quella di cogliere segnali di fiducia, speranza e capacità realizzativa e allora un'attenta rilettura del passato, della sfida, del cambiamento, può segnare, anche nelle parole, il futuro. La testimonianza di Speranza Scappucci, direttore d'orchestra e prima donna a dirigere un'opera al teatro alla Scala di Milano, scrive un nuovo capitolo della resilienza tra cultura, impegno e uguaglianza. Con una conversazione con Speranza Scappucci.
Nella sua opera dedicata al Discorso della montagna Sant'Agostino scriveva: «Se qualcuno esaminerà con fede e serietà il discorso che nostro Signore Gesù Cristo ha proferito sulla montagna, come lo leggiamo nel Vangelo di Matteo, penso che vi riscontrerà la norma definitiva della vita cristiana». Questo libro nasce con lo scopo di dare un contributo in tal senso. I testi qui proposti sono di diversa natura. Dall'età antica e attraverso il Medioevo ci è arrivato un repertorio, seppure incompleto, di commentari e di omelie sistematici su tutto il vangelo di Matteo, che trattano quindi specificamente il discorso della montagna. Abbiamo poi i trattati sul Padre nostro, che è il "centro" letterario e concettuale del discorso. Troveremo anche testi di altra provenienza, dato che la predicazione patristica, in situazioni e contesti d'ogni genere, fa frequentissimi riferimenti alle affermazioni del discorso della montagna, considerato dai Padri come la descrizione dell'uomo nuovo, ossia di Cristo stesso, a cui il cristiano è chiamato a unirsi per realizzare l'ideale che sarebbe impossibile alle proprie forze.
I salmi, espressione del desiderio di unirsi a Dio, descrivono i diversi sentimenti che l'uomo prova nelle situazioni in cui viene a trovarsi: lode, ringraziamento, richiesta di perdono, afflizione per la sofferenza vissuta, delusione, sconforto, abbandono... Essi mostrano che le fasi della vita dell'uomo e della sua preghiera da credente sono sempre attuali. Il volume di Mangiacapra si concentra sui salmi pregati durante la compieta, la preghiera che si fa al termine del giorno. È l'ufficio liturgico più semplice, che ci predispone al riposo della notte, all'affidamento della nostra vita nelle mani di Dio. La meditazione dell'Autore su questi nove salmi è un congedo alla giornata, in dialogo con ogni lettore; è un invio a quella "pace" di cui parla il cantico biblico Nunc Dimittis proclamato in questa ora liturgica. Le riflessioni, nate dall'ascolto della Parola e della vita, sono un'offerta a chi avverte un bisogno di cura, a chi è turbato, a chi la sera vuole sentirsi dire: sei amato da Dio. Ma insieme sono anche testimonianze di un prete, di un parroco che vive la fatica del ministero, il servizio alla Chiesa e l'incontro quotidiano con tante persone. In questa chiave esperienziale, le profonde meditazioni di Mangiacapra si articolano suggestivamente in tappe successive, che delineano un percorso: quello della vita umana e cristiana, sotto lo sguardo di Dio che illumina e allieta ogni nostra notte.
Pubblicato per la prima volta alla fine del 1936, Il Vangelo della forza è a tutt'oggi una delle più lucide analisi dell'ideologia nazista. Secondo Robert d'Harcourt, fervente cattolico, la logica essenziale del nazismo si basa sulla sua volontà di sostituire lo Spirito con la Forza: è come una nuova religione che con i suoi atti di fede, la sua liturgia e i suoi riti, combatte in Germania il cristianesimo. Ad aderire con maggiore entusiasmo al progetto di Hitler sono i giovani, tanto da far scrivere a d'Harcourt che "il nazionalsocialismo si incarna nella gioventù e si confonde con essa. Le deve la sua nascita; le deve la sua durata". La fede personale nel Fürher, caratteristica generale del Terzo Reich, raggiunge il suo apice nei ragazzi e lo fa con l'assoluto candore di cui essi solo essi sono dotati. Quello dello storico non è però una condanna verso la gioventù perché, continua: "Le hanno messo un falso dio fra le braccia. Sono i suoi maestri, e non essa, i responsabili del fervore con il quale essa abbraccia un idolo, con il quale essa recita il credo del sangue e della razza".