Sono necessari, più che mai oggi, nuovi orizzonti di lettura della Bibbia, capaci di aprire al dialogo autentico, alla trasformazione, alla pace.
In questo senso le intuizioni del grande filosofo e teologo Raimon Panikkar sono imprescindibili: si pensi alla necessità del dialogo intrareligioso e alla visione cosmoteandrica, Dio-Uomo-Mondo.
L’Alleanza delle religioni è una realtà simbolica, mistica, non solo un’aspirazione o un’utopia. Un’immagine può significarla: l’arcobaleno, “segno di alleanza”. E la Bibbia ne è un colore, così come ogni religione e tradizione, scritta o orale, che sia.
Al centro è l’armonia, che non toglie le differenze, ma che pure fa danzare insieme gli uomini – di ogni razza, credo ed età –, il cosmo e il mistero divino.
Il saggio si apre a nuovi orizzonti di lettura della Bibbia. Al centro questioni decisive per il nostro tempo quali la pace, il dialogo, l’interpretazione (di un testo sacro, ma anche della realtà stessa).
Due movimenti, diversi e complementari, sono indispensabili: uno sguardo in profondità nella propria tradizione (ebraica, cristiana) e insieme un’apertura reale ad altre visioni del mondo (l’Oriente e non solo).
In questa direzione i contributi dell’ermeneutica di Raimon Panikkar sono fondamentali: basti pensare al dialogo intrareligioso, all’intuizione cosmoteandrica, al superamento del «mito della storia».
Aprirsi all’“altro” non significa rinnegare le proprie origini: il patrimonio della “radice ebraica” è essenziale e da approfondire. L’“albero biblico” non va sradicato, ma trapiantato con la parte migliore del suo luogo natio, in modo che possa attecchire al proprio terreno in un nuovo ambiente, con reciproco arricchimento.
Il misterioso personaggio di Melchisedec, «re di Salem» e di pace, che benedice Abramo (Gn 14, 18-20), ci conduce a un’altra intuizione fondante del saggio: quella dell’Alleanza mistica delle religioni. La Bibbia sarebbe un colore di questo “arcobaleno cosmico”. E così ogni religione, scritta o orale, senza mai dimenticare la tradizione secolare.
L’approccio non è solo teorico: il libro presuppone una prassi e ad essa invita. E soprattutto vuole suggerire processi liberatori, nell’ambito umano, interiore, religioso.
La vita moderna è segnata dal sigillo della solitudine. L’angoscia esistenziale è palpabile. I malintesi, l’indifferenza, la falsità, la morte scavano il baratro che ci separa dall’altro. E tuttavia, «non siamo giustapposti, ma misteriosamente legati, tessuti nella trama universale».
Se la solitudine è la nostra comune condizione, basta un niente – una parola, un sorriso, uno sguardo inaspettato – perché la distanza venga eliminata, perché divampi la gioia di reincontrarsi. La missione dei poeti non è forse quella di aprirci a questo percorso, di provocare l’incontro? In una trentina di brevi testi, Colette Nys-Mazure ci invita a penetrare nel cuore di questo segreto intreccio che sostiene tutti gli esseri.
"È difficile nel vocìo della nostra "civiltà" che prova orrore per il vuoto e il silenzio ascoltare la breve frase che, da sola, può far vacillare una vita: "Dove corri?"" La brevissima e celebre frase di Silesius, posta a titolo del libro, è forse quella più ignorata, perché tenue, quasi incerta filtra tra le pieghe delle nostre affannate quotidianità. È illusoria, ingannevole, ma appare spesso più sbrigativa la via della fuga. "Dove corri?", ripete nel segreto, nell'intimo la piccola voce. E se provassimo a fermarci o cambiassimo, non potrebbe rivelarsi allora l'inatteso, l'insospettato? Ciò andiamo cercando all'esterno, attende di nascere in noi.
Come interpretare il più genuino cristianesimo, ispirando pensieri e atteggiamenti al vangelo di Gesù, traducendone non solo la forza e la globalità del messaggio, ma soprattutto la salvifica presenza che generi speranza e proponga umanità? Quale la disponibilità delle tradizioni e delle strutture ai mutamenti culturali, alle nuove domande di senso, alle nuove situazioni esistenziali? Una risposta che tenda davvero a essere validamente "umana" dev'essere aperta al confronto, alla collaborazione a tutti i livelli, da pari a pari, come il presente libro testimonia e propone.
In questo libro Maurice Bellet abbandona la problematica moderna, secondo la quale la critica, istanza ultima di verità, giudica la credenza e la costringe a difendersi come può, irrigidendosi, ancorandosi alle vecchie tradizioni e credenze, o ricorrendo ad adattamenti e compromessi. La critica radicale è il vangelo, che fa affrontare la prova di verità più inesorabile. Con il vangelo ogni pretesa di sapere e di potenza viene messa in questione, e la critica non risparmia nemmeno ciò che è chiamato "Dio" e il "cristianesimo".
"Stupore" è parola chiave nelle liriche di Davide Montagna, riunite qui tutte insieme e con una sezione corredata da un apparato critico di varianti. Saggio introduttivo di Marina Marcolini. Si tratta di testi nati come pagine di un diario interiore e perciò nella maggior parte di natura occasionale, ma che rivelano una ricerca espressiva notevole, sorretta dall'amore per la bellezza della parola poetica.