Nel "Cratilo" Platone getta le basi per l'elaborazione di una nuova concezione del linguaggio che sia compatibile con il dettato della sua ontologia e della sua epistemologia. Nel corso della trattazione il tradizionale tema della correttezza del nome si traduce rapidamente in un'indagine sulla possibilità, sulle modalità e sui limiti della relazione fra il nome e la cosa nominata. La particolarissima fisionomia di quest'opera impone l'adozione di una specifica strategia interpretativa: più che in altri dialoghi, infatti, struttura drammatica e struttura argomentativa si corrispondono nel "Cratilo" in modo assai stretto, talché è dato scorgere nelle successive fasi dello scambio dialogico gli scenari concettuali che lo sviluppo argomentativo via via disegna. Al fine di ricostruire la ratio dell'articolazione dell'opera e di decodificare il significato delle sue diverse parti nel quadro dell'argomentazione filosofica, l'analisi muove dall'ultima sezione del dialogo, ove si incontrano le formulazioni teoriche più significative e più trasparenti nelle loro implicazioni, per risalire all'ampia e cruciale sezione etimologica, e approdare all'iniziale impostazione del dibattito.
La vita e rivelazioni della beata Chiara Bugni, composta dal francescano Francesco Zorzi (prima metà del secolo XVI), sotto l'apparente semplicità di una biografia spirituale, nasconde significati simbolici trasmessi in forma di visioni e rivelazioni, compendiate da un noto teologo cabalista che visse ed operò prevalentemente a Venezia. Il nucleo fondamentale è rappresentato dall'edizione critica, che documenta tutte le testimonianze relativa alla beata. Oltre a questo, un testimone più autorevole della Vita dello Zorzi, contenente anche altri testi in volgare stesi da consorelle e approntati per il monastero a metà '500 dal traduttore della Vita, Andrea Pilolini. I testi di corredo costituiscono un ulteriore approfondimento e consentono di ricostruire la provenienza dei testimoni in volgare e il loro uso da parte degli agiografi attraverso i secoli; di identificare i luoghi della beata e di investigare le radici religiose della società veneziana negli anni in cui visse la beata stessa. Completa il volume la descrizione degli scavi, approntati sotto il Presidio Militare "Aristide Cornoldi" di Venezia, costruito sull'area già del monastero che fu della beata Chiara Bugni.
Le vite al bando, di cui, attraverso fonti processuali, si ricostruiscono alcuni momenti, sono quelle dei membri di una delle tante compagnie di zingari che vive, nei decenni a cavallo tra XVI e XVII secolo, nell'area padana. Vite di uomini e donne alle prese con l'ordine di espulsione, banditi ma ciò nonostante inseriti in contesti sociali e relazionali che, pur segnati da una diffusa ostilità, svelano una realtà quotidiana diversa da quella descritta dalle retoriche criminali, dagli stereotipi e dagli immaginari che proprio nel corso del XVI secolo vengono 'stabiliti' e fissati in forme che resteranno valide per i secoli a venire. Le storie degli zingari narrate permettono quindi di indagare il significato profondo della condizione di bando, il suo essere strumento principe di un potere che si afferma ordinando lo spazio geografico in interno ed esterno e definendo le condizioni umane e politiche come "fedeli" o pericolose. Un bando smentito dalla presenza cingara consolidata e a suo modo radicata - che ci interroga, ancora, sui limiti e sul senso delle relazioni tra "minoranze culturali" e società maggioritarie e sui processi di costruzione degli immaginari identitari.