Come si presentavano la società e la mentalità religiosa nella Basilicata d'Antico Regime e come sono cambiate nel passaggio all'età contemporanea? Quale ruolo vi hanno svolto le istituzioni ecclesiastiche, gli ordini religiosi e le confraternite? Sono ancora valide la 'sentenza' di Levi che Cristo si è fermato a Eboli e la tesi del «familismo amorale» di Banfield per comprendere l'arretratezza meridionale? A queste ed altre domande cerca di rispondere questo volume, attraverso una approfondita indagine storica su una regione per certi versi ancora poco esplorata. Prefazione di Jean Delumeau.
Per gli esuli religiosi italiani l'uso della lingua materna non solo era indispensabile all'evangelizzazione, ma rappresentava anche un importante strumento di coesione identitaria. Tra i primi a studiare l'intreccio tra volgare e Riforma, Franco Pierno ripercorre in questo libro alcuni dei temi più importanti di questa diaspora geografica e spirituale, tenendo principalmente in conto la valenza comunitaria che la lingua assumeva presso i riformati (come trasmettere le verità divine ai fedeli? come tradurre la Scrittura?), senza perdere di vista il dibattito teorico che pervadeva il Cinquecento e che inevitabilmente coinvolgeva anche le chiese dell'esilio religioso.
Nei primi decenni del '900, la Congregazione del Sant'Ufficio discusse al suo interno progetti di riforma volti a riaffermare la propria autorità messa in discussione dai processi di secolarizzazione. Sullo sfondo di questo quadro istituzionale, il libro indaga le pratiche dei custodi dell'ortodossia e della morale cattolica. Al centro dell'attenzione vi sono vicende emblematiche del difficile rapporto tra il clero e il corpo: il corpo ostile della donna e il corpo inteso come luogo di pulsioni, indicibile perché scandaloso. Le vicende qui discusse - a proposito di mistiche, fondatrici, "teologhesse", medici, pedagoghi e sacerdoti accusati di molestie verso le penitenti - permettono di osservare come il Sant'Ufficio reagì a tali difficili questioni.
Fondato da don Giuseppe De Luca come raccolta di testi non ge­­nericamente religiosi ma significativi di un incontro dell’uomo con Dio, l’«Ar­chivio italiano per la storia della pietà» ha ri­preso a essere pub­blicato nel 1996 aprendosi a prospettive più ampie e non sol­tanto a quelle genericamente individuabili con la religione cat­tolica. Pub­blica saggi che indagano il rapporto che l’uomo ha con l’Assoluto comunque inteso, nel­le religioni monoteistiche come nelle altre religioni, dal­le epoche più re­mo­te fino ai giorni nostri.
Numero monografico: il volume si interroga sui modi nei quali, nella prima età moderna, la materialità di oggetti, corpi, abiti poteva diventare una questione religiosa. A lungo le ricerche sul dissenso religioso hanno privilegiato la dimensione ‘immateriale’, indagando soprattutto le idee, le teorie e le produzioni intellettuali, analizzate nella loro diffusione attraverso testi e immagini. All’interno di una storia sociale della cultura e dei fenomeni religiosi si è fatta strada progressivamente l’esigenza di esplorare anche la ‘cultura materiale’. Ed è proprio in quest’ottica, e raccogliendo suggestioni da altre discipline come l’archeologia, la sociologia e l’antropologia, che sono stati individuati come terreno di studio gli oggetti e le forme della loro circolazione.
Dalla più antica redazione conosciuta, la parabola della perla caduta nella notte, contenuta in un dialogo tra Timoteo I e al-Mahdī nella Baghdad del secolo VIII, alla terza novella della prima giornata del Decameron, fino al dramma teatrale illuminista Nathan il Saggio di Lessing, i racconti degli anelli, migrando tra Oriente e Occidente, trasformandosi, varcando confini identitari, ridisegnando mappe geopolitiche, schiudono nelle religioni del Libro - Ebraismo, Cristianesimo, Islam - un elemento di perturbante problematicità. Si tratta della 'lacuna' segnata dall'anello autentico confuso tra copie fatte forgiare da un buon padre - così nella versione di Boccaccio - per non mortificare nessuno dei tre figli, ugualmente amati, il cui esito è l'indistinguibilità del gioiello originale, il dubbio su chi lo possegga e sul luogo in cui rinvenirlo. È il 'vuoto' che, sospendendo la pretesa di un'origine esclusiva, ricorda alle religioni la vanità di ogni chiusura e intolleranza.
Pietro Bembo fu un attore e un testimone privilegiato del Rinascimento italiano. Scrittore celebrato dai contemporanei, antiquario, amante della bellezza (anche femminile) ottenne la duplice consacrazione dell'alloro poetico e della porpora cardinalizia. Nato a Venezia, risiedette presso le maggiori corti italiane, dalla Firenze di Lorenzo il Magnifico a Ferrara, Urbino e Roma. Fu intimo dei Medici e dei Borgia, segretario di papa Leone X e, forse, amante di Lucrezia Borgia, con la quale scambiò lettere d'amore. Bembo fu però anche colui che fissò le norme della lingua letteraria italiana, oltre che il curatore di fondamentali edizioni di Dante e Petrarca. La sua poesia, fondata su una stretta imitazione del poeta di Arezzo, fu decisiva nella diffusione europea del cosiddetto petrarchismo. Amico e mecenate di alcuni dei piú influenti artisti del Rinascimento, da Raffaello a Cellini, non fu estraneo alla cultura scientifica del suo tempo, fin dagli anni giovanili, allorché fissò in un dialogo latino il racconto della sua ascesa all'Etna. Analogamente, seppe intuire le potenzialità dell'industria tipografica, stabilendo una fondamentale collaborazione con Aldo Manuzio.
Il volume affronta alcuni dei numerosi problemi storici ancora aperti in merito all'identità religiosa e politica della Compagnia di Gesù, indagandone il decisivo periodo delle origini e mettendone in risalto i molteplici e fondamentali legami con la grande crisi religiosa del Cinquecento.
Il libro indaga la pluralità dei metodi, delle rappresentazioni e delle pratiche testuali tese a ridisegnare i confini dell'"eresia" nella prima metà del '300. Lo studio si concentra sull'attività e sugli scritti di Jacques Fournier/Benedetto XII (Saverdun, ca. 1284 - Avignone, 1342): durante la sua carriera di abate cistercense, vescovo-inquisitore, teologo, cardinale ed infine papa ad Avignone, Fournier predispose un multiforme intervento nella lotta contro il dissenso religioso.