Noto soprattutto per le riflessioni dedicate all'Europa, Rémi Brague è attualmente una delle principali voci del panorama culturale francese. Il suo è un pensiero complesso che si articola in una vasta e variegata produzione che dagli anni Sessanta si estende fino ai giorni nostri, proponendo numerosi spunti su cui riflettere. Il volume intende analizzare il percorso intellettuale dell'autore, dagli anni della formazione fino agli scritti più recenti. La riflessione di Brague si forma a contatto con il pensiero classico, alla scuola di Pierre Aubenque, e si misura negli ultimi anni con il tema del moderno e della sua crisi.
Le Sacre Scritture ci svelano in molte occasioni l'importanza del profeta. Dall'Antico al Nuovo Testamento, infatti, l'ascolto della Parola del Signore viene mediato da questa figura, la sola in mezzo al popolo capace di rivelare la volontà di Dio. Gesù stesso, poi, compie la profezia; il profeta, allora, diventa tale solo se anche testimone, rivelatore di una parola vissuta e vivibile. Questo volume desidera approfondire quelle che possono definirsi "urgenze profetiche" di questo tempo: i cristiani, cioè, devono tornare a farsi narratori affascinanti della speranza che li abita e incamminarsi fiduciosi verso le "periferie dell'esistenza", portando a tutti gli uomini la bellezza del Vangelo.
Giulio Andreotti nei primi anni Sessanta era stato avversario della formula di centrosinistra ed all'inizio dei Settanta era contrario ad ogni apertura al PCI. Ma a metà del decennio, per volontà di Aldo Moro, fu chiamato a guidare i governi che si avvalsero dell'astensione e poi del sostegno esterno del PCI. Fu scelto, in uno dei momenti più difficili della storia della Repubblica, come garante della «solidarietà nazionale» nei confronti degli alleati occidentali e verso il fronte interno più problematico, quello della Chiesa cattolica. Ed è su questo tema che, in prevalenza, le pagine di questo volume fermano la loro attenzione. L'interlocuzione a vari livelli con il mondo cattolico permette di comprendere meglio quale sia stato lo sforzo di Andreotti per garantire all'esperimento uno spazio di evoluzione che si giovasse del riserbo della Chiesa e permettesse di contrastare gli avversari della collaborazione con i comunisti. Illumina, inoltre, l'atteggiamento dell'uomo politico nei confronti del PCI nel periodo della «solidarietà». Andreotti sostenne la validità di quella politica anche davanti alla Santa Sede, convinto che, dato il quadro parlamentare e la forza elettorale del PCI, la collaborazione dovesse assumere un carattere strategico per far fronte al risanamento economico-finanziario e rispondere alla minaccia terroristica che contava su una consistente area di fiancheggiamento e di consenso.
Il beato Giuseppe Toniolo è certamente tra i più autorevoli protagonisti della storia del movimento cattolico italiano ed europeo. Economista e riformatore sociale, storico dell'economia, sociologo. Interprete e ispiratore della "democrazia cristiana" delle origini. Negli anni inquieti del non expedit e del positivismo imperante, trasse dalla storia del pensiero cristiano gli orientamenti e gli istituti di una "democrazia organizzata" che aveva il suo fulcro nell'ordinamento corporativo e prefigurava il superamento dello Stato liberale ottocentesco. Per le sue solide ispirazioni e per la vasta elaborazione che l'aveva accompagnata, la dottrina tonioliana non poteva che diventare un riferimento imprescindibile per i cattolici nei decenni successivi. Ma nei fatti, quanta fortuna ebbe tra i democratici cristiani del Novecento? E quanta di questa concezione, transitando per il doppio filtro del murrismo e del popolarismo sturziano, arrivò al partito dei cattolici che si costituì negli anni della transizione dal fascismo? De Gasperi e Fanfani, tra i tanti, avevano maturato le loro posizioni sulla democrazia e sullo Stato proprio in un intreccio di continuità e discontinuità con il maestro trevigiano. La sua influenza era tale che anche il passaggio di consegne alla segreteria della Democrazia cristiana dall'uno all'altro, aveva trovato proprio in Toniolo e nella preoccupazione degasperiana per le «spire dell'alternativa tradizionale», il suo snodo fondamentale.
Nata e sviluppatasi all'inizio del Novecento, l'attività pubblicistica di Studium procede attraverso tre periodi, a cui corrispondono altrettante fasi di vita e di azione culturale. 1. Dall'atto della fondazione, nel 1906, a Firenze, come rivista della Federazione degli universitari cattolici (FUCI), all'avvento del fascismo. La riflessione della rivista verte in questo periodo sui rapporti tra fede e cultura moderna, fede e scienza, cristianesimo e democrazia, e sui problemi dell'istruzione universitaria, sui rapporti tra Università e società, sul tema della libertà dell'insegnamento. Studium diventa la prima rivista di ispirazione cattolica presente in campo culturale. Rivista universitaria, anzi organo di fatto della FUCI, che tuttavia, già nella sua presentazione, non intende "restringersi in un ambito di partito come semplice organo di istituzioni cattoliche". 2. Il periodo del Ventennio. Studium, diretta da Guido Lami (1923-1925), si stampa a Bologna, fino a quando, con la nomina dall'alto della nuova presidenza della FUCI, viene definitivamente trasferita a Roma (1925). Il periodo del Ventennio è vissuto da Studium all'insegna della differenziazione, del volontario "far parte a sé" e della coraggiosa resistenza al regime e alla sua "etica"; atteggiamento che si concreta nell'opera tenace di formazione delle coscienze giovanili e nell'ispirazione cristiana della cultura e della professione. Nel 1933 Studium diventa organo del nascente Movimento Laureati di Azione Cattolica. 3. La ripresa democratica, che vede proseguire e ampliarsi i discorsi culturali e scientifici riguardanti le esigenze spirituali della persona e il concetto cristiano della professione. Nel 1945 assume la direzione di Studium Aldo Moro e la rivista affronta con particolare rigore la responsabilità della cultura cristiana nella ricostruzione politica ed economica del Paese. Studium, con fascicoli monografici, saggi, interventi critici, prosegue il suo itinerario di riflessione su grandi nuclei concettuali del pensiero contemporaneo, mentre pone attenzione costante ai temi della bioetica, dei diritti umani, della convivenza civile, così come ai problemi della scuola e dell'Università, che mettono in gioco il destino delle nuove generazioni. In un'epoca che soffre di eccesso di informazione, in larga misura omologata, la rivista segue in profondità filoni essenziali del pensiero, lo stretto rapporto tra scienza e filosofia, l'evoluzione della società, con sensibilità storica e aderenza a valori ideali perenni. Dà voce inoltre a momenti alti della letteratura e della spiritualità, ponendo in luce le ragioni della speranza nella complessità del nostro tempo.
Dal 1976 al 2015 i cinque Convegni ecclesiali nazionali scandiscono la vita della Chiesa in Italia, attraverso cinque pontificati, due Repubbliche e profondi cambiamenti sociali. La storia istituzionale dei Convegni, dall'immediata attuazione del Concilio al "cambiamento d'epoca" in atto, è anche quella di un tessuto ricco, vivace, dialettico, da cui emerge il carattere profondo, sempre da aggiornare, di una Chiesa di popolo, in costante rapporto con le vicende di una Italia europea.