Il sacramento dell'altare rappresenta il tema su cui Martin Lutero più ha scritto nel corso della sua vita. Impegnato polemicamente a difendere il senso evangelico e scritturistico della santa cena dapprima contro i papisti e poi contro l'ala radicale della riforma, Lutero nella Confessione sulla cena di Cristo del 1528 scrive una parola conclusiva sul punto più dibattuto della controversia sorta all'interno del movimento dei riformatori: il realismo del la presenza nel pane e nel vino della cena del corpo e sangue di Cristo in forma fisica, la negazione della quale compromette il senso e il valore della Scrittura e della fede. L'opera è articolata in tre parti. Nella prima Lutero discute l'interpretazione allegorica e simbolica delle parole di Cristo nella cena presente in Zwingli, contestando vigorosamente l'interpretazione del riformatore svizzero circa il senso da attribuire all'espressione destra di Dio e all'affermazione giovannea della carne che non giova a nulla, e confutando la possibilità che l'est delle parole dell'istituzione sia da intendere come signifcato. Segue quindi l'analisi e il rifiuto della posizione di Ecolampadio e della sua visione dei tropi. Nella seconda parte Lutero esamina con attenzione i quattro testi biblici relativi alla cena del Signore. La terza parte, infine, è una confessione di fede, una sorta di testamento spirituale e sintesi di tutta la teologia di Lutero che ha svolto un ruolo importante nel processo di formazione dei testi confessionali luterani.
Il saggio, frutto di un calibrato lavoro di ricerca sulle fonti archivistiche e di una selezione della pubblicistica in materia, propone una ricostruzione dei rapporti fra santa sede e stati Uniti nel XIX secolo e oltre: oltre un secolo di storia, dal 1797 al 1942. attraverso una ricostruzione delle ragioni politico-culturali di questo tortuoso percorso il volume consegna al lettore un il ritratto, a confronto, dell'america "profonda" e della sua amministrazione con l'ultrasecolare diplomazia vaticana. Vi si troverà la diffidenza anticattolica ma anche il lavorìo diplomatico fra le due sponde dell'atlantico. Un processo non lineare che vedrà un punto di svolta negli anni Trenta, con la visita nel 1936 negli Usa dell'allora cardinale Pacelli sino all'invio a Roma di Myron Taylor nel 1940 in veste di rappresentante personale del presidente Roosevelt. Prefazione di Giuseppe Dalla Torre.
Questo terzo volume di Storia della politica internazionale valuta l'evoluzione interna ai due blocchi "Est-Ovest" nel periodo 1957-2017. Esclusa la possibilità di prevalere con un confronto militare aumenta lo sforzo dei due competitori per rendere ottimale il proprio modello. Vengono esaminate le alleanze, le unioni economico-sociali, gli impegni umanitari e la presenza all'interno dell'ONU. Emerge il ruolo esercitato dalle grandi potenze sia nel mondo liberal-democratico che in quello marx-lenin-maoista. Gli USA sono impegnati in un ciclopico sforzo nelle Americhe, in Europa, in Asia e anche in Africa sotto la guida di diversi presidenti fra i quali Kennedy, Nixon, Carter, Reagan, Bush, Clinton, Obama e Trump. L'esame del mondo comunista si sofferma sull'evoluzione sovietica fino alla dissoluzione dell'URSS; in questi decenni sono al centro della scena Krusciov, Breznev e Gorbaciov. Negli anni successivi la guida della Russia è assunta da Eltsin e da Putin. Un'attenzione specifca è riservata al lungo dopo- guerra tedesco; la Germania, debellata, occupata e divisa persegue con tenacia la riunificazione. Un rilievo particolare è riservato alla Cina durante gli anni di Mao Tsè-tung, Deng Xiaoping e Xi Jinping; sono esaminate anche la questione tibetana e il dissidio con Formosa. Un breve capitolo conclusivo è dedicato ai Paesi non allineati (PNA) e al loro attuale impegno politico. In questo quadro è avviato il processo integrativo del continente africano prima con l'Organizzazione dell'unità africana (OUA) e, in seguito, con l'Unione africana (UA).
Scritta nell'estate del 1943, ma pubblicata postuma nel 1946, dopo il suo assassinio, Genesi e struttura della società è l'opera-testamento di giovanni gentile. essa porta a compimento, con una linearità e continuità di esiti, il pensiero non soltanto filosofico del principale esponente del neoidealismo italiano. Un posto centrale, in questo compimento, occupa il tema del lavoro, in particolare del senso del lavoro manuale e intellettuale, letto nella relazione inevitabile con lo Spirito Assoluto. Il volume ordina studi e ricerche dei principali studiosi del tema, ne vuole indagare la natura, l'origine e gli effetti, chiarendo il legame inscindibile tra riflessione filosofica e prospettiva pedagogica. L'umanesimo del lavoro gentiliano è sottoposto ad analisi come categoria che ha avuto un ruolo fondamentale nella costruzione dei "corpi intermedi" del secolo scorso e può continuare ad avere un valore metodologico e critico per ricomprendere l'inevitabile valore formativo dell'agire lavorativo anche e soprattutto oggi, quando, su questo fondamentale snodo antropologico, sociale e filosofico, sembrano prevalere altre logiche e, purtroppo, altre "leggerezze" di pensiero.
Un fascicolo di grande interesse, che riporta interventi di importanti autori intervenuti ad un incontro tenutosi a Brescia in occasione della Canonizzazione di Giovanni Battista Montini - Paolo VI. Interventi del prof. Maurizio Tira, Rettore dell’Università di Brescia, del prof. Franco Anelli, Rettore dell’Università Cattolica di Milano, e del prof. Francesco Bonini, Rettore dell’Università Lumsa di Roma. Coordinamento del prof. don Angelo Maffeis, presidente dell’Istituto Paolo VI di Brescia.
Quanto più emergono, in bioetica, nuove e inedite questioni di confine, tanto più sembrano moltiplicarsi in materia faticosi e inconcludenti dibattiti su questioni casistiche, certamente rilevanti, ma destinati a restare perennemente aperti, per l'assenza di un rigoroso quadro di riferimento dottrinale di carattere generale. Auspicando l'avvento di una nuova Critica della Bioetica, in questo libro l'autore affronta tematiche di frontiera, alle quali non viene in genere dedicata l'attenzione che esse meritano.
La figura di Tommaso Moro si erge come esempio di irremovibile solidità morale, di fede provata e di coscienza retta. La fortezza d'animo e la serenità con cui affrontò la drammatica vicenda della sua condanna a morte e del suo martirio, per mano del re Enrico VIII, fu solo il naturale epilogo di una vita virtuosa in cui emerse come caratteristica fondamentale il primato della coscienza. Questo saggio vuole ripercorrere le tappe della vita di Tommaso Moro seguendo questo "filo rosso" della centralità della coscienza. In tutte le scelte che dovette affrontare, non solo nel momento del suo processo in cui la questione affiorò in modo particolarmente significativo, il filosofo inglese diede ascolto alla propria coscienza come luogo in cui si rivela la voce di Dio che guida l'uomo a scegliere il bene e a rifiutare il male. Di fronte all' imminente condanna Moro dimostrò una fermezza irremovibile: la sua priorità non fu preservare la propria vita terrena ma salvare l'anima dalla dannazione. La decisione di rifiutare gli atti del Parlamento, infatti, non fu motivata tanto da argomentazioni politiche quanto dalla fedeltà alla propria coscienza, alla Chiesa e a Dio: «Egli moriva da fedele e buon servitore del re, ma prima di tutto di Dio». Prefazione del card. Robert Sala. Postfazione di Elisabetta Sala.
A cura di Lorenzo Maffei I mutamenti sociali ed ecclesiali della seconda metà del Novecento, e poco oltre, visti con gli occhi di Maria Eletta Martini, un’esponente di spicco del cattolicesimo democratico italiano, che abbracciò le tesi di Aldo Moro. In questa raccolta di tutti gli articoli della Martini pubblicati dal 1946 al 2006 sulla rivista cattolica lucchese «Regnum Christi», vari i temi: la Chiesa prima e dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, con attenzione al ruolo dei laici. Le lotte su divorzio e aborto, il Diritto di Famiglia, la bioetica, il volontariato, le vicende internazionali, la pace. Nel volume anche l’intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in ricordo della Martini, tenuto a Lucca il 3 marzo 2017.
L’icona della tenda, in ambedue i Testamenti, copre una serie di significati che possiamo raccogliere in questo ordine: la tenda come abitazione di Dio e come luogo privilegiato della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, la tenda come luogo di incontro tra Dio e Israele, come pure tra Mosè e il suo Dio, la tenda come abitazione degli uomini (segnatamente la tenda come abitazione dei giusti e degli empi), la tenda come immagine del corpo umano che prima o dopo dovremo abbandonare. Di fronte a questa dovizia e varietà di significati potremmo sentirci smarriti ma, per fortuna o per grazia, abbiamo ricevuto un criterio di interpretazione che ci porta al cuore della rivelazione biblica e della fede ebraica e cristiana. La tenda è e deve essere considerata anzitutto come “luogo”: non in senso materiale bensì nei suoi risvolti spirituali e mistici. È il luogo dell’appuntamento che il Signore Dio rivolge a tutti noi; è il luogo dell’incontro nostro con lui; è il luogo nel quale possiamo sperimentare che cosa significa essere per Dio figlio, amico e sposa.