Il volume ripercorre in modo sintetico le linee principali della discussione filosofica del concetto con particolare riferimento alla teoria femminile nel progressivo delinearsi delle diverse teorizzazioni, soffermandosi sul confronto del concetto di 'care' e di 'giustizia', discussione ai confini tra filosofìa morale e filosofia del diritto. L'obiettivo è di delineare in modo sistematico gli elementi concettuali indispensabili per una possibile teoria generale della 'care' per verificare la possibilità di integrare il concetto di cura e di giustizia e di individuare alcuni percorsi applicativi rilevanti nell'ambito dell'etica e del diritto, con riferimento alla cura dell'essere umano nelle condizioni di particolare vulnerabilità. La particolare vulnerabilità alla quale siamo esposti deve tornare al centro della riflessione: esiste, è di fronte agli occhi di tutti, ma è costantemente rimossa. Una rimozione sistematica che è alla base dell'immagine del soggetto autonomo, autosufficiente, indipendente che domina, quantomeno nelle società occidentali, nei Paesi cd. sviluppati e tecnologicamente avanzati. Un'immagine che porta inevitabilmente all'esclusione, alla marginalizzazione, alla stigmatizzazione, se non anche alla discriminazione di ogni forma di dipendenza. La dipendenza è spesso presentata e vissuta come perdita o mancanza di autonomia e indipendenza, come una sconfitta da rimuovere, da eliminare. La riflessione sulla 'care' ci stimola a elaborare un'etica in grado di includere i bisogni delle persone vulnerabili, di costruire un diritto e delineare una politica capaci di riconoscere l'interdipendenza e proteggere la dipendenza.
«Il lavoro di Ettore Malnati su 'Cristologia e Vaticano II' mostra efficacemente come le varie angolature teologiche su Cristo Gesù possano ben coesistere in una riflessione cristologica saldamente ancorata al magistero conciliare e agli sviluppi del post-concilio nel pensiero e nella prassi cristiana. In tal modo questo lavoro evidenzia la fecondità della circolarità fra fede vissuta e fede pensata, fra rinnovamento ecclesiologico-pastorale e sua coscienza evangelicamente critica, a partire dal centro e cuore dell'essere cristiano che è la fede in Gesù Cristo, crocifisso e risorto, vivente nel Suo Spirito e operante nella Sua Chiesa e nel mondo. Ne risulta l'importanza della riflessione critica della fede per la testimonianza ecclesiale del Redentore dell'uomo, e al contempo la ricchezza di apporti che il vissuto credente offre a una teologia che sappia essere consapevolmente e responsabilmente militante al servizio della salvezza degli uomini. Per queste ragioni, un lavoro come quello di Ettore Malnati aiuta il popolo di Dio tutto intero a crescere nella consapevolezza di sé e della propria missione. La gratitudine del teologo si unisce perciò in me a quella del pastore vicino alla sua gente.» (dalla postfazione di Bruno Forte)
Ogni ipotesi legislativa in funzione di una società più giusta deve riflettere, per poter intervenire efficacemente in un'opera di riforma, sulle istituzioni detentive e sul sistema penitenziario nel suo complesso. Con una attenzione costante agli uomini e alle donne che vi operano, dalle persone detenute agli agenti della polizia penitenziaria, al direttivo, agli educatori e ai volontari. Questa sezione monografica vuole porre all'attenzione l'esperienza di studio e di attività culturale di alcuni docenti e tutor dell'Università di Roma Tor Vergata che tende a rendere protagonista della propria rieducazione il condannato, che deve riappropriarsi in maniera consapevole dei valori di legalità attraverso una progressiva responsabilizzazione. Un'ipotesi che si scontra con diffidenze, inciampi burocratici, sovraffollamento da una parte, mancanza di personale specializzato dall'altra che grippano i meccanismi di un girone che quotidianamente rischia di trasformarsi, o rimanere, quell'inferno dove il crimine (e la recidiva, ovvero la reiterazione dei crimini dopo un periodo di detenzione) prospera e si alimenta.
Il fenomeno del pluralismo culturale e religioso sfida le società tradizionali a realizzare il passaggio da forme di società multiculturali a forme interculturali, all'interno delle quali le identità culturali, etniche, religiose, sociali non entrino in conflitto, ma possano costituire lo sfondo a partire dal quale si possono organizzare profili di società e istituzioni democratiche comunicative, partecipative e solidali, in grado di garantire la convivialità delle differenze. Ciò rende particolarmente significativa la presenza delle religioni nelle società attuali, che rivendicano maggiore visibilità, riconoscimento ed efficacia pragmatica del loro messaggio. Non a caso il dibattito degli ultimi anni si è concentrato sul rapporto tra le religioni e le istituzioni democratiche, specialmente in ordine alla definizione di un «incontro» tra i contenuti e il linguaggio delle religioni e quelli delle ragioni pubbliche, al fine di realizzare e praticare la coesistenza plurale delle persone. Il presente lavoro affronta la questione dello statuto etico della traduzione cognitiva delle credenze che deve essere in grado di facilitare il dialogo tra credenti e non all'interno della sfera pubblica. Affinché tale dialogo possa concretarsi si impone la necessità di trovare nel "lògos" filosofico il medium della traduzione, il quale, incaricandosi di comprendere i differenti discorsi ("lógoi") degli altri, si connota come uso «pubblico della ragione» in grado di fornire «la ragione delle ragioni» dello stare insieme sociale, politico e religioso e di determinare l'ordine degli incontri tra gli umani, pur nel rispetto, accoglienza e valorizzazione delle reciproche differenze.
I servizi alla persona si pongono l'obiettivo di assicurare ai cittadini di una comunità nazionale un sistema integrato di azioni che mirano a garantire una migliore qualità della vita. In essi vi sono innumerevoli ruoli e funzioni, ma è fondamentale la presenza di personale qualificato, in grado di rispondere, in maniera efficace, alle diverse esigenze. Siccome ciò che accomuna tutti i profili professionali impiegati in quest'area è l'essere in grado di stabilire una concreta relazione con gli altri, l'esigenza di dare vita a relazioni di autentica condivisione delle pratiche e degli interventi pone la necessità della definizione di un'etica dei servizi alla persona e delle relazioni d'aiuto. Il testo, nell'individuare i servizi alla persona e le relazioni d'aiuto come «luoghi» della promozione dell'umano in pienezza, cerca di motivare e spiegare che la domanda fondamentale, sottesa a tutta l'impostazione riflessiva dell'etica dei servizi alla persona e delle relazioni d'aiuto, non riguarda tanto una investigazione di tipo deontologico-morale («che cosa devo fare»), quanto, piuttosto, una domanda più radicale («come dovrei vivere, quale qualità buona devo attribuire alla mia vita e a quella altrui») che interpella l'esistenza quotidiana dell'uomo, il senso della sua condizione umana, il suo progetto di vita e la realizzazione della sua dignità di essere persona.
Viviamo in un tempo in cui la nozione di dono non interpella più solamente la sfera morale, spirituale dell'uomo, ma anche quella sociale, politica, economica. Una nuova prospettiva è ora possibile: il superamento dell'homo oeconomicus mediato dall'avvento dell'homo donans, per cui il profitto non esclude il dono e l'affermazione dei diritti individuali non soffoca la ricerca del bene comune. Oggi non solo in ambito religioso si parla di fraternità come principio socio-economico, basato su quattro valori: libertà, gratuità, relazione, bene comune. La Dottrina sociale della Chiesa sviluppa il suo discorso sulla realtà dell'uomo e del mondo risalendo alle radici antropologiche di tali principi, offrendo una sua lettura dei tempi attuali, incoraggiando uomini e donne di buona volontà a realizzare i cambiamenti necessari alla trasformazione delle ingiustizie sociali ed economiche che affliggono l'umanità. Oggi è sempre più chiaro che si può avere un enorme capitale economico, eppure essere poveri di capitale umano, sociale, ecologico. È pure evidente che abbiamo bisogno di felicità pubblica fatta di relazioni e di reciprocità più che di produttività: la relazione fraterna, anche in economia, mette al primo posto la cooperazione con il suo spirito prevalente sulla competizione. È sempre più chiaro che la somma degli interessi, individuali e nazionali, non corrisponde affatto al bene comune, così come il PIL (prodotto interno lordo) non equivale affatto al BeS (benessere equo solidale), perché il PIL è legato al concetto di efficienza (bene materiale), mentre il BeS a quello di felicità (bene relazionale). Questa verità si va facendo strada anche nella mente dell'uomo comune, nel tempo di maggiore espansione del comportamento consumistico di massa, fortemente legato all'incremento della produttività. Toccato il fondo, l'uomo riscopre oggi il valore economico dell'atto gratuito del dono, che, secondo il principio di reciprocità, non deve rispondere necessariamente alla legge di proporzionalità (come nello scambio): si dona secondo la possibilità; si riceve secondo le necessità. Se noi ci dirigeremo verso una ecologia integrale dell'uomo e della terra, questa sarà la nuova bussola dell'agire umano.
Maria Elisabetta Mazza (1886-1950) è una delle figura più interessanti del movimento cattolico che, tra Otto e Novecento, a Bergamo come nel resto d'Italia, offre la prima risposta sistematica alle sfide dalla società contemporanea. Il suo profilo biografico si snoda in varie tappe: l'ambiente familiare e parrocchiale, la formazione culturale, l'impegno associativo, la docenza nelle scuole di Bergamo e della provincia, la fondazione e la direzione delle Piccole Apostole della Scuola Cristiana. Abito laicale, apostolato a tempo pieno nella scuola pubblica, vita comune, ritmi di preghiera snelli e vita religiosa dallo stile "secolare" sono i tratti caratteristici del nuovo Istituto, chiamato a operare "come lievito, senza chiasso", per dare anima e "linfa rigeneratrice" alla società. Personalità affascinante, riesce a trasmettere una spiritualità ricca e semplice al tempo stesso. Al centro c'è l'esperienza di Gesù, "l'unico affetto dominante" dal quale si lascia condurre e con il quale desidera "fare casa", a imitazione del "sì" obbediente della Vergine Maria e di Teresa di Lisieux, la sua santa prediletta. La sua vita è intrecciata con quella di laici come Nicolò Rezzara, vescovi come Radini Tedeschi e Bernareggi, sacerdoti come Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII. Intelligente, sensibile, dotata di capacità organizzative e di governo non comuni, Maria Elisabetta Mazza ha molto da dire anche oggi.
Il libro si occupa della traduzione dal latino mettendo al centro dell'indagine la 'decodifica' o 'comprensione' del testo, ovvero la prima fase della traduzione, che ha sempre goduto di scarsa, per non dire nulla, attenzione nei testi di didattica dedicati all'argomento, ma che rappresenta invece per lo studente il momento più delicato. Il docente di latino troverà nel volume un valido strumento per farsi guida dei discenti alle prime armi nell'individuazione della gerarchia degli elementi sia nella frase singola che nella multipla composta e complessa. Il percorso di decodifica viene presentato in modo dettagliato e con particolare attenzione alle informazioni che lo studente deve acquisire da un uso corretto del vocabolario nella sezione 'Laboratorio di decodifica', il cui esito trova utile sintesi nella rappresentazione grafica. Basato sul modello di descrizione della lingua di matrice funziona-lista, applicato al latino da Emanuela Andreoni Fontecedro e da lei riformulato come tecnica di traduzione, il libro contiene una proposta organica di didattica della traduzione, compatibile con qualunque manuale di morfosintassi, e con ricca esemplificazione - fornita rigorosamente con frasi d'autore - illustra il meccanismo per cui gli stessi elementi nominali presenti in una frase singola arrivano ad "ampliarsi" fino a generare a loro volta una frase multipla. Completa il volume una sezione dedicata alla seconda fase della traduzione, con riflessioni che richiamano l'attenzione sulla competenza linguistica e culturale necessaria per la 'ricodifica'.
"Nella temperie moderna" (1911-1912) rappresenta l'elemento centrale del trittico su Roncalli e «La vita diocesana». Se il primo volume -All'ombra di san Carlo Borromeo (1909-1910) - ha offerto al lettore la chiave d'accesso al mondo del giovane segretario del vescovo di Bergamo Giacomo Maria Radini Tedeschi, il secondo tomo consentirà di compiere un passo ulteriore. Questo passo andrà compiuto tenendo sempre presenti i dati di partenza: su incarico del vescovo Radini, nel 1909, Guglielmo Carozzi (come direttore responsabile) e Angelo Roncalli (come segretario) rinnovarono e rilanciarono il «Bollettino del Segretariato del clero», trasformandolo ne «La vita diocesana»; nel maggio 1960 Angelo Giuseppe Roncalli, divenuto papa Giovanni XXIII, rivendicò a sé l'autografia quasi completa delle annate 1909-1914; pochi mesi più tardi, su sollecitazione del suo segretario Loris Francesco Capovilla, papa Roncalli siglò con una "r" di auto-attribuzione le pagine della sua copia personale delle prime cinque annate della rivista. Come per il primo volume "borromaico", la scelta di valorizzare in pieno le auto-attribuzioni roncalliane mediate da Capovilla ha implicazioni profonde nella ricostruzione del profilo del giovane Angelo Giuseppe Roncalli. Il sottotitolo del secondo tomo (di tre), Nella temperie moderna, consente di intravvedere quello che sarà il filo dell'opera: il rapporto con la modernità e la distanza dal "modernismo". Il volume dedicato agli anni 1911-1912 continua a essere rigorosamente fondato sul patrimonio archivistico custodito dalla Fondazione Papa Giovanni XXIII di Bergamo, valorizzato dalla collana Fonti e ricerche, e sostenuto dal progetto "Roncalli e Bergamo" finanziato dalla Fondazione Banca Popolare di Bergamo e, per ciò che riguarda il progetto di edizione dei contributi roncalliani alle prime cinque annate de «La vita diocesana», dalla Scuola Normale Superiore di Pisa.
Se il pensiero di Cornelio Fabro gode di ampia notorietà per i fondamentali contributi sul problema dell'essere e della conoscenza, sulla libertà e sull'ateismo, nonché per gli studi su Tommaso e su Kierkegaard, non altrettanto si può dire per i temi giuridico-politici. Nondimeno sotto questo versante la ricerca vede emergere una messe di testi di notevole interesse. Vi si palesa un itinerario sensibile alla proiezione civile della filosofia ed attento alle questioni di più viva attualità, dove si prolunga la consapevolezza dell'indagine filosofica come questione del fondamento e del compimento. Questo libro, mediante un'analisi che attraversa l'intero arco degli scritti fabriani, ne pone a tema organicamente gli sviluppi filosofici in campo giuridico-politico. Vi emerge un impegno teoretico autenticamente libero, tale da offrire sollecitazioni intellettuali senza confini. Come questione della razionalità della responsabilità e della responsabilità della razionalità.