
Sin dalle origini, la Chiesa è apparsa organizzata e dotata di un si stema di norme, diretto a disciplinarne la vita interna. É, questo, un dato di fatto storicamente indiscutibile. Il fenomeno giuridico nella Chiesa è poi cresciuto nel tempo, si è progressivamente articolato, organizzato, reso sempre più complesso. Il fatto non deve stupire: è del tutto ovvio che la crescita della dimensione giuridica nella Chiesa segua la sua crescita esponenziale nel tempo, dal «granello di senapa» delle origini all'enorme albero pieno di rami e di fronde di oggi. Il governo di quella grande comunità di uomini sparsa in tutto il mondo, che oggi è la Chiesa, non è paragonabile allo sparuto gruppo di credenti delle origini, ed il suo governo richiede strumenti - in primo luogo giuridici - ben più complessi e sofisticati di quelli di cui si servirono gli Apostoli per reggere la Chiesa nascente. La presenza del diritto nella Chiesa è peraltro un elemento ad essa connaturale, strutturale:per la dottrina cattolica, infatti, la Chiesa è realtà al tempo stesso invi sibile e visibile, spirituale e sociale, carismatica ed istituzionale, sacramentale e giuridica.
Questo volume intende dare un contributo per la storia dei poveri e dell'assistenza nell'Italia postunitaria. Due capitoli sono dedicati alla "mentalità" con la quale la classe dirigente affrontò il problema, impressionante per le sue dimensioni, dei mendicanti e dei vagabondi. Gli altri focalizzano alcuni momenti significativi del passaggio dall'antico sistema della beneficenza all'assistenza pubblica e, quindi, della trasformazione delle Opere Pie in "moderne" istituzioni. Questo importante tema storiografico (la nascita dello "Stato sociale" è una novità fondamentale dello Stato contemporaneo) finora non è stato adeguatamente approfondito ed è stato trattato, in alcuni casi, con preconcetti ideologici. L'autore ha cercato di analizzare, più che i dibattiti, l'applicazione concreta delle leggi, mostrando, sulla base della documentazione conservata nell'Archivio Centrale dello Stato, come le innovazioni, in particolare quelle di Crispi, anche se animate da uno spirito di "razionalizzazione" della beneficenza, finissero per fornire sia ai partiti "costituzionali" sia a quelli della Sinistra democratica e socialista un "campo" da occupare con i propri uomini. Tanto da rendere lecita la domanda se i cambiamenti nelle amministrazioni delle Opere Pie abbiano portato a un reale miglioramento della drammatica condizione dei poveri.
"Perché leggere i classici?", L'interrogativo ha attraversato la riflessione estetico-critica moderna e contemporanea, da Sainte-Beuve a Croce, da Eliot a Calvino ed appare oggi più che mai attuale in tempi di indifferentismo storico, di smarrimento del senso della continuità dialettica della storia, di inquieta ricerca di identità etico-culturale. Nato da un'intima passione dell'autrice per il mondo classico e da anni di pazienti ricerche, il volume si apre con una filosofica causerie sui concetti di classicità e classicismo, passando nei capitoli successivi ad un'analisi, lungo l'asse cronologico, delle diverse modalità di approccio ai classici, ad una breve, essenziale storia della ricezione e della tradizione testuale, per poi aprire un approfondimento monografico di più ampio respiro sugli echi classici nella letteratura italiana, con particolare attenzione al panorama novecentesco. A chiusura dello studio una riflessione dedicata alla didattica dei classici nel tempo: uno sguardo sintetico su storia, metodi, problemi, particolarmente utile a docenti e studenti.