
Questo primo volume degli "Scritti di Ugo Bianchi" - "Religions in Antiquity" - raccoglie contributi relativi a temi e problemi del cristianesimo antico. Con esso si realizza un progetto, formulato in anni lontani (1983) dallo stesso autore, che contemplava varie sezioni di cui l'ultima - "Christiana" comprendeva i saggi che costituiscono la prima metà del volume; a questi ne sono stati aggiunti altri, sulle medesime tematiche, che risalgono ad anni successivi. Precede i saggi un contributo di carattere metodologico ("Tipologia storica delle religioni e comparazione: il caso del dualismo"). "Ugo Bianchi, nel suo lungo itinerario scientifico che abbraccia alcune delle più significative aree del vasto panorama delle esperienze religiose della storia umana, non ha mai proposto una "teoria" interpretativa generale e onnicomprensiva di esse, quale molto spesso - con esiti e fortune diversi hanno fatto tanti storici delle religioni. Egli, al contrario, ha mostrato riserbo o vera e propria diffidenza nei confronti di tali "teorie" che il progresso della ricerca e la riflessione critica hanno sempre in varia misura smentito o ridimensionato. Di fatto, lo studioso ha costantemente riconosciuto la debolezza intrinseca di tali tentativi alla luce delle mobili e differenziate realtà che la storia ci consegna e che solo a prezzo di un'analisi comparativa condotta con duttilità e rigore..." (dall'Introduzione Giulia Sfameni Gasparro)
Viene qui ripubblicata, ma nell'edizione stabilita e corretta voluta da Giuseppe Dossetti, la relazione generale su "Funzioni e ordinamento dello Stato moderno", svolta alla vigilia del suo abbandono della politica. Enzo Balboni ha collaborato con Dossetti alla 'difesa attiva della Costituzione' e con lui ha rivisto il testo, aggiungendo le annotazioni di contesto utili a segnalare la grande attualità del saggio. Il libro prende titolo dalla forte esortazione di Dossetti ai cattolici: "Non abbiate paura dello Stato!", ma agite per una profonda riforma delle istituzioni e del corpo sociale e per un risanamento della politica. Lo Stato, per Dossetti, non può essere agnostico e indifferente, lasciato in balìa di forze economiche dominanti, perché ha il fine di provvedere, nella libertà, a tutto quanto è necessario e favorevole al bene comune. Questa è la via per l'avvicinamento, almeno, della democrazia sostanziale invocata dalla Costituzione. Il libro dà conto anche delle relazioni particolari e del ricchissimo dibattito, che si svolse nel Convegno dei Giuristi Cattolici, avendo come ulteriori protagonisti: Moro, Baget Bozzo, Carnelutti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito, Amorth, Romani, La Pira. Si scontrano due visioni-progetto alternative: quella cattolico-liberale, tesa alla conservazione di valori e strutture tradizionali e quella cattolico-sociale, aperta fiduciosamente verso una società rinnovata e più giusta.
Perché santa Rita, donna di un piccolo paese umbro nascosto tra i monti, vissuta all'ombra del marito e poi di un convento nella prima metà del Quattrocento, è diventata così famosa? Lucetta Scaraffia risponde a questa domanda ricostruendo la storia della 'santa degli impossibili' (come i devoti la chiamano per la grande potenza miracolosa) e soprattutto seguendo le tracce della sua strana ed eccezionale fortuna, a partire dal 1457, anno in cui compaiono le prime prove della devozione al suo corpo miracoloso, fino agli ultimi due secoli, quando Rita da Cascia, proclamata santa all'inizio del Novecento, diventa la protettrice delle donne delle città industriali. Nel condurre l'indagine, l'autrice intreccia i dati più strettamente religiosi con quelli sociali e culturali, come i conflitti tra città capoluogo e castelli del contado, le relazioni tra Cascia e lo Stato pontificio, l'intreccio tra i modelli cristiani di santità e la religiosità legata alla terra e ai culti femminili primitivi. Ne esce un ritratto inedito e appassionante non solo della santa, ma di un modo di vivere il rapporto con il sacro. La grandissima e imprevista fortuna di santa Rita presso i devoti è legata, ci dice Lucetta Scaraffia, proprio agli elementi di ambiguità di questa peculiare figura: moglie obbediente e che sa soffrire in silenzio, Rita possiede anche una specie di onnipotenza magica, solo superficialmente cristianizzata e profondamente connessa all'atmosfera stregata dei suoi monti rocciosi.
Il volume presenta al lettore italiano il pensiero del teologo anglicano John Milbank (Londra, 1952), fondatore del movimento teologico Radical Orthodoxy. Critico del pensiero secolare 'inventato' nel corso della modernità occidentale e sviluppato in senso nichilistico dall'attuale pensiero postmoderno, Milbank mostra come la fecondità dell'intelligenza della fede cristiana possa chiarire molti dei nodi determinanti l'attuale decadenza culturale e sociale. Egli propone di pensare la condizione attuale come un tempo opportuno per rilanciare il Cristianesimo come risposta alle conseguenze disgregatrici e violente prodotte dalla modernità sorta da alcune premesse infelici originate dalla stessa teologia tardo-medievale. Un esempio adatto a illustrare quest'analisi del decorso del pensiero occidentale è costituito dall'interpretazione del tema della donazione, sia rispetto all'odierno dominio dello scambio mercantile, sia quanto alle più significative teorie filosofiche sul dono. Dalla brillante e profonda analisi milbankiana emerge un'alternativa ecclesiale e sociale all'attuale plesso liberal-capitalistico che, sotto il nome di socialismo per grazia, apre la riflessione al di là degli steccati imposti dal pensiero unico. Prefazione di PierAngelo Sequeri.
Il libro si compone di due parti. La prima contiene un denso e ampio saggio teorico che traccia le coordinate essenziali per collocare la riflessione e le opere di Cesareo nei contesti storici, culturali e sociali che lo hanno visto prima nascere e poi svilupparsi in un continuo e aperto dialogo con i processi di mutamento sociale. Chiude la prima parte la ricostruzione della biografia di Vincenzo Cesareo, effettuata mediante un intenso dialogo-intervista in cui il protagonista, raccontando se stesso, di fatto ricostruisce, in filigrana, un lungo e importante tratto della storia della sociologia e dell'accademia italiana. La seconda parte ospita un'ampia antologia di "Scritti scelti" di Vincenzo Cesareo, selezionati in virtù della loro salienza entro la sua vasta, complessa e multidimensionale produzione intellettuale. Il corpus, in gran parte composto da articoli scritti tra il 1964 e il 2011 per la rivista "Studi di Sociologia", di cui Cesareo è direttore, oltre a costituire un'importante risorsa per quanti sono interessati alla storia della sociologia italiana, offre anche l'occasione per far conoscere a un pubblico più ampio il filo rosso di una riflessione rimasta assai più di nicchia rispetto a quella rinvenibile nella produzione monografica, con cui essa si intreccia, rendendola forse ancor più intelligibile nella trama che collega un'opera all'altra. Chiude il volume una bibliografia ragionata dei principali scritti di Vincenzo Cesareo.
L'anniversario dei 150 anni dall'unificazione nazionale ha riproposto modi diversi di celebrare o di ripensare la storia italiana. Non sono mancati i tentativi di chi, ancora una volta, ha provato ad alimentare l'epica risorgimentale, con l'obiettivo di rafforzare un sentimento di appartenenza messo in discussione in tante fasi della nostra storia. Altri sono ritornati alla genesi, sofferta, dello Stato nazionale e ai molti problemi che sono riconducibili al processo unitario e alle sue conseguenze di lunga durata. Entrambe le prospettive hanno prodotto, nel tempo, un profluvio di studi e di occasioni di confronto, concorrendo a consolidare interpretazioni persino configgenti, sintomo di fratture non troppo lontane da quelle post-risorgimentali. E tuttavia, a 150 anni dal processo unitario, è forse venuto il momento di far spazio a prospettive meno dialettiche e divisive, non perché si possano negare i molti nodi problematici che connotano la storia dell'Italia unita, ma perché questa stessa storia è stata via via arricchita da energie positive e propositive, di vario segno e di diversa ispirazione, che sono state capaci di traghettare il paese verso un processo di modernizzazione segnato, sì, da limiti e storture tuttora assai evidenti, che però ha trasformato profondamente la vita di milioni di italiani. Questo volume intende riportare alla luce un settore della storia italiana che ha saputo dare un contributo significativo allo sviluppo culturale e sociale...
I saggi giovanili di Hegel sono il documento del periodo in cui si va lentamente formando la sua visione storico-filosofica del mondo. Gli abbozzi, le carte private, gli appunti più distesi, i testi più elaborati che egli compone ma non pubblica dagli anni del ginnasio (1793) fino al suo trasferimento a Jena (1800) sono la testimonianza dei "principi" del suo pensiero. L'intento fondamentale di questo libro è quello di far risaltare il carattere fondativo, e non meramente cronologico, di questi inizi in rapporto ai temi maggiori della sua filosofia della religione e della storia, mostrando l'influsso fungente e per lo più implicito della teologia delle "Lettere" di Paolo sugli scritti giovanili di Hegel. Tale influenza si manifesta in modo rilevante proprio in rapporto alle categorie cruciali che muovono la riflessione delle "Jugendschriften": la dialettica fra la legge e l'amore, il contrasto fra spirito e lettera, il concetto di destino e il senso dell'esperienza religiosa. Sia Paolo sia Hegel vivono e pensano in un tempo di passaggio e di "ricapitolazione" della storia che proprio il cristianesimo sembra destinato a interpretare. In rapporto a tale comprensione, la categoria politica e insieme escatologica di agape (o della liebe) assume un valore essenziale. Come già l'apostolo Paolo aveva capito, il destino della religione appare indissociabile dal destino dell'amore.
"Perché state a guardare il cielo?": la domanda provocatoria che gli angeli rivolgono ai discepoli dopo l'ascensione di Gesù potrebbe essere posta ancora oggi. Sono infatti moltissimi quelli che pensano di dover trovare Dio nei 'cieli' della preghiera o della liturgia. Ma il cristianesimo non è anzitutto la religione del tempio o del culto. Andare in chiesa è certo importante, ma non basta. Il Dio di Gesù si fa piuttosto trovare nella concretezza delle relazioni umane, in modo speciale nella dedizione a coloro che soffrono. Il biblista Bruno Maggioni, così attento alla lettura esistenziale della Bibbia, ci ricorda questa caratteristica specifica del cristianesimo con un percorso che attraversa l'Antico e il Nuovo Testamento, dalla polemica dei profeti contro il culto ipocrita fino alla inaudita predicazione di Gesù sul sabato e l'uomo, e che ci restituisce il culto biblico e cristiano nella sua verità di spazio privilegiato dell'incontro fra l'uomo e Dio. Un incontro al cui centro sta la Parola che narra e istruisce e che impegna l'uomo in un'assunzione di responsabilità nei confronti della vita e degli altri.
La crisi mondiale apertasi negli anni 2007-2009 e non ancora conclusa ha rivelato agli occhi di tutti le responsabilità e le terribili conseguenze della globalizzazione e della speculazione finanziaria. Eppure nulla sembra essere cambiato. Perché una simile inerzia pericolosa del mondo politico ed economico? Georges Corm esplora in questo volume le ragioni e i meccanismi attraverso i quali la cosiddetta "civiltà degli affari" continua a riprodurre se stessa nonostante il fallimento dei suoi modelli e la crisi in cui ha precipitato non solo il mondo dei mercati, ma la vita delle persone. Forte della sua competenza in campo economico ma anche, e soprattutto, della sua pratica di analisi storica degli avvenimenti politici e sociali della nostra epoca, Corm inizia mettendo a fuoco le fonti ideologiche che stanno alla base del potere globale e lo cristallizzano in un ostinato immobilismo. Si tratta, egli dice, di vecchie dispute filosofiche che hanno lacerato la storia dell'Europa e che oggi si incarnano sostanzialmente in un neoliberismo alimentato da un idealismo semplicistico, da un misticismo pervicace che ricorda lo spirito dottrinario del socialismo "scientifico". Questa dogmatica neoliberista è poi confermata dall'odierno insegnamento dell'economia, che sforna un vero e proprio esercito di diplomati e laureati destinati a formare l'armatura burocratica del sistema economico mondializzato, impedendone una riforma di ampia portata.