Descrizione
Salvatore bambino, condottiero durante l’esodo, colui che riceve la rivelazione del Sinai, guida nel deserto, maestro la cui funzione è passata ai rabbini: queste sono le forme principali in cui si è manifestata la figura di Mosè nella tradizione rabbinica e a cui l’autore dà rilievo. Il libro presenta alcuni testi rabbinici essenziali per questi ambiti tematici particolarmente significativi, inseriti nel quadro più ampio della storia del rabbinato, mantenendo un confronto costante, benché non sistematico, con testi cristiani paralleli. Si è scelto un approccio per così dire «biografico», che accompagna il percorso del testo biblico. Per i singoli temi, le unità testuali di maggiore estensione si trovano generalmente solo nei testi di epoca più tarda, che sono scelti come punto di partenza: non per ricercare antiche tradizioni all’interno dei testi stessi, ma per esaminare elaborazioni letterarie passate, o anche semplicemente non convenzionali, di filoni narrativi o di singoli temi.
Note sull'autore
Günter Stemberger, professore emerito di Giudaistica all’Università di Vienna e visiting professor in Germania e Stati Uniti, è membro corrispondente dell’Accademia delle scienze austriaca. EDB ha tradotto La religione ebraica (21998), Il Talmud. Introduzione, testi, commenti (22012) e Il Midrash. Uso rabbinico della Bibbia. Introduzione, testi, commenti (22013).
Questa nuova traduzione con commento integrale permette di ricostruire nei Vangeli e negli Atti degli Apostoli i legami di Yeshua ben Yosef (Gesù) con l'ambiente ebraico d'origine, di risalire al contesto culturale e spirituale dell'ebraismo in cui viveva e in cui si è formata la prima Comunità. Nelle Lettere di Shaul/Paolo viene proposta un'interpretazione del pensiero e dell'opera dell'Apostolo in accordo con la più recente linea di studi paolini, secondo la quale Shaul non è un convertito ma un convertitore, la cui missione è inserire i pagani nella storia della salvezza. Esaminate nel quadro del loro contesto storico, profondamente segnato dall'oppressione romana e poi dalla distruzione di Gerusalemme e del Tempio, le Lettere apostoliche costituiscono un prezioso documento sulla vita delle prime Comunità messianiche, quando ancora non esisteva frattura tra ebraismo e cristianesimo. L'Apocalisse, affascinante per la ricchezza del suo simbolismo, ma concretamente ancorata alla drammatica situazione storica, non invita a una fuga dalla realtà o a un compromesso con il potere, ma, al contrario, esorta a restare in attesa della Venuta. Nuovo Testamento. Una lettura ebraica è un'opera scrupolosa che studia con serietà i testi cristiani per comprendere come l'antigiudaismo si sia inserito in scritti originariamente giudaici, è un contributo al futuro del dialogo ebraico-cristiano e al raggiungimento della pace per tutta l'umanità.
Esiste un Messia nella Bibbia? La figura di questo essere redentore venuto a salvare l'umanità e ad aprire un'era di pace universale ha segnato profondamente il nostro immaginario collettivo. Ma come ha preso forma questa concezione? Da quali testi? In quali circostanze storiche, politiche e sociali? Dove si colloca Gesù nel contesto della speranza messianica del suo tempo in Giudea? Come tutte le grandi idee che hanno cambiato il corso dell'umanità, l'idea messianica ha la sua storia. È questa storia che l'autrice ricostruisce rivisitando l'interpretazione dei testi fondatori così come altri scritti antichi meno conosciuti che esprimono questa speranza.
Il dialogo nasce in Grecia e la sua polifonia è una regolata forma di lotta. Nella Bibbia non incontriamo una teoria del dialogo, ma una sua particolare pratica, non conoscitiva ma etica, tesa a interpellare l'interlocutore, chiamandolo in causa. Tuttavia, i primi dialoghi che troviamo nella Torah sono quelli con il serpente, sotto forma di seduzione, l'inquietante dialogo 'abortito' tra Caino e Abele e il celeberrimo e serrato confronto tra Dio e Abramo, un appello a un'assunzione reciproca di responsabilità. Vi è poi la forma caratteristica di dialogo strutturante l'identità ebraica: la disputa rabbinica, con discussioni, opposizioni e dissensi. Esplorando i testi antichi con uno sguardo rivolto alla tesa attualità dei nostri giorni, Ugo Volli e Vittorio Robiati Bendaud prendono per mano il lettore e lo guidano su sentieri che la contemporaneità ci impone di riscoprire e comprendere.
Re, saggio e architetto, e, più tardi, mago, profeta, esorcista e compositore, Salomone è una delle figure più complesse e famose della letteratura antica. Se le sue immagini più familiari sono ispirate da ciò che racconta di lui la Bibbia ebraica, meno conosciute sono le tradizioni su Salomone elaborate dal giudaismo rabbinico e i ricchi ricami narrativi costruiti dai Maestri ebrei. Le pagine di questo libro offrono per la prima volta al lettore italiano leggende rabbiniche tradotte dall'ebraico o dall'aramaico - oltre a tre saggi introduttivi che inquadrano la figura e la recezione di Salomone. Radicate nell'antico folklore di Israele, sono allo stesso tempo innovative perché forniscono nuove interpretazioni e prospettive sia degli episodi biblici sia dei loro protagonisti.
La religione degli ebrei, le forme che essa ha assunto nelle diverse epoche, la sua cosmologia, i suoi aspetti culturali, sociali, politici, il suo versante "magico" e quello "filosofico", le sue radici lontane e la sua attualità: una ricostruzione rigorosa e affascinante di una storia e di una cultura che costituiscono uno dei pilastri sui quali si fonda la nostra civiltà.
Perché chiedere perdono in modo solenne una sola volta all'anno? Perché celebrare, a Pasqua, la libertà come se fosse un valore che ancora ci manca? Perché accendere lumi in casa tutti i venerdì sera? Quale valore dare al riposo nella vita fisica, ma soprattutto nella dimensione interiore? Tante domande intorno alle tradizioni, ai riti, alle preghiere, ai cibi, all'arte, alla convivialità, al riposo... ciascuna è una porta aperta verso un mondo di concretissime conquiste spirituali e morali. Haim Cipriani, un rabbino dei nostri tempi che serve un pubblico sia ebraico che non, parte da questi interrogativi e propone un itinerario che ha come tappe le feste ebraiche, attraverso le quali è possibile affrontare i temi fondanti della spiritualità e del pensiero di cui la Torà è portatrice. Per ciascuna festa il libro dà una lettura su più livelli interpretativi, cosicché le pagine del libro possono essere destinate a lettori con diversi background di conoscenze, con numerosi riferimenti ad estratti della letteratura midrashica, talmudica e in generale al pensiero degli antichi maestri dell'ebraismo. Per ogni festa poi l'autore espone in diversi testi la propria prospettiva, spesso partendo dalle sue personali esperienze di vita e offrendo a ogni lettore spunti di riflessione personale.
Jakob J. Petuchowski, rabbino e professore di liturgia e teologia ebraica, introduce e raccoglie una scelta di detti, fatti e "storie di miracoli" appunto di materia haggadica tratta dal Talmud e dal midrashim, i cui protagonisti sono per lo più i grandi maestri dei primi secoli dell'era cristiana, ai quali si deve se il giudaismo esiste ancora, ed esiste nella sua vitale, antiapocalittica, misericordiosa, saggia, libera fino al paradosso e allo humour, ubbidiente e ardita davanti a Dio, terrena e utopica ispirazione di matrice farisaica. Non si poteva scegliere barca migliore per navigare nel mare della haggadah: i racconti danno gioia, le domande fanno pensare. O, in modo più ebraico, le domande danno gioia, i racconti fanno pensare. (Paolo De Benedetti)
Chaghigà significa letteralmente "festività", "festeggiamento". La Torà (Es. 23,16-17 e Deut. 16,16-17) prescrive che, in tre occasioni all'anno (Pèsach, Shavu'òt e Sukkòt), tutto il popolo debba recarsi in pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme. La Torà regolamenta con precisione i sacrifici pubblici da compiersi in queste occasioni. Aggiunge anche che il pellegrino, singolarmente, non doveva presentarsi a mani vuote, ma doveva portare delle offerte; non dice però chiaramente quali fossero queste offerte. Il primo argomento affrontato in questo trattato è appunto la definizione dei tipi di offerte da portare, essenzialmente dei sacrifici. Nel primo capitolo del trattato si discute sulla natura di questi sacrifici, sull'estensione del loro obbligo alle varie categorie di persone e sul tempo in cui essi dovevano essere offerti; su come regolarsi in base alle proprie condizioni economiche e al numero dei commensali; sui tempi in cui i vari sacrifici dovevano essere presentati nel corso della festa. Alla fine, si svolgono importanti considerazioni sui rapporti tra le regole consolidate e le loro fonti bibliche, che in alcuni casi possono essere molto limitate. I vari argomenti trattati, essenzialmente giuridici, offrono l'occasione a ampie e notevoli divagazioni aggadiche, racconti e aneddoti. La particolarità che rende famoso questo trattato è però nel secondo capitolo, in cui, prendendo spunto da argomenti delicati che è bene siano insegnati a un pubblico selezionato, si apre una parentesi fondamentale che raccoglie una serie di insegnamenti sulla mistica ebraica e rappresenta uno dei nuclei più antichi a nostra disposizione su questo argomento. Proprio in ossequio al principio che certi argomenti debbano essere trattati con discrezione, gli insegnamenti sono solo in apparenza comprensibili ed è molto più ciò che si nasconde di ciò che viene rivelato. Vi sono comunque delle storie affascinanti come quelle che riguardano i destini drammatici dei Maestri entrati nel Pardès (il "giardino" della mistica), da rabbì Aqivà uscito indenne, a Elishà ben Avuyà, detto Achèr, "l'Altro". Si passa quindi all'introduzione di un problema che occuperà tutto il terzo capitolo. La presentazione al Tempio e il consumo della carne sacrificale richiedeva l'attenta osservanza delle regole di purità. Nell'ambito delle famiglie rabbiniche e di un pubblico ristretto a esse collegate si era consolidata una tradizione di rigorosa osservanza delle regole di purità, da applicare anche nell'alimentazione profana. Coloro che seguivano queste regole (tra di loro si chiamavano chaverìm, "colleghi") dovevano necessariamente staccarsi dal popolo che, benché non disattento, non era puntigliosamente scrupoloso rispetto a tutti i dettagli e non dava totali garanzie di affidabilità. Durante i pellegrinaggi, quando tutto il popolo si riuniva insieme e circolavano merci e recipienti, questi problemi diventavano comuni e urgenti. Di tutto questo si occupa l'ultimo capitolo, con un esame attento di alcune regole speciali di purità e con una casistica su oggetti e beni. In sostanza, il trattato Chaghigà, malgrado le sue ridotte dimensioni, è molto vario per gli argomenti trattati e per diversi livelli di difficoltà. Piuttosto difficile sia per la materia trattata che per la finezza delle discussioni nell'ultimo capitolo, eminentemente giuridico; seducente per le divagazioni aggadiche del primo capitolo e per la materia mistica del secondo; comunque importante e solo apparentemente semplice nelle parti giuridiche del primo e secondo capitolo. Una ricchezza variegata distribuita in, relativamente, poche pagine.
Un commento alla Bibbia scritto a più mani da ebrei e da cristiani rappresenta, nel panorama italiano, e non solo, una novità. In questo momento storico, con il ritorno di pregiudizi antisemiti e una crescente ignoranza del testo biblico, una collaborazione tra studiosi delle due religioni monoteiste che condividono la stessa Bibbia è un segno di amicizia. Il presente volume nasce dall'incontro di due realtà: l'amore per la Parola di Dio e l'amicizia tra ebrei e cristiani. Da millenni ebrei e cristiani leggono e meditano la Bibbia separatamente. Da alcuni decenni ebrei e cristiani hanno iniziato un percorso di dialogo per superare odii e incomprensioni. È ora possibile iniziare a leggere la Bibbia insieme. Il progetto ha come finalità quella di far gustare la Bibbia e far dialogare, per la prima volta in modo così articolato, ebrei e cristiani sul testo fondativo delle due religioni. Dopo il successo dei primi due volumi, in questo terzo volume cinquantadue studiosi si soffermano sui Ketuvim/Scritti, commentando passi scelti tra i più significativi. Lo scopo non è quello di arrivare a una lettura unficata della Bibbia nella quale le diversità si stemperino fino ad annullarsi, ma quello di conoscersi meglio, di conoscere meglio le rispettive letture e interpretazioni, accettando che esse possano essere diverse.
Luciano Baruch TAGLIACOZZO, nasce a Napoli nel 1950 da un’antica famiglia israelita italiana. Studia fisica all’Università di Napoli, poi sceglie di lavorare in ospedale. Si laurea in Studi ebraici presso il corso di laurea del Collegio Rabbinico Italiano, con una tesi su Samuel David Luzzatto. Apprezzato saggista e traduttore, partecipa al progetto Mishnah con il trattato Eduyot. Traduce in prima mondiale il libro del Maharal di Praga, Neza’h Israel. Recentemente pubblica Il Messia di Gerusalemme, Raziel Edizioni 2021. Traduce più trattati del Talmud Yerushalmi per il sito www.e-brei.net, col quale ha curato recentemente i commentari di Rabbi Moshe Chaim Luzzatto. Stimato pittore e conferenziere, è stato Presidente dell’Amicizia ebraico-cristiana di Napoli. Ha curato, fra gli altri, per l’università Orientale di Napoli, la serie d’incontri: Mondi Sefarditi.
Se è vero che Gesù si è formato nella Sinagoga e che nel quadro del culto sinagogale egli ha inserito l’annuncio della sua messianicità, se è vero che gli evangelisti hanno pregato e ascoltato le letture sinagogali prima di redigere i Vangeli, sarebbe davvero sorprendente se nessuna traccia di questa formazione giudaica non fosse sopravvissuta nei testi. La liturgia è conservatrice per natura. I testi delle preghiere ci sono pervenuti in diverse versioni e l’accostarsi ad essi presenta i problemi comuni a tutti i testi antichi; è necessario dunque scrutarli, se si vuole approfondire lo sfondo culturale del Nuovo Testamento e della Chiesa primitiva.