Il pranzo di Natale della Comunità di Sant'Egidio è diventato un'icona del Natale in cui nessuno è escluso. Chi partecipa al banchetto, con il suo nome e la sua storia spesso dolorosa, è al centro della Chiesa. «La Chiesa è di tutti, particolarmente dei poveri», ricordava san Giovanni XXIII nel Concilio Vaticano II. E il «particolarmente», nel pranzo, non è un generico auspicio. I poveri per la Chiesa non sono una categoria sociologica, né una realtà separata, semplici destinatari di aiuto e di assistenza, ma fratelli e sorelle, secondo quanto si legge nel Vangelo. Chi lo ascolta si fa prossimo, come il Buon Samaritano, di chi è abbandonato, povero, malato. Il servizio a chi è povero per Sant'Egidio non è una "attività sociale", ma un modo di vivere in un rapporto di affetto, prossimità e cura con coloro che sono nel bisogno, percepiti non come utenti di un servizio, ma come familiari. E, come ha detto, alla tavola di Sant'Egidio, Benedetto XVI: «qui si confonde chi serve e chi è servito». Prefazione di Matteo Zuppi.
Straordinariamente plurima nei suoi significati, la parola solitudine richiama vissuti molto diversi e risonanze valoriali perfino contrapposte. La solitudine è per alcuni sofferenza, per altri sollievo; per alcuni malattia, per altri cura. Nella solitudine l'umanità appare talvolta dolorosamente perduta, in altri casi riconquistata. Solitudine può significare chiusura, angoscia, afflizione, ma anche pace, liberazione da esteriorità dispersive, scoperta di relazioni più autentiche con se stessi e con gli altri. Devastante da una parte e generativa dall'altra, la solitudine può angosciare ma anche ispirare grandi pensieri: "Da chi non ha mai vissuto in solitudine raramente vien fuori qualcosa di buono o di cattivo. Nella solitudine si trova l'assoluto, ma anche il pericolo assoluto" (S. Kierkegaard). La declinazione al plurale del titolo di questo volume e delle indagini multidisciplinari in esso contenute, dà conto della complessa fenomenologia dell'essere e del sentirsi soli, di cui ci ha resi maggiormente avvertiti anche l'esperienza pandemica dei nostri giorni.
La pandemia da Covid-19 ha profondamente modificato i comportamenti, le abitudini e gli stili di vita dei cittadini. Alla situazione che ne è derivata fa riferimento questo bel volume dal titolo curioso "Il fico sterile", che adotta un genere letterario inconsueto, scegliendo come interlocutore l'homo sapiens e rivolgendosi a lui, non senza un velo di elegante ironia, attraverso una lunga lettera in cui si alternano a giudizi molto severi sul modello socio-culturale dominante proposte positive di cambiamento. Il volume non si limita tuttavia a rilevare i limiti e i mali della situazione presente; offre piuttosto indicazioni e piste preziose per la promozione di una alternativa, che esige per essere attivata un cambio di paradigma, sia a livello della coscienza personale che della struttura sociale. (dalla «Prefazione» di Giannino Piana)
Il quarto volume della raccolta delle opere del Prof. M. Malaguti è una riflessione intorno al termine spirito. Chi nasce dallo spirito è aperto alla libertà dell’intelligenza, alle trasparenze dell’analogia, ed è chiamato alla responsabilità dell’agire storico. Da questa visione deriva un nuovo modo di cogliere il significato del divenire storico, così da prospettare la possibilità di un singolare umanesimo, riflesso di quel Fiat lux che elegge e custodisce, nell’eterno «ora», la ratio di ogni esistenza.
Il volume qui presentato costituisce una ricerca filosofica, con aperture alla teologia e all'esegesi biblica, sul Prologo di Alberto Magno al Vangelo di Giovanni. A partire dall'esperienza che secondo Alberto Magno ha reso possibile la rivelazione giovannea, l'autore affronta l'ermeneutica del testo per individuare i limiti epistemologici nella conoscenza dell'assoluta trascendenza divina e tracciare il confine tra filosofia e teologia. Allo studio teoretico, segue l'edizione critica del Prologo e la traduzione italiana. Chiude il volume un'appendice dedicata alla storia dei commenti al Vangelo di Giovanni dall'antichità al secolo XIII.
Meister Eckhart, il predicatore filosofo domenicano, riveste senza dubbio un interesse attuale soprattutto se, per capire la sua speculazione, si assume come fondamentale il concetto di "distacco", inteso come lasciare la presa dal mondo materiale e dalle passioni, o di "abbandono", come "lasciar andare" in un sereno allontanamento; questi sono i termini chiave della mistica speculativa che vede, nella filosofia medioevale renana e in Meister Eckhart in particolare, la massima espressione. In questo lavoro si sono ricercati possibili nessi tra alcuni costrutti teorici relativi a diverse elaborazioni teologiche di stampo meditativo-speculativo e l'esistenza di una linea di continuità che ha attraversato il pensiero filosofico dal periodo ellenistico alla contemporaneità. Prende corpo un messaggio che ci giunge come un'esortazione. Un messaggio al cui interno si intravede la necessità di una filosofia, di una pratica filosofica, che si renda idonea a fronteggiare nuovi ambiti esistenziali e di pensiero che vediamo emergere tra le pieghe di una postmodernità e che, avendo segnato indelebilmente la storia recente, sembrano avviare l'uomo verso una nuova posizione nel mondo.
"A partire dal corpo" svolge un'indagine filosofica sull'esperienza umana strutturata e unificata nel suo radicamento corporeo. L'impostazione generale del problema rinvia a un'analisi della co-appartenenza uomo-mondo e alla formulazione del triangolo antropologico, con le domande attestanti la singolarità dell'uomo nell'ordine dei viventi. Riprendendo la distinzione fenomenologica tra Ko?rper e Leib, viene ridefinita l'articolazione tradizionale tra corpo, anima/spirito nei termini del corpo fisico, corpo animato o emotivo e corpo simbolico o intenzionale. In questo modo, l'autore comprende il dinamismo di un'esperienza "spirituale" emergente dalla contingenza corporea.
Riflessione filosofica, esperienza politica e cultura estetica si intrecciano anche in questo libro di Cacciari sulla storia della città. Dalla pólis greca alla civitas romana, dalla città europea alla metropoli e alla odierna postmetropoli: uno sguardo appassionato e insieme disincantato, una difficile lezione della storia da cui trarre qualche saggio consiglio per il futuro prossimo. La città è sottoposta a domande contraddittorie. Voler superare tale contraddittorietà è cattiva utopia. Occorre darle forma. La città è il perenne esperimento per dare forma alla contraddizione.
Un invito al pensiero resistente, al pensare altrimenti, un momento fondativo di un diverso modo di ragionare, di vivere, che dia senso all’esistenza e significato alla stessa storia umana. Tibaldi chiede ai lettori di risvegliarsi dall’apatia e dall’indifferenza in cui siamo caduti e li invita a ragionare con la propria testa e a spendere la propria esistenza per valori fondamentali come la giustizia, la dignità della perso- na, la libertà, l’uguaglianza, sull’esempio di otto eroi che si sono sacrificati per denunciare le ingiustizie e risvegliare le coscienze: Socrate, Giordano Bruno, Giacomo Matteotti, don Minzoni, Sophie Scholl, Dietrich Bonhoeffer, Pavel Florenskij e Oscar Romeno.
Come possiamo superare la rassegnazione che proviamo di fronte al contesto umano, sociale e politico nel quale viviamo oggi? Roberto Mancini, filosofo appassionato, propone un percorso originale per liberarci da quella impotenza diffusa che ci fiacca e ci intristisce per cominciare a riaprire il futuro e a ridare pienezza alla nostra vita. È un percorso che ci chiede di valorizzare soprattutto la nostra autonomia di pensiero e la nostra capacità di immaginare. "Trasformare la vita" diventa quindi un contributo importante per riprendere in mano la nostra vita liberandola dall'individualismo e dalle pulsioni egoistiche per raggiungere finalmente una libertà solidale.
L'antropologia filosofica contemporanea, corrente emergente nel panorama culturale del Novecento, si propone di gettare un ponte tra filosofia e scienza incardinandolo sul problema dell'uomo, al fine di presentarne un'immagine globale, la quale permetta all'essere umano di recuperare la comprensione di se stesso e di identificare i suoi tratti caratteristici, la sua natura e il suo posto nel mondo. Di fronte alla "domanda sull'uomo", che da sempre la filosofia si è posta, l'antropologia filosofica vuole difendere la sua funzione critica e metodologica nei confronti di tutte quelle scienze che trattano alcuni aspetti dell'essere umano e pretendono di occuparsene in esclusiva. Si presenta, pertanto, come una dottrina ricca di tematiche trasversali e di grande attualità, volte ad affrontare le sfide della contemporaneità, dove i processi di omologazione e manipolazione dell'esistenza si scontrano con le esigenze di libertà, autonomia e rispetto dei diritti individuali.
Il lavoro è un aspetto costante nella vita di ogni uomo. Fonte di soddisfazione e di gioia per alcuni, di fatica per tutti. Milioni di persone ogni giorno sono affannosamente alla ricerca di lavoro. Molti, però, lo considerano soltanto uno strumento per ottenere altri beni. Spesso, il lavoro in sé non è percepito come un bene fondamentale per lo sviluppo della persona e della società.
In un discorso del 2008 al Collège de Bernardins, Benedetto XVI ha mostrato che nella tradizione cristiana si può trovare la chiave per comprendere il vero senso del lavoro. Uomini e donne sono chiamati a partecipare all’opera creatrice di Dio mediante il lavoro, assumendo il compito di perfezionare la creazione, guidati dalla sapienza e dall’amore. Lo stesso Figlio di Dio fatto uomo ha lavorato per lunghi anni a Nazareth. «Ha santificato il lavoro e gli ha conferito un peculiare valore per la nostra maturazione» (Papa Francesco, Laudato si’, 98).
In occasione del 500º anniversario della Riforma protestante, il Convegno The Heart of Work (Roma, 19-20 ottobre 2017), organizzato dalla Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce e dal centro di ricerca Markets, Culture and Ethics, ha cercato di approfondire l’idea cristiana del lavoro professionale. La teologia cattolica recente, d’accordo con i riformatori del XVI secolo, riconosce il lavoro professionale come vocazione dell’uomo, ma lo considera anche come un cammino per la crescita della santità del cristiano (Gaudium et spes, 34) e lo propone ai laici come mezzo di santificazione (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2427).
Con gli scritti raccolti in questo I volume degli Atti del Convegno The Heart of Work si vuole offrire un contributo allo sviluppo di un’anima del lavoro professionale: una spiritualità del lavoro inteso come attività che perfeziona l’uomo, cooperando alla sua felicità e al progresso della società, e che diventa per il cristiano luogo e materia di santificazione e di compimento della missione della Chiesa nel mondo.
Prospettive sul lavoro. Percorsi interdisciplinari è una raccolta di studi che si concentrano su un aspetto trasversale della storia, della cultura e dell’esistenza di ciascun uomo: il lavoro nella sua inesauribilità di significato e mutamento che incide sulla quotidianità e sulle trasformazioni epocali.