Questo libro analizza tutti gli elementi-chiave del conflitto che ha cambiato il mondo moderno. Milioni di vittime, crollo di imperi secolari, nascita di ideologie e movimenti politici, utilizzo di tecnologie innovative come cacciabombardieri, carri armati, sottomarini, e di armi letali come i gas. Focalizzandosi sui fronti più importanti e sulle strategie che i due blocchi furono costretti a seguire, Peter Hart, grande esperto di storia militare, tratteggia una magistrale analisi del conflitto globale, rendendolo così un argomento avvincente e comprensibile a tutti, appassionati di storia e non, grazie anche alla copiosa aggiunta di testimonianze dei protagonisti, dai principali generali ai semplici fanti di trincea che hanno vissuto in prima linea gli orrori di un massacro insensato. 16 milioni furono le vittime tra soldati e civili. A più di un secolo dall'inizio della Grande Guerra, la cronaca del conflitto che ha cambiato il mondo.
C’era una volta la Democrazia Cristiana, il partito dei cattolici. C’erano i cattolici e i comunisti, due entità opposte e inconciliabili. E c’era la Politica. Ci sono oggi i cattolici in quel che resta dei partiti, su più fronti e senza riuscire a farsi sentire con una voce comune, se non con l’intervento diretto della Chiesa. Ci sono i comunisti, ma spostati sempre più ai margini di una sinistra che è un’altra cosa. La politica è uno show da vivere sui social, con il risultato che il primo partito è quello del non voto. Settant’anni dopo le elezioni politiche che aprirono la cosiddetta Prima Repubblica può essere utile allora fare un passo indietro, al clima appassionato e ideologico che caratterizzò il 1948, l’anno in cui l’Italia si divise, si schierò in maniera netta da una parte o dall’altra. Democrazia Cristiana e Fronte Democratico in campo in quella che veniva considerata la madre di tutte le battaglie: perché in gioco c’erano la costruzione del nuovo corso istituzionale, i valori fondanti della società e le alleanze nello scacchiere internazionale. Cattolici contro comunisti. Comunisti contro cattolici. In un confronto che si giocava nelle piazze, con i comizi, e attraverso manifesti, radio e giornali. Quella calda stagione elettorale viene qui riletta attraverso un punto di vista particolare, le pagine di due testate, le più vicine alla Chiesa: il quotidiano vaticano L’Osservatore Romano e la rivista quindicinale dei padri gesuiti, La Civiltà Cattolica.
I Balcani, l'Ucraina, la Turchia, il Caucaso del sud: sono queste le destinazioni dei lunghi viaggi di ricerca compiuti da Charles King (storico dell'Europa dell'Est) nell'arco di tre anni, per costruire il multicolore affresco di un piccolo grande mare collocato nel cuore dell'Asia Minore, un'area strategica in fatto di scambi culturali e materiali. I territori che circondano il Mar Nero hanno in comune un ricco e variegato passato. Pur avendo conosciuto in tempi recenti il conflitto etnico, il tracollo economico e la rivalità tra singoli Stati, il loro comune retaggio e la loro comunanza di interessi hanno radici profonde.
L’espansione dei musulmani nel Mediterraneo occidentale ebbe una notevole influenza anche per la storia italiana nel Medioevo. Oltre a conquistare la Sicilia, essi infatti federo sentire la loro presenza in gran parte del mezzogiorno e in alcune zone del resto della penisola. Oltre alle descrizioni degli effetti immediati di guerre e incursioni, il libro esamina che cosa comportava avere vicini di questo tipo, che cosa si conosceva dell’altro e le caratteristiche dei rapporti in tempo di pace.
Siamo nel maggio del 1385, a Cotignola, in Romagna. Uno dei più spietati capitani di ventura che in quegli anni circolasse in Italia sceglie di sostare con la sua truppa su un incolto terreno a pascolo, poco distante da una cascina. A rispondergli, eccitato e disorientato, è il non ancora sedicenne Giacomo Attendolo, per tutti Giacomuzzo, anzi Muzio. Fantasticando su un futuro fatto di battaglie, soldi e conquiste, il giovane contadino accetta la proposta di ingaggio. Come poteva immaginare che con quella sua decisione stava, di fatto, dando origine a una delle più celebri dinastie del Rinascimento? Sì, perché Muzio Attendolo - soprannominato «Sforza» per la sua prestanza fisica - dopo essersi messo al servizio dei Visconti e di città come Perugia e Firenze, avrà una vita avventurosa, mogli, amanti e figli, tra cui Francesco, il primogenito, che nel 1450 diventerà signore di Milano. Restando fedele alle date, ai luoghi e ai fatti storici, ma con scrittura gustosa nei dettagli e felicemente narrativa, Carlo Maria Lomartire ci racconta non solo le vicende umane e sentimentali che ruotano intorno ai principali protagonisti della famiglia Sforza ma anche un'intera epoca, piena di rivolgimenti politici e di trasformazioni sociali: sta per concludersi la guerra dei Cent'anni, i Comuni e l'età medievale lasciano spazio alle Signorie, a Roma papa Pio II lancia la crociata contro i Turchi, la pace di Lodi garantisce una tregua tra gli Stati della penisola. Intraprendente e ambizioso, amico di Cosimo de' Medici, Francesco Sforza farà di Milano una città dinamica e moderna, costruendo, sulle macerie di quello visconteo raso al suolo dai milanesi, il castello di Porta Giovia (l'attuale Castello Sforzesco) nonché il più grande ospedale pubblico d'Europa, la Ca' Granda. Al suo fianco la moglie, Bianca Maria Visconti, donna volitiva e intelligente, che avrà un ruolo tutt'altro che marginale nella gestione delle alleanze politiche del Ducato. Se è vero, come ha scritto qualcuno, che «la storia è sempre contemporanea», nelle appassionate e turbolente vicende degli Sforza, nelle spietate lotte tra fazioni, negli intrighi di corte come nelle gesta eroiche degli uomini e delle donne descritte in queste pagine, il lettore potrà ritrovare non poche delle caratteristiche, delle grandezze e delle miserie, dei pregi e dei difetti dell'Italia di oggi: allora come adesso magnifica e cinica, geniale e crudele.
Le possenti mura di Costantinopoli hanno arginato per secoli le ondate di nemici che insidiavano l’Europa cristiana. Le armate dell’impero romano d’Oriente si erano trasformate nello scudo di Cristo: questa è la storia della loro lunga lotta, fino alla vittoria. L’impero romano d’Oriente visse suo malgrado per oltre mille anni in uno stato di guerra continua. La sua capitale Costantinopoli, la splendida ‘regina delle città’, non smise mai di attirare conquistatori avidi di preda dai quattro angoli del mondo: Goti, Unni, Slavi, Avari, Persiani, Arabi, Bulgari… L’impero, spesso sull’orlo della disfatta, riuscì sempre a trovare la forza necessaria per rialzarsi dopo le sconfitte. Aveva ereditato da Roma antica uno dei più potenti eserciti della storia: attraverso molti cambiamenti organizzativi, strategici e tattici, fu comunque in grado di mettere in campo armate capaci di respingere le continue invasioni. Il libro ripercorre i primi turbinosi secoli di questa storia, dalla disfatta di Adrianopoli del 378, che costrinse Teodosio I a riformare l’intero sistema difensivo imperiale, fino alle vittorie sugli Arabi e sui Bulgari, che nel IX secolo restituirono alla Nuova Roma uno spazio di dominio nei Balcani e in tutto il Mediterraneo orientale. Vengono analizzate sia la strategia dell’impero che le tattiche di combattimento, spesso all’avanguardia, delle sue armate, nonché la loro organizzazione, legata ad aspetti cruciali della vita sociale ed economica dello Stato. Al riparo dello scudo bizantino ebbe modo di prosperare e svilupparsi l’Europa latina: che però non riconobbe mai ai fratelli d’oriente il merito di aver difeso con il proprio sangue la pace di tutta la Cristianità.
Dal Trattato di Versailles al Piano Marshall, la gestione del debito ha rappresentato da sempre uno dei motori fondamentali della politica europea. Sergio Romano, osservatore d’eccezione, ce ne mostra tutta la complessità nell’ultimo secolo e mezzo, evidenziando le interdipendenze tra i Paesi, l’importanza della fiducia reciproca per avviare la ripresa e che cosa abbiamo da imparare dalla nostra storia recente per costruire un futuro migliore. Col Trattato di Versailles, al termine della Grande guerra, la Germania è condannata a pagare in trent’anni 132 miliardi di marchi d’oro. Le conseguenze della miopia dei vincitori emergono presto: una Germania frustrata e indignata diventa il vivaio ideale per la nascita del nazismo. Dopo la Seconda guerra mondiale tutto cambia: il Piano Marshall finanzia la ricostruzione europea e, più tardi, nella conferenza di Londra del ’53, i Paesi creditori decidono di cancellare metà del debito tedesco. Ma non esistono solo i debiti di guerra, ci sono anche quelli contratti in tempo di pace. L’Europa degli anni più recenti ha affrontato la questione senza riuscire a dimostrare unità. Il caso del debito greco esplode nel 2009, seguito da una crisi di rapporti greco-tedeschi: la Grecia accusa la Germania di non aver onorato i debiti contratti con la guerra, mentre i tedeschi accusano la Grecia di aver truccato i conti. L’Unione vacilla sotto il peso della crisi. Oggi, per capire le polarizzazioni e i contrasti sulle politiche dell’austerità è fondamentale isolare gli snodi storici che hanno definito i rapporti tra creditori e debitori in Europa. È quello che fa Sergio Romano attraverso gli ultimi centocinquant’anni, sottolineando come la fiducia reciproca tra i popoli abbia svolto una funzione fondamentale per superare i momenti di difficoltà e avviare la ripresa.
Com'è morto Hitler? Che cosa sapeva Stalin delle circostanze del suo suicidio? Perché, se ne aveva le prove, continuò a sostenere con i suoi alleati occidentali che Hitler fosse fuggito? Per la prima volta, dopo oltre settant'anni, il governo russo ha consentito a due giornalisti e documentaristi, nonché a uno dei più illustri medici legali francesi, Philippe Charlier, di consultare gli archivi segreti sull'incredibile caccia al cadavere di Hitler da parte delle spie sovietiche: gli interrogatori dei testimoni degli ultimi giorni del Fuhrer, la pianta del bunker dove Hitler ed Eva Braun si sposarono e poi si suicidarono, a quanto si ritiene, il 30 aprile 1945, un piano di fuga, una grande mole di verbali, ma soprattutto resti umani: un pezzo di cranio che presenta il foro della pallottola che lo uccise, un frammento di mandibola, alcuni denti attribuiti a Eva Braun. All'indomani dell'armistizio, riuscirono o no i russi a identificare il cadavere di Hitler, nonostante fosse stato probabilmente bruciato? Nell'assenza del cadavere, i dubbi che Stalin istillò si propagarono come una cancrena e continuano ancora oggi ad alimentare ogni genere di fantasma. Esaminando archivi inediti e utilizzando le metodologie più moderne, gli autori ci consegnano un'inchiesta che riscrive gli ultimi giorni della seconda Guerra Mondiale, l'inizio della Guerra Fredda: e getta una luce definitiva sul giallo storico più discusso del Novecento: il giallo della scomparsa del cadavere di Hitler.
All'inizio dell'Età moderna, l'Impero ottomano si affaccia sul Mediterraneo con l'ambizione di dominare sull'Asia e sull'Europa. La "seconda Roma", Istanbul, disposta su due continenti, incarna il sogno universale dei cesari che i sultani ereditano per diritto di conquista. Ma dalle fredde pianure percorse dai grandi fiumi, tra il Baltico e il Mar Nero, si levò la voce di una "terza Roma": Mosca. E con essa, di una nuova potenza capace di incombere su Oriente e Occidente: l'Impero degli Zar. Aveva inizio una lunga lotta euroasiatica per il controllo dei grandi spazi: aveva inizio il "grande gioco". Questo libro ripercorre la storia dello scontro frontale tra il Sultano e lo Zar, tra un cristianesimo imperiale e un Islam sultaniale. Un confronto, quello tra Russia e Turchia, che continua ancora ed è la chiave per comprendere cosa sta avvenendo oggi tra il Vicino e il Medio Oriente.
Il volume raccoglie tre ampi saggi di Eric Voegelin pubblicati in diverse fasi della sua ricerca filosofica e della sua carriera accademica americana e inediti nella nostra lingua. I titoli sono: Il liberalismo e la sua storia, Genesi intellettuale de Il principe di Machiavelli e Note su tempo e memoria in sant'Agostino, tre temi apparentemente assai distanti ma ai quali è sottesa la medesima prospettiva critica della modernità del grande filosofo della storia e della politica tedesco-americano. Prefazione di Daniele Fazio.
Un grande divulgatore analizza i memorabili conflitti della storia e ci svela qual è il mestiere più antico del mondo: il creatore di fake news. Le fake news che oggi ci preoccupano non sono un'invenzione moderna. La storia dell'uomo, più che una lotta tra bene e male, sembra una battaglia tra verità e menzogna. Siamo solitamente portati a considerare i documenti storici come una narrazione puntuale degli avvenimenti: niente di più sbagliato. Il più delle volte, i resoconti di conflitti che migliaia di anni fa hanno sconvolto il mondo e alterato il corso della storia sono scritti dai vincitori, dipinti sempre come i "buoni", mentre ai vinti tocca il ruolo di "cattivi". Poco importa che nel momento della battaglia non si vedesse la differenza, alla fine i buoni sono vincitori, perché ogni divinità - e quasi ogni storico - sta invariabilmente dalla parte di quelli che vincono. La biblica battaglia di Armageddon, il grande Tempio di Salomone che ospitava l'Arca dell'Alleanza, il tesoro di Alarico, frutto del saccheggio di Roma e sepolto sotto il fiume Busento, sono fatti veri o falsi? In realtà non c'è mai fumo senza fuoco: la battaglia di Armageddon è avvenuta, proprio come Salomone ha davvero costruito un tempio e Alarico ha saccheggiato Roma. Ma è bene sapere che molte gesta "epiche" e molti "eroi" nascono da giganteschi photoshop storici, che hanno cancellato errori, debolezze e colpi di fortuna. Voltaire diceva che tutta la storia antica «altro non è che invenzione letteraria accettata come verità». Un esperto divulgatore storico smaschera le bugie dei vincitori dei principali conflitti antichi e aiuta a capire come funzionano davvero le fake news, per non farsi sviare dai manipolatori di ieri e di oggi.
Nei primi decenni del secolo scorso la parola "Abissinia" occupava un posto di rilievo nell'immaginario collettivo degli italiani. Bastava nominarla per evocare non solo luoghi esotici divenuti mitici grazie alle imprese militari in terra d'Africa compiute dal nostro paese in epoca post-risorgimentale, ma anche un confuso groviglio di desideri inespressi: il fascino dell'ignoto, la ricerca dell'isola felice, a cui si accompagnava la volontà di rivalsa per le sconfitte subite in Etiopia nell'ottocento. In questo clima si gettarono le basi del progetto imperiale mussoliniano che culminò nella guerra d'Abissinia. Gli stati d'animo e le aspettative di quegli anni offrono ad Arrigo Petacco lo spunto per ripercorrere l'intero arco dell'avventura coloniale italiana.