La narrazione biblica dell'Esodo - dall'Egitto al deserto e alla terra promessa - è stata interpretata per secoli come una grande metafora dei processi di liberazione e rivoluzione. L'Esodo è una grande "storia", la cui eco ha reso possibile il racconto di altre "storie politiche", da Savonarola a Calvino, da Cromwell e i puritani alla Teologia della liberazione. Michael Walzer, uno dei maggiori filosofi politici americani, presenta in questo libro affascinante il suo commento al testo: decifra la famiglia di "significati" dell'Esodo proiettando una luce nuova su questa importante tradizione del radicalismo politico. Walzer discute la natura dell'oppressione (Egitto), i dilemmi dell'affrancamento come apprendimento della libertà (le mormorazioni nel deserto), il ruolo delle scelte individuali per il contratto sociale che definisce diritti, doveri e regole per la vita collettiva (l'alleanza) e, infine, la natura della terra promessa. Contro l'immagine canonica del messianismo politico, che interpreta la terra promessa come il paradiso della società perfetta, Walzer ritiene invece che l'Esodo sostenga una soluzione più sobria. La terra promessa è "semplicemente" un posto dove vivere migliore dell'Egitto. Senza dubbio, c'è un posto migliore. Ma la strada che vi conduce attraversa il deserto. E c'è un solo modo per raggiungerla: prenderci per mano e marciare.
Un sussidio che nasce in un'atmosfera di preghiera, come corso di esercizi spirituali sul Cantico dei Cantici, vero tesoro dell'Antico Testamento e metafora di ogni vocazione. Il percorso che si snoda nel testo prevede un cammino in sette tappe (sette giorni). Ogni tappa ha uno scopo ben preciso: la prima tappa ci aiuta a riappropriarci dei desideri profondi del cuore, vero motore della vita spirituale; la seconda ci guida a esplorare il Cantico dei Cantici per poterlo pregare; la terza ci invita «alla scuola del gusto», accompagnati da sant'Agostino; la quarta ci immerge nella misteriosa relazione coniugale del profeta Osea; la quinta ci porta al pozzo per incontrare una donna di Samaria; la sesta ci pone una domanda: «Chi è lo sposo?», per giungere alla contemplazione dell'amore nell'ultima tappa. Il Cantico dei Cantici diventa, per chi ha il coraggio di inoltrarsi nelle sue meraviglie, fonte di vita, giardino di pace, profumo dello Sposo.
Si può leggere la Bibbia nella prospettiva del dialogo interculturale e interreligioso? Come si è confrontata Israele con le altre culture che ha incontrato nella sua storia? Affacciarsi ad alcune storie collocate nei momenti epocali della storia biblica potrà aiutare a superare i pregiudizi che molti nutrono su questioni come la violenza nella Bibbia o la giustizia di Dio, e offrire spunti rilevanti anche ai nostri giorni per comprendere il cammino del dialogo interculturale e interreligioso. L'avventura dell'esodo dall'Egitto, la conquista della Terra, la sedentarizzazione in Canaan, l'esperienza della diaspora esilica, la ricostruzione del Tempio al ritorno da Babilonia, l'impatto con la cultura ellenistica hanno offerto al popolo d'Israele occasioni infatti di confronto con persone e culture diverse, che hanno lasciato una traccia viva nella sua storia, a volte segnando in profondità la maniera stessa con cui viene espressa la relazione con JHWH. Gli stranieri in Israele, gli ebrei in terra straniera, e infine i Maccabei a Gerusalemme, sfidano i cristiani a superare le discriminazioni ed affermare la libertà religiosa e di coscienza, con la consapevolezza ecclesiale e la fiducia che tutte le differenze sono ordinate all'unico popolo di Dio (cf. Lumen Gentium n. 1).
Custodito da millenni nel cuore della Bibbia, il libro del profeta Isaia è un esercizio prezioso per cominciare o ricominciare a sperare dopo le distruzioni, le rovine, i lutti e le false consolazioni. Per affrancarsi dai sacrifici inutili e sciocchi, per sgomberare il campo dall’idea errata di un Dio affamato di sacrifici, che agisce dentro la logica economica del dare e dell’avere.
Tutti i profeti sono potatura, concime, sarchiatura, mietitura, raccolto, vendemmia, dello spirito e quindi della vita. Non sono equilibrati, né tantomeno politicamente corretti e prudenti. Sono sempre di parte, esagerati, eccessivi.
L’unico modo che essi hanno di amare il loro popolo è non attenuare la forza radicale ed eccessiva della parola. Il buon senso e la moderazione sono virtù delle istituzioni, non dei profeti. Ma senza l’eccesso e l’imprudenza dei profeti, le istituzioni e l’economia diventano tristi uffici di burocrati, il potere solo sopruso, i poveri non si vedono più e restano abbandonati nelle periferie. Con la loro voce, i profeti fanno vedere ciò che i potenti non riescono, o non vogliono, più guardare.
SOMMARIO
Introduzione. Il non-idolo di Dio. I suoni e i colori delle parole. Come lanterne nell’attesa. Custodi del buon seme. Il nome del bambino. L’abbaglio dei fuochi fatui. È la fine che ci salva. Il giorno dei figli. La fraternità del Sabato santo. La profezia della focaccia d’uva. I dialoghi della notte e dell’aurora. La sofferenza degli occhi impotenti. Chi crede saprà aspettare. La maledizione dei profeti ruffiani. La Laudato sii del profeta. La libertà delle mani scosse. La sovranità perfetta dell’idolo. L’abbraccio dell’angelo terrestre. Le consolazioni della profezia. Il segno di Adamo. La maledizione delle risorse. La vocazione del secondo giorno. Le ferite feconde del nuovo parto. Il necessario è troppo poco. Quel fiore del male che salva. Altri angeli sulla stessa grotta. La benedizione dell’acino salvato. Perché la notte non è infinita. Bibliografia.
Prima opera esegetica di Ambrogio (difficoltà e soluzioni nell'interpretazione di Gen 2,8 - 3,19) che si rivela capace di utilizzare l'allegorismo di Filone in maniera originale, ed elabora una antropologia fondamentalmente serena. Prelude al dibattito agostiniano su grazia e opere, ma non guarda tanto al danno prodotto dal peccato sulla natura umana, ma piuttosto alla imago Dei, l'elemento divino. Satana non ha il potere di abbattere il nostro spirito, a meno che noi non lo vogliamo. Emerge il tema del felix culpa: il peccato ha provocato la risposta divina di un più grande amore. Il testo non è solo la riedizione economica del volume pubblicato nel 1982: è stato arricchito di un nuovo commento e aggiornato secondo le più recenti ricerche.
Il testo invita a leggere e pregare la Parola di Dio, affinché illumini il cammino di ogni persona. Il suo taglio narrativo stimola nel lettore il desiderio di accedere personalmente al testo biblico: nasce così il dialogo con il Signore. Infatti, lo Spirito che ha ispirato le Sacre Scritture è lo stesso che abita nel battezzato. Il continuo «esodo» al quale è chiamato ogni cristiano quando prende in mano le Scritture, viene percorso in questo libro attraverso la vicenda di personaggi del libro dell'Esodo: Mosè, Aronne, Giosuè, Maria, il popolo, il Faraone e... Dio stesso. Anche Lui, che non ha ricusato di farsi personaggio fra gli altri, per mostrarsi come «vicinanza» e «presenza salvifica» nella storia.
Vengono offerte: l'analisi grammaticale di tutte le forme verbali presenti, e note per un confronto critico fra testo ebraico, testo greco, latino e italiano; infine sono indicati anche i passi paralleli.
Per molti secoli il Cantico dei Cantici è stato considerato il testo-chiave della mistica cristiana dell'amore. La tradizione ebraica e quella cristiana vedevano nel poema dell'amore tra un uomo e una donna una celebrazione dell'amore di Dio per il suo popolo. Agli inizi dell'Era moderna, però, questa tradizione ha subìto una brusca interruzione: il Cantico ha cominciato ad essere inteso come una semplice raccolta di canti erotici profani. L'autore, riprendendo criticamente la discussione, commenta il Cantico versetto per versetto e dimostra come quella svolta interpretativa non trovi fondamento nel testo: il Cantico dei Cantici, uno dei vertici della poesia mondiale, è si profondamente radicato nell'ambiente della sua epoca, ma lo è anche nella Sacra Scrittura. In quanto tale, non parla solo dell'amore umano, ma evoca pure l'amore divino. L'interpretazione qui proposta ha allora il pregio di mostrare il potenziale sia teologico sia spirituale contenuto nel dialogo amoroso, attribuito a Salomone, che viene affidato a noi oggi.
Questa edizione quadriforme del libro di Daniele, utile per recepire il testo biblico in lingua originale e affrontare le difficoltà delle lingue antiche, propone: il testo ebraico masoretico (TM) della Biblia Hebraica Stuttgartensia, basato prevalentemente sul Codex Leningradensis B19A, datato circa 1008; il testo greco nella versione dei Settanta (LXX) di Rahlfs, basata prevalentemente sul Codex Vaticanus (B) risalente al IV secolo dopo Cristo; il testo latino della Nova Vulgata, redatta nel post-concilio e normativa per la liturgia cattolica; il testo della Bibbia CEI 2008, normativo per la liturgia italiana, con paralleli essenziali a margine e segnalazione dei termini difformi dall'ebraico; la traduzione interlineare italiana di ebraico e greco, eseguita a calco e orientata a privilegiare gli aspetti morfologico-sintattici del testo originale.
«Non è la prima volta che Valentino Salvoldi si inoltra nelle pagine bibliche, spesso scegliendo quelle più "provocatorie". Qohélet-Ecclesìaste lo è, per certi versi in modo estremo e supremo, e percorrerlo esegeticamente e teologicamente è piuttosto arduo. Don Valentino ha scelto di proporre una guida di lettura tematica ricorrendo a una sorta di trittico. Nella prima tavola irrompe il vocabolo-vessillo di Qohélet, hebel/habel, "vanità"; nella seconda si incrociano dialetticamente questa "vanità" radicale con la "grazia" divina assoluta e, infine, nel terzo quadro s'intrecciano eternità e tempo, pienezza e caducità, perfezione e fragilità effimera. Il dettato è limpido, coinvolgente, appassionato e non ha bisogno di tracce che ne guidino la lettura o di analisi esplicative.» (Gianfranco Ravasi).
Articolando l'analisi narrativa con l'indagine retorica e quella intertestuale, questo studio tenta di cogliere il centro del libro di Giona nel passaggio a un nuovo modo di intendere l'esperienza profetica in Israele su una teologia aperta alla prospettiva universalistica. Il personaggio protagonista è colto come paradigma di una linea di pensiero nazionalista che, se perseguita a oltranza, rischia di mettere fine al ministero del profeta in Israele. Il racconto è colto come un tentativo audace e senza compromessi di fare autocritica all'interno del corpus dei Dodici Profeti minori per trovare una via di innovazione necessaria a orientare il cammino d'Israele alla luce dei risvolti sempre inediti della parola di Dio.
«... Sulla linea del complessivo rinnovamento della lettura di Qohelet, si muove Maggioni, valorizzandone lo spessore del contributo di una riflessione pienamente credente e, parimenti, altrettanto critica. Sfatando il mito di un Qohelet incredulo questo libro viene letto restituendo, con efficacia unica, il senso della nostra finitezza e del nostro limite come parte integrante dello stesso senso di Dio. (...) Ma quello che vale di queste brevi pagine sta nella loro capacità di farci respirare il cuore pulsante di questo libro biblico, valorizzandone appieno la portata limitatamente irrinunciabile».