La locuzione latina Noli me tangere ("non toccarmi, non trattenermi") evoca un episodio del vangelo di Giovanni, l'appello che Gesù rivolge a Maria Maddalena subito dopo la risurrezione. La frase evoca un divieto di contatto, un ritrarsi, una fuga impaurita o pudica. In nessun altro momento Gesù ha vietato o rifiutato di essere toccato. Qui, al mattino di Pasqua e nel momento della sua prima apparizione, egli trattiene o previene il gesto di Maria Maddalena. Nell'episodio, i pittori hanno saputo cogliere non la visione estatica di un prodigio, ma un intreccio delicato, intessuto tra il visibile e l'invisibile, dove ciascuno chiama e respinge l'altro, ciascuno sfiora l'altro e lo allontana da sé.
Gloria è la prima parte della grande esposizione balthasariana della fede cattolica. Prendendo le mosse dagli attributi dell'essere (bello, buono, vero), Balthasar ha trattato in questa prima parte della "bellezza" del mondo e della "gloria" di Dio, nella seconda (Teodrammatica) della libertà finita ed infinita, e nella terza (Teologica) l'insieme delle questioni concernenti la verità creata, la verità divina, nonché il loro reciproco rapporto.
La storia dell'idea di sacramento sembrerebbe esclusivamente teologica. Negli ultimi anni, però, si è riscontrato un crescente interesse anche filosofico per questo concetto. Si pensi alla fenomenologia francese, che chiama in causa ripetutamente l'eucarestia, o ai lavori di Agamben, in cui il sacramento è assunto come paradigma di dinamiche economiche, politiche e più latamente ontologiche. Ma altri esempi si possono citare, e anzi un uso filosofico del sacramento inizia già nella modernità. Il volume tenta perciò la ricostruzione di alcune tappe fondamentali della storia dell'idea, del cui lungo sviluppo mancava ancora una ricostruzione diacronica. Muovendo non solo dalla patristica latina, ma anche dai prodromi nella Bibbia ebraica, e passando attraverso la comprensione semiotica che, sulla scia di Agostino, si sviluppa nel XII secolo e nella scolastica, i saggi qui raccolti arrivano sino a Kant, all'idealismo tedesco e al pensiero contemporaneo. Infine, sulla scia di una ricerca precendente, in queste pagine si tenta di leggere sinteticamente l'attuale uso filosofico del sacramento alla luce dell'analogia: instaurando una logica che tiene insieme identità e differenza, infatti, il sacramento rappresenta una possibile radicalizzazione di quella figura teorica, dalle valenze ontologiche prima che teologiche.
Unde male faciamus? O meglio, unde malum? (donde viene il male?) Partendo da queste domande - domande classiche in forza dell'enigma in esse raccolto Ricoeur torna a riflettere sullo scandalo del male. In pagine intessute di finezza ermeneutica e rigore teoretico, Ricoeur disegna da un lato una fenomenologia del male: la sofferenza, la pena, il peccato, l'intreccio di male subìto e male commesso... D'altro lato ricostruisce il formarsi dell'onto-teologia e delle sue diverse teodicee, in quanto tentativo - da Agostino a Leibniz, da Kant a Hegel, fino alla paradossale dialettica spezzata di Barth - di coniugare realtà del male e credenza in un Dio onnipotente. Ma reggono queste soluzioni dinanzi alle forme estreme del male nel nostro secolo? Per Ricoeur, consumatosi il progetto stesso dell'onto-teologia, alla fine non resta che il riconoscimento dell'aporia di un male in sé ingiustificabile e di una fede che ripeta il gesto ultimo di Giobbe: credere in Dio per nulla. In margine al saggio di Ricoeur, De Benedetti, nella Postfazione, si sofferma sui riflessi teologici dell'enigma del male, dopo che la caligine di Auschwitz ha oscurato (fino a quando?) i segni di Dio.
Il volume prende in esame una delle tesi più originali di Enrico di Gand: quella del lumen medium, ovvero dell’illuminazione speciale concessa da Dio ai maestri di teologia per permettere loro di trasformare almeno in parte (congiuntamente all’attività di studio e di ricerca) ciò che è oggetto di fede in oggetto di autentica comprensione scientifica. La dottrina enrichiana viene analizzata a partire dai suoi presupposti gnoseologici, mettendo in luce da una parte il percorso che conduce alla fondazione della teologia come scientia prima e, dall’altra, lo statuto del tutto peculiare che Enrico attribuisce al maestro di teologia. Ma ampio spazio viene dato anche al contesto in cui la posizione di Enrico si inserisce, e cioè tanto al dibattito sullo statuto scientifico della teologia nel corso della seconda metà del XIII secolo, quanto alla controversa fortuna della dottrina del lumen medium, tra il XIII e il XIV secolo, presso l’altro influente maestro secolare del periodo (Goffredo di Fontaines) e presso alcuni dei più importanti teologi domenicani, francescani e carmelitani.
Il volume prende in esame le questioni dedicate da uno dei più autorevoli maestri di teologia della seconda metà del XIII secolo, Enrico di Gand, alle problematiche morali e a quella che gli stessi medievali chiamano vita activa. L’indagine del pensiero etico enrichiano viene condotta studiando dapprima le coordinate teoriche che regolano e determinano l’agire pratico (i rapporti tra la volontà e l’intelletto, ovvero delle potenze dell’anima che sovrintendono alla sfera della prassi e ne determinano la libertà, e la dottrina delle virtù morali) e quindi considerando i testi dedicati da Enrico alla sfera economica, a quella politica e alla deontologia del maestro di teologia. Il magister theologiae è, secondo Enrico, l’«architetto» della vita della Chiesa e dell’intera società laica; egli opera e guida in ogni suo aspetto la vita activa, ovvero quella sfera di esistenza in cui gli esseri umani possono realizzare su questa terra la virtù più perfetta, ed aspirare così alla felicità.
Nel 2011, presso la Pontificia Università Gregoriana, si è celebrato un Convegno, con relatori noti sul panorama filosofico italiano (C. Canullo, P. Gilbert, S. Bancalari) dal titolo Genesi di un trittico sull'opera di E. Falque. L'anno successivo l'Università La Sapienza di Roma ha dedicato alcune conferenze al pensiero di Falque. Nel 2014 l'Università San Raffaele ha tenuto una giornata di studio sul testo Passer le Rubicon e nell'estate dello stesso anno, a Parigi, si è celebrato un Convegno a cui sono intervenuti autori di rilievo della filosofia e della teologia. "Al di là del limite" ha una duplice ambizione: da un lato è un breve saggio introduttivo per chi approccia un pensiero così ricco come quello di Falque. Ma non vorrebbe essere una semplice enciclopedica presentazione: non mancano, soprattutto nella parte finale, degli spunti di "disputa" con l'autore, nel tentativo di recepirne il contributo in teologia.
Nell'orizzonte della modernità e dei legami fra modernità e cristianesimo si colloca la proposta della cristologia filosofica che, come affermato da colui che ne ha definito lo statuto epistemologico, X. Tilliette, testimonia non solo il continuo confronto dei filosofi moderni con il Cristo ma, più radicalmente, come Cristo sia stato il principio ispiratore di tanti sentieri della filosofia moderna. Il volume dopo un primo capitolo in cui si delineano alcune caratteristiche essenziali della modernità e del rapporto fra cristianesimo e modernità, mette a tema la cristologia filosofica per poi presentarla in alcuni autori significativi: Spinoza, Kant, Fichte, Hegel, Schelling, Nietzsche.
La filosofia in età moderna spesso confonde e rimette in discussione divisioni disciplinari certo non incrollabili, ma sicuramente solide, in particolare nei confronti della teologia. I filosofi elaborano prove dell'esistenza di Dio, meditano sugli attributi divini, si interrogano sull'esistenza dei miracoli e dei demoni, discutono accanitamente di teodicea. È possibile individuare segni di un loro interesse anche a proposito della figura di Cristo? Una figura che, a motivo della relazione tra natura umana e natura divina che costitutivamente comporta, ben si presta a un discorso non esclusivamente teologico, ma filosofico, con risvolti morali ed etico-civili. E la riflessione sul cuore della struttura dogmatica del Cristianesimo (Trinità, Incarnazione, Redenzione), sulle sue articolazioni, sulla vita terrena di Gesù, in che misura interagisce poi con gli sconvolgimenti determinati dalla Riforma protestante? I saggi raccolti in questo volume cercano di recare chiarimenti e contributi interpretativi su un argomento che conferma una volta di più l'ampiezza di prospettiva della filosofia in età moderna.
Il volume, collocato all'interno del percorso di riflessione condotto dalla Fondazione Lanza di Padova, mette in dialogo un teologa e una filosofa, proveniente dal mondo laico, sul tema del bene comune: ne emergono intrecci inattesi e prospettive cariche di futuro. Incatenare l'attuale sistema economico -civile.
La fede senza la ragione non diventa umana (J. Ratzinger). Ciò che rende umana la fede non è la fondazione razionale della teologia - improponibile nel contesto "postmoderno" e "postmetafisico" - ma l'esplicitazione argomentata della destinazione universale del discorso cristiano. La teologia non necessita di alcuna fondazione filosofica, perché il suo centro - il mistero di Dio in Gesù Cristo - non è riducibile ad una logica fondativa, né tantomeno dimostrativa. Tuttavia il discorso teologico esige una legittimazione filosofica perché esso non può risolversi esclusivamente come teologia della rivelazione senza impegnarsi in un'analitica della libertà. L'umanità della fede rinvia ad un'antropologia della libertà che è correlativa al realismo cristologico. Il saggio attraversa il travagliato ripensamento della teologia filosofica dopo la duplice provocazione heideggeriana e barthiana attraverso il confronto serrato con tre teologi - Henri Bouillard, Karl Rahner e Christoph Theobald - che assumono fino in fondo la sfida di superare l'estrinsecismo filosofico della teologia. Solo riconoscendo alla libertà un rilievo concostitutivo nell'evidenza della verità è possibile riconoscere Gesù come verità di Dio e dell'umano.
Nel mondo contemporaneo l'area della non credenza si allarga ogni giorno di più e, anche nell'ambito di coloro che si dicono credenti, si stanno diffondendo i comportamenti tipici dell'ateo pratico. L'ateismo si presenta come l'elemento unificante di culture e concezioni filosofiche spesso profondamente diverse tra loro ed è riuscito a insinuarsi in alcune teologie, come quelle della morte di Dio. In una rivisitazione complessiva dell'ateismo nella sua evoluzione storica, Roberto Timossi analizza il pensiero dei principali negatori dell'esistenza di Dio e della religione (da D'Holbach a Feuerbach, da Nietzsche a Heidegger, da Sartre a Foucault, da Meslier a Proudhon, da Stirner a Marx, da Bloch ad Adorno, da Sade a Freud, da Schopenhauer a Leopardi e Camus, da Russell a Carnap e Ayer), dedicando un'attenzione particolare agli atei "scientifici" e ai cosiddetti atei moderni, perché negli ultimi decenni si è diffusa una forma di ateismo che vede come protagonisti molti celebri uomini di scienza, quali Steven Weinberg, Richard Dawkins e Stephen Hawking. "Nel segno del nulla" offre dunque una visione completa dell'orizzonte ateo e un'interpretazione delle direttrici principali dell'ateismo alla luce dell'attuale condizione umana, perché di fronte a ogni singolo uomo si pone sempre la questione del senso dell'esistenza, del confronto con il rischio dell'assurdo e del nulla.