Le riflessioni di san Giovanni Paolo II sul corpo rappresentano un insegnamento tra i più importanti del suo pontificato e rispondono alla domanda di ciò che significa essere uomini. Parole nuove, preziose, che recuperano il senso profondo della vita e dell'amore, della sessualità e del matrimonio. Un tesoro ancora sconosciuto a gran parte dei cristiani che Christopher West si propone di rendere accessibile e comprensibile ad un vasto pubblico.
Quattordici interviste a donne protagoniste del cattolicesimo contemporaneo. Voci molto diverse fra loro: religiose, studiose, docenti universitarie, economiste, giornaliste, scrittrici, madri. Donne che parlano di fede ma anche delle loro vite, delle loro esperienze, del loro impegno nella società. Un puzzle variegato che aiuta a scoprire e capire un altro punto di vista – spesso nascosto e poco valorizzato, ma prezioso e a tratti inedito, sorprendente – nella compagine ecclesiale: quello delle donne.
“C’è la teologa accanto alla matematica, la mamma vicino all’abadessa la missionaria a fianco della storica. Sentirle parlare è un arricchimento, a prescindere da come ci si collochi rispetto a quello snodo cruciale dell’esistenza che si chiama ricerca di Dio”.
Dalla Prefazione di Myriam Defilippi
Negli ultimi anni la questione del "genere" si è imposta all'attenzione della società, creando interrogativi e disorientamento sul piano politico ed educativo. Esiste una teoria del genere? Che cosa propone la cultura che si ispira a questa teoria? Ci sono valori da riconoscere nella cultura del genere? Può avere un senso parlare di identità di genere?... Questa pubblicazione è un agile strumento per gli educatori: raccoglie domande frequenti che vengono poste dai giovani (e meno giovani) sulla questione del genere e abbozza possibili risposte sul piano antropologico, educativo e sociale in una visione armonica, biologica e culturale, della persona.
Il libro presenta il ritratto di dodici cristiani appartenenti a una piccola fraternità di persone omosessuali e transgender. Come succede a ogni cristiano, il loro percorso di fede somiglia più a un sentiero scosceso che a un'autostrada. Ci sono periodi di smarrimento, di lotta interiore, e poi istanti di rivelazioni e di conversione, ma il tratto che li accomuna tutti è una forte esperienza di Dio nella preghiera. Un credente omosessuale o transessuale impiega poco tempo per capire che la sua posizione nella Chiesa non viene riconosciuta come tale, obbligandolo a un percorso di pericoloso avvitamento su se stesso. La non accettazione porta al nascondimento. Il nascondimento porta all'invisibilità. L'invisibilità genera la sensazione di non esistere. Ciò che non esiste non viene considerato. Punto. Per rompere questa catena perversa occorre spezzare qualche anello e far emergere il diritto di essere ascoltati, se necessario anche mettersi a gridare come fece Bartimeo in mezzo all'ostilità dell'entourage di Gesù. L'amore incondizionato che Gesù mostra nei vangeli per ogni uomo e donna che si accosta a lui è il modello da riprendere nella nostra pastorale.
L'importanza del tema della dignità umana è evidente, soprattutto se si considera come questa categoria risulti presupposta e impiegata nei dibattiti pubblici, e prima ancora nelle solenni Dichiarazioni degli organismi internazionali, dando quasi per scontata la sua portata semantica. Il rischio dell'usura delle parole, fino alla loro insignificanza, invade anche la prerogativa della dignità con la quale si è pensata la differenza antropologica e un corrispettivo criterio fondamentale per la relazione etica tra i soggetti umani. La dignità, non da oggi, rischia l'evanescenza in un puro concetto in cui rifugiarsi quando si è in difetto di più perspicue modalità argomentative. Coltivando magari l'illusione che la semplice posizione di un argomento di dignità riesca dirimente e in grado di chiarire situazioni la cui complessità imporrebbe una più pesata consequenzialità argomentativa. Se la dignità risulta un postulato, non di meno è necessaria un'operazione di pensiero per definirne la mappa concettuale delle potenzialità e precisare come essa possa essere riconosciuta, sostenuta e difesa nei differenti ambiti in cui prende forma l'attività e l'interazione dei soggetti umani. Questo volume, oltre che approcciare un nodo fondamentale dell'antropologia e della morale, raccoglie i contributi del progetto sulla "dignità umana" che ha impegnato il gruppo di ricerca in etica sociale "In dialogo".
Pur consapevole della temerarietà dell’impresa, l’autore non rinuncia a porre – con umiltà, convinzione e coraggio – la questione circa l’identità dell’essere umano. Procede con cautela e senza pretese definitive, esorbitanti. Si concentra sul “mimino” possibile. «La griglia dei temi e la loro interpretazione, pertanto, costituiscono un timido approccio al difficile fenomeno umano» (G. Ancona).
Dire l’uomo è un’operazione difficilissima, estremamente complessa e misteriosa. Nessun sapere sarà in grado di fornire risposte esaustive, soddisfacenti, capaci di esaurire una volta per tutte l’interrogativo fondamentale circa l’identità antropologica e il suo destino.
Dell’uomo si possono dire solo dei “minimi antropologici”, che stimolano la ricerca nei suoi percorsi interpretativi. Tali “minimi antropologici” vengono qui declinati secondo una griglia di temi (si potrebbe dire, nella forma di appunti), che costituiscono un timido tentativo di lettura dell’umano: i fenomeni che dicono l’esistenza umana nella concretezza del parlare, del conoscere e pensare, del lavorare, dell’amare, del soffrire e morire, del credere e sperare; l’interpretazione che dell’uomo viene offerta da alcuni saperi significativi (antropologia filosofica e culturale, neuroscienze, teologia); la presentazione di tre paradigmi del vivere concreto dell’uomo, che si offrono come orizzonti di “conquista” di una vita riuscita in pienezza.
La teologia ha bisogno della filosofia. Non come un'alleata compiacente e servile, nemmeno come una semplice tecnica argomentativa, ma come un discorso rigoroso su ciò che è umano dell'uomo. Io, sé, soggetto, persona non sono termini equivalenti, ma circoscrivono la medesima questione cruciale: quando si dà l'uomo e quali sono le condizioni della sua istituzione? L'originalità del fenomeno umano non si afferma per contrapposizione alla natura, ma viene riconosciuta nella novità della sua libera attuazione, incarnata e interpersonale. L'itinerario di questa ricerca si sviluppa anzitutto nel confronto con alcuni autori - J. Benoist, D. Henrich, P. Richir e P. Ricoeur rappresentativi del dibattito filosofico contemporaneo. E culmina con l'agile presentazione di alcune tematiche - il ruolo della percezione; coscienza e soggettività; lo statuto del simbolico; l'istanza dell'originario; il rapporto filosofia e teologia - che rilanciano i contenuti e le questioni di maggior rilievo. L'intelligenza della fede ha bisogno di interrogare l'umano e le condizioni del suo compimento, perché lo comprende come principio interno alla realizzazione cristologica della verità di Dio.
Moltmann qui si conferma essere il grande autore tedesco di fama internazionale, un pensatore di grandi capacità, sempre in grado di stupire, la cui originalità emerge in tutta la sua acutezza. Sul "Dio vivente" e sulla "pienezza di vita", di per sé, il teologo tedesco già ebbe a scrivere. Eppure qui la ripresa di tali temi apre a un esito del tutto nuovo, ancora più sentito. Così, nella prima delle due parti in cui il libro è articolato, l'autore vuole liberare il Dio cristiano dai ceppi delle definizioni metafisiche: Dio è immutabile? Dio può soffrire? E, contemporaneamente: quello annunciato da Gesù Cristo è l'Onnipotente o si tratta forse di un Dio che ritrae la sua forza per lasciare spazio di libertà agli esseri umani? La seconda parte del libro si apre, poi, come un fiore, descrivendo l'esistenza umana nella pienezza della vita di Dio e raccogliendo le diverse considerazioni nel segno di una frase di Atanasio: «Il Cristo risuscitato fa della vita una festa senza fine». Proprio in questo contesto di riflessione emerge anche un piccolo gioiello: un ricordo autobiografico legato a Ernst Bloch e alla sua «verità come preghiera».
Questo libro raccoglie una serie di articoli, conferenze, contributi, usciti in occasioni varie. Il loro filo conduttore può essere mostrato da tre parole fondamentali: fragilità, complessità, trascendenza. La fragilità si manifesta nelle problematiche affrontate nella prima parte del libro: matrimonio, omosessualità, colpa, morte, suicidio, perversione. Temi di non facile soluzione, ma sui quali non si può fare a meno di interrogarsi, e che rimandano alla seconda parola chiave: la complessità. Complessità dell'essere umano, come della presente epoca "post-moderna", che ripropone in maniera accentuata gli interrogativi di sempre circa il senso di vivere. Da qui la terza parola, la trascendenza. Gli aspetti più alti e peculiari dell'essere umano sono un invito a superarsi, esprimono il suo mistero e la sua affascinante complessità. L'uomo può vivere un incontro pacificante tra questi aspetti molteplici. Ma, per renderlo possibile, deve affinare il suo sguardo.
Gli studi raccolti all'interno del presente volume da Cristiano Barbieri affrontano le due polarità dell'antropologia cristiana e della medicina legale canonistica sul matrimonio, con riferimento alle problematiche psicologiche e psichiatriche. Le riflessioni proposte non intendono porre la parola "fine" ad un dibattito ancora aperto e che, per certi aspetti, non può che rimanere sempre aperto, posta la dinamicità che la ricerca scientifica ha in ogni campo, in quello delle scienze naturali così come in quello delle scienze umanistiche. Esse, tuttavia, costituiscono un utile contributo per quel dialogo tra canonisti e medici che può essere realmente fruttuoso nella misura in cui, appunto, si muove all'interno della medesima visione antropologica.
Il desiderio di possedere, antico come l'uomo. E il senso del limite, come misura dell'essere umano. Dalla Bibbia al Vangelo: è più facile che un cammello passi dalla cruna dell'ago... Da Platone che condanna la "pleonexia" (la brama di avere sempre di più) alle "nozze" di Francesco d'Assisi con la povertà, per fare spazio a Dio. E agli altri. Sobrietà e condivisione come antidoti al "vizio" della ricchezza. Un monaco e un filosofo laico discutono di una pulsione "naturale" all'accumulazione dei beni, che l'etica e la spiritualità religiosa interpretano e "governano".
Il teologo racconta il potere di Gesù, che non è imposizione di forza ma amore-servizio. L’autorità, quella vera, quella secondo la visione di Dio, non s’impone ma propone; non dirige la vita altrui, non prende decisioni per gli altri ma li aiuta a maturare.
La storica descrive l’evoluzione della cultura e della politica islamica, nelle sue contraddizioni, dai tempi del Profeta ai nostri giorni, concludendo con un antico detto della saggezza musulmana: «Un principe senza giustizia è come un fiume senz’acqua».
Prefazione di Francesco Ghia