Yaroslav Hrytsak ricostruisce la storia dell'Ucraina a partire dal medioevo fino all'età contemporanea, individuando le divergenze con la storia russa. Differentemente da quanto una scelta di lungo periodo potrebbe far pensare, la ricostruzione non si basa su una concezione deterministica: lo snodo di cosa sia la nazione viene affrontato nella sua problematicità e l'obiettivo è quello di far comprendere come sia difficile individuare un percorso lineare e univoco nei processi che hanno portato all'emersione dell'Ucraina come soggetto storico negli ultimi due secoli. È una storia che potremmo definire «globale» perché è influenzata da sviluppi sociali e culturali che a prima vista possono sembrare molto lontani e perché comprendere il nazionalismo ucraino significa andare al cuore di uno dei nodi dell'Europa attuale. Il capitolo finale è stato aggiornato dall'autore per l'edizione italiana. «Se questo libro non provocherà dibattiti più seri sul passato e sul presente dell'Ucraina, questa sarà la peggiore punizione per me e per le mie debolezze intellettuali»
La storia italiana del Novecento consegnata alla verità dei fatti. E' questa la nota dominante del libro di Ugo Finetti, scrittore e giornalista della Rai, che ricostruisce e puntualizza quasi tre quarti di secolo di vita nazionale - con specifico riferimento ai passaggi chiave dell'antifascismo e della Resistenza - sulla scorta dei risultati critici maturati dalla storiografia revisionista, che va liberando la cultura italiana da decenni di chiusure ideologiche e strumentalizzazioni politiche. Tra i meriti del volume è da segnalare l'impressionante documentazione delle distorsioni e falsità che, in ordine alla vita dei partiti antifascisti e al loro impegno nella lotta resistenziale, sono rinvenibili nei manuali scolastici di storia, ancora egemonizzata da autori eredi delle vecchie parole d'ordine del comunismo internazionale e indigeno. Prefazione di Sandro Fontana, già vicepresidente del Parlamento europeo (pp. 384).
Il tuffatore di Paestum è una delle opere d'arte più belle ed enigmatiche dell'antichità. È un soggetto inconsueto, la cui unicità rappresenta una sfida per gli studiosi di arte e archeologia classica. Si tratta di un'immagine simbolica o di una scena di vita reale? E qual è il suo significato nel contesto di una tomba? La lettura che ne dà Hölscher - illustre studioso fra i massimi esperti al mondo di archeologia classica - è un viaggio avvincente negli spazi e nei tempi che caratterizzavano la vita dei giovani nella Grecia antica, nella delicata fase di passaggio alla condizione adulta.
Se vogliamo comprendere la Cina contemporanea non possiamo prescindere dalla storia del Partito comunista cinese. Ne ha determinato le sorti e i profondi cambiamenti, trasformando in cento anni un paese rurale nella seconda potenza economica mondiale. Nel luglio del 1921, quando nacque, il Pcc aveva solo una cinquantina di membri ed era un soggetto politico marginale. Oggi conta oltre novanta milioni di iscritti e, dal 1949, è alla guida di un paese immenso e molto complesso. Con questa ambiziosa opera, che si avvale delle fonti più aggiornate, Guido Samarani e Sofia Graziani intrecciano la storia del Pcc alla storia della Repubblica popolare cinese, delineandone l'organizzazione, l'ideologia, la strategia interna e internazionale, i momenti gloriosi quanto gli eventi drammatici.
È il maggio 1967 quando esce, per una piccola casa editrice fiorentina, un libro dal titolo "Lettera a una professoressa". L'hanno scritto don Lorenzo Milani e gli alunni della scuola di Barbiana, una canonica del Mugello a pochi chilometri da Firenze. Il libro viene subito accolto dai linguisti come un manuale di pedagogia democratica, dai professori come un prontuario per una scuola alternativa, dagli studenti come il libretto rosso per la rivoluzione. "Lettera a una professoressa" è stato un autentico livre de chevet di una generazione, vademecum di ogni insegnante democratico per lunghi, lunghissimi anni. Visto, ancora oggi, come anello centrale se non vero e proprio punto di partenza di ogni riflessione sulla necessità di riformare la scuola. Ma anche come inizio della crisi della scuola. Un libro-manifesto, suo malgrado. Ma com'è stato possibile che l'esperimento pedagogico di una scuoletta di montagna e la pubblicazione di poche pagine siano diventati la scintilla di una rivoluzione? Perché ancora oggi questa "Lettera" mobilita il ricordo, innesca passioni, divide e fa litigare? Perché si è fissato nella memoria collettiva come un punto di passaggio epocale non solo quando si parla di scuola ma anche di giovani, generazioni, movimenti?
«Le seduzioni del totalitarismo»: ecco in due parole - secondo Bracher - la chiave di lettura più appropriata e la sintesi dell'intera storia del Novecento. L'autore ripercorre cento anni di storia attraverso le alterne vicende e il destino delle ideologie: la crisi del liberalismo sul finire dell'Ottocento, la nascita di un nuovo irrazionalismo e di nuovi nazionalismi razzisti, le origini del fascismo, i contraccolpi della Rivoluzione d'Ottobre, le esperienze totalitarie in Italia e in Germania, la ventata sessantottesca, le ricorrenti tentazioni integralistiche più recenti nel Terzo Mondo e non soltanto nel Terzo Mondo.
Questo è un grande libro sullo scenario fisico delle città europee, il cui carattere di persistenza nel tempo attraversa le altre vicende storiche e diventa un canale di comunicazione insostituibile tra presente e passato, ma anche di condizionamento del presente sul futuro. È la stabilità, infatti, che dà risalto e significato al fluire delle esperienze diverse di ogni generazione, ciò che costituisce l'identità dei luoghi in cui viviamo. Da una città all'altra dell'Europa attraverso i secoli, Leonardo Benevolo ravvisa una tradizione urbana europea riconoscibile. Scopriamo ad esempio che i monumenti non si isolano dalla città, ma si affacciano sugli spazi comuni e con le loro facciate li arricchiscono, andando a fondare la nostra tradizione urbana. Una tradizione basata sulla molteplicità, sull'imperfezione, sull'aderenza ai valori della vita quotidiana.
C'è stata una donna, durante la Rivoluzione Francese, che ebbe il coraggio di sollevare i gonnelloni e marciare su Versailles a cavallo di un cannone. E un'altra, una deputata del parlamento inglese, che nel primo Novecento pronunciò una frase memorabile: «Mi servirebbe una moglie!», denunciando così il sostegno che, nell'ombra, da sempre le mogli dei politici hanno dato loro. Perché, come affermò nel 1893 Helene Lange: «La questione femminile è anche una questione maschile». Le voci delle donne, e degli uomini, che riecheggiano in questo libro ristabiliscono un dialogo fra noi e il passato. Provano a raccontarci cinque secoli di ricerca contrastata e difficile per la libertà.
"L'Europa oggi è ancora da fare e addirittura da pensare. Il passato propone, ma non dispone, il presente è determinato tanto dal caso e dal libero arbitrio quanto dall'eredità del passato. Questo libro mostra le anticipazioni medievali dell'Europa e le forze che le hanno combattute con maggiore o minore vigore per poi sconfiggere questi primi tentativi, in un processo discontinuo dalle alterne vicende. Ma si tenta anche di provare che i secoli tra il IV e il XV sono stati determinanti e che, di tutti i lasciti vitali per l'Europa di oggi e di domani, quello medievale è il più importante". Così Le Goff presenta la sua riflessione sulle unità e le diversità, le idee e le strutture materiali che hanno definito la nascita e l'evoluzione dell'Europa.
I corridoi umanitari sono uno strumento di ingresso legale in Europa offerto a persone vulnerabili, in fuga da guerre, persecuzioni, fame. Salvano soprattutto famiglie con bambini, soggetti con disabilità, donne sole, anziani, malati. Rappresentano una grande speranza malgrado la sproporzione numerica tra i beneficiari e quanti languono in lunghi esodi tra mari, montagne, deserti. Non sono un lasciapassare per chiunque, ma poiché debolezza e patimento sono la realtà di pressoché tutti i profughi e i migranti, i corridoi hanno un significato universale. Promossi dalla società civile con l'appoggio dello Stato, i corridoi sottraggono persone sradicate ai trafficanti delle rotte illegali, ai barconi di fortuna delle traversate mediterranee, alle violenze delle rotte balcaniche, ai soprusi dei paesi canaglia, ai rovinosi rimpatri forzati. Nella forma sperimentata in Italia, hanno la caratteristica d'integrare efficacemente i beneficiari nelle comunità locali d'approdo, in un processo di sponsorship e di autofinanziamento focalizzato sulla società civile.
Il conte di Cagliostro - identificato dalle autorità con il lestofante siciliano Giuseppe Balsamo - raggiunse la celebrità negli ultimi decenni del Settecento grazie a presunte doti divinatorie, abilità alchimistiche e militanze massoniche. Le sue imprese stimolarono cronache giornalistiche, libelli, satire, ritratti, caricature, romanzi, componimenti poetici. Viaggiò senza sosta da un paese all'altro e divenne prototipo del «divo» moderno. Appariva abbastanza stravagante da suscitare stupore, ma possedeva anche la tipicità necessaria per risultare credibile. Pasquale Palmieri lo racconta a partire da alcuni momenti decisivi della sua vita, segnati da procedimenti giudiziari che attirarono un'attenzione senza precedenti da parte dei media di tutta Europa. Cagliostro assunse pose anticonformiste, ma perseguì con determinazione lo scopo di conformarsi ai valori dei ceti dominanti. Fu un autentico fenomeno mediatico, protagonista di uno spettacolo ricco di colpi di scena. La sua vicenda toccò argomenti cruciali come il funzionamento della giustizia, l'esercizio del potere, l'organizzazione del sapere e il rapporto con la natura. Alimentò dubbi ed enigmi, suggerendo solo risposte frammentarie e incomplete, sospese tra fede e razionalità, virtù e misfatto, redenzione e dannazione.
Non sono più i tempi in cui Togliatti dettava la linea agli storici marxisti, in cui lo scontro tra Craxi e Bobbio produceva un mutamento nella linea politica di un partito, in cui gli intellettuali partecipavano appassionatamente alla vita politica del paese. Ormai non è più neanche il periodo delle fondazioni, dei think tank o degli intellettuali ad personam di una ventina di anni fa. Oggi, semplicemente, politica e cultura hanno ritenuto di poter fare a meno una dell'altra. Perché? E soprattutto, come si è prodotta questa frattura? Un racconto delle tappe attraverso le quali si è arrivati a questa stagione del disamore, del disprezzo per i 'professori' da un lato, dell'inconcludenza e della vanità dall'altra. Un racconto che indaga le ragioni del discredito che ha investito le figure del politico e dell'intellettuale negli ultimi trent'anni; analizza il ruolo che in questo processo hanno avuto i mass media e l'università; riflette sulla dissoluzione di quel nesso tra politica e cultura, cruciale nella storia italiana del pieno Novecento. Un libro che, senza giudizi moralistici, pone al centro una delle questioni più significative del nostro tempo.