Carlo I, noto con l'appellativo di «Magno», è stato senz'altro una delle figure più straordinarie che abbiano mai governato un vasto impero europeo. Proclamatosi consapevolmente non solo «re dei Franchi», ma nuovo «imperatore» del Sacro Romano Impero, fu un uomo capace di imprese eccezionali. Per i successori e posteri non è stato facile raccoglierne l'eredità, nel corso dei secoli più volte reinterpretata, copiata, sovvertita. La sua figura è stata celebrata anche in tempi moderni da sovrani e ideologi, come il Kaiser Guglielmo II e Adolf Hitler, e dopo la seconda guerra mondiale è stata reinventata come icona dell'attuale Europa. Ma dietro al mito c'è una vita e un uomo, che oggi Janet L. Nelson, studiosa dell'età medievale, dopo un attento lavoro sulle fonti riporta alla luce. Accostandosi a questo personaggio da angolature inconsuete e seguendone l'intero percorso di vita fin dalla prima infanzia, l'autrice lascia che a parlare siano i documenti coevi - testimonianze di contemporanei che ci consentono di avanzare ipotesi sulle sue opinioni e motivazioni - e gli stessi diplomi reali, fonti insospettabili di simboli e metafore che possono essere decifrati. L'accuratezza delle ricerche, che non tralascia la vasta produzione storiografica esistente, svela il ritratto di un governante spinto da un'energia fisica fuori dal comune e da una formidabile curiosità intellettuale, una personalità complessa, «un signore della guerra, un uomo di pace e un giudice» che promise «per ciascuno la legge e la giustizia», un difensore della Chiesa romana, ma soprattutto un uomo in carne e ossa, che ebbe numerose mogli e concubine, e generò almeno diciannove figli, uno dei quali complottò persino per ucciderlo. Il libro di Janet L. Nelson raccoglie tutto ciò che sappiamo su Carlo Magno e riesce in modo incomparabile a creare un senso di affinità e vicinanza con un personaggio storico le cui gesta non saranno mai dimenticate.
Il corpo di una scrittrice, in apparenza integro eppure danneggiato, diventa lo specchio della fragilità umana e insieme della nostra inarrestabile pulsione di vita. Francesca Mannocchi guarda il mondo attraverso la lente della malattia per rivelare, con una voce letteraria nuda, luminosa, incandescente, tutto ciò che è inconfessabile. Quattro anni fa Francesca Mannocchi scopre di avere una patologia cronica per la quale non esiste cura. È una giornalista che lavora anche in zone di guerra, viaggia in luoghi dove morte e sofferenza sono all'ordine del giorno, ma questa nuova, personale convivenza con l'imponderabile cambia il suo modo di essere madre, figlia, compagna, cittadina. La spinge a indagare sé stessa e gli altri, a scavare nelle pieghe delle relazioni più intime, dei non detti più dolorosi, e a confrontarsi con un corpo diventato d'un tratto nemico. La spinge a domandarsi come crescere suo figlio correndo il rischio di diventare disabile all'improvviso e non potersi quindi occupare di lui come prima. Essere malata l'ha costretta a conoscere il Paese attraverso le maglie della sanità pubblica, e ad abitare una vergogna privata e collettiva che solo attraverso l'onestà senza sconti della letteratura lei ha trovato il coraggio di raccontare.
Il convenzionale intreccio della figura pubblica e privata di Dante con la sua opera e il contesto storico e culturale dell'Italia tra Due e Trecento ha favorito in passato non poche ingenuità metodologiche e comode semplificazioni che questa nuova vita di Dante evita accuratamente. Combinando, in un linguaggio chiaro e accessibile a un pubblico di lettori non specialisti, le acquisizioni più recenti con gli esiti di ricerche personali e di prima mano, Paolo Pellegrini propone sostanziose novità rispetto alle biografie precedenti. Sia nella scrupolosa ricostruzione dell'esistenza del poeta, sia nell'attenta analisi della tradizione testuale, della cronologia e della stesura delle opere, che passa i più recenti contributi della medievistica moderna al vaglio della migliore filologia novecentesca. Al tempo stesso, attraverso una più solida selezione puntuale della bibliografia dantesca, il saggio intende offrire alle generazioni di studiosi più giovani o ai semplici appassionati un'indicazione di metodo che potrà essere messa a frutto per ulteriori e future ricerche.
La vita di Enzo Boletti (1919-2005) è un alternarsi di colpi di scena che spaziano dalle verdi colline del Garda all'inferno sovietico. Enzo fu un giovane animato, come tanti, dal desiderio di servire la Patria: diventò alpino, conoscendo gli orrori della Seconda guerra mondiale sul Fronte Orientale e l'eroismo della Resistenza polacca, di cui diventerà un celebrato eroe, per poi ritrovarsi prigioniero nella Siberia di Stalin. Il suo incubo nei Gulag durerà oltre un decennio: sarà infatti l'ultimo reduce italiano a essere liberato. Nel suo carcere tra i ghiacci della Siberia non si lascerà però annientare e al rientro in patria lo attenderà un'instancabile attività di amministratore pubblico e di promotore dell'economia locale. Resterà per sempre legato alla grande famiglia degli alpini e sarà il fondatore del primo Museo Internazionale della Croce Rossa a Castiglione delle Stiviere. Questa è la sua prima biografia che attinge a un'impressionante quantità di materiali inediti provenienti dall'archivio di famiglia e alle testimonianze degli amici che lo conobbero da vicino.
In ambito calcistico Maradona e Messi sono considerati i geni più rappresentativi del calcio perché in grado di creare uno spazio dove nessuno avrebbe mai immaginato che poteva esserci uno spazio. Il genio è dunque colui che genera e apre nuovi spazi, non soltanto nel gioco del calcio. Recalcati può essere, in questo senso, definito il Maradona o il Messi della psicoanalisi. Scritto da uno dei più brillanti allievi di Recalcati, già autore di un' Introduzione a Recalcati, in questo volumetto che inizia proprio parlando di Maradona, l'Autore analizza il fenomeno Recalcati, il suo "stile di gioco" culturale, ripercorrendo tappe della sua biografia, la sua formazione, passaggi fondamentali come la creazione di Jonas, fino ad arrivare al successo di massa di Recalcati che ha generato ammirazione e rivalità, consenso e critiche. Come inevitabile. Recalcati non si è limitato infatti a percorrere un cammino già tracciato da altri, ma ha oltrepassato i confini della psicoanalisi per rivoluzionare il campo del sapere.
Caterina Bellandi, ovvero zia Caterina, è la famosa tassista di Firenze conosciuta in Italia e nel mondo per la sua opera di assistenza ai bambini malati di tumore che lei accompagna con allegria e leggerezza nel proprio taxi colorato e pieno di peluche all'ospedale Meyer di Firenze. Salita sul magico taxi, l'autrice ha avuto modo di vedere zia Caterina all'opera in mezzo ai bambini, che lei chiama Supereroi, seguiti, coccolati e anche disegnati sulla carrozzeria. Zia Caterina racconta la sua storia partendo dall'inizio della sua avventura, quando Stefano, il suo grande amore scomparso troppo presto, le lasciò in eredità il proprio strumento di lavoro: il Taxi Milano25. Tra gli episodi salienti l'incontro con Padre Bernardo di San Miniato al Monte di Firenze, il Clown dottore Patch Adams che l'ha voluta con sé in Russia e il viaggio da poco concluso in Thailandia, dove ha conosciuto la vita e i problemi della realtà infantile del mondo asiatico. Con la Prefazione di Simone Cristicchi.
Nel recente dibattito filosofico sta emergendo l'idea che le relazioni intersoggettive possono validamente essere considerate come il tratto costitutivo dell'umanità dell'uomo, della sua natura e identità. Tra i filosofi che, nel Novecento, hanno cercato di mettere a tema l'identità relazionale e intersoggettiva degli umani Maurice Nedoncelle, significativo protagonista del pensiero filosofico del XX secolo, è certamente un autore che offre rilevanti indicazioni per una comprensione della struttura relazionale della persona umana concretata in una dimensione compiutamente interpersonale ed espressa dalla categoria della reciprocità. Lo studio presenta la portata originale e feconda della prospettiva filosofica nédoncelliana, che riafferma l'inevitabilità del riferimento alla persona, significativamente colta nella relazione intersoggettiva come reciprocità d'amore.
I silenzi di Alfredo Martini, pieni di rispetto e di significato, erano talvolta più efficaci delle parole. Pedalando a fianco di Coppi e Bartali e poi, come Commissario Tecnico, guidando per oltre vent'anni la Nazionale italiana di ciclismo a entusiasmanti e ripetuti successi, Martini è stato un luminoso esempio di etica del lavoro e dello sport. In questo libro Franco Quercioli racconta i suoi incontri con il grande, indimenticabile Alfredo del quale, il 18 febbraio 2021, ricorre il centenario della nascita.
“...Ho fatto parte di un percorso collettivo di riscatto sociale, di crescita personale e di emancipazione. Ci sentivamo un Noi, e la politica, in particolare quella delle donne, era fatta insieme, dandoci reciprocamente forza...”
L’autrice di questa autobiografia, Eletta Bertani, è una delle pochissime donne che, tra gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, in un’epoca ancora fortemente influenzata dal modello femminile tradizionale, ma in cui stavano emergendo nelle donne e nei giovani nuove aspirazioni, al lavoro, all’autonomia e libertà di scelta, educata ai valori di libertà e giustizia sociale dell’antifascismo trasmessi dall’ambiente familiare e sociale, si avvicina giovanissima alla politica e viene totalmente coinvolta dalle passioni politiche dell’epoca. In questo libro racconta la sua storia, che si dipana per quasi ottanta anni, tra il secolo scorso ed i primi venti anni del 2000, in uno strettissimo intreccio tra la sua vita e il suo personale percorso e le vicende collettive della nostra città e del nostro paese: i ricordi della guerra, lei ancora piccolissima; l’infanzia e l’adolescenza vissuta nella parte più popolare e povera del quartiere di San Pietro, l’influenza di donne forti nella vita familiare, la grande passione per lo studio, i primi interessi culturali e politici maturati tra la scuola (Liceo Ludovico Ariosto), il clima civile e culturale aperto e vivo della città e l’appassionato ambiente della Federazione Giovanile Comunista reggiana, sino alla decisione di fare della “politica” una scelta di vita. È un allargamento degli orizzonti: esperienze appassionanti, esaltanti conquiste, brucianti sconfitte e delusioni, ma anche il pesante prezzo pagato nella vita personale, per il maschilismo dominante nei partiti e per la fatica di conciliare un lavoro impegnativo con gli affetti, i doveri e le necessità della vita familiare e quotidiana. Anche per questa contraddizione vissuta come donna e come persona, sin dalla giovinezza, e ancora di più nella maturità, condivide e intreccia il suo percorso personale con quello delle associazioni e dei movimenti delle donne nella loro ricerca di autonomia, di un proprio pensiero, di propri obiettivi.
Dalla esperienza concreta e da questo sguardo particolare sulla realtà conseguono i temi del suo impegno, vissuto sempre, nei diversi ruoli politici e istituzionali insieme a tante donne e persone, in una interazione e arricchimento reciproci: il superamento di insopportabili arretratezze e iniquità presenti nella mentalità, nel costume, nella vita sociale e nella legislazione, la conquista di nuovi diritti sociali e civili delle donne e in genere dei cittadini, il superamento di discriminazioni, ingiustizie, disparità che impediscono il dispiegamento delle risorse e delle potenzialità di ogni persona: già dagli anni sessanta e settanta e nei decenni successivi, l’impegno nelle battaglie per i diritti civili come il divorzio, per il riconoscimento del valore sociale della maternità, per la conquista della prima storica Legge di parità tra uomini e donne nel lavoro; l’impegno, condiviso con tante donne e in forti movimenti, per fare nascere e crescere le scuole dell’infanzia comunali, la loro qualità educativa, per affermare il diritto dei bambini e degli adolescenti alla propria soggettività e ad esprimere la propria creatività e per dare vita a Reggio Children, (di cui è stata la prima Presidente); negli anni novanta, durante la esperienza dell’Ulivo, il lavoro per adeguare le politiche sociali ad un contesto sociale e culturale profondamente mutato, le prime esperienze di collaborazione pubblico-privato nel campo dei servizi educativi, i nuovi servizi ed opportunità per gli adolescenti, per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. La narrazione del percorso personale, sempre collocata nei diversi contesti sociali e politici, si associa a riflessioni, a interrogativi sul presente, alla forte preoccupazione sulla crisi delle nostre società, dei partiti e delle istituzioni democratiche nel tempo in cui viviamo. Da qui la necessità di recuperare e rilanciare oggi, in un tempo radicalmente nuovo, valori eterni e universali: la responsabilità anche individuale verso la propria comunità, la solidarietà tra gli umani e un nuovo civismo, la memoria storica e il ruolo imprescindibile delle istituzioni e della politica. Nei tempi bui che stiamo vivendo, difronte alla devastazione sociale, ambientale, etica e culturale prodotta da un capitalismo di rapina e a maggior ragione nell’epoca delle pandemie, emerge nel racconto, la necessità e l’urgenza di cercare la rotta per una vera radicale ricostruzione su basi nuove del nostro modo di vivere, di convivere e di essere comunità dove nessuno può trarsi fuori da questa ricerca.
Eletta Bertani è nata a Reggio Emilia dove tuttora vive. Formata dalla famiglia e dall’ambiente sociale ai valori dell’antifascismo e della giustizia sociale, già dalle scuole superiori si appassiona alla politica. I tragici fatti del 7 luglio 1960 sono determinanti per le sue scelte di vita. Giovanissima inizia a lavorare alla Fgci, poi dopo un breve periodo all’Udi, alla Federazione reggiana del Pci come Responsabile della Commissione Femminile e successivamente al Dipartimento Scuola e Cultura. È stata Consigliere comunale, Deputata per due legislature (1976-1983), Assessore alla Scuola del Comune di Reggio (1985-1990), dal 1994 al 2000 prima Presidente di Reggio Children. Ha partecipato alla nascita dell’Ulivo e del Pd. Attiva nell’Anpi, continua tuttora ad essere impegnata nella vita civile e politica.
“...Appartengo alla generazione che ha iniziato a fare politica nel Pci tra la fine degli anni cinquanta e i primi anni sessanta, quando già iniziavano a crollare miti e certezze...”
“...Le vie perché libertà e democrazia, giustizia, eguaglianza, solidarietà, dignità umana, diritti non restino parole vuote e sogni irrealizzabili, saranno diverse dal passato e forse ancora sconosciute, ma non può essere spenta nel cuore e nella ragione delle donne e degli uomini la voce della coscienza, nè sradicata la ricerca e l’aspirazione ad un mondo migliore e alla propria dignità. Noi questa ricerca l’abbiamo tentata. Noi ci abbiamo provato e, insieme a tante e a tanti, continuiamo a provarci...”
Giuseppe Culicchia tiene in serbo queste pagine da più di quarant'anni. Perché la morte di Walter Alasia, al cui nome è legata la colonna milanese delle Brigate Rosse, è una storia dolorosa che lo tocca molto da vicino: per il Paese è un fatto pubblico, uno dei tanti episodi che negli anni di Piombo finivano tra i titoli dei quotidiani e dei notiziari televisivi; per lui e la sua famiglia è una ferita che non guarirà mai. Walter Alasia, di anni venti, era figlio di due operai di Sesto San Giovanni. Giovanissimo aveva cominciato la sua militanza in Lotta Continua, ma poi era entrato nelle fila delle Brigate Rosse. Nella notte tra il 14 e il 15 dicembre 1976 la polizia fece un blitz a casa dei suoi genitori per arrestarlo. Lui aprì il fuoco, e nel giro di pochi istanti persero la vita il maresciallo dell'antiterrorismo Sergio Bazzega e il vicequestore di Sesto San Giovanni Vittorio Padovani. Subito dopo tentò di scappare, ma venne raggiunto dai proiettili della polizia. Giuseppe all'epoca ha undici anni e Walter è suo cugino. Ma in realtà è molto di più: è il fratello maggiore con cui non vede l'ora di passare le vacanze estive, che gli insegna a giocare a basket, che lo carica sul manubrio della bicicletta e disegna per lui i personaggi dei fumetti che ama. È un ragazzo affettuoso, generoso, paziente, e agli occhi di Giuseppe incarna un esempio. In questo memoir asciutto e allo stesso tempo accorato Culicchia ricostruisce ciò che da bambino sapeva di Walter, scavando nei propri ricordi alla ricerca dei germi di ciò che sarebbe stato, e lo confronta con quello che crescendo ha appreso di lui dalla sua famiglia, ma anche dai giornali e dai libri di storia. E così facendo racconta gli anni della lotta armata e del terrorismo da una prospettiva assolutamente unica. Non c'è vittimismo, non c'è retorica, c'è il dolore di un bambino che a undici anni perde in una sola notte un affetto immenso e tutte le certezze che credeva di avere, unito alla lucidità di un grande scrittore che ha cercato per oltre quarant'anni la giusta distanza per raccontare questa storia.
Il 4 novembre 1980, con un risultato schiacciante, gli americani eleggono presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan. È una valanga: Ronnie, come lo chiamano gli amici, vince in 45 Stati su 50; per il presidente uscente, il democratico Jimmy Carter, che chiedeva la rielezione, è un'umiliazione. Nonostante i numeri, l'ascesa di Reagan alla Casa Bianca è stata accolta con stupore: un ex attore di Hollywood, molto noto al pubblico televisivo, che assumeva la guida della più grande superpotenza planetaria? Si trattava di un azzardo pericoloso o di un evento in anticipo sui tempi? Quella di Ronald Wilson Reagan, in realtà, è una storia tutta americana. Nato a Tampico nel 1911, all'epoca una minuscola cittadina dell'Illinois, il piccolo «Dutch» - come viene soprannominato in famiglia per le linee paffute del volto - cresce nella regione geografica che è il cuore pulsante della nazione a stelle e strisce, il Midwest. Il padre è un cattolico irlandese senza un lavoro stabile e con il vizio dell'alcol, la madre una donna religiosissima, devota alla Chiesa dei discepoli di Cristo. Dopo la laurea in economia, Reagan approda a Hollywood quasi per caso e fa una discreta carriera nel mondo del cinema, fino a quando non scopre l'importanza dell'impegno politico, prima in qualità di presidente del sindacato degli attori (Screen Actors Guild) e poi come governatore della California dal 1967 al 1975 nelle file del Partito repubblicano, lui che da giovane aveva avuto simpatie per il democratico Roosevelt. La scalata al Grand Old Party era ormai tracciata. A quarant'anni dall'insediamento di Ronald Reagan alla Casa Bianca, Gennaro Sangiuliano dedica al presidente più popolare dell'America moderna una biografia dettagliata e avvincente, piena di informazioni, notizie e aneddoti. Se oggi gli anni Ottanta del Novecento sono ricordati come una stagione felice di benessere e di prosperità economica, lo si deve proprio a quella spinta di ottimismo, di pragmatismo e di modernizzazione che Reagan seppe imprimere agli Stati Uniti e di conseguenza a tutte le nazioni industrializzate dell'Occidente. Artefice, sul piano ideologico e culturale, della «rivoluzione conservatrice» e antistatalista che caratterizzò gli ultimi decenni del secolo breve, Reagan è anche il presidente degli Stati Uniti che ha sconfitto il comunismo sovietico - e vinto la Guerra fredda - «senza sparare un colpo», come dirà Margaret Thatcher. Guadagnandosi per sempre un posto nella Storia.
Galileo è forse lo scienziato più celebre di tutti i tempi: il suo approccio allo studio dei fenomeni naturali - basato su osservazioni dirette e misurazioni concrete - ha contribuito a spalancare le porte alla modernità ed è alla base del metodo che guida ancora oggi ogni seria ricerca sperimentale. Le sue teorie hanno rivoluzionato la nostra visione del mondo e delle leggi fisiche che lo regolano, non meno di quelle di Einstein; non stupisce, quindi, che sia tuttora considerato uno dei padri della scienza, accanto a figure quali Copernico, Newton o Darwin. Ma a farne un'icona del pensiero moderno è stata soprattutto la sua battaglia con quanti, all'interno della Chiesa e della società del Seicento, preferivano rifugiarsi in una visione dogmatica dell'universo anziché accettare le evidenze poste davanti ai loro occhi. Sappiamo tutti come andò a finire: il "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo" messo all'Indice, il processo davanti al Sant'Uffizio, l'abiura. L'intera parabola di questo gigante dell'astronomia ci viene raccontata da un astrofisico che ha a lungo lavorato al programma del telescopio spaziale Hubble, il pronipote del cannocchiale galileiano. Mario Livio ci accompagna in un viaggio alla scoperta della vicenda umana e scientifica di Galileo per mostrarci quanto sia incredibilmente attuale. Ancora oggi, infatti, vediamo all'opera lo stesso cieco atteggiamento antiscientifico di chi allora sosteneva - sulla sola base dell'autorità di Aristotele e delle Sacre Scritture - la correttezza della teoria geocentrica tolemaica, ignorando le prove inconfutabili a favore del modello eliocentrico copernicano. Allo stesso modo, ai giorni nostri sempre più persone rifiutano i vaccini, negano il fenomeno del cambiamento climatico o la sua origine antropica, sposano il creazionismo o si dicono convinte di vivere su una Terra piatta. Questa biografia di Galileo è anche una strenua difesa della sua eredità più grande: il metodo scientifico, l'unica chiave capace di darci accesso alle verità fisiche dell'universo.