Il Kakebo è il "libro dei conti di casa" a cui i giapponesi affidano il proprio budget personale, anche oggi in piena era digitale. La sola azione di trascrivere le spese e i guadagni entro schemi ordinati genera consapevolezza e assicura un risparmio automatico del 35%. Il passo successivo è la possibilità di analizzare nel dettaglio i propri conti per individuare gli sprechi e le voci critiche su cui agire. Tenere un Kakebo evita lo stress da cattiva gestione finanziaria, sviluppa l'autodisciplina e la conoscenza di sé. I giapponesi lo considerano uno strumento che favorisce la tranquillità dell'anima e libera energie mentali.
Nel secolo e mezzo trascorso dall'unificazione, l'Italia ha raggiunto livelli di ricchezza simili a quelli dei maggiori paesi industrializzati. L'ondata di globalizzazione degli ultimi decenni ha però fatto emergere la debolezza del nostro sistema produttivo. Secondo la lettura originale che ne danno gli autori di questo libro, il capitalismo italiano è stato negativamente influenzato da istituzioni inefficienti, che hanno avuto un forte impatto sulle dimensioni e sulla governance delle imprese, come anche sulla formazione di capitale umano e sulla capacità innovativa. In questa luce l'assetto istituzionale ha quindi rappresentato il principale freno per le potenzialità di sviluppo del paese.
MyLab, il laboratorio per l'apprendimento personalizzato della statistica e della matematici Self-study e autovalutazione; Esercizi algoritmici e interattivi, organizzati per capitolo; Esercitazioni e test; Esercizi e test creati dal docente; Libro digitale; La versione digitale del manuale con tre capitoli aggiuntivi; Soluzioni e svolgimenti in Excel; Soluzioni degli esercizi di fine capitolo; Dataset in Excel e R, File e listati organizzati per capitolo e argomento.
Fu soltanto nel "Handwoerterbuch der Sozialwissenschaften" - la prima imponente opera collettiva in 12 tomi progettata e realizzata in Germania negli anni 1956-1965 dopo la catastrofe del regime nazionalsocialista - che i due grandi esuli della scuola marginalista austriaca, von Hayek e von Mises, introdussero per la prima volta in una Enciclopedia di scienze economico-sociali tedesca le due voci, distinte ma organicamente interconnesse, di "liberalismo politico" e "liberalismo economico", restituendo loro quella piena autonomia concettuale ed espositiva che una lunga tradizione enciclopedica di impostazione social-storicista aveva negato omettendone persino i termini, sostituiti con quelli riduttivi di "dottrina libero-scambista" e "scuola manchesteriana", oppure ricondotti nell'alveo dei concetti generali di "individualismo" e "interesse personale". A integrazione necessaria delle due voci magistrali mai tradotte in italiano, sono state qui aggiunte le voci altrettanto illuminanti "Scuola di Vienna" di von Hayek, e "mercato" di von Mises. I testi sono accompagnati dai saggi dei due curatori. Nei primi due viene esposto in maniera essenziale l'itinerario intellettuale dei due autori; nel terzo si pone l'attenzione sul continuativo - e poco esplorato - rapporto degli esponenti della scuola marginalista austriaca con le enciclopedie delle scienze economico-sociali.
Che cosa succede durante una recessione? Qual è il ciclo del denaro? Perché dobbiamo pagare le tasse? Le grandi teorie economiche forniscono spiegazioni e modelli per rappresentare il nostro mondo, così che chiunque possa comprenderlo e viverci al meglio. Scritto in modo semplice, questo libro è ricco di spiegazioni brevi e concise che vanno dritte al nocciolo delle principali questioni, senza tralasciare di contestualizzare azioni o avvenimenti. Numerosi diagrammi e incisive didascalie aiutano a ripercorrere le tappe fondamentali dello sviluppo dell'economia; immagini semplici e immediate ne ricostruiscono la storia, aiutando a fissare con chiarezza le principali idee, e a comprendere senza sforzi il perché di tanti eventi che fanno parte del nostro quotidiano. Che tu sia un principiante assoluto, un appassionato studente, o un esperto della materia, troverai un sacco di spunti di riflessione!
Dopo "Breve storia del futuro" e "Scegli la tua vita!", Jacques Attali rinnova del tutto il suo sguardo sui prossimi vent'anni, alla luce delle nuove conoscenze - accumulate nei domini della scienza, della demografia, dell'ideologia, della geopolitica, dell'arte - sulle minacce e le possibilità del momento presente. Indagando in mille campi sui «segnali deboli» che preparano il futuro, Attali arriva a conclusioni radicali e sorprendenti su quel che ci attende e soprattutto su quel che potremmo fare. Perché, se è vero che molte nubi si addensano all'orizzonte, non mancano i mezzi per costruire un mondo più sereno, per evitare che la collera e la rabbia si trasformino in violenza planetaria, per sfuggire alle minacce climatiche, al terrorismo, alla degenerazione tecnologica. A condizione di comprendere che il modo migliore di riuscirci, di realizzare le nostre potenzialità è aiutare gli altri a divenire sé stessi, a scegliere la propria vita, a sostituire l'egoismo irrazionale e suicida con un altruismo lucido. Così potremo dire: "Finalmente dopodomani!".
Il lavoro è una questione sociale "emergente" in due sensi: da un lato, ci troviamo di fronte a rischi crescenti di disoccupazione e alla diffusione di lavori precari, sfruttati, alienati; dall'altro, nonostante tutto ciò, assistiamo all'emergere di una gamma di potenziali lavori "virtuali" propri di un'economia dopo-moderna. Questi due processi sono correlati fra loro. Ciò che li connette è l'affermarsi di una società reticolare che richiede una nuova soggettività dell'agire lavorativo e forti innovazioni nelle forme organizzative. Per comprendere questa trasformazione epocale occorre considerare il lavoro come relazione sociale, anziché come mera prestazione, nella prospettiva di un'economia relazionale.
L'Italia, più di altri Paesi, ha subìto gli effetti della crisi finanziaria con una qualità della vita sempre più in discesa. Eppure vi sono tante eccellenze, tante storie positive di un'altra Italia: efficiente, innovativa, etica, in crescita. Un'Italia dove i problemi si affrontano e si risolvono. Il libro, curato dall'economista Leonardo Becchetti, raccoglie alcune idee, semplici e al tempo stesso straordinarie, che potranno permettere, in una chiave di autentica valorizzazione del "bene comune" una rivoluzione economica, e civile, a costo zero. Circa quaranta contributi di addetti ai lavori, studiosi, professionisti al servizio degli amministratori locali per far rifiorire le nostre città. Un collage ricchissimo che unisce cooperative di comunità, amministrazione di beni comuni condivisi, fiscalità premiale che stimola le virtù civiche dei contribuenti a costo zero per le finanze pubbliche, tavoli di cooperazione partecipata, acceleratori di capitale sociale per il sud, smart working, finanza etica, soluzioni per il contrasto all'azzardo e molto altro ancora.
Welfare non è un servizio, ma è una relazione. Avere cura degli altri è agire un modo di stare al mondo, è una dimen- sione umana che tocca alcuni snodi significativi: ospitalità, autorità, dovere, responsabilità.
Ma negli anni il welfare è stato istituzionalizzato, perden- do il suo senso originario. “La mia porta è sempre aper- ta”, ha detto Papa Francesco. Aver chiuso la nostra porta, aver spostato tutto, in questi anni, verso l’istituzione è stato frutto di un processo culturale profondo, che ha compor- tato conseguenze altrettanto profonde. Occorre tornare a un’idea del welfare fondata sulla fiducia, sulla socialità, sulle idee di convivenza e cittadinanza.
Questo libro avanza alcune proposte concrete e realizzabili ma soprattutto cerca di disegnare una visione comunitaria del welfare, nel suo necessario legame con la democrazia e la partecipazione.
Capitalismo vs democrazia. Una battaglia che si combatte prima di tutto dentro ognuno di noi. Se la libertà individuale è un valore assoluto, altrettanto lo è la costruzione di un'identità sociale centrata su valori comuni nei quali tutti devono poter «essere» per autodeterminarsi. Ma fino a quando l'interesse individuale teso all'accumulazione illimitata prevarrà sui valori comuni le democrazie saranno fortemente a rischio. E in tale prospettiva che questo libro affronta la forte tensione esistente nelle società capitaliste animate da una competizione estrema e guidate da una logica razionale positivista, come una lotta tra lupi e agnelli. In tale scenario vengono individuate anche delle vie d'uscita, come un approccio fenomenologico all'economia per uscire dal positivismo economico, dove la relazione con la materialità è un concetto, un'idea, una funzione potenziale del nostro essere che si iscrive nella coscienza e definisce «la domanda di diritti umani e sociali». Per queste ragioni afferma che solo un cambio dell"«io» che si apre al mondo e costruisce il «noi», come flusso di coscienza comune, potrà permetterci di superare le società capitaliste che hanno ormai perduto ogni capacità di portare avanti una costruzione comunitaria.
La democrazia diretta invocata dai populisti rischia di sfociare nella dittatura della maggioranza. Il peggiore nemico del populismo sono i corpi intermedi della cosiddetta società civile: associazioni, partiti, sindacati, autorità indipendenti, amministrazioni pubbliche. La lucida analisi di una questione essenziale per il futuro del nostro mondo, e una proposta concreta sul tema dell'immigrazione.
«Stop all'austerity» è lo slogan da anni sulla bocca di tutti: politici - al governo e all'opposizione -, giornalisti, economisti. L'intento è sempre lo stesso: far passare il messaggio che le misure d'austerità siano fallaci, e addirittura dannose, per conquistare facili consensi. Risolvere la crisi sarebbe a portata di mano, basterebbe tornare a spendere risorse pubbliche, riappropriarsi della sovranità. Ma è davvero così? E, soprattutto, il rigore è stato realmente applicato in questi anni in paesi come l'Italia o la Francia? Veronica De Romanis sgombra il campo dai pregiudizi smontando tutti gli argomenti contro l'austerità, riassumibili nei sei aggettivi che spesso l'accompagnano: eccessiva, recessiva, imposta, ingiusta, inutile e responsabile dell'ascesa di forze populiste. Con esempi concreti e dati alla mano, l'autrice ne mostra i due volti. L'austerità «buona», nelle parole di Mario Draghi, «prevede meno tasse e una spesa concentrata su investimenti e infrastrutture», fa crescere e infatti non ha impedito ai leader che l'hanno praticata di vincere, come in Lettonia e nel Regno Unito, o di ottenere la maggioranza dei voti, in Portogallo e in Spagna. Quella «cattiva», al contrario, privilegia l'aumento delle tasse a scapito di tagli della spesa improduttiva e può alimentare il populismo. Una lettura utile per capire se l'Europa è stata davvero «rovinata dall'austerità», come ebbe a dire Alexis Tsipras, o se questa non rappresenti invece un'occasione per una politica che voglia combinare al meglio responsabilità verso le nuove generazioni e solidarietà verso i soggetti più deboli. Un passaggio necessario, soprattutto per un'economia quale quella italiana, dove il debito dello Stato è percepito come un numero privo di significato, ma è invece una pesante ipoteca sul futuro dei giovani.