Negli ultimi decenni abbiamo più volte sentito dire che il mondo «non sarà mai più lo stesso». È accaduto all'indomani dell'11 settembre, dopo la recessione del 2008-2009 e la crisi dei rifugiati nel 2015. Tuttavia le cose cambiano non perché ci sia una volontà di cambiamento, ma «perché non si può tornare indietro». Mentre trascorreva il lockdown nella sua nativa campagna bulgara, Ivan Krastev, politologo e opinionista del «New York Times», ha cominciato a interrogarsi sugli effetti della pandemia da Covid-19 e su come sarebbe cambiato il futuro. Benché tracciare la storia di una trasformazione ancora in atto renda difficile avanzare delle ipotesi, è innegabile che l'esperimento sociale della quarantena abbia scoperto nodi politici ed economici irrisolti, che accomunano le singole realtà nazionali. In poche settimane, il «cigno grigio» della pandemia ha catapultato Stati e continenti nell'incertezza. Dalla Cina all'Italia, dalla Svezia agli Stati Uniti. Tanto nelle democrazie liberali quanto nei regimi autoritari, però, i governanti si sono dimostrati sprovvisti degli strumenti interpretativi necessari per fronteggiare una crisi inedita rispetto a quelle più recenti e si sono ingenuamente ostinati a operare attraverso leggi d'emergenza. Eppure, la pandemia produrrà cambiamenti irreversibili, e a farne le spese potrebbe essere soprattutto l'Unione Europea, insieme a uno dei fondamentali assunti comunitari, ovvero che l'interdipendenza generi sicurezza e prosperità. Attraverso sette paradossi, Krastev analizza questo incerto presente, teatro tra gli altri del «fallimento dei leader politici mondiali nel mobilitare una risposta collettiva» a una crisi che non potrà essere superata senza un progetto politico responsabile e condiviso.
Nadia Urbinati esplora il cuore del meccanismo democratico: la scossa conflittuale tra i ‘pochi’ e i ‘molti’, le élites e il popolo.
Il XXI secolo è punteggiato da una serie ininterrotta di manifestazioni popolari che hanno portato in piazza un diffuso scontento: le primavere arabe, Occupy Wall Street, gli indignados, i Vaffa Days, i gilet gialli, le manifestazioni sul clima, le rivolte in Cile, a Hong Kong, in Libano. Quello a cui assistiamo è un conflitto nuovo rispetto a quello rappresentato e organizzato da partiti e sindacati: è contrapposizione tra pochi e molti, tra chi detiene il potere e chi sente di non contare nulla. La frattura sociale profonda che questi antagonismi evidenziano mette in crisi l’idea stessa di democrazia e la espone al rischio di pulsioni autoritarie. Ma questo non è un esito scontato: come scriveva Machiavelli, il conflitto tra pochi e molti può essere anche un lievito di libertà, se il nuovo ordine che ne può risultare riequilibra il potere nella società.
Ormai è raro che il potere venga conquistato attraverso un golpe militare o comunque con la forza. Quasi tutti i paesi tengono regolarmente elezioni. Le democrazie muoiono ancora, ma con altri mezzi. Dalla fine della Guerra Fredda a oggi, a determinare la morte di una democrazia non sono quasi mai generali e soldati, ma gli stessi governi eletti. Leader eletti hanno sovvertito le istituzioni democratiche in Venezuela, Georgia, Filippine, Nicaragua, Perù, Polonia, Russia, Sri Lanka, Turchia, Ucraina e Ungheria. Oggi il tracollo di una democrazia comincia nelle urne. Steven Levitsky e Daniel Ziblatt attraversano la storia recente per identificare i passaggi cruciali e le condizioni che si ripropongono, seppure in diverse declinazioni, ogni volta che una democrazia viene gradualmente trasformata in regime autoritario da un leader eletto Un processo messo in atto dall'interno delle istituzioni e con mezzi legali. Introduzione di Sergio Fabbrini.
Chi sono i sovranisti e che cos'è davvero il sovranismo, l'ideologia alla quale dicono di ispirarsi? Come hanno fatto a diventare così importanti tanto che in Paesi come l'Italia o la Francia non si può accendere la televisione o leggere un giornale senza sentir parlare di loro? Di solito la risposta cambia moltissimo a seconda delle persone a cui si fa questa domanda. Per i suoi sostenitori, il sovranismo è un movimento politico che rivendica l'importanza di tornare a pensare agli «affari di casa propria» in un mondo che è diventato sempre più globale e interconnesso e che rischia di dimenticare le sue radici. Per i suoi avversari, il sovranismo è soltanto un elegante sinonimo di nazionalismo e i sovranisti non sono altro che politici cinici e spregiudicati che alimentano la xenofobia e sfruttano la paura del diverso per ammassare facile consenso. In questo libro si spiega perché tutti questi aspetti sono legati, andando a fondo, punto per punto, nella verità storica e nell'analisi dell'attualità politica. Per capire cosa c'è di vero in quel che dicono i sovranisti e i loro nemici e cosa invece è soltanto propaganda politica.
Secondo gli autori, non è vero che è andato tutto bene. Non è vero che abbiamo gestito la pandemia meglio degli altri Paesi europei. Il "modello Italia" è un'illusione. La verità è un'altra: l'Italia si è trovata ad affrontare la peggiore crisi dai tempi della Seconda guerra mondiale avendo nei posti di comando esponenti di una classe politica impreparata. La tragedia del Covid ha avuto almeno questo merito: ha tracciato una linea di separazione definitiva tra i buoni amministratori e gli improvvisati, dimostrandone l'assoluta inconsistenza quando arriva l'ora più buia e le decisioni da prendere si fanno gravi. La prima notizia in Occidente dell'esistenza del Coronavirus in Cina è un lancio Reuters battuto la sera di Capodanno. Quando il virus diventa visibile anche in Italia, e i morti aumentano di giorno in giorno, tutte le scelte sbagliate sono già state prese: protocolli sanitari contraddittori, incapacità di reperire dispositivi di protezione, terapie intensive insufficienti e al collasso. In questo libro-inchiesta i due reporter di "Repubblica" ricostruiscono, documenti alla mano, le mosse degli attori politici durante la pandemia e nella Fase 2, quella della ripartenza.
La tensione tra le grandi potenze, i dissensi sul piano militare, e in particolare i contrasti tra l'Europa e l'America di Trump, tracciano i confini tra sicurezza e insicurezza fino al febbraio 2020. Ma nei mesi seguenti si diffonde inarrestabile in tutto il pianeta la pandemia. La gravità della situazione travalica la dimensione sanitaria per trasformarsi in emergenza economica, sociale e politica. Superando ogni confine la crisi modifica la percezione della sicurezza nel sentire collettivo, ma soprattutto sembra cambiare le relazioni che definivano le condizioni stesse della sicurezza nazionale e internazionale. In gioco è stata ed è la tenuta stessa dell'Europa. La razionalità è l'unica risorsa che abbiamo per contrastare il mondo di insicurezze in cui dovremo vivere.
Con la pandemia abbiamo imparato lezioni inaspettate. Ora rischiamo una crisi economica di proporzioni inaudite. Ma possiamo contare sulle ingenti risorse europee. La sfida è imparare a spenderle. A investire. Abbiamo davanti un'opportunità storica. Sopravvivere o ripartire: quale sarà la scelta? «Di piani strategici ne abbiamo conosciuti diversi e non solo quelli affidati alla grandeur degli Stati generali. Ma queste pagine non sono un piano. Sono altro: una proposta». Interviste a: Silvia Candiani, Ad di Microsoft Italia. Andrea Illy, presidente di Illycaffè, Emma Marcegaglia, Ad del gruppo Marcegaglia, ex presidente di Eni e Confindustria, Federico Marchetti, fondatore di Yoox, presidente e Ad di YOox-Net-A-Porter, Carlo Messina, Ceo di Intesa Sanpaolo, Renzo Rosso, fondatore di Diesel e presidente di OTB, Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo e Ad di Pirelli.
Se tutto è in relazione, dobbiamo ammettere che la polis, la città, è la comunità umana nel mondo e non coincide con un ambito ristretto (regione, nazione o continente) di cui qualcuno possa dirsi padrone: ogni scelta rilevante è di fatto una scelta politica, perché incide anche sulla vita degli altri. Che cosa significa fare politica? E perché un impegno simile mi riguarda personalmente? Come potrò portare buoni frutti per la società? L'autore cerca di mettere in luce il senso della politica e le ragioni per scegliere l'azione in prima persona senza subire qualsiasi cosa nell'inerzia e nell'incoscienza. Maturare una scelta politica che porti ad agire per il bene comune porta necessariamente ad affrontare se stessi.
I grandi partiti popolari vivono oggi una crisi profonda, dopo aver segnato ininterrottamente la vita politica italiana fino al crollo della Prima Repubblica. Il vuoto di consenso e di proposte che hanno lasciato ha creato uno spazio per un linguaggio diverso, più diretto, che ha favorito l'ascesa, apparentemente inarrestabile, di forze populiste. Pietro Folena, politico e operatore culturale, indaga le ragioni di questo cambiamento in un saggio che ricostruisce gli ultimi trent'anni della politica italiana. Dal micro-nazionalismo della Lega alla videocrazia berlusconiana, dal giustizialismo di Di Pietro alla rottamazione renziana, dall'ultimo decennio segnato dalla grande crescita del Movimento 5 Stelle fino alla nuova Lega salviniana, il libro disegna un quadro preciso e definitivo della situazione del populismo nel nostro paese. Con la cura dello storico e la chiarezza del saggista, sfruttando la sua grande esperienza di dirigente politico, Pietro Folena indica chiaramente quali sono le radici e le traiettorie del successo dei movimenti e dei partiti populisti e sovranisti. Portatori di istanze con cui le culture politiche democratiche dovranno fare i conti, se vogliono sopravvivere all'ondata che rischia di travolgerle.
A partire dalla crisi economica cominciata nel 2008, la povertà è cresciuta enormemente in Italia ed è arrivata a toccare anche parti della società mai a rischio in precedenza. Un quadro che le pesanti conseguenze del Covid-19 rendono ancor più drammatico e preoccupante. Per lunghi decenni la politica italiana si era ostinatamente disinteressata dei più deboli. Mai si era andati oltre soluzioni residuali, come la Social card introdotta all'inizio della crisi. Poi lo scenario è cambiato: sono arrivati attenzione, fondi, rilievo politico e relative tensioni. Gli esiti sono stati l'introduzione del Reddito d'inclusione (Rei), la prima misura nazionale contro la povertà, e la sua sostituzione con il Reddito di cittadinanza. Il successivo irrompere del Covid-19 ha reso necessario predisporre ulteriori risposte. Cristiano Gori, studioso e 'lobbista dei poveri', è stato testimone diretto della definizione dei nuovi interventi di contrasto alla povertà. In questo libro guida il lettore in un viaggio lungo il percorso riformatore di anni insieme tormentati e fondativi per il nostro welfare.
"Se nessuno fa niente per cambiare le cose, fallo tu!". Ti sei mai chiesto come mai nel quartiere dove abiti non c'è un posto in cui passare i pomeriggi, o perché nessuno protesta per la tua scuola che cade a pezzi? Forse ti sembra una cosa lontana, da adulti, ma la politica è molto più vicina alla tua vita di quanto pensi. Perché fare politica è tante cose. È esprimere la tua opinione su un tema che ti sta a cuore, difenderla con coraggio, riunire altre persone che la pensano allo stesso modo, impegnarsi per farsi ascoltare e infine riuscire a migliorare le cose, anche solo un po'. Ma la politica è anche qualcosa di più: è generosità, dare voce a chi non ce l'ha, aiutare chi ha bisogno, imparando a mettere le necessità degli altri davanti alle tue preferenze. Perché un bravo politico sa che la scelta giusta è quella che produce un risultato migliore per la maggioranza, spesso composta anche da chi non sa farsi sentire. Tutti possiamo aiutare, anche tu. Anche se sei molto giovane. Anche se ancora non puoi votare. Giuliano Pisapia e Lia Quartapelle ti racconteranno, attraverso le loro esperienze e gli esempi delle più famose personalità dell'attivismo e della politica, come farti un'opinione e poi portarla avanti per raggiungere un obiettivo che consideri giusto e utile per l'interesse collettivo, e non solo di una parte. Perché il bene comune si costruisce tutti insieme, e non è mai troppo presto per cominciare. Età di lettura: da 11 anni.
Ma quali sono le «scuole della speranza» per contrastare la paura? Almeno cinque: il pensiero critico, i gruppi di volontariato, i gruppi religiosi, la famiglia e gli amici, la poesia e le arti. La paura, un'emozione primordiale, può essere opportunamente indotta e sfruttata dal potere. È ciò che Martha Nussbaum osserva descrivendo metaforicamente come «monarchia della paura» la tendenza di taluni assetti politici ad allarmare proditoriamente i propri «sudditi», fiaccando la loro capacità di giudizio. Il convulso susseguirsi di accadimenti inquietanti (non solo l'elezione di Trump e il distacco di Brexit ma soprattutto il ritorno di atti xenofobi e razzisti) l'ha indotta a riflettere sullo scadimento della vita politica occidentale e sul malessere degli individui, che vede sprofondati nel risentimento, nella rabbia e nella faziosità. La paura è un veleno per la democrazia, perché toglie alle persone l'orgoglio di essere libere e indipendenti nel loro pensiero. Per sottrarsi alla pressione di un conformismo emotivo tarato sull'angoscia e aprirsi alla speranza, giova ricorrere ancora una volta all'insegnamento degli antichi, l'antidoto a ogni chiusura mentale.