New York. L'anziano portiere di un grattacielo di Madison Avenue viene freddato con due colpi di pistola. Per il tenente Reynolds, accorso sulla scena del crimine, l'omicida è uno dei tanti balordi che infestano Manhattan. Poche ore più tardi, però, viene richiamato sul posto: in un appartamento del diciannovesimo piano sono state massacrate altre sei persone. Una mattanza d'altri tempi. Tra le vittime c'è il padrone di casa. Rocco Fedeli, calabrese di San Piero d'Aspromonte. Le carte dicono che non aveva precedenti, era un signor nessuno, solo un emigrante che ha fatto fortuna in America. Eppure secondo gli inquirenti l'omicidio è da collegare a una faccenda di droga e di 'ndrangheta. Per questo, quando l'FBI richiede la collaborazione della polizia italiana, entra in gioco il commissario Michele Ferrara, funzionario della Direzione investigativa antimafia. Per lui, dopo tanti anni di servizio in Calabria, la 'ndrangheta non ha più segreti. E anche se la malavita è ormai globale, per risolvere il caso sarà necessario insinuarsi nel cuore dell'Aspromonte, dove tutto sembra ancora inchiodato alle leggi della "famiglia". Il nuovo thriller di Giuttari, che la 'ndrangheta l'ha vista e combattuta in prima persona, è il primo romanzo, dopo la strage di Duisburg e il clamore suscitato in tutto il mondo, a raccontare da vicino la "mafia di esportazione", quella meno conosciuta e più spietata.
Nel "Dilemma dell'onnivoro" Michael Pollan aveva smontato il pranzo che ci apparecchiamo ogni giorno, dimostrando che cosa realmente contenga, a dispetto di quanto dicono le etichette. In questo libro, che amplia e conclude il precedente, Pollan va oltre, demolendo una credenza particolarmente pericolosa e ormai diffusissima, e cioè che a renderci più sani e più belli non siano tanto le cose che mangiamo, quanto le sostanze che le compongono. Nel mondo immaginato dai nutrizionisti, ricorda Pollan, anziché perdere tempo a sbucciare e fare a spicchi le arance basterebbe assumere una quantità equivalente di vitamina C. Ma accade invece che gli stessi nutrizionisti mettano improvvisamente al bando le componenti della dieta che fino a poche settimane prima avevano presentato come irrinunciabili, e che per paradosso gli Stati Uniti, cioè il paese più ossessionato di qualsiasi altro dal terrore di mangiare qualcosa che fa male, o di non mangiare ciò che fa bene, si siano dati il modello alimentare più malsano e patogeno fin qui conosciuto. Il rimedio? Sarebbe semplice, sostiene Pollan: non mangiare nulla che la nostra nonna non avrebbe mangiato. In altre parole, cibo, meglio se poco, e meglio ancora se verde. Sarebbe semplice, cioè, se non sconvolgesse il credo dell'industria più potente e insostituibile al mondo, quella agroalimentare. Che, come dimostrano le violentissime polemiche già suscitate da questo libro alla sua uscita, non intende arrendersi neppure all'evidenza senza combattere.
IL LIBRO
Il XX secolo ha lasciato al nuovo millennio un’eredità tragica. La più radicale affermazione di autonomia – di liberazione – dell’uomo che la storia abbia conosciuto, l’umanesimo figlio della modernità, si è risolta nel suo esatto contrario, la riduzione in schiavitù e lo sterminio di milioni di esseri umani sotto il Terzo Reich così come in Unione Sovietica e in Cina, in Cambogia sotto il regime dei Khmer Rossi, in Ruanda e nel Darfur.
Dopo che tutto questo è avvenuto, l’idea di umanità non può più essere pensata innocentemente. Essa ha bisogno di essere concepita in modo nuovo. Secondo Alain Finkielkraut è il compito del nostro tempo, che, assumendolo, non deve però fraintenderne il significato profondo: né una generica compassione né un astratto umanitarismo possono infatti riscattare davvero i mali sofferti dagli uomini e dall’idea di umanità.
Se l’uomo moderno continuerà a essere dominato da quella disposizione affettiva che Hannah Arendt ha definito «risentimento» – verso «tutto ciò che è dato, anche contro la propria esistenza », verso «il fatto che egli non è il creatore dell’universo né di sé stesso», un risentimento che lo spinge a «non scorgere alcun senso nel mondo quale gli si offre» e a proclamare che «tutto è permesso» – allora il XX secolo, con il suo carico di dolore e di morte, sarà trascorso invano.
L'AUTORE
Alain Finkielkraut, nato a Parigi nel 1949, insegna Cultura generale e Storia delle idee al dipartimento di Scienze umanistiche e sociali dell’École Polytechnique. Fra le sue opere tradotte in italiano, ricordiamo il saggio Noi, i moderni, edito dalla nostra casa editrice, e i volumi Che cos’è la Francia?, La sconfitta del pensiero, L’ingratitudine, Una voce dall’altra riva, L’ebreo immaginario.
A chi lascia i suoi soldi un Papa? Come ha diviso il suo patrimonio Gianni Agnelli? Cosa scrivono i grandi personaggi del secolo nei giorni precedenti la loro scomparsa? C'è differenza fra ciò che pensa un grande artista o un re di fronte alla morte? A queste e ad altre domande risponde la nuova prova editoriale di Salvatore De Matteis. Si tratta di testamenti di poeti, scrittori, scienziati, attori, papi, re, condottieri: da Belli a Pirandello, da Franceschiello a Cavour e a Garibaldi, da Leone III a Giovanni XXIII, e via dicendo. Riportati integralmente e commentati opportunamente, i testamenti VIP soddisfano legittime curiosità e contengono elementi sorprendenti della personalità e della vita dei vari personaggi. Oltre agli aspetti patrimoniali, infatti, gran parte dei testamenti lasciano emergere la dimensione umana di questi personaggi. Una lettura curiosa e sorprendente, che svela le gioie e gli affanni dei grandi della storia.
Gli elzeviri che Elémire Zolla pubblicò sul "Corriere della Sera" e altre testate nazionali tra gli anni Sessanta e la fine del Novecento, oggi selezionati da Grazia Marchiano e raccolti per la prima volta in volume, fanno rivivere le conoscenze e le intuizioni geniali di un maestro del nostro tempo e offrono una chiave attualissima d'ingresso dietro le quinte della commedia umana. Miti fasulli, inganni e mistificazioni dei quali il potere costituito si nutre divorando se stesso e le sue prede. Zolla lacera la superficie della realtà visibile - vicende storielle, intrecci mitici, dogmi e credenze di Occidente e Oriente - e ne mette a nudo i veri despoti e registi, gli arcani del potere.
Di Sabrina Harman tutti dicevano che non avrebbe fatto mai male a una mosca. Nella sua unità in Iraq era considerata una che odiava assistere ad atti di violenza, o commetterli. Eppure Sabrina Harman e molti altri suoi commilitoni, fra cui Charles Graner, Lynndie England e Ivan Frederick, sono le stesse persone che ridono beffarde puntando il dito davanti a una piramide umana di prigionieri incappucciati, che sollevano festose il pollice accanto al cadavere di un uomo morto per le torture, che indifferenti stringono una cinghia intorno al collo di un detenuto nudo a terra. Questo libro è la storia di quelle fotografie, di quegli uomini e di quelle donne. Ma è soprattutto la storia agghiacciante di ciò che non si vede, di come quel luogo è diventato il cuore di tenebra del nostro presente, un luogo in cui i prigionieri - il 75 per cento dei quali è risultato poi innocente - venivano quotidianamente picchiati, denudati, umiliati, torturati, privati di dignità e diritti; a volte uccisi. È il racconto di come tutto ciò è diventato normalmente possibile e di come le istituzioni, ricorrendo a ipocriti eufemismi e a fumosi termini tecnici, hanno consapevolmente perseguito questo obiettivo. Ogni giorno ci dicono che siamo in guerra, che certi compromessi sono inevitabili, che fanno parte delle "regole del gioco". Per questo le fotografie di Abu Ghraib ci riguardano tutti: non possiamo ignorare l'orrore, non possiamo far finta che sia un male necessario.
Nel 2008 saranno passati trent'anni dal rapimento di Aldo Moro. Il 16 marzo 1978 venne rapito dalle Br in via Fani, a Roma. Nei 55 giorni di prigionia scrisse numerosissime lettere, alcune delle quali furono secretate dal Parlamento dopo il primo processo. I politici italiani, nonché i giornalisti, si affannarono a dichiarare che le lettere erano prive di valore perché risultanti da una costrizione. Erano certo lettere criptiche, allusive, scritte da un uomo che vedeva progressivamente chiudersi gli spazi di ascolto. Miguel Gotor riordina cronologicamente l'intero carteggio, con alcune lettere mai prima d'ora pubblicate, e ne offre un'edizione critica cui applica il rigore interpretativo della filologia storiografica. Il risultato è un quadro impressionante dell'Italia di quegli anni, con un uomo prigioniero al culmine della sua carriera politica che giudica la nazione e i colleghi politici; senza ipotesi immaginifiche ma con una serie di informazioni suggestive e inquietanti.
Boss, imprenditori, politici e traffici. Passato e presente. Tante storie nello spartito di un'unica storia, quella dell'intramontabile Cosa nostra. È scritta nell'operazione Gotha, che decapita la direziona strategica della mafia. Una cimice nel quartier generale dei "corleonesi" svela tutto. Voci e sussurri trasmettono vecchi riti e nuovi progetti degli "uomini d'onore". Ambiguità e prepotenze, obiettivi politici e sogni di dominio si proiettano con terribile genuinità. Cosa nostra è al bivio. Il "fantasma" Binnu sta per abdicare. La lotta per la successione è già aperta. A contendersela sono anziani leader e "giovani leoni". Una "guerra" è sul punto di esplodere. Per vincerla non bastano kalashnikof, astuzie e tradimenti. Ci vuole forza economica e attivismo sulla rotta Palermo-New York, per dominare il narcosistema internazionale. Non è sufficiente appoggiare politici senza scrupoli con la potente "macchina elettorale" mafiosa. Il futuro chiede una nuova classe dirigente al posto dei vecchi e sanguinari capi. Il futuro non c'è senza i "propri uomini" nelle istituzioni; senza il supporto di consulenti per le questioni legali, gli investimenti, l'occultamento dei fondi; senza l'abilità nel manovrare l'immenso potenziale economico dell'organizzazione.
"Il nucleare impossibile", illustra, attualizzandole, le ragioni per cui, negli anni Ottanta, l'Italia decise di uscire dal nucleare a seguito dell'incidente di Chernobyl, sottolineando in particolare: che il nucleare non è ad emissione zero e che, sulla base di tecniche di valutazione integrata risulta che il ciclo nucleare presenta fasi di lavorazione ad alta intensità di emissione di CO2 che il ricorso al nucleare non esaurisce la problematica della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, sia in termini di continuità di forniture sia di disponibilità di fonti di energia; che la generazione di energia da fonte nucleare è ben lungi dall'essere economicamente conveniente; che a fronte del rilancio del nucleare resta irrisolto il problema dei residui radioattivi, del ritrattamento, del combustibile misto (MOX) e del rischio di proliferazione militare; che il programma nucleare italiano, in questo contesto, si rivela insensato per molte ragioni (carenze nella ricerca, carenze nel sistema industriale e tecnologico, sicurezza). L'esame della situazione a livello mondiale conferma tutti questi dubbi e punti critici. Un esempio specifico rappresenta l'approfondimento dell'operato della SOGIN (Società Gestione Impianti Nucleari). La SOGIN, nel suo comportamento, testimonia dell'impossibilità di un nucleare italiano accettabile da un punto di vista della credibilità scientifica, della valutazione ambientale e della sicurezza.
"Questo libro di Citati è in fondo l'antologia segreta dei suoi sogni, e dei misteri sui quali gli preme di far luce: gli ori luminosi degli Sciti, e la strana luce del dio Apollo; le visioni iniziatiche dell'A-sino d'oro di Apuleio; l'accecante oscurità delle Lette-redi Paolo; e il Dio di Agostino, nelle Confessioni. I giochi del Tao, e la Bibbia vista dall'Islam... E Dante, e Mozart, e Montaigne... E il prodigio delle favole e dei racconti mitici". Hector Bianciotti
Questo libro è un quartiere di persone indebitate fino al collo. È una raccolta di voci intrecciate l'una all'altra da vincoli economici e narrativi - e in mezzo, c'è il credito al consumo, È l'immersione di uno scrittore nei lunghi in cui la curva del benessere italiano ha iniziato a incrinarsi, dove a ogni finestra e dietro ogni porta vivono debitori e creditori, uomini e donne che prestano e chiedono denaro, vivono di espedienti per 'fregare le banche', recuperano crediti, saldano un conto in rosso e ne aprono subito uno nuovo. Non sanno e non vogliono rinunciare all'illusione del lusso e si prono in pasto alla complessa divinità del denaro fantasma. Le loro sono storie di tutti i giorni, storie di persone nascoste e insieme comuni - le nostre storie.