Il libro raccoglie tre opere giovanili del filosofo russo, a cui si aggiungono i «versi scherzosi» d'apertura del poema intitolato "Tre appuntamenti", che, scritto in tarda età, funge, secondo le parole dello stesso autore, da «piccola autobiografia» di un'esperienza mistica che lo segnò in gioventù. Seguono i "Principi filosofici del sapere integrale", in cui viene indagata quella forma di «sapere integrale» che il filosofo cercherà per tutta la vita, e il ciclo di lezioni Sulla "Divinoumanità", dove l'autore si interroga sulla crisi religiosa della cultura europea del suo tempo e analizza il nesso divino-umano nell'evoluzione del mondo, con particolare attenzione al rapporto tra mentalità occidentale e orientale. In chiusura, i capitoli finali de La critica dei principi astratti - opera rimasta incompiuta -, che offrono l'analisi del caos intellettuale di fine '800, correlata alla parzialità dei processi conoscitivi dell'uomo, nel quale si compenetrano elementi contraddittori e dispersi, che trovano la possibilità di essere ripristinati nella figura di Cristo. Prefazione di Vincenzo Rizzo. Introduzione di Sergio Givone.
«Il sentimento dell'amicizia è certamente uno fra i più forti e, nel contempo, misteriosi istinti dell'uomo (...). Siamo di fronte a una passione che, più intensamente di ogni altra, non trovando risposta al proprio desiderio nella concretezza di ciò che è effimero, punta direttamente all'eterno come al luogo della propria pace (...). Quando, nel Vangelo, leggiamo che Gesù, (...) in quell'orto, fu costretto a rivolgere, proprio a coloro dai quali aveva sperato conforto, un rimprovero carico d'agonia (Come? Non siete capaci di vegliare neppure un'ora?); e quando egli salutò, ancora una volta, e fu l'ultima (Mt 26,50), colui che lo aveva tradito e usò per lui un nome sacro (Amico, perché sei venuto?), allora riusciamo a capire ciò che per il Signore ha la massima importanza. Se c'è una cosa che non lascia dubbi nel Vangelo è proprio questa: Gesù Cristo desidera essere nostro amico.» (Robert Hugh Benson)
Questo libro prende le mosse dal magistero di papa Francesco, che nella «Evangelii gaudium» indica il cammino che la Chiesa è invitata a compiere nei prossimi anni. L'invito, rivolto in particolare a parrocchie e comunità, consiste nel «recuperare il progetto di Gesù», cioè intraprendere in maniera umile, ma responsabile, un processo di rinnovamento. Mettere Gesù al centro della comunità, liberare la forza rinnovatrice e salvifica del Vangelo, recuperare il progetto di umanizzazione del regno di Dio e ravvivare lo spirito profetico ed evangelizzatore delle comunità di Gesù sono i tratti caratteristici di un processo di conversione pastorale. Un progetto che deve recuperare la compassione come principio di azione, la dignità degli ultimi come finalità, l'azione che risana come programma e il perdono di Dio come orizzonte. Scrive Pagola: «All'inizio di tutto, come fattore determinante della nostra fede, non c'è una dottrina, un'istituzione, un corpo morale e una liturgia, ma un'esperienza di incontro con Gesù crocifisso, che dona la sua vita per gli ultimi e, risuscitato da Dio, è fonte di vita e di speranza per tutti».
Il volume raccoglie, a cura di Nunzio Bombaci, gli scritti cristologia di Ferdinand Ebner, un protagonista - insieme a Franz Rosenzweig e Martin Buber - del "pensiero dialogico". L'originalità del filosofo austriaco consegue dalla sua conversione al cristianesimo: la "realtà di Cristo" è via dialogica per eccellenza, autentica relazione tra l'uomo e la trascendenza. Il Logos si alimenta nella Parola dei Vangeli e, viceversa, la fede vissuta si riflette in una cristologia radicale. Ecco perché questi scritti - originariamente apparsi tra il 1920 e il 1922 sulla rivista «Der Brenner», cui collaborarono, fra gli altri, Georg Trakl, Theodor Haecker e Carl Dallago - sono significativi per far luce sull'intera opera ebneriana.
"Se io non avessi più Cristo, se non Lo avessi, cioè, nel mio passato e nelle mie esperienze; se non Lo avessi nei miei ricordi e nei miei valori e in nessuna delle mie abitudini, nemmeno nel mio bagaglio artistico e culturale; se non Lo avessi in nessuna piega del mio io; se, dunque, il mio cuore e la mia intelligenza dovessero svuotarsi completamente di Lui, che cosa mi mancherebbe?"
La questione di quale sia il Cristo in cui si possa credere - questione suscitata dalla varietà delle identità che la figura di Cristo assume nelle diverse culture e situazioni sociali - conduce rapidamente alla constatazione che dietro alle rappresentazioni molteplici che se ne hanno non c'è un unico Cristo, e che se sovente queste immagini sono proiezioni di speranze, di aspirazioni o di pregiudizi, nessuna ne esaurisce lo spessore. Del resto chi vive nel XXI secolo, dopo secoli di ricerca storica su Gesù della storia e Cristo della fede, difficilmente può evitare di chiedersi se Gesù sia l'ultima parola. In quest'ordine di idee si muovono le considerazioni di Wayne Meeks, che da riconosciuto conoscitore degli studi neotestamentari e della loro storia mostra come la ricerca postilluministica non possa aspirare a risolvere questi problemi e come d'altra parte si faccia sempre più pressante la necessità di nuovi modi di rappresentarsi il figlio di Dio.
Il tema che ha informato i contributi - Gesù è/e l'altro. Evangelizzare le periferie - è intimamente legato all'indole e agli obiettivi non solo del decreto Ad gentes, ma anche della stessa Università Urbaniana e trova sintonia nel Magistero di papa Francesco, specificamente col suo particolare e costante richiamo all'annuncio evangelico diretto alle "periferie", siano esse rappresentate da situazioni esistenziali, spirituali e materiali, geograficamente vicine o lontane rispetto all'unico centro che è, e deve essere, il vangelo di Gesù Cristo. si evince perciò che proprio nella Persona divino-umana di Gesù di Nazaret non vi è soluzione di continuità nella conoscenza di Dio e della persona umana, bensì vi si trovano i fondamenti per comprendere o ricomprendere la via all'altro (Dio ed essere umano), il metodo per l'incontro con quel "tu/tu" che svela l'io a se stesso, permettendogli di costruire la socialità tessuta della dignità umana e dei più autentici valori che caratterizzano le culture e le tradizioni umane dei popoli.
La via che la teologia cristiana fedele a se stessa percorre per comprendere ciò che è proprio del cristianesimo non può prescindere dall’ebraicità di Gesù e dalla sua fede ebraica, altrimenti tradirebbe se stessa. Prendere sul serio un tale compito comporta ora un radicale ripensamento dei presupposti che stanno a monte di tante consuete letture cristiane di Gesù. Ma mentre i contributi alla riscoperta di un Gesù ebreo privilegiano generalmente la prospettiva storica ed esegetica, Raniero Fontana insiste, per operare un tale critico ripensamento, sulla prospettiva filosofica e teologica; prospettiva da articolare tenendo sempre conto dell’orizzonte giudaico-rabbinico che egli ben conosce e all’interno del quale si muove ormai da molti anni.
«Il lavoro di Ettore Malnati su 'Cristologia e Vaticano II' mostra efficacemente come le varie angolature teologiche su Cristo Gesù possano ben coesistere in una riflessione cristologica saldamente ancorata al magistero conciliare e agli sviluppi del post-concilio nel pensiero e nella prassi cristiana. In tal modo questo lavoro evidenzia la fecondità della circolarità fra fede vissuta e fede pensata, fra rinnovamento ecclesiologico-pastorale e sua coscienza evangelicamente critica, a partire dal centro e cuore dell'essere cristiano che è la fede in Gesù Cristo, crocifisso e risorto, vivente nel Suo Spirito e operante nella Sua Chiesa e nel mondo. Ne risulta l'importanza della riflessione critica della fede per la testimonianza ecclesiale del Redentore dell'uomo, e al contempo la ricchezza di apporti che il vissuto credente offre a una teologia che sappia essere consapevolmente e responsabilmente militante al servizio della salvezza degli uomini. Per queste ragioni, un lavoro come quello di Ettore Malnati aiuta il popolo di Dio tutto intero a crescere nella consapevolezza di sé e della propria missione. La gratitudine del teologo si unisce perciò in me a quella del pastore vicino alla sua gente.» (dalla postfazione di Bruno Forte)
"Non basta più dire come una volta: «Dio si è fatto uomo affinché l'uomo diventi Dio» - occorre aggiungere che Dio si è fatto uomo perché l'uomo resti umano, e che essendo divinizzato, sia sempre più umano ancora". "L'ultima lezione del Verbo incarnato è stata di rifare gesti semplici e con ciò insegnare ai discepoli a non vedere più lui, ma a vedere ogni cosa in lui, e riconoscere la sua gloria ovunque affiori nel quotidiano".
Inos Biffi, insignito in Vaticano del Premio Ratzinger 2016 ha, nello stesso anno, terminato l'edizione dei volumi della sua Opera Omnia. Con il presente volume, "Il Dio che attrae l'uomo", di fatto apriamo un recipiente editoriale, «Percorsi», in cui si pubblicherà la libera ripresa di Corsi e interventi dell'autore. In Biffi c'è sempre stata l'esigenza di parlare non solo a studenti e studiosi, ma anche a chi da «laico» (basti pensare alle larghe collaborazioni con «L'Avvenire» e «L'Osservatore Romano») è interessato al metodo teologico inteso come cammino del ragionare cristiano. Questo primo volume dei «Percorsi» ci conduce al centro del mistero cristiano. Cristo «entra» nella storia in quanto è attraverso Cristo che si realizza la storia stessa (prima parte); il Dio creatore ci appare così immediatamente e indissolubilmente creatore/redentore (seconda parte). Siamo di fronte a un Dio che attrae a sé l'uomo in qualsiasi situazione si trovi e qualsiasi drammatica temperie stia attraversando.
In queste pagine Lonergan cerca di rispondere a due questioni cristologiche attorno alle quali, negli anni Sessanta del secolo scorso, ci fu una vivace discussione tra i teologi italiani: la prima riguardava la coscienza che Cristo aveva di se stesso (cioè se sapeva di essere Figlio di Dio, Messia ecc.); la seconda questione proveniva da chi riteneva che, nel linguaggio di oggi, non fosse più possibile dire che in Cristo non c'è una persona umana, perché equivarrebbe di fatto a negare la natura umana di Cristo. Con "La costituzione ontologica e psicologica di Cristo", Lonergan offre ai suoi studenti della Gregoriana un "Supplementum" alle dispense che aveva già dato e che costituivano il "De Verbo incarnato".