Avere paura è un grande destino umano. I tempi difficili in cui siamo immersi ne sono segnati e questo sentimento rischia di immobilizzarci, come animali di fronte a un pericolo. Ma forse è possibile guardarlo con altri occhi. In queste pagine colte e appassionate, Adriano Prosperi ci accompagna a incontrare le paure dell'uomo, ci racconta le epoche di pestilenza e ci ricorda la potenza di un'iconografia del peccato e del Male che informa e percorre le costruzioni intellettuali attraverso cui comprendiamo la vita. E assieme al passato ci spiega il presente, mettendo a nudo il cuore antico della nostra modernità globalizzata, in un'analisi sferzante di ciò che davvero abbiamo da temere: un orizzonte di disparità economica, saccheggio ambientale e impoverimento culturale. Questo è il vero flagello, su questo orizzonte compariranno - o sono già comparsi - i nuovi cavalieri dell'Apocalisse. La pestilenza ha portato alla luce, come in ogni tempo, complottismi popolari e strategie dei potenti, attacchi ai medici e processioni penitenziali, pozioni miracolose e capri espiatori. Ma occorre guardare oltre. E riconoscere la paura nel suo aspetto più nascosto di forma di dominio, peste delle menti per cui esiste un solo rimedio, pietra filosofale ricercata nei secoli dalla scienza come dall'arte: la conoscenza. L'arma con cui possiamo affrontare un sentimento che ci appartiene e che, se riusciamo a dominarlo, può renderci più forti.
Appassionante come un romanzo, ma scrupoloso nella ricostruzione dei fatti come un saggio storico, il libro fa luce sui quei primi quindici anni drammatici del secolo XIX che cambiarono il volto dell’Europa. Per avvicinare la storia al grande pubblico, sceglie lo stile narrativo. I dialoghi e gli avvenimenti scorrono davanti al lettore come un film o un’opera teatrale. Sullo sfondo si agitano grandi personaggi: gli ambigui Talleyrand e Fouché, il principe di Metternich, Joséphine de Beauharnais e Maria Luisa d’Asburgo, i cardinali Consalvi e Fesch, la madre e i familiari di Napoleone.
Sulla scorta di una pluralità di fonti archivistiche e a stampa, l'Autore approfondisce il ruolo esercitato dalla Santa Sede in materia di assistenza e cura pastorale dell'emigrazione italiana all'estero nel periodo che, dalla seconda metà dell'Ottocento, giunge fino al Concilio Ecumenico Vaticano II e alla stagione postconciliare. L'Autore documenta come, almeno fino alla seconda metà degli anni Ottanta dell'Ottocento, gli interventi promossi dalla Chiesa italiana per la tutela degli emigranti furono assai limitati e rivestirono, nel complesso, un carattere episodico e marginale. La situazione mutò sensibilmente nel corso dei pontificati di Leone XIII e di Pio X. Quest'ultimo, in particolare, s'impegnò tanto sul fronte dell'intensificazione delle iniziative ed opere di assistenza e nella centralizzazione delle politiche a sostegno della cura pastorale dei migranti, quanto su quello - altrettanto decisivo - del reclutamento e della formazione culturale e spirituale del clero destinato ad animare la vita religiosa delle comunità di emigrati italiani all'estero. L'impegno in favore dei profughi e dei prigionieri di guerra esercitato dalla Santa Sede negli anni della seconda guerra mondiale contribuì a far maturare all'interno della Chiesa una sensibilità più larga e a spostare progressivamente l'attenzione dal problema dell'emigrazione italiana a quello, più complessivo e di portata universale, di tutti coloro che, non solamente per motivi economici, ma anche per cause legate ai conflitti armati, alle catastrofi naturali e alle persecuzioni, erano - e sono ancora oggi - costretti ad abbandonare i luoghi d'origine e a vivere lontano dal proprio paese (profughi, prigionieri di guerra, rifugiati ecc.).
L'itinerario ripercorre le tappe dell'Italia napoleonica lasciando in sottofondo i campi di battaglia e restituendo, piuttosto, la fitta rete dei luoghi della memoria: monumenti, edifici, ma anche tracce di civiltà materiale. Accanto all'Italia di Napoleone vi fu, però, anche un'Italia dei Bonaparte (i Napoleonidi, come furono chiamati), che popolarono l'Italia della Restaurazione assai più della Francia. Molte città furono luogo d'azione dei fratelli di Napoleone e dei loro figli, così come delle sorelle Elisa, Carolina e Paolina. Non solo Roma e Firenze, ma anche Trieste, Bologna, Macerata, Viareggio, Senigallia e altre città ancora videro nascere e morire ville e palazzi dei Bonaparte. Una presenza giunta sino agli anni Venti del Novecento e che rese l'Italia - dopo la Francia - il paese più napoleonico d'Europa.
Si può immaginare un Napoleone giardiniere, con un largo cappello di paglia e un comodo camicione di lino per difendersi dal sole, che zappa e innaffia nella illusoria speranza di far crescere le sue stentate piantine al caldo e all'umido dei Tropici? A Sant'Elena Napoleone fu anche questo. Allontanando i fantasmi del passato, impastati di gloria e di sconfitta, egli usò il lungo esilio per guardarsi dentro, lavorare sulla memoria, scoprire la vastità di uno spazio interiore, dopo che gli spazi non meno vasti ai quali lo avevano abituato le sue imprese si erano ridotti progressivamente a una isola minuscola, a un giardino intorno casa e, quando tutto sta per finire, a una stanza, l'ultima.
“Figlia di un retore pagano, pagana convertita (non si sa con quanta convinzione iniziale), poi cristiana fervente, seppe coniugare al suo ufficio una sensibilità particolare per le lettere.”
A novant'anni Liliana Segre, superstite della Shoah e senatrice a vita, decide di interrompere il trentennale impegno di testimonianza davanti a migliaia di ragazzi, in centinaia di scuole. Lo fa con un ultimo, indimenticabile discorso pubblico il 9 ottobre 2020 a Rondine (Arezzo). Un ideale passaggio di testimone alle nuove generazioni, un documento per preservare la memoria di ciò che è stato, raccontato dalla voce di chi l'ha vissuto. E, insieme, un messaggio di incoraggiamento e speranza, di altissimo valore civile, per i giovani e per tutti. Il testo, in cui Liliana Segre ripercorre la sua tragica esperienza, dalle leggi razziali del 1938 alla deportazione ad Auschwitz-Birkenau, è raccolto integralmente in questo libro. Nel volume anche altre parole, immagini, ricordi della senatrice, dal lager fino a oggi, con proposte di approfondimento e un percorso cronologico. Per non dimenticare. E perché la storia non si ripeta né oggi né mai. Prefazione di Ferruccio de Bortoli. I proventi dei diritti d'autore verranno interamente devoluti in beneficenza.
Di lei hanno detto di tutto: che era una ragazza semplice e un po' folle; che fu il suo amore cieco per Mussolini (da cui la separava una differenza d'età di quasi trent'anni) a condurla alla morte; che era una fanatica esaltata; che era tanto bella quanto insidiosa. Ma si tratta di una Storia scritta dagli uomini. La nuova indagine di Mirella Serri offre un'immagine differente, restituendo a Claretta Petacci il vero ruolo politico da lei giocato sullo scenario degli eventi che condussero il leader del partito fascista dalla gloria indiscussa alla sconfitta. Non una sciocca, non soltanto una delle «mantenute di Stato» - le amanti del Duce che percepivano uno stipendio dal regime - ma un'abile e astuta calcolatrice. Pronta ad avvalersi delle informazioni riservate di cui era depositaria per gestire attività ad altissimo livello (antisemita convinta diede il suo apporto al traffico di certificati falsi da vendere alle famiglie ebree più facoltose; cercò di avviare accordi per l'estrazione di petrolio in Romania). Avveduta e intrigante, a Salò sposò la causa del Reich e tentò di porsi come diretta interlocutrice di Hitler. Claretta Petacci, una delle protagoniste del Novecento, emblema femminile del volto buio e tragico del secolo passato, rivive in queste pagine con la sua avidità, i suoi errori, la sua sensualità e le sue astuzie, finalmente libera dagli stereotipi con cui è stata finora raccontata.
"Napoleone e i suoi due papi" propone al pubblico un punto di vista originale sul personaggio Bonaparte: la sua visione della religione - anche nella vita privata - e i suoi rapporti con la Chiesa cattolica e con i due papi che la guidarono negli anni del suo potere: Pio VI, che nel 1798 i francesi cacciarono da Roma e costrinsero a morire in esilio in Francia e Pio VII, che fu prigioniero di Napoleone dal 1809 al 1814. Per la Chiesa, furono anni di aperta persecuzione, con la requisizione forzata di beni ecclesiastici, la dispersione di interi ordini religiosi, la chiusura dei conventi, la nomina di vescovi fedeli al sovrano francese. Tutto questo meritò a Napoleone il titolo di "Anticristo"... che egli meritò ampiamente.
Lo sguardo di un grande storico avvicina i ricordi romani di Dante, che nell’ottobre 1301 fa parte dell’ambasceria che si reca da Firenze a Roma per incontrare papa Bonifacio VIII, e si confronta con tre canti della Divina commedia: il X dell’Inferno, dove gli eretici scontano la loro pena e il Poeta incontra Farinata degli Uberti e Cavalcante de’ Cavalcanti; il III del Purgatorio, dove le anime dei morti scomunicati attendono di poter iniziare la loro purificazione (tra questi Manfredi, figlio di Federico II), e l’ultimo del Purgatorio, dove le anime che hanno compiuto l'espiazione attendono l'accesso al Paradiso.
Sommario
1. Introduzione, di Chiara Frugoni. 2. Dante e la Roma del suo tempo. 3. Il canto X dell’Inferno. 4. Il canto III del Purgatorio. 5. Il canto XXXIII del Purgatorio.
Arsenio Frugoni (1914-1970), tra i maggiori storici italiani del Novecento, ha insegnato Storia medievale alla Scuola Normale Superiore di Pisa e all’Università di Roma.
Chiara Frugoni ha insegnato Storia medievale nelle università di Pisa, Roma e Parigi.
Roma, 23 marzo 1944. A via Rasella esplode una bomba che uccide trentatré soldati tedeschi. Da Berlino un ordine atroce: per ogni membro delle SS, Hitler vuole la testa di dieci italiani. Celeste Di Porto, giovane ebrea amante di un fascista, aiuta a scovare nel Ghetto i suoi stessi vicini di casa, che con disprezzo la chiamano «Pantera Nera». Nella città liberata una ricca donna tedesca, Elena Hoehn, viene accusata di spionaggio, colpevole di aver dato rifugio a un carabiniere ricercato per aver arrestato Mussolini dopo la sua destituzione. Nello stesso carcere, alle Mantellate, le due inizieranno un percorso che le porterà a cercare, con sorti alterne, una nuova avventura nel solco di Chiara Lubich e dell'emergente ideale focolarino. Ma sono davvero due donne che affrontano un viaggio spirituale o si tratta di due carnefici dalle mani insanguinate? Corrisponde a verità la leggenda che vuole Celeste rancorosa e incapace di discernere tra il bene e il male, salvata da un'anima pia e compassionevole come Elena? Il desiderio ostinato di entrambe di riscattarsi e calcare il «palcoscenico del mondo» e la brama di riscrivere il proprio trascorso gettano ombre sulle conversioni religiose. Tra delazioni, tradimenti e tentativi di redenzione, attraverso le vicende di figure ai margini della Storia, Anna Foa e Lucetta Scaraffia si addentrano in territori inesplorati del nostro passato e restituiscono, nell'ambiguo rapporto di amicizia fra Celeste ed Elena e nella loro ricerca tormentata di una nuova vita, lo specchio di una società che, sebbene anelante a un rinnovamento spirituale, tendeva a dimenticare le colpe e a rimuovere i delitti.