Al compimento di una trentennale presenza e attività nella Città eterna, Elmar Salmann ritorna all'Abbazia di Gerleve. L'occasione offre lo spunto per una rilettura affascinante di questo intenso periodo italiano, speso tra l'attività accademica, l'avviamento di numerosi giovani alla pratica della teologia, la cura d'anime e il ricco viaggiare per conferenze, ritiri, meditazioni, corsi di aggiornamento. Senza dimenticare l'essenziale vocazione monastica. Con uno sguardo originale, che non manca di umorismo e di lucidità, di malinconia e di chiaroveggenza profetica, queste "Memorie italiane" consegnano al lettore non solo un resoconto accurato di cosa anima la ricerca teologica più recente, ma soprattutto una mappa per orientarsi negli ultimi quarant'anni di storia ecclesiale e civile, provando pure a decifrare le linee più evidenti del tempo a venire. Ad arricchire il volume i saggi di alcuni ex-allievi che, riprendendo temi cari alla speculazione teologica dell'Autore, mostrano la fecondità di un cammino che continua.
Da Platone ad Aristotele ai Padri della Chiesa e Tommaso d'Aquino, San Giovanni della Croce fino a Bergson e Ricoeur, l'Autore propone un percorso di riflessione sull'amore.
Raccogliere, come fa questo libro, alcuni saggi su Dio, l'anima, la morte, vuol dire, per un verso, accogliere l'eredità della tradizione classica, per un altro accettare la sfida che si fa sempre più cogente soprattutto per le nuove generazioni. Se la morte è il caso serio della vita, la si può guardare in faccia solo se si riconosce che gli umani non sono da essa radicalmente sconfitti; ma ciò comporta mettere in conto che in essi vi è la traccia di un'origine altra rispetto al dato biologico, e quindi aprirsi alla trascendenza, principio e fine della nativa protensione umana verso la pienezza della vita.
Le pagine che seguono sono state pubblicate dall'ottobre 2009 all'aprile 2011 sul sito di "Riscossa Cristiana", di cui Vassallo è stato uno dei fondatori, ed è tuttora il coordinatore e garante del settore culturale. Sono pagine in cui viene sviluppato l'arduo compito che l'autore si è dato: denunciare gli errori di un'epoca, la nostra, non a caso caduta nel nichilismo e nel relativismo, capire le cause di questo degrado che da intellettuale diviene fatalmente anche morale e politico, avvelenando la quotidianità, e recuperare i valori della nostra tradizione per ridare slancio e vita all'uomo moderno, al quale il progressismo sa offrire solo una pseudo filosofia mortifera, scivolata ormai sull'ultima spiaggia dell'esaltazione delle perversioni, del delirio di autodistruzione. In questi strani anni in cui stiamo vivendo, dominati dal più grigio conformismo, da un'assoluta mancanza di idee, di prospettive e di cultura, Piero Vassallo è portatore di scandalo: cattolico, difensore della tradizione, arriva a dimostrare come solo il recupero dei valori da sempre difesi dalla Chiesa cattolica possa salvare questa società dallo sfacelo materiale e intellettuale, oltre che morale, in cui è immersa. Prefazione di Paolo Deotto.
Nel dialogo culturale tra fides et ratio il confronto tra il mondo della teologia e quello dei saperi che l'Universitas scientiarum deve considerare risulta spesso arduo, per quella incomunicabilità dei linguaggi che caratterizza l'oggi della cultura. Alla ricerca della verità, ogni ambito di indagine si pone di fronte alla responsabilità di dover essere luce per l'intelligenza, con la preoccupazione di cogliere la veritas frutto di una visione d'insieme che permetta di cogliere il senso primo e ultimo di ciascun ambito in cui l'intelletto è chiamato a dare "forma" alla libertà intellettuale della persona. Ogni ricerca tende a situarsi all'interno di una missione educativa qual è soprattutto quella dell'Università. Diffondere e condividere cultura è costruire una societas in cui la persona è al centro. Tutto questo per promuovere una nuova sintesi umanistica, un sapere che sia scienza capace di orientare l'uomo alla luce dei principi primi e dei suoi fini ultimi.
"Un libro come questo dovrebbe richiedere in realtà l'impegno di una vita. E forse neppur tanto basterebbe." Così, a metà degli anni Settanta, scriveva nella nota introduttiva a "Essere cristiani" un Hans Küng non ancora quarantenne, e non era una semplice dichiarazione d'intenti: avrebbe dedicato l'intera esistenza (fino alla promozione del dialogo interreligioso e al "Progetto per un'etica mondiale") proprio allo scopo che sta al cuore di questo volume, rintracciare le costanti del cristianesimo, "le divergenze rispetto alle religioni universali e agli umanesimi moderni e al tempo stesso, il patrimonio comune alle Chiese cristiane separate". In "Essere cristiani", dunque, egli disegna le coordinate di un cammino che è ed è stato il suo ma che è al contempo quello di tutta la società e di ogni fedele, mettendo in luce gli elementi determinanti ed esclusivi del "programma cristiano" a partire dalla figura di Gesù. "Fu la concretezza di questa figura storica e del suo destino a innalzare il cristianesimo primigenio al di sopra delle contemporanee dottrine filosofiche della salvezza, delle visioni gnostiche, dei culti misterici. E la concretezza storica della sua figura è rimasta nei secoli il nerbo della fede cristiana rispetto a generiche 'Weltanschauungen' religiose, costruzioni filosofiche astratte e ideologie politico-sociali."
Gli scritti proposti in questo libro hanno in comune l'interesse per la relazione dell'essere umano con Dio e la considerano sotto diversi profili: quello della sua origine, quello del suo configurarsi, quello della mèta verso cui tende. L'attenzione teologica dell'autore si dirige verso il 'cuore' dell'esperienza cristiana, che è comunione di vita con Dio, resa possibile e donata continuamente dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito agli uomini.
Il tema delle virtù, nella sua lunga storia, ha avuto momenti di fulgore e altri in cui è apparso non solo desueto ma anche antipatico e moralistico. Ora sembra imporsi nuovamente, come dimostrano le numerose pubblicazioni sia in ambito filosofico sia in quello religioso. In questo libro viene proposta l'analisi psicologica di alcuni comportamenti quotidiani: la dedizione, la speranza, la fiducia, la gratitudine, la meraviglia, il pentimento e il perdono, la sincerità. Sono definite "virtù sociali" perché hanno un valore costitutivo per il legame interpersonale. L'approccio utilizzato è di carattere psicologico. Tuttavia l'analisi viene condotta anche su testi di altra origine: testi letterari, filosofici, religiosi.
Lo scopo del presente studio è quello di esporre e analizzare alcune voci della teologia protestante che nel secolo scorso sono intervenute nel dibattito sulla demitizzazione del cristianesimo. Si tratta di un dibattito che poggia sul presupposto che il cristianesimo, a cominciare dal Nuovo Testamento, sia intriso di miti e che l'uomo moderno abbia difficoltà ad accettarli. Una ricerca che ha coinvolto pensatori di spicco come Von Harnack, Schweitzer, Bultmann, Barth, Bonhoeffer, Jaspers, Ricoeur, Pannenberg e Jüngel e che in ultima istanza si interroga sull'essenza del cristianesimo. Con grande padronanza della materia e attingendo costantemente ai testi, Cerasi ci offre la ricostruzione critica di un dibattito che ha rappresentato un importante capitolo della storia culturale del XIX e XX secolo.
Mentre Papa Benedetto XVI ribadisce che "ciò che per generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e non può essere improvvisamente del tutto proibito o addirittura giudicato dannoso", un nuovo "protestantesimo" ha cominciato a serpeggiare subdolamente nella Chiesa: è l'"eresia dell'informe" come è stata definita dal noto scrittore tedesco Martin Mosebach. Dietro l'alibi di un inedito pauperismo - abolizione di altari ed arredi consacrati dalla tradizione, eliminazione dei banchi, disposizione "dinamica" dell'assemblea attorno alla cattedra vescovile - si cela una deprimente decadenza del fattore estetico ed artistico, ma non solo. È in atto un allarmante processo di "desacralizzazione", di perdita del senso del "divino" per cui il "contenitore - chiesa" assume i connotati di uno spazio asettico, spersonalizzato, piegato ad un uso polivalente e modernamente "differenziato". Lo "scandalo" suscitato dall'oltremodo discusso "adeguamento liturgico" della cattedrale di Reggio Emilia, presentato, addirittura, come antitesi al Concilio Tridentino e alla "Chiesa Controriformata", incarna emblematicamente lo spirito di questa nuova "eresia", che getta una luce inquietante sull'ipotesi sempre più plausibile di trovarsi in presenza di un'altra Chiesa invano. Prefazione di Mons. Nicola Bux.
Nella nostra esperienza di vita, le certezze sembrano non trovare più posto. Ogni giorno ci sembra più diffìcile appoggiarci a verità che guidino i nostri comportamenti e chiariscano i nostri pensieri. Siamo ormai irrevocabilmente condannati, tutti noi uomini moderni, a un'esistenza instabile? In un mondo percorso da sommovimenti tanto imprevisti quanto drammatici, l'io di ciascuno ha qualche chance di uscire dalla confusione? Gli importanti interventi di questo volume, nati dagli incontri del Meeting di Rimini 2011, indagano e affermano il bisogno condiviso di trovare qualcosa di sicuro, senza il quale il vivere stesso sarebbe inaccettabile. Un contributo per affrontare quella che don Giussani definisce "emergenza uomo", sottolineando che "il nostro compito è quello di ridestare l'identità dell'uomo in questa dissociazione universale. E la sua identità è il rapporto con il Mistero che lo fa. È una percezione della realtà che nasce dal di dentro, percezione conoscitiva e affettiva, che si sviluppa come lavoro in giudizio e prassi creativa". Le testimonianze raccolte possono aiutare a prendere coscienza di che cosa è in gioco e di quale responsabilità compete a chiunque non abbia rinunciato a vivere all'altezza della propria umanità, secondo l'invito del Presidente Giorgio Napolitano: "Portate, nel tempo dell'incertezza, il vostro anelito di certezza".
Come si declina il credere del singolo all'interno dell'istituzione Chiesa? Si cerca qui di rispondere seguendo due binari: da una parte interrogando i fondamenti stessi del cristianesimo, dunque formulando la domanda come problema teologico; dall'altra osservando la pratica di vita del cristiano nella Chiesa di oggi, con richiami all'attualità del Vangelo. Il nocciolo teologico riconduce al paradosso di Karl Barth - per cui Dio è il Totalmente Altro cui solo si può credere - e pone il serio dilemma della dialettica fra religione e fede, nel senso non solo della contrapposizione ma della complementarietà: come pensare infatti una scelta di fede senza constatare l'anteriorità della religione? Una radice dialettica del cristianesimo che si traduce anche nell'antinomia fra il nostro appartenere a una Tradizione, che come tale si irrigidisce nell'ordine di una comunità religiosa, e il nostro viverla come appello. Nelle diverse sfaccettature, le riflessioni qui compiute convergono sulla categoria che fa del cristianesimo una religione unica: la libertà. Una sfida teorica, che è anche un monito all'agire: Ecclesia semper reformanda est.