L'amore impossibile è l'amore vero, che non si estinguerà mai perchè non si consuma nella quotidianità dell'esistenza. Così, anche fra filosofia e letteratura esiste un rapporto complesso, difficile, a volte uno scambio di ruoli, perchè le più audaci costruzioni filosofiche, che contraddicono la normale percezione delle cose, sono in definitiva delle creazioni, che producono un mondo parallelo in cui sarebbe difficile vivere, mentre il grande romanzo a volte ci colpisce così a fondo, in zone tanto segrete, che vediamo in esso la rivelazione di una verità della nostra stessa vita, che non avevamo saputo riconoscere. E' chiaro che quando Rousseau afferma: "Non c'è niente di bello se non ciò che non esiste", vuol dire anche: "Non c'è niente di vero, non c'è niente di buono, se non ciò che è soltanto ideale". Un poco più tardi, nelle sue confessioni, Goethe ha scritto che si trattava per lui di "produrre nella vita una seconda vita per mezzo della poesia". Ed è là che filosofia e letteratura si ricongiungono: da Goethe a Thomas Mann, da Dilthey a Cassirer lo "spirito" è una sfera onnicomprensiva di possibilità effettive di esperienza, ma, sorgendo da queste, le supera e le approfondisce verso una verità ultima.
Una ricerca di storia della filosofia sui classici greci che diventa immediatamente una riflessione filosofica e politica sulla modernità, soprattutto sul Novecento dei liberalismi e dei totalitarismi: è questa la struttura delle opere di Leo Strauss, in particolare del presente volume dedicato all'analisi del pensiero politico di Aristotele, Platone e Tucidide in cui è celato il cuore della tensione dialettica, irrisolta e irrisolvibile, tra filosofia e politica. Agli occhi di Strauss, infatti, solo il recupero di una prospettiva premoderna rende possibile rispondere a domande fondamentali per l'esistenza umana - quali "che cos'è la legge?" o "che cos'è la giustizia?" - rese incomprensibili dalla deriva relativistica e nichilistica della cultura contemporanea.
Stiamo andando verso una catastrofe simile a quella che ha provocato la scomparsa della vita alla fine dell’era primaria? Alcune specie rare sono sopravvissute e nuove specie sono apparse. L’umanità riuscirà ad evitare il disastro o anch’essa ne rimarrà vittima? Ci troviamo già di fronte al caos. Il caos può essere distruttivo, può essere generativo, ma potrebbe anche essere l’ultima occasione dentro l’ultimo rischio. La crisi che cresce e si amplifica ci condurrà al disastro o al superamento? Queste le tematiche trattate dal filosofo francese in questo suo breve saggio, in cui si che cerca di capire quale sarà il futuro della nostra società e quale la sua salvezza da questa crisi planetaria.
L’incontro con la bellezza può lasciarci incolumi? La sua gioia novella può sbocciare senza frantumare all'istante dentro di noi ciò che era troppo vecchio per lei, attraverso quella ferita che solo l’invulnerabile sa infliggere? La sua sovrabbondanza su tutti i nostri possibili annuncia nella prossimità l’offerta della lontananza. Ciò che ci afferra resta inafferrabile e, come per altri, lo è tanto più quanto più si avvicina. Così Platone fa dello sgomento il primo regalo della bellezza, mentre per Dostoevskij e Rilke essa altro non è che l’inizio del terribile. Questa gioia dolorosa, smisurata come ogni amore, è la dimensione dimenticata dall’estetica, che la relega nel sublime, distinta dal bello. Il saggio, indaga lo choc provocato dall’incontro con la bellezza quando essa si manifesta all’uomo. L’uomo ne resta trafitto, sgomento, cambiato irrimediabilmente, ma tale ferita lo rivela a se stesso, aprendolo a ciò che lo eccede. Colpito da questa gioia dolorosa, l’uomo non può che celebrare la bellezza. Nel saggio vi è un’indagine quasi carnale e corporea dell’incontro, dell’abbraccio, della rivelazione dell’Essere, considerato l’evento nel quale l’uomo è attratto dalla bellezza e ne esce sublimato e sgomento.
Nel 1979, un giovane esperto di intelligenza artificiale sorprese il mondo con un libro di enorme mole, labirintico, geniale e di immenso successo. Il libro era "Gödel, Escher e Bach" e il suo autore Douglas Hofstadter. Attraverso logica matematica, musica, paradossi grafici e linguistici, Hofstadter cercava di dare sostanza a un'intuizione che sembrava scandalosa: la mente umana potrebbe non essere altro che un computer, i neuroni dei semplici chip, l'intelligenza mera capacità di eseguire i programmi scritti nel cervello. A quasi trent'anni di distanza, molte cose sono cambiate: i computer non occupano più gli scantinati delle università ma sono in tutte le case e in tutte le tasche, e gli studi sul cervello hanno raggiunto un grado di raffinatezza quasi inimmaginabile. Eppure, resta intatto l'ultimo mistero: dove si trova e come è fatta l'anima? Cos'è che chiamiamo "io" quando parliamo con noi stessi? Cosa resta di noi (se resta qualcosa) dopo la nostra morte fisica? Nel libro di Hofstadter troviamo tutta la sua abilità di divulgatore, capace di spaziare dalla letteratura all'informatica, dai giochi di parole ai dibattiti più attuali della filosofia, dagli esempi più curiosi agli esperimenti mentali più originali e vividi.
Finalmente, in questo libro, a parlare di morte non sono medici, politici, cardinali: ma filosofi. La morte moderna, ospedalizzata e tecnologica, ci è stata sottratta. L'esperienza della morte non appartiene piú, come la percepivamo una volta, agli eventi naturali della vita. E abbiamo bisogno allora di fermarci a pensare.
Nelle sei interviste di questo libro, la filosofia riprende la parola. Aldo Schiavone descrive un futuro in cui si sceglierà come, quando e se morire, Giovanni Reale invoca la giusta misura dei Greci, Remo Bodei giunge ad ammettere eutanasia ed eugenetica, Roberta De Monticelli intreccia morte e libertà, Vito Mancuso traccia una terza via tra indisponibilità della vita e autodeterminazione dell'individuo, Emanuele Severino giunge alla vertigine di negare la negazione e ad affermare l'eternità dell'uomo.
Se non ritorneremo a concepire la morte, finiremo per dimenticarci di essere vivi.
Questo volume dell’«Annuario di etica» si occupa dell’utilizzo della nozione di ‘natura’ nelle etiche contemporanee e nel relativo dibattito. È facile intendere la considerevole attualità di questo tema, che è presente come questione di fondo nella maggior parte delle più significative discussioni di etica pubblica: si pensi alle questioni di bioetica e a quelle sull’ambiente, ove sono in gioco l’idea della natura umana e del suo rapporto con la natura in senso cosmologico.
Il volume è ripartito in quattro sezioni. Le prime due sono costituite da Saggi e da Contributi. I Saggi affrontano la questione a livello dei fondamenti, così come sono proposti da alcune tradizioni filosofiche viventi: etica analitica, nuove forme dell’etica kantiana, etica neoclassica, etica dei diritti. I Contributi, invece, presentano e discutono l’utilizzo dell’idea di ‘natura’ in ambiti determinati: il ‘naturalismo’ analitico, la sua critica nella teoria della ‘sopravvenienza’, la neuroetica, la bioetica, l’etica del Gender, l’ecoetica. La terza sezione del volume è costituita da un Forum di discussione tra E. Lecaldano, M. Moneti Codignola, A. Da Re, G. Cantillo. La quarta sezione è una Rassegna bibliografica, che recensisce volumi significativi sul tema dell’«Annuario».
Il volume documenta, con ricchezza teorica e tematica, che il tema della natura presente nell’etica contemporanea è un crocevia inevitabile, anzitutto a motivo della presenza sempre più incisiva della cultura e della mentalità tecno-scientifica, la cui artificialità si definisce in relazione dialettica con la naturalità. L’argomentazione morale non può evitare, perciò, di interrogarsi nuovamente se lo statuto del sapere morale non implichi un riferimento a un principio di senso e a un paradigma di valore, che chiamiamo ‘natura umana’.
Il concetto di sé ha una storia remota e complessa all'interno della storia del pensiero. Nato nell'antichità greca, si è poi variamente connesso al problema ancor piú remoto dell'anima, della sua natura e sostanza, per evolvere successivamente, nel contesto della civiltà cristiana, come questione della persona (anima incarnata, resurrezione della carne¿) e divenire infine, nel pieno dell'età moderna e contemporanea, uno dei problemi centrali della riflessione filosofica: quello della soggettività e dell'identità personale.
In epoca piú recente, il sé si è riproposto sulla scena della riflessione in quella serie di campi spesso antagonisti alla filosofia costituiti dalle scienze umane. Ma non sempre i risultati di tali approcci alla questione dell'individuo sono stati chiari.
Era dunque necessaria una sistemazione organica e coerente delle molteplici elaborazioni prodotte intorno a questo concetto dai vari ambiti della riflessione sociologica, psicologica, culturale oltre che ovviamente filosofica.
È quanto fa nel suo libro Anthony Elliott, fornendoci un'efficace introduzione alle discussioni intorno a questo tema fondamentale della contemporaneità.
Oltre che ricostruire le principali teorie affermatesi nel corso del XX e agli inizi del XXI secolo da Goffman a Giddens, da Freud a Reich, a Kohut, da Marcuse a Lasch, da Foucault a Bauman, la ricognizione di Elliott è sempre attenta a delineare i contesti della cultura e delle problematiche politiche con cui gli individui hanno inevitabilmente a che fare nel momento in cui tentano di definire se stessi e le proprie instabili, multiple identità.
Nuove chiavi di lettura su uno dei massimi filosofi del novecento
Ancora avvolta dall’aura dello scandalo, l’opera di Georges Bataille corre il rischio di vedere oscurata la forza teorica che la sostiene e che continua a provocare una contemporaneità poco incline ad occuparsi di un pensiero scomodo e non addomesticabile. Eretico, sulfureo, maledetto, Bataille incarna le inquietudini vissute dall’Europa delle guerre mondiali, e i suoi legami con Klossowski, Leiris, Blanchot, Kojève e le varie avanguardie artistiche del secolo appaiono oggi come la testimonianza di un’intelligenza fervida, spesso in anticipo sui tempi ma anche capace di sondarne le direzioni e gli esiti e, soprattutto, capace di essere sempre pienamente presente a quanto si veniva annunciando. Se, dunque, è innegabile riconoscere che la prima metà del secolo appena trascorso sia stata inquietata dalle sue analisi ribelli e volutamente eterogenee, lanciate come una sfida verso saperi apparentemente inscalfibili, è altresì difficile trovare unite in una medesima esigenza del pensiero letteratura e politica, filosofia e scienza, etnologia e indagine iconografica: pensatore dell’estremo, fondatore del Collège de Sociologie insieme a Leiris e a Caillois, fondatore di Critique e collaboratore di un imprecisato numero di riviste su cui si esercitarono le menti più acute dell’avanguardia artistica francese, Bataille ha legato il suo nome alla pubblicazione di un’opera narrativa di folgorante bellezza, come pure all’indagine antropologica condotta a partire dai sentieri inaugurati da Marcel Mauss o, ancora, alla partecipazione ai dibattiti politici stretti nella morsa dei totalitarismi. La scrittura febbrile di Bataille esige un’attenzione e un ascolto capaci di accogliere l’impensato da cui scaturisce e verso cui pencola e che, da una parte, assume la forma stessa della dépense, del dispendio delle parole e del pensiero e, dall’altra, si modula come quell’"impossibile" comunità del segreto che ci è stata consegnata sotto il nome di Acéphale: tra dépense e Acéphale, dunque, è possibile individuare la tessitura di una riflessione che scardina gli ordini sociali e politici in nome di una più radicale condivisione di quella finitezza di cui ogni uomo è insieme prigioniero e custode. Finitezza dai confini smarginati, enigmatica mescolanza di riso e tragedia, incessante trapasso in cui restano impigliati frammenti che invocano un infinito e frammentario commento, memore forse dell’unico imperativo della scrittura e della comunità che - come ha scritto Blanchot a proposito dell’amico - consiste nel «darsi senza ritorno all’abbandono senza limite».
Partendo dalle macerie di Ground Zero e dalle sue implicazioni culturali, politiche e sociali, René Girard, uno dei più influenti pensatori oggi viventi, analizza gli eventi attuali e i fatti del nostro tempo - il fondamentalismo religioso, il cosiddetto scontro di civiltà, la minaccia nucleare, la crisi ecologica - come segni evidenti di un'imminente apocalisse, o meglio, della circostanza immanente che stiamo vivendo in tempi apocalittici. Per Girard l'unico modo di leggere, interpretare e capire a fondo questi segni è tornare all'origine della loro evoluzione storica: il nucleo anti-sacrificale del cristianesimo che ha prodotto la modernità e liberato la capacità autodistruttiva dell'uomo. In una prospettiva più filosofica, l'epistemologo francese Jean-Pierre Dupuy, analizza ulteriormente questi temi proponendo una metafisica alternativa in cui la nostra volontà si combina con una versione particolarmente severa del futuro della realtà, proponendo "una forma illuminata di catastrofismo", una "profezia secolare", attraverso la quale possiamo davvero prevenire l'apocalisse solo osservando il nostro tempo con gli occhi di un futuro prevedibile in cui l'apocalisse è già "realmente" accaduta. Due riflessioni esemplari, speculari l'una all'altra e dalle implicazioni sorprendenti, su uno dei momenti più incerti della storia dell'uomo.
In breve
Un grande tema, la democrazia, e nove studiosi di discipline diverse. Nove lezioni per una scuola dedicata ai cittadini che sentono l’esigenza di studiare da cittadini, di imparare a essere tali: capaci di partecipare al processo democratico e riguadagnare spazio nella vita pubblica. E che vorrebbero ritrovare il desiderio – la spinta, la voglia – di farlo. Di fare politica. Una ‘buona politica’, se questa è possibile.
Indice
Prefazione. Per la buona politica. Un progetto di educazione civile di Michelangelo Bovero - 1. Democrazia al crepuscolo? di Michelangelo Bovero - 2. Democrazia, elezioni, partiti di Gianfranco Pasquino - 3. Democrazia e nuove forme di partecipazione di Luigi Bobbio - 4. Democrazia e populismo di Alfio Mastropaolo - 5. Il populismo, la moneta e i debiti di Gian Luigi Vaccarino - 6. Democrazia e mercato di Marco Revelli - 7. Democrazia e paura di Luigi Ferrajoli - 8. Democrazia ed Europa di Elena Paciotti - 9. Come sta la democrazia? di Giovanni Sartori - Postfazione. A scuola di democrazia di Valentina Pazé - Bibliografie ragionate - Gli autori