Presentiamo il primo volume di AMATECA, la collana di manuali teologici pubblicata in dieci lingue sotto il coordinamento internazionale di Jaca Book e ispirata all'opera e alla teologia di Henri de Lubac e Hans Urs von Balthasar. È oltremodo significativo che l'intera collana, con le sue sette sezioni e i suoi 22 volumi (15 ad oggi pubblicati), si apra con un volume del maggiore storico delle religioni vivente, Julien Ries, che sulle tracce di Mircea Eliade ha contribuito in maniera determinante a definire un nuovo ambito disciplinare fondato sul senso del sacro nell'uomo, l'antropologia religiosa. Questo volume infatti presenta l'uomo "Alla ricerca di Dio" nel quadro e alla luce dell'antropologia religiosa, una disciplina che si distingue dall'etnologia religiosa, dalla stessa storia delle religioni e dalla sociologia religiosa. Essa studia l'uomo sia come creatore e utilizzatore dell'insieme simbolico del sacro, sia come portatore delle credenze religiose che dirigono la sua vita e il suo comportamento. Si tratta dell'uomo considerato nella sua unità e nella sua totalità, l'uomo corpo e anima, cuore e coscienza, pensiero e volontà. Questa antropologia è basata sull'homo religiosus e sul suo comportamento attraverso l'esperienza del sacro.
Il ruolo della donna nella dimensione religiosa è oggi uno dei temi più discussi in ambito pubblico. Questo volume propone una rassegna ragionata di studi su donne e religione, allo scopo di arricchire il dibattito con categorie di analisi spesso trascurate e di proporre un nuovo sguardo sull’argomento che tenga conto dei rapidissimi cambiamenti avvenuti nel panorama religioso del nostro paese. Introdurre una lettura di genere delle religioni significa incoraggiare una proficua analisi relativa alla varietà di costruzioni del maschile e del femminile interne alle diverse tradizioni religiose e una lettura critica del ruolo della donna all’interno di varie forme di spiritualità.
La cultura occidentale ha avuto origine da due voci congiunte: quella di Socrate, che ha dato l’impulso a cercare la verità, la giustizia e la pietà conoscibili da tutti gli uomini, e quella di Gesù, che ha reso possibile riconoscere Dio come grazia piuttosto che come legge, e invocarlo prima come Padre che come Potere. A differenza di altre religioni, il cristianesimo non propone la sua particolare rivelazione divina come programma di politica umana, ma consegna il mondo all’intelligenza dell’uomo, affinché, alla luce della natura che è fuori di lui, della coscienza personale e dell’esperienza storica, tutti lo conoscano.
Il libro si accosta a una questione antica quanto la stessa umanità: Dio costituisce un interrogativo radicato da sempre nel cuore dell’uomo e tale da richiedere la ricerca di una risposta, oppure è una risposta data da chi crede senza che esista previamente un tale interrogativo, o desiderio o attesa nel cuore dell’uomo? Il canto, il tratto di pittura in una grotta, il simbolo in una sepoltura e l’invocazione di Dio nascono simultaneamente, sono contemporanei. Una volta proferita, non possiamo dimenticare questa parola divina, perché è la radice della nostra prima origine, il fondamento della nostra libertà personale e l’àncora della nostra speranza definitiva.
Dio non è il limite della nostra libertà o il freno alle nostre conquiste storiche, ma il garante della loro durata, la sentinella che denuncia le loro dissimulazioni e il giudice che non lascerà impunite le loro trasgressioni.
“La religione non riguarda la religione, tanto meno le religioni”, afferma decisamente Zizioulas. “La religione riguarda gli esseri umani e la loro relazione con Dio, gli uni con gli altri, e con la creazione. Le religioni devono far fronte alle sfide del nostro tempo”. Davanti ai problemi dell’evangelizzazione e dell’inculturazione, la teologia o si chiude a riccio, rivendicando l’accesso ad un ramo particolare della conoscenza e rendendosi un oggetto specialistico, oppure risponde a tali sfide non applicando criteri teologici, ma semplicemente etici. Zizioulas raccomanda invece la prassi dei Padri greci, che “non assunsero semplicemente una visione critica della cultura greca, ma entrarono profondamente in essa e stabilirono legami creativi con le sue premesse…”. uttavia lo fecero rispondendo alle questioni culturali non con l’etica, ma con la vita nuova, e dunque con il dogma. L’etica infatti è solitamente determinata dal concetto di natura, mentre la fede nel Dio trinitario, con al centro la nozione di koinonia, è la rivelazione della persona, cioè di un modo di esistere sconosciuto nelle condizioni decadute dell’esistenza. Questo libro del metropolita Ioannis di Pergamo offre una raccolta di suoi articoli apparsi in varie riviste teologiche, non sempre facilmente accessibili, che presentano la teologia trinitaria come il fondamento e la novità di tutta l’esistenza cristiana, costituita pertanto da un’identità relazionale: nel suo stile di vita, nelle sue strutture, nella sua missione… La fede trinitaria presenta una nozione di libertà e di comunità cosí profonde da costituire una sfida radicale alle concezioni moderne della persona e al problema dell’unità e della diversità che occupano il pensiero umano fin dagli inizi.
Sociologia, psicologia e teologia del padre (e del figlio)
La "famiglia cristiana"
Che cosa hanno da dire le donne?
A partire dalla constatazione che oggi la nostra società vive una grande trasformazione in assenza, o quasi, di quella figura che è sempre servita da suo imprescindibile punto di riferimento - il padre - , la teologa femminista Elizabeth Green interroga alcuni aspetti del Dio padre, in particolare in riferimento a genere e genitorialità.
Negli ultimi anni la figura del padre è diventata oggetto di riflessione per quanti studiano i cambiamenti nel comportamento umano a livello sociale e individuale. Man mano che il padre è diventato meno presente o addirittura assente dalle nuove configurazioni famigliari, eccolo riapparire e occupare un posto centrale sullo schermo o nei libri. Ovvero, da quando il protagonismo delle donne è un fatto consolidato in Occidente, da quando le relazioni tra donne e uomini sono in uno stato fluido e sono emersi nuovi modi di vivere la famiglia, ecco tornare alla ribalta il Padre. Il problema è che ciò accade in un contesto che non si è affatto liberato dalla vecchia immagine patriarcale, tuttora riproposta anche nel cristianesimo.
Elizabeth E. Green
Viviamo un’epoca di venti deboli, incapaci quasi di farci navigare in mare aperto. Abbiamo respiri corti, spesso in affanno, che a fatica permettono di farci camminare verso un’umanità condivisa e solidale. La voce delle donne, che esce dai testi biblici, ha la capacità e la freschezza di indicarci nuove pratiche e nuovi linguaggi che aprano al respiro della Vita. Dal loro grembo e dalle loro parole/azioni sgorga la difesa della Vita e per questo il volto del vero Dio “amante della Vita”. È una voce spesso messa a tacere da uomini-maschi detentori del potere e del sacro. Per secoli, una coltre maschilista ha avvolto la loro voce e nascosto le loro azioni. Sandro Gallazzi e Annamaria Rizzante sanno, con grande maestria e attenzione, ridonarci la voce e le gesta di queste donne bibliche, vere teologhe di un Dio che è “presenza liberatrice” in mezzo a noi. Scopriamo così, percorrendo queste pagine, in cui incontriamo Agar, Anna, Gomer, Rut, Ester, Maria e molte altre, quel vento di coraggio e di tenerezza che aleggia in tutta la storia biblica: è la Ruah del Signore, presenza materna e femminile di Dio, madre e padre della Vita.
I padri non si interessano tanto di ciò che capiterà all'uomo dopo la morte; l'oggetto principale del loro interesse è invece ciò che può diventare l'uomo in questa vita. Siamo tutti malati, adesso, in questa vita: malati perché arroccati nel nostro io e incapaci di amare; malati perché autoidolatri; malati perché egocentrici.
E' dunque in questa vita che deve cominciare e compiersi la terapia, terapia che è l'essenza e il contenuto precipuo della tradizione ortodossa, come altresì la precipua sollecitudine della Chiesa ortodossa.
Dopo la morte, infatti, non è possibile alcuna cura, perché "nell'Ade non vi è pentimento". La teologia, allora, non è e non deve essere ultramondana o futurologica o escatologica, ma semplicemente intramondana, interessata all'uomo in carne e ossa e alle sue negatività, ferite che silenziosamente gridano tutto il loro dolore e invocano il Samaritano celeste.
IL LIBRO
Lo spettro che oggi si aggira per l’Europa non è quello del «ritorno delle religioni», o del «buon Dio» di una volta, come certi laici, ossessionati dai loro principi, sembrano credere. È piuttosto quello del nichilismo, la feroce religione di coloro che non credono in nulla e che vorrebbero persino impedire agli altri di credere – o che credono in un certo numero di idoli, quali il potere, il denaro, il dominio sugli altri.
Le grandi religioni che hanno fatto la nostra storia – il cristianesimo in primo luogo – e che rappresentano una parte non indifferente della nostra identità, stanno perdendo terreno e si trovano senza eredi, al punto che sembriamo persino dimenticare da dove veniamo e colui che si dichiara credente e praticante appare come uno strano animale.
Ma Bernard Sichère, un filosofo che orgogliosamente afferma «sono nato cattolico e morirò cattolico», non pensa affatto di essere una bestia rara; anzi, ai suoi occhi, la bestia rara è la nostra epoca, con i suoi mortiferi luoghi comuni.
In queste pagine, sempre intense, spesso appassionate, Sichère cerca di spiegare chi è lui come uomo, in cosa crede, quali sono i punti fermi del suo «universo». Si pone le domande di sempre (perché esiste il male? cos’è il peccato? e il perdono? perché la preghiera? cosa ci aspetta dopo la morte?) e quelle che oggi sembrano particolarmente urgenti (riguardo al sesso, all’aborto, all’omosessualità ecc.).
Per Sichère, filosofare significa infatti dar conto della sua idea di Dio e della sua relazione con Lui.
L'AUTORE
BERNARD SICHÈRE, maître de conférences all’Università di Parigi VII, filosofo e romanziere, ha collaborato alle riviste «Tel Quel», «L’Infini» e «Temps Modernes». Ha pubblicato, tra l’altro, Le Dieu des écrivains (Gallimard, 1990), Splendeur de Fawzi (Pauvert, 2002), Seul un Dieu peut encore nous sauver (Desclée de Brouwer, 2002), Le Jour est proche (Desclée de Bouwer, 2003).
RECENSIONI
Da «Vita pastorale», aprile 2008
«Questo breve libro è denso di stimoli nuovi per quanti si chiedono come mai oggi i temi etici e religiosi vengono proposti con insistenza.»
Come il nuotatore deve sempre nuotare, e il jazzista sempre soffiare nel suo sax, così chi ama deve sempre amare e chi crede in Cristo sempre imparare a credere. "Dio mi canta oggi, canta tutto oggi. Nulla esiste al di fuori del suo canto, e nulla potrebbe permanere senza essere sostenuto dal suo fiato. Egli ha un grande rispetto per ciò che canta, e gode della libertà delle cose e delle persone che vengono all'essere. Non è assolutamente confinato al limitare dello spazio siderale. Egli è qui, intimior intimo meo, nel mio cuore più intimo, in ogni fibra, in ogni quark. E sorride, mentre canta ogni cosa." (Jonah Lynch)
Nella cultura contemporanea prende sempre più piede l’idea che l’ateismo sia una forma superiore di conoscenza e di moralità, una conseguenza logica delle scoperte scientifiche, del progresso tecnico, delle valutazioni storiche sul passato dell’umanità. In verità, oggi come ieri, rimangono assolutamente intatte le stesse domande di senso, sul mondo, sull’uomo, sul perché della vita e dell’universo. Contrapponendosi all’ideologia ateistica oggi rappresentata da scrittori e opinionisti come Piergiorgio Odifreddi, Corrado Augias, Umberto Veronesi, Richard Dawkins, Sam Harris, Christopher Hitchens, si esaminano le attuali conoscenze scientifiche sul Big Bang, sull’evoluzione, sull’origine della materia, della vita e della coscienza, muovendosi al confine tra scienza e morale. Si passa quindi all’orizzonte storico, analizzando le radici ideologiche dell’ateismo: quelle passate – il nazionalismo, il razzismo, l’eugenetica e il socialismo comunista – e quelle odierne – l’utopia dell’immortalità biologica tramite manipolazione genetica e clonazione. L’esito di questo articolato percorso d’indagine è uno solo: la storia rivela che ogni ateismo si è sempre rovesciato in una forma di fede assoluta e dogmatica – nell’uomo, nella scienza e nella politica – una fede che, inseguendo vanamente il proprio paradiso, ha invece realizzato il peggiore inferno sulla terra. Dimostrando che la vera libertà non sta nel radicale rifiuto di Dio e che dunque l’uomo non può essere ateo.