Nell'ultimo quarto di secolo, la Chiesa come istituzione e le chiese come luoghi materiali del culto hanno assunto un ruolo centrale nella storiografia, interessata a rintracciare le origini dell'Europa medievale e moderna nelle trasformazioni del mondo antico e nell'affermazione dei nuovi regni romano-barbarici. Il volume, pensato per chi affronta per la prima volta tali argomenti, presenta alcuni temi di base, integrando fonti scritte e dati materiali. Le prime ci consentono di ricostruire lo sviluppo della liturgia e dunque di comprendere l'articolazione degli spazi dei luoghi di culto; i secondi di analizzare il contesto insediativo in rapporto al quale le chiese sono state costruite, dapprima in città, dove fissò la propria sede il vescovo, e poi nelle campagne. La progressiva cristianizzazione degli spazi è stata uno degli elementi fondanti di quel nuovo mondo che si è venuto delineando, in Occidente come in Oriente, fra tardo antico e altomedioevo. Le chiese, come luoghi di sepoltura, sono state altresì, fin da quei secoli di radicali cambiamenti, sede di autorappresentazione e di confronto tra i differenti segmenti di una società multietnica e multiculturale. Per restituire questi molteplici aspetti, l'archeologo dovrà dapprima ricostruire la sequenza delle singole chiese e del loro contesto, approdare poi ad una visione di rete a scala più ampia e proporre infine un'interpretazione storica basata su tutte le fonti a disposizione.
L’armatura perduta è l’avvincente racconto di come ancor oggi l’archeologia possa riservare straordinarie scoperte, quale quella fatta da Livio Zerbini, valente studioso del mondo antico, in uno degli scenari paesaggistici e storici più affascinanti e suggestivi: la Colchide , l’antica regione, affacciata sul Mar Nero, il cui nome evoca immediatamente il mito di Giasone e degli Argonauti alla ricerca del vello d’oro.
Le pagine del libro non soltanto ripercorrono e ricostruiscono le fasi salienti dell’eccezionale scoperta archeologica, un’antica armatura, completa ed in ottimo stato di conservazione, ma rappresentano una sorta di viaggio a ritroso nel tempo nell’antica Colchide, in cui la dimensione del mito si percepisce ancora e sembra quasi insita negli stessi luoghi, e in cui l’archeologia, proprio per l’insufficienza di scavi sistematici, risulta ancora inevitabilmente ammantata di quel fascino del mistero della scoperta.
Ma la scoperta, pur se di grande rilevanza scientifica, è di per sé l’occasione per raccontare un viaggio in una terra dall’incontaminata bellezza, che ancora preserva inesplorati tesori archeologici.
Questa terra, così densa di storia, oltre a conservare paesaggi incontaminati di assoluta e straordinaria bellezza, rappresenta un vero e proprio scrigno di tesori archeologici ancora tutti da scoprire. È il caso della straordinaria scoperta fatta dall’autore del libro, Livio Zerbini, dell’Università di Ferrara, insieme a Vakhtang Licelli, dell’Università di Tbilisi. Nella provincia di Samtskhe, a sud dell’attuale Georgia, in un territorio per molti secoli di grande importanza strategica, attraversato dal fiume Mtkvari, tra i villaggi di Tsunda e Tmogvi, lungo il percorso fatto da Pompeo Magno per giungere in Colchide, all’interno di una vallata ben celata e nascosta, in cui sembra che il tempo si sia fermato per sempre, si trova un’imponente necropoli, composta di innumerevoli tombe, che datano dall’età del bronzo al III secolo, che costituirà, senza alcun dubbio, una delle più interessanti aree archeologiche degli anni a venire.
L’armatura perduta è pertanto la palese dimostrazione di come molte rilevanti scoperte archeologiche possano ancora venire alla luce, e sottrarsi così all’oblio del tempo nel quale erano inevitabilmente cadute, e nel contempo concorrere a dare la giusta dimensione e fisionomia a quell’immensa galleria di fatti, avvenimenti e personaggi che hanno animato il grande palcoscenico della storia.
Livio Zerbini insegna Storia Romana presso l’Università degli Studi di Ferrara, dove è responsabile del Laboratorio sulle Antiche province Danubiane. Dirige una missione archeologica nella Colchide. Ha pubblicato numerosi lavori sull’economia, la società e il popolamento nel mondo romano e sulla didattica della storia antica. Tra i suoi libri recentemente editi, si ricordano: Demografia, popolamento e società del delta padano in età romana (Ferrara 2002), La città romana (Firenze 2005), Insegnare l’antichità (Roma 2006), L’ultima conquista (Roma 2006) e con Rubbettino La Dacia romana (Soveria Mannelli 2007) e Pecunia sua (Soveria Mannelli 2008). È autore di documentari e consulente scientifico di trasmissioni radiotelevisive.
Mai come in quest'ultimo ventennio l'archeologia storica ha subito evoluzioni e cambiamenti strutturali tanto profondi. Nel corso dell'Ottocento e del Novecento si è andata consolidando, soprattutto nell'Europa centro-settentrionale, una simmetrica tradizionale che ha allargato al Medioevo il raggio di interesse. Il volume, che non si presenta come manuale ma con una sua organica e ordinata articolazione, vuole dare un'immagine della complessità delle tematiche dell'archeologia contemporanea, organizzato per voci e aggiornato che tiene conto dell'evoluzione e dei profondi cambiamenti strutturali che l'archeologia storica ha conosciuto negli ultimi decenni.
Un definitivo volume di riferimento e insieme una accessibile introduzione per il grande pubblico
Questo volume intende offrire al lettore uno strumento di sintesi, aggiornato e riccamente illustrato, sull’architettura dei popoli precolombiani in Mesoamerica, dopo che, per decenni, il lavoro dell’archeologo messicano Ignacio Marquina ha costituito il fondamentale riferimento sul tema. A giustificare la nuova impresa editoriale che qui presentiamo non è stata semplicemente la necessità di mettere in valore le nuove e ricchissime scoperte archeologiche degli ultimi decenni. Si è trattato sì di svolgere un aggiornamento dello stato di conoscenze dell’architettura delle varie culture della Mesoamerica, ma anche di proporre finalmente l’architettura precolombiana all’interno della Storia dell’Arte Universale, con l’evidente ausilio dell’archeologia e dell’antropologia. Sotto la direzione di María Teresa Uriarte il volume inizia proprio col porre il problema storico-artistico dell’architettura precolombiana nella sua genesi, nel suo svolgimento e nelle conseguenze sull’architettura messicana sino all’età contemporanea. Altro elemento oggi fondamentale della storia dell’arte è l’individuazione del «contesto» antropologico da cui l’architettura è scaturita. Al legame cultura-architettura, sempre nell’ampia parte introduttiva che impegna i primi capitoli, viene affiancata l’identificazione delle tecniche. L’opera prosegue con la valutazione dell’evoluzione storica dell’architettura nelle varie zone e culture della Mesoamerica. Il libro possiede uno straordinario accompagnamento iconografico a colori che lo rende accessibile anche al largo pubblico. Inoltre gode di ampi apparati scientifici, planimetrie e disegni compresi, che lo rendono il primo reference attualmente disponibile sulla materia. Il direttore dell’opera, oltre a scrivere in prima persona, ha coinvolto alcuni tra i maggiori studiosi messicani e nordamericani a dare una sintesi interpretativa e attualizzata delle loro conoscenze sulle varie zone-culture della Mesoamerica.
Un invito rivolto a chi ne vuole fare un mestiere o a chi è semplicemente curioso di sapere che cosa bolle nella pentola dell'archeologia. Daniele Manacorda insegna Metodologia della ricerca archeologica all'Università di Siena. Ha condotto numerose ricerche in Italia e all'estero, occupandosi in particolare di storia dell'archeologia, di cultura materiale, di archeologia urbana.
La civiltà egizia, unica tra le civiltà antiche del Mediterraneo, si è sviluppata nella storia per oltre tremila anni, mantenendo sempre intatta la propria identità. Anche dopo la sua scomparsa, attraverso i grandi monumenti architettonici che ci ha lasciato e le scoperte archeologiche che si sono susseguite, il suo fascino si è tramandato fino a noi. Partendo da queste scoperte e raccontando nel primo capitolo le avventure di personaggi come Carter, Champollion, Rossellini e molti altri, padri della moderna Egittologia, il volume prosegue descrivendo in modo completo la civiltà dell'antico Egitto. Nei capitoli successivi, seguendo un filo cronologico dalle origini fino all'Età Copta, ogni periodo viene illustrato prima alla luce dei più importanti avvenimenti storici e poi secondo approfondimenti tematici che vanno dall'architettura alle città, dall'arte alla letteratura. In ciascun capitolo, la sezione "Dentro lo scavo" racconta le ultime e più importanti scoperte archeologiche fatte sul campo, portandoci all'attualità dei giorni nostri. Al termine di ogni capitolo la civiltà egizia è affrontata nei suoi aspetti più strutturali e sociali, quali la vita quotidiana, l'alimentazione, la scuola e la scrittura, il culto dei morti, la religione, l'organizzazione sociale, l'apparato militare, per ricostruire la vita di un mondo lontano nel tempo, ma ancora vicino alla nostra sensibilità.
Milioni di reperti, spesso autentici tesori unici al mondo, scavati clandestinamente; centinaia di migliaia di siti archeologici della Penisola violati e devastati; decine di migliaia di "tombaroli", intermediari e grandi mercanti indagati e sotto processo: la Grande Razzia si è consumata in Italia a partire dagli anni settanta. A suon di milioni di dollari, oggetti importantissimi, che restano stupendi ma sono ormai privati del loro passato, sradicati dai propri contesti e diventati "muti", sono stati acquistati da una dozzina di grandi musei internazionali, americani ed europei, e dalle massime collezioni private del mondo, spesso le più misteriose. Solo una piccola parte è stata finora restituita. Sulla base di interviste e documenti giudiziari, viene ricostruito, come non era mai stato fatto, il massimo saccheggio d'arte e cultura che ha colpito un Paese occidentale nell'ultimo secolo. Alcune vicende, inedite, sono degne di un thriller o di un "giallo". E restano ancora fittissimi misteri.
L'etruscologia può essere considerata una delle più precoci forme di "memoria" dell'antico. Il recupreo di testimonianze relative alla cultura etrusca è infatti un fenomeno che si avvia già in epoca romana e giunge a rappresentare un filo ininterrotto sino al mondo medievale e a quello moderno. La struttura del volume è quella di un dizionario. opo una prima parte che illustra argomenti legati alla ricerca e fornisce le coordinate di riferimento prima di immergersi nel pieno della disciplina, i lemmi sono raccolti in capitoli che presentano la cultura etrusca analizzandone personaggi, istituzioni, divinità e aspetti della vita quotidiana. il volume, riccamente illustrato, si ciude con apparati che sistematizzano le informazioni su cronologia e musei, e con una una breve bibliografia di riferimento sui diversi settori.
Un passo fondamentale nello sviluppo della civiltà del Vicino Oriente Antico è la creazione della scrittura, avvenuta quasi contemporaneamente nella seconda metà del quarto millennio a.C. in Mesopotamia meridionale e in Egitto. I sistemi di scrittura, il geroglifico e il cuneiforme, divennero rapidamente dei mezzi estremamente ricchi e duttili per esprimere gran parte dell’esperienza umana, dalla contabilità agli avvenimenti storici, dalla narrazione di miti all’osservazione degli astri e alla geometria. Già all’inizio del terzo millennio la storia comincia per noi a riempirsi di nomi di città, di uomini, di dèi e gli antichi cominciano a comunicare con noi attraverso i millenni.
Al primato nella creazione e nello sviluppo dei sistemi di scrittura il Vicino Oriente unisce la fortuna della conservazione di migliaia di documenti: i papiri nel secco clima egiziano, le tavolette di argilla nel suolo della Mesopotamia, della Siria o dell’Anatolia si sono conservati in gran numero, giungendo sino a noi. Inoltre la tradizione a essi legata non è mai stata veramente interrotta: alla fine del diciottesimo secolo della nostra èra, quando si cominciò a studiare scientificamente questi documenti, gli studiosi partirono dalla conoscenza dell’Antico Testamento e dei classici greci, in particolare Erodoto; un legame con le antiche civiltà era quindi rimasto, mediato dalla tradizione, e permise di affrontare con minor difficoltà l’interpretazione dei testi.
Dalle sabbie dell'Egitto è emerso un sorprendente rotolo di papiro, che contiene una porzione della perduta "Geografia" di Artemidoro di Efeso (II seeolo a.C.), una carta geografica non finita e due serie di disegni, di animali e di figure umane. Quando e come si può datare il reperto? In che rapporto fra loro stanno testo, mappa, primo e secondo gruppo di disegni? Perché le foto all'infrarosso mostrano numerose impronte speculari del testo e dei disegni? Che base hanno i dubbi che qualcuno ha sollevato sulla sua autenticità? Con quali strumenti si affronta, tra archeologia, papirologia, filologia e storia dell'arte antica, un documento così inatteso? Questo libro ripropone, in breve e con linguaggio accessibile, la storia del Papiro di Artemidoro dalla scoperta all'acquisto da parte della Compagnia di San Paolo di Torino, alle analisi fisico-chimiche, paleografiche, bibliologiche e contestuali che consentono di datarlo entro il I secolo d.C., alle nuove conoscenze che esso apporta agli studi classici. Emergono il recupero di un testo perduto ma di autore identificabile, una mappa che è a oggi la più antica che sia giunta dal mondo greco-romano, e infine le due serie di disegni che ripropongono con forza il tema delle pratiche di bottega degli artisti antichi, fra vari generi del disegno: di repertorio, di progetto e di esercizio. I disegni del Papiro di Artemidoro aprono così una nuova stagione di studi, una nuova provincia delle ricerche sulla storia dell'arte antica.
Quella degli etruschi è una civiltà antica che più di altre ha sempre esercitato un particolare fascino per tutti coloro che le si sono avvicinati. Le mostre sono lo strumento più efficace per informare e documentare le rievocazoni delle civiltà del passato. Protagonisti dell'esposizione sono i grandi centri costieri del Lazio settentrionale che ebbero un ruolo di primo piano non solo nella storia dell'Italia antica, ma dell'intero Mediterraneo in epoca preromana. Il libro contiene le testimonianze dell'architettura del tempio di Apollo di Veio, come anche gli esempi dell'architettura funeraria di Cerveteri o gli affreschi delle celebri tombe dipinte di Tarquinia o ancora le sculture di Vulci.