La Banca centrale europea è un organo indipendente e sovranazionale con lo straordinario potere di creare moneta e stabilire il tasso al quale questa è data e presa in prestito nei diciassette paesi dell'Unione che hanno adottato l'euro. Suo compito è quello di definire e gestire la politica monetaria dell'area dell'euro per assicurare la stabilità dei prezzi. Nel libro, qui presentato in edizione aggiornata, si racconta la storia di questa istituzione e se ne illustrano le funzioni, le strutture e le responsabilità. Particolare attenzione è dedicata inoltre alle eccezionali risposte date dalla Bce alla più grave crisi economica e finanziaria degli ultimi sessant'anni.
In un tempo di crisi come questo, nel quale si torna a parlare di intervento dello Stato nell’economia, la lezione di Keynes sembra essere tornata attuale. ma non dimentichiamo che spesso la cura può essere peggiore della malattia, e anzi può aggravarla. Gli scritti inediti di Luigi Einaudi, raccolti dal suo allievo e successore Francesco Forte, possono aiutarci a comprendere che se una direzione della vita economica è possibile e persino auspicabile, lo è solo in quanto riesca a tener conto della libertà individuale come motore primo dello scambio e del mercato. Al di fuori di questo, qualsiasi pianificazione si risolve in costrizione; qualsiasi intervento in impedimento; qualsiasi forma di politica, in una forma di imposizione legittimata dall’alto in nome dello Stato. La lezione di Einaudi risulta allora essere fondamentale per capire che gestire la crisi è gestire la stessa libertà dell’uomo affinché, responsabilizzata, sia in grado di compiere scelte coraggiose ma sempre perfettibili perché fondate sulla costante osservazione della lealtà e non sull’arbitrio di una ideologia.
Alla difficile ricerca di nuovi equilibri tra decentramento e globalizzazione, prima che sia troppo tardi. "La tensione tra globalizzazione e decentramento genera spinte che la tradizionale struttura statuale non è più in grado di gestire. Sono fenomeni che la crisi ha accentuato, soprattutto in Europa, dove aumentano le disuguaglianze e cresce l'insofferenza dell'opinione pubblica. La stessa Unione monetaria è a un bivio: o i paesi dell'euro realizzano una vera integrazione politica e fiscale oppure le prospettive di sopravvivenza della moneta comune appaiono limitate".
Il management non è un sapere che si possa imparare solo sui libri. L'esperienza pratica è insostituibile. E, tuttavia, la conoscenza teorica certamente aiuta. Per questo le imprese ricercano continuamente giovani con una preparazione gestionale, magari innestata su un background tecnico-scientifico. Manager già fatti e tecnici specialisti che aspirano a posizioni manageriali affollano i master e i corsi di formazione gestionale. A questo pubblico, oltre che agli studenti universitari, si rivolge "La gestione dell'impresa". L'impostazione è quella della Scuola di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano. L'attenzione è al saper fare (e non solo al sapere), al "progetto di impresa", all'innovazione tecnologica e organizzativa, alla gestione dell'impresa-rete e delle sue relazioni collaborative. In questo senso il management è molto più della semplice buona amministrazione, pur necessaria. Delle quattro parti in cui si articola il volume, le prime due - organizzazione e processi decisionali - ne rappresentano il cuore concettuale e sono legate tra loro: in chiave manageriale organizzare e decidere sono due facce della stessa medaglia. Le due successive sono dedicate alla gestione delle interfacce nella catena del valore, e in particolare ai rapporti con i mercati di sbocco per i prodotti e i servizi (marketing) e a quelli con i fornitori e in generale i partner della filiera (acquisti e supply chain).
Con il termine "pubblicità" si fa riferimento a quanto può toccare la sfera sensoriale di un certo pubblico mass, attraverso mezzi a pagamento. Le tecniche pubblicitarie, assieme a strumenti e attori del processo di pianificazione, si stanno confrontando e conformando sempre più con il processo tecnologico, da un lato, con la trasformazione dei comportamenti del pubblico, dall'altro. Non solo, si apre alle imprese un panorama caratterizzato dalla "velocità", in tutti i sensi; velocità di risposte agli input, velocità di cambiamento tecnologico, velocità di mutamento dei gusti, velocità di scambio di informazioni. La comunicazione è oggi costante, pressante, multidirezionale; si è tradotta, negli ultimi anni, in una squisita lama a doppio taglio per imprese e singoli. Da un lato è di certo più semplice far pervenire un certo messaggio al proprio target di riferimento, dall'altro è cosa difficile la costruzione di una relazione di lungo periodo con quest'ultimo, per via dei troppi stimoli ai quali gli individui sono sottoposti ogni giorno. Quali sono dunque le tecniche da utilizzare se si vuole lavorare in ambito pubblicitario? Quali gli strumenti? In quale modo si devono comportare gli attori, nei diversi settori, per attirare e mantenere l'attenzione dei propri consumatori? Domande lecite, ma non di così semplice risposta.
L'imperativo marx-engelsiano, "Lavoratori di tutto il mondo, unitevi!", sembra essere stato stravolto nel suo opposto: le vicende che qui richiamiamo, quelle dei "soliti ignoti" cioè delle multinazionali, dimostrano che nell'età postmoderna tutti i "lavoratori" (e i semioccupati, e i disoccupati, e i diseredati) si sono frammentati e dispersi, mentre a unirsi, salvo che ciò preluda a nuovi conflitti, per il momento sono stati invece i padroni. Non possiamo opporci a questa dinamica, sappiamo di essere impotenti dinanzi ad essa, non c'illudiamo sul valore del nostro contributo. Che tuttavia tende, con molta modestia, a tradurre in termini politici il vecchio imperativo esorcistico, Quomodo te vocaris? Ecco: questo è un contributo al disincanto weberiano. Cominciamo a conoscerli e a chiamarli per nome, questi padroni. Cominciamo a riconoscerli, a costringerli a salire al proscenio, a farsi vedere. Cominciamo a contarli e a parlare di loro. Ce la siamo troppo a lungo presa con i politici mediocri e corrotti che essi mandavano avanti a spianare la loro strada: e, come lo stupido cane bastonato, abbiamo azzannato il bastone anziché la mano che lo guidava, e meglio ancora la gola di chi ci stava bastonando.
Le economie a gestione centralizzata (dal nazifascismo al comunismo) sono state un grande fallimento non solo economico ma antropologico, umiliando la dignità e la libertà umana. Il mercato è l’unico strumento per l’allocazione delle risorse economiche conciliabile con la libertà e l’iniziativa della persona. Ma il mercato copre solo una parte delle relazioni sociali e deve essere governato da forti istituzioni. Su queste convinzioni, in Germania, negli anni appena precedenti il crollo del nazionalsocialismo si va affermando un nuovo pensiero, che è all’origine del solido sviluppo dell’economia tedesca, attuale motore economico del Vecchio Continente. Questo modello chiamato: Economia Sociale di Mercato o Ordoliberalismo, è sviluppato da un gruppo di pensatori raggruppati intorno all’Università di Friburgo, per cui si parla anche di Scuola di Friburgo. Ma è un filone di pensiero che si incrocia con altre importanti tradizioni intellettuali che esprimono vertici come Röpke e, da noi, Luigi Einaudi e Luigi Sturzo, tedeschi ed italiani che si riconobbero, negli anni, influenza reciproca e grande stima.
L’Economia Sociale di Mercato vede nella libera formazione dei prezzi sul mercato un cardine irrinunciabile di una economia sana, perché garantisce la più vantaggiosa allocazione delle risorse; e vede lo Stato limitato a fare da arbitro del processo economico, mai agendo da attore, se non in casi rari e circoscritti, sempre bilanciati da opportuni “contrappesi”. È un pensiero che si incrocia, in più punti, con il pensiero della Dottrina Sociale della Chiesa, oggi oggetto di rinnovata attenzione, come analizza Marco Vitale nella postfazione. Due tradizioni che mettono al centro l’uomo, i suoi valori, la sua dignità, con le sue più profonde esigenze morali e spirituali ma senza sacrificare l’esigenza a una economia sana e rigorosa. Due tradizioni di grande equilibrio che trovano entrambe una rinnovata attenzione proprio nei nostri anni in cui il fondamentalismo di mercato e la finanziarizzazione forsennata dell’economia ci hanno portato a questa crisi gravissima, apparentemente senza via d’uscita. Ma questo pensiero ci indica anche la via d’uscita.
Il libro ripercorre questo pensiero tipicamente europeo nato nel cuore economico e sociale più sano d’Europa, e che rappresenta anche la speranza di una nuova economia più civile e umana e quindi più efficiente.
Prefazione di Dario Velo
Postfazione di Marco Vitale
Luisa Bonini - Terminati gli studi secondari presso il Liceo Scientifico di Mortara, si è iscritta alla Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Pavia conseguendo, nell’ottobre 2011, la laurea specialistica in Economia e Gestione delle Imprese, avendo come relatore il professor Dario Velo. Dall’incontro con il prof. Velo è scaturita la sua proposta di preparare una tesi imperniata sui temi dell’economia sociale di mercato. È nata così una ricerca appassionata durante la quale è diventata sempre più evidente l’attualità del tema trattato. Il successivo incontro con il professor Marco Vitale ha dato l’avvio perché questo lavoro di ricerca fosse raccolto in questo volume.
Posto alla guida dell'Agip all'indomani della Liberazione, Mattei si diede la missione di dotare l'Italia di una ricchezza fondamentale per il suo sviluppo e la sua indipendenza, e nel giro di quindici anni mise in piedi l'Ini e la Snam; conquistò così non solo l'approvvigionamento diretto alle fonti di energia ma fece del nostro paese uno dei maggiori fornitori mondiali di manufatti e know-how per l'industria petrolifera. La sua grande spregiudicatezza nei confronti sia dei concorrenti esteri sia della politica italiana forse gli fu fatale: il 27 ottobre 1962 l'aereo che lo portava da Catania a Milano esplose in volo. Una morte che rimarrà uno dei misteri della storia repubblicana.
Il volume offre un'introduzione e una guida completa alle ricerche di marketing (qualitative e quantitative) con la peculiarità di un approccio per problema decisionale: come è meglio procedere per indagare temi quali l'evoluzione del mercato, la segmentazione della domanda, il posizionamento competitivo, il lancio di un nuovo prodotto, la definizione del prezzo ottimale e delle promozioni più efficaci, le scelte distributive e quelle di comunicazione al target? L'analisi degli strumenti si spinge fino alle nuove frontiere delle ricerche di marketing, che prevedono l'integrazione con i dati interni e i modelli di data mining. Questa scelta di fondo fa dell'opera uno strumento indirizzato a tutti coloro che nella pratica realizzano e utilizzano le ricerche di marketing, in ogni settore: dai marketing manager agli istituti di ricerca. La prima parte del libro è dedicata all'impostazione di un progetto di ricerca di marketing e alla spiegazione delle metodologie e delle tecniche; la seconda alla loro applicazione per le decisioni di marketing strategico, mentre alle applicazioni di marketing operativo sono dedicati i capitoli della terza parte, accessibili online così come gli ampi casi che per ogni capitolo completano la trattazione.
"Che cos'è l'economia?" è una "lezione" che si sviluppa in tre parti. Nella prima si contempla il modo in cui l'uomo usa le risorse del suo ambiente: il rapporto tra economia, tecnologia, ecologia. Nella seconda si analizza il modo in cui si svolgono gli scambi all'interno dell'economia, in particolare il mercato e il ruolo della moneta. Nella terza si indagano i rapporti tra la potenza del capitalismo e il potere della democrazia. Dice Giorgio Ruffolo: "L'economia politica deve poter spiegare qual è il modo in cui le cose possono maggiormente servire per aumentare il benessere, certamente la ricchezza, ma anche la felicità, la felicità che è inscritta non nei libri di economia, ma addirittura in una delle più grandi costituzioni politiche della storia, la costituzione americana: "happiness", la felicità del popolo. Gli economisti dovrebbero essere coscienti che la ricchezza serve alla felicità, che l'economia serve all'uomo e non è l'uomo a servire l'economia".
L'ultima spaventosa crisi economica - quella che stiamo subendo in questi anni - ci obbliga a riflessioni radicali sul mondo intorno a noi, sugli altri e su noi stessi. In particolare, ci costringe a ripensare il nostro rapporto con il denaro, in una società dominata dal principio dell'avidità e dell'arricchimento a qualunque costo, dove la speculazione finanziaria produce incontrollabili effetti perversi. Lo squilibrio tra ricchezza e povertà è un tema su cui gli esseri umani riflettono da quando è nata la civiltà. Tomás Sedlácek ha avuto un'intuizione semplice e geniale: rileggere in questa prospettiva i testi che hanno ispirato l'umanità, sia opere di carattere religioso - dal Vecchio Testamento al Talmud al Corano - sia opere filosofiche, ma spaziando anche in altri ambiti quali il mito, la psicologia, la letteratura, il cinema. Oggi la "scienza triste" privilegia la freddezza astratta dei modelli matematici. "L'economia del bene e del male" riporta invece in primo piano il fattore umano, la sensibilità dei saggi e dei poeti, il nostro senso della giustizia, il valore della solidarietà. Solo ripartendo da questa base, suggerisce Sedlácek, è possibile cambiare il modo in cui pensiamo l'economia e la società in cui viviamo. Prefazione di Vaclaw Havel.
Il complesso e quanto mai attuale tema del welfare, e del welfare pensionistico in particolare, viene affrontato qui in modo innovativo e originale, rispetto ai classici lavori monografici di matrice esclusivamente storico-sociologica o giuridica o economica o inseriti nell'area della scienza delle finanze. Il libro sceglie un approccio multidisciplinare per una maggiore e più completa comprensione della materia, che viene analizzata nelle sue diverse sfaccettature, secondo un filo conduttore volutamente 'non ideologico', capace di guardare al sistema di protezione sociale (nella sua storia, nelle sue finalità, nei suoi elementi critici e nelle sue possibilità e potenzialità future) avendo come riferimento prima di tutto la 'natura' del soggetto da 'proteggere': l'uomo, con le sue differenti peculiarità e attitudini, membro di una società che comprende al suo interno grandi e innegabili elementi di diversità. Il lavoro inizia con una ricognizione completa dei modelli di welfare che si sono sviluppati prevalentemente in Europa e ne analizza il processo di convergenza, dalla nascita del welfare state alla crisi di questi anni; prosegue poi con una ricostruzione storica dell'evoluzione del welfare in Italia, dall'Unità a oggi. Si passa quindi a un'analisi dettagliata dei profili economici, attuariali e gestionali dei sistemi previdenziali, per finire con una originale riclassificazione del bilancio dello Stato e della spesa per welfare regionalizzata.